♫ ~18.1 ʟɪᴋᴇ ᴀ ʀᴀɪɴʙᴏᴡ ɪɴ ᴛʜᴇ ᴅᴀʀᴋ
Do your demons
Do they ever let you go?
When you try, do they hide deep inside?
Is it someone that you know?
You're just a picture
You're an image caught in time
We're a lie
You and I, we're words without a rhyme
There's no sign of the morning coming
You've been left on your own
Like a rainbow in the dark
Just a rainbow in the dark
Ronnie James Dio
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Alla fine mi sono addormentata di nuovo. Quando mi sono svegliata erano quasi le sette di sera. Mi sono alzata e mi sono preparata per andare al concerto.
Mi sento decisamente meglio adesso, anche se ho lo stomaco sotto sopra. Non ho toccato cibo, e forse è per questo motivo che ho una nausea pazzesca.
Purtroppo non ho fame. E non ci sarà verso di mettere qualcosa dentro lo stomaco.
Al solo pensiero del cibo mi viene da vomitare. Vorrei proprio evitare di farlo, ancora. In pratica ho passato gli ultimi mesi della mia vita a vomitare.
Mi guardo allo specchio e so che avrei dovuto vestirmi in modo più carino per questo evento.
Solo che non ho quasi più niente di pulito da mettere e sinceramente, non avevo voglia di pensare troppo a cosa indossare. È già tanto se mi reggo ancora in piedi.
Indosso dei semplici jeans chiari e una maglietta di Ronnie James Dio, a cui ho fatto un nodo per renderla un po' più corta. Anfibi sempre ai piedi e capelli perennemente spettinati.
Faccio schifo. Mi si legge in faccia che ho passato una nottataccia. Neanche il correttore è riuscito a nascondere la macchie scure sotto ai miei occhi.
Valuto l'opzione di restare a casa, ma è troppo tardi. Scarlet è arrivata e suona il clacson all'impazzata.
Prendo lo zainetto ed esco di casa.
Entro in macchina e vengo accolta da una canzone dei Backstreet Boys. Io e Scar siamo totalmente diverse. In tutto e per tutto.
Eppure quando eravamo più piccole, insieme a Dylan avevamo formato una band. Una band che ha avuto la durata di una farfalla. Io cantavo e suonavo la chitarra. Scar il basso e Dylan la batteria.
Non eravamo così male. Anzi, facevamo buona musica. Solo che alla fine i miei amici hanno gettato la spugna perché non era una loro passione. Ci chiamavamo Vicious Vixen.
Ricordo che quando ci mettevamo a fare le cover degli Slipknot o dei System of a down, i vicini di casa venivano a lamentarsi per il troppo chiasso. Ovviamente mio padre non ci ha mai sgridati, anzi.
Mio nonno una volta ha rischiato di essere picchiato dal signor Wheleer, solo perché si rifiutava di sgridarci.
Per non parlare della signora Delight. Lei ci insultava sempre. Insultava tutta la mia famiglia, a dire la verità. Alla fine mi sono rotta le palle di subire. Mi sono presentata a casa sua quando ero sicura che ci fosse anche suo marito. Siccome alla sua mogliettina piaceva invitare uomini diversi a casa loro – quando lui era al lavoro- ho ben pensato di fare la spia. Ovviamente suo marito non mi ha creduta e lei ha continuato indisturbata a fare quello che faceva.
Il nostro quartiere non era di certo uno dei più tranquilli in cui poter vivere.
C'era il figlio dei Johnson che spacciava vicino allo stop. Tutti lo vedevano ma nessuno faceva niente. Mentre per il suono di una chitarra chiamavano sempre la polizia oppure bussavano alla porta. Lui però, era libero di spacciare ecstasy ai ragazzini.
Alcune volte il mondo va proprio al contrario.
«Togli questa merda» borbotto, allacciandomi la cintura.
«No», ridacchia. Allunga una mano e solleva ancora di più il volume, costringendomi ad ascoltare questa tortura per i miei timpani.
Per tutto il tragitto veniamo accompagnate dai Backstreet Boys che cantano " Tell me why, ain't nothin' but a heartache. Tell me why. Ain't nothing but a mistake. I never wanna hear you say, i want it that way".
È stata davvero una tortura. Avrei voluto strapparmi i timpani.
Parcheggia nei pochissimi posti ancora liberi. Fuori dal nuovo teatro ci sono un sacco di persone. Davvero tantissime.
Inizio a sentirmi agitata come se dovessi esibirmi io. Chissà se i ragazzi hanno un po' di fifa. Immagino di no. Sono bravissimi e sicuri delle loro capacità.
Sono nati per stare su un palco. E io non vedo l'ora che anche gli altri vedano quanto siano immensamente bravi.
Ci avviciniamo alla calca delle persone che spinge impaziente per entrare. Manco che lì dentro si stiano per esibire i Led Zeppelin o i Queen. Eppure sembra che gli Overdrive abbiamo già un grande pubblico di fan. Ovviamente la maggior parte di loro sono ragazze.
Sicuramente non capiscono neanche un cazzo di musica e non sanno nemmeno quale sia il genere che suonano. Sono qui solo perché sono dei bellissimi ragazzi.
Scar mi afferra il braccio avvicinandomi a lei. «Perché non dici che sei la figlia di James e saltiamo la fila? Sta per piovere e mi incazzo se la piega mi si distrugge. Ci ho messo un sacco di tempo a prepararmi!»
«No, facciamo la fila come tutti gli altri.» Non esiste che io passi prima solo perché mio padre è il manager degli Overdrive. Il mio più grande terrore è quello di passare per la raccomandata di turno.
Scar solleva il braccio attirando l'attenzione dello scimmione che sta controllando i biglietti delle persone. «Ehi!» si braccia.
«Smettila», sibilo.
Lei mi ignora e continua a sventolare una mano saltellando sul posto. «Ehi, scimmione!»
Lo scimmione in questione si volta con un'aria per niente amichevole. Potrebbe tranquillamente picchiare dieci persone insieme. È enorme e non ha per niente una faccia raccomandabile. Indossa un auricolare nero ed è vestito come se stesse per fare una rapina – o per sotterrare qualcuno al cimitero-.
Le sue braccia sono enormi, davvero tanto enormi. Immagino che non faccia nessuna fatica ad aprire i barattoli oppure a stritolare un collo.
La mia amica mi trascina verso il bestione. «Ehi, potresti farci passare?»
Lui la squadra dalla testa ai piedi. A occhio e croce sarà alto due metri e qualcosa. «No», il suono della sua voce è tetro. Inquietante.
Scar aggrotta la fronte. «No? Tu ci farai passare eccome!» sbotta. Mi afferra la mano e mi spinge verso quel muro umano, per poco gli vado a sbattere contro quel petto fatto di cemento armato. «Lei è la figlia di James Weller!»
No. Ti prego. L'ha detto davvero?
La guardo e vorrei tanto strozzarla con le mie stesse mani. Non ho il coraggio di sollevare lo sguardo verso Action Man. Con la coda dell'occhio vedo che farfuglia qualcosa nascondendo la bocca dietro il palmo della mano. Si preme l'auricolare per ascoltare. Sicuramente sta chiedendo a mio padre se effettivamente sono davvero sua figlia.
«Mi hanno detto di chiedere alla figlia di James Weller, qual è la sua canzone preferita», persino lui è un po' perplesso da questa richiesta.
Sollevo lo sguardo su di lui. Devo inclinare la testa leggermente all'indietro per poterlo guardare negli occhi. «La canzone preferita di mio padre?»
Lui parla ancora sottovoce. Poi annuisce. «Sì, la canzone preferita di James Weller.»
Dai, è uno scherzo?
«Sì ma di quale band? Mio padre ha mille band preferite!»
Chiede ancora qualcosa. «Canzone preferita degli Iron Maiden e dei Black Sabbath.»
Mi sfugge una risata. Sul serio, questa è una cosa assurda.
Rispondo senza esitare. «Wasted Years degli Iron Maiden. War Pigs dei Black Sabbath.»
Potrei dire la sua canzone preferita di ogni band. Conosco mio padre come le mie tasche.
Lui comunica la mia risposta e resta in ascolto. Abbassa lo sguardo su di noi, ci guarda come se fossimo due moscerini fastidiosi. «Potete passare», borbotta.
Dietro di noi si sollevano vari mormorii infastiditi. Qualcuno ci insulta.
«Certo, ci sono sempre le raccomandate. Magari è solo una groupie del cazzo che dopo, sicuramente succhierà il cazzo a tutta la band e anche a James Weller», sibila una voce femminile dietro le mie spalle.
Rabbrividisco alla sua affermazione. Ma che cazzo dice?
Mi volto nella sua direzione mentre lo scimmione sta sbarrando di nuovo il passaggio. È una ragazza dai capelli castani e dagli occhi scuri come il cioccolato al latte. Accanto a lei c'è una ragazza bionda.
Ho detto che non mi piace fare la parte della raccomandata. Ma devo comunque difendermi dalle sue accuse di merda.
Le rifilo un sorriso beffardo. «C'è chi può. E tu a quanto pare, non puoi. Attenta comunque, sta per piovere», afferro la mia amica dal braccio ed entriamo dentro.
Dentro al teatro ci sono già un sacco di persone. Per fortuna ci sono abbastanza posti per tutti.
Dico a Scar di prendere i posti mentre io vado alla ricerca di mio padre. Devo assolutamente prenderlo in giro per il modo in cui mi ha fatta entrare qui dentro.
Intercetto la sua chioma rossa mentre è intento a parlare con il suo braccio destro. Lancio un'occhiata verso il palco dove gli operatori stanno sistemando gli strumenti.
Dei ragazzi, non c'è traccia.
Sto quasi per raggiungere mio padre quando qualcuno mi sbarra il passaggio. Mi fermo prima di andare a sbattergli contro. Sollevo lo sguardo. È Vincent. Fasciato in un completo blu scuro che gli risalta ancora di più il verde degli occhi. I capelli tirati leggermente all'indietro con il gel. Bello. È bello. Lo è anche se ha uno zigomo gonfio dove c'è un livido, che qualcuno ha cercato di nascondergli con del trucco. È bello anche se ha il naso un po' storto.
Lo ha picchiato davvero. Per un momento avevo speravo di averlo solo sognato.
Lui mi sorride un po' incerto. Ricambio il sorriso anche se sento il mio corpo irrigidirsi.
Piantala, non ti ha costretto a fare niente.
«Possiamo parlare?» rompe il silenzio.
«Adesso?»
Alza una spalla e con un cenno del capo mi invita a seguirlo. Faccio solo un passo e vengo bloccata da una mano che si chiude attorno al mio polso.
Sollevo lo sguardo. È mio padre.
L'occhiataccia che lancia a Vince mi fa rabbrividire. Sa qualcosa? William glielo ha detto?
Oddio.
«Dove vai, Blue?» mi chiede, ma continuando a guardare oltre le mie spalle.
«Oh... stavo facendo due chiacchiere con Vincent», mormoro.
Papà stringe appena la mascella. «Ah sì? Anch'io devo dire due cosette a Vincent. Ti dispiace?» abbassa lo sguardo su di me. Sembra parecchio incazzato. Agli occhi degli altri potrebbe sembrare tranquillo. Ma non ai miei. Io lo conosco e so che è incazzato come una iena.
«Va bene.» Lancio un'occhiata a Vincent che sembra apparentemente tranquillo.
Molla la presa dal mio polso e si china a baciarmi sulla guancia con fare protettivo. Prima di andare con Vincent, mi guarda. «I ragazzi sono nella stanza dietro al palco. Vai da loro.»
«Okay», mormoro.
I due si allontanano insieme. Fremo dalla voglia di andargli dietro o di restare nei paraggi per sentire quello che papà ha da dire a Vince. Lo sguardo che aveva papà non promette niente di buono.
Li guardo sparire dietro un porta.
Sospiro e mi dirigo verso la stanza dietro al palco.
Prima che io possa abbassare la maniglia sento che qualcuno all'interno sta urlando.
Apro la porta di scatto. Joey e Sid si ammutoliscono appena mi vedono.
Ho decisamente interrotto qualcosa. Magari è un loro rito prima di un esibizione, non lo so. Fatto sta che ho interrotto qualcosa.
«Ciao Blue», mi saluta Joey. È sempre così gentile lui.
Sorrido. «Ciao», con lo sguardo cerco William. Lui però non c'è.
«È chiuso in bagno da almeno quindici minuti» dice Sid, come se mi avesse letto nel pensiero.
Inarco un sopracciglio. «In bagno? Perché?»
Entrambi si scambiano un'occhiata. Serrano le labbra.
«Prova a immaginare», parla Sid.
«Ansia da prestazione?» ipotizzo.
Sid ridacchia. «Mh, qualcosa del genere. Se riesci a farlo uscire dal bagno, ti offro una cena», attraversa la stanza e si siede su una poltrona rossa di velluto.
«Forse dovremmo andare noi. Lo sai com'è fatto, che quando è... agitato, reagisce male», si intromette Joey. Lui sembra davvero preoccupato.
Sembra che stiano parlando di un animale selvatico. Capisco che William sia un po' impulsivo e che il novantanove per cento delle volte parla senza pensare alle conseguenze. Ma non è pericoloso. Anzi, lui appare sempre quando ho bisogno. Come una sorta di super eroe o un angelo custode.
Sid sventola una mano per aria come per mandare a quel paese il suo amico. Estrae un pacchetto di sigarette e una se la porta alle labbra.
«Io non ci vado. Ha rotto il cazzo, lui e il suo atteggiamento da Drama Queen», sbuffa il fumo.
Joey scuote il capo, poi guarda me. « Se dovesse dirti qualcosa di male, vattene. Non ne vale la pena.»
Annuisco, anche se non ho ancora ben capito di cosa dovrei preoccuparmi. Non sarebbe la prima volta che io e William battibecchiamo. Una lingua ce l'ho anche io. E se voglio, sa essere anche parecchio tagliente.
Richiudo la porta e vado alla ricerca del temibile William Gilmour che, a quanto pare, è stato posseduto da una bestia malvagia.
Percorro il lungo e lussuoso corridoio. Non ho ancora avuto modo di osservare la bellezza di questo teatro. Lo farò più tardi. Ora devo trovare Jack Frost.
Svariati minuti dopo, dopo essermi persa due volte, trovo i bagni.
Apro la porta e mi ritrovo davanti altre cinque porte.
«William?» lo richiamo.
Di certo non mi metterò ad aprire tutte le porte.
Non siamo mica in un film horror.
Un suono, simile a un gemito smorzato, raggiunge le mie orecchie.
«William?» ripeto, avvicinandomi alle porte.
Sussulto quando da dentro uno dei bagni, qualcuno batte un colpo contro la porta.
Una voce femminile e parecchio infastidita, risponde. «Vattene via! Billy è impegnato!»
Bene. Quindi tutte le preoccupazioni degli amici erano inutili. Loro sono preoccupati e lui se ne frega mentre si sbatte una ragazza dentro i bagni.
Mi sento una stupida per essere venuta qui a cercarlo.
Faccio per andarmene ma la sua voce mi paralizza sul posto.
Ci impiego un po' a capire quello che dice. Strascica le parole a fatica, come se non riuscisse a connettere la bocca con il cervello.
«Lasciami in pace, non mi va.»
Decido di far finta di andare via ma rimango lì dentro ad ascoltare. So che dovrei farmi i cavoli miei. Ma la curiosità si è impossessata di me.
«Chi era quella ragazza?» gli chiede, la voce femminile di prima.
William farfuglia qualcosa che non riesco a sentire. «... Lasciami in pace Bonnie. Sei l'ultima persona che voglio vedere.»
Bonnie. Ho sentito più volte questo nome.
È la sua ex?
Perché è chiuso in bagno con la sua ex?
«Ah, ho capito. È quella puttanella di Blue Jean, vero?» sibila lei.
Ehi, ma che cazzo vuole da me? Neanche mi conosce!
«Non è una puttana», sbotta lui.
Oh, per lo meno mi difende.
«Vattene via, lasciami in pace. Non sono nelle condizioni di sopportare anche te», continua lui. Il tono di voce sempre più cupo.
«Sei veramente una testa di cazzo, Billy. Io sono venuta qui per chiederti scusa, per cercare di aggiustare il nostro rapporto!» strilla lei.
William risponde con una lenta risatina. «Tornare insieme? Neanche in un'altra vita. Tu mi hai tradito. E io non voglio più avere niente a che fare con te. Mi hai rovinato la vita. Ci ho messo due anni per smettere di odiarti. Sparisci dalla mia vista. Tornatene da Vincent.»
«Vincent è uno stronzo! Continua a mettermi le corna. Si è scopato anche la tua amichetta» risponde lei, indispettita.
«Lei non lo farà più. Ha capito che razza di merda è Vince», sbotta lui.
Entrambi si ammutoliscono per qualche istante.
Poi sento di nuovo dei rumori che non riesco a decifrare.
«Ti ho detto che non mi va!» tuona la voce di William. «Pensi che basterà succhiarmi il cazzo per farmi dimenticare quello che hai fatto?»
La serratura della porta scatta di colpo. Sobbalzo e con una velocità che non mi appartiene, riesco a raggiungere un bagno e mi chiudo dentro senza fare rumore.
«Vaffanculo, Billy! Mettiti in testa che io e te torneremo insieme. Sei l'unico che abbia mai amato!», la voce di Bonnie si incrina appena.
«Io invece non ti ho mai amata. Adesso sparisci» risponde lui, atono.
Sobbalzo quando sento la porta sbattere. Mi spalmo contro le piastrelle con il respiro affannato.
Per poco non schizzo dalla mia stessa pelle quando William colpisce il muro con un pugno. Così forte che la parete dietro alle mie spalle trema.
«Cazzo!» impreca.
Porto la mano davanti alla bocca e fortunatamente riesco a non produrre nessun rumore.
La porta accanto alla mia si apre. Sento alcuni passi e poi il silenzio.
Cerco di rilassare i muscoli accasciandomi contro le piastrelle, ho il cuore in gola.
«Guarda che lo so che sei qui», la sua voce mi arriva come un sibilo.
Cazzo.
Forse devo fingere di non essere qui e aspettare che vada via.
Invece la porta davanti ai miei occhi si apre con un colpo secco andando a sbattere contro il muro.
Quella che mi ritrovo davanti agli occhi è un'altra personalità di William.
Non solo ha la fronte aggrottata, ma i suoi occhi sono in tempesta. Percepisco la sua furia fin dentro le ossa.
Le sue pupille sono ridotte a due spilli, delle macchie rossastre gli contornano gli occhi.
La sua espressione mi fa raggelare. Mi guarda come se fossi io il suo nemico, e non quella Bonnie che lo stava molestando nel bagno.
Arretro di un passo e mi spiaccico contro il muro ancora di più. Il mio gesto non fa altro che farlo arrabbiare ancora di più. Serra così tanto la mascella che temo che possa saltargli via un molare.
Nonostante abbia l'aspetto di un demonio parecchio furibondo. È bello da levarmi il fiato.
Indossa solo un gilet di pelle rossa che gli risalta la pelle diafana e tutti i tatuaggi. I muscoli dell'addome sono umidi e sembra che brillino sotto la luce dei faretti. Un paio di pantaloni di pelle nera fasciano le sue cosce muscolose alla perfezione. Indossa una cintola con le borchie da cui pende una catena argentata.
Ai piedi le Dr Martens, come sempre.
È bello in un modo impossibile.
Deglutisco quando avanza verso di me chiudendosi la porta alle spalle.
Tutto l'ossigeno svanisce, dentro questo posto ristretto.
È risaputo che io non sia in grado di leggere e capire i suoi sguardi. Ora però lo capisco eccome. È arrabbiato. Furioso.
Solleva una mano, i muscoli sono tesi. Si strattona appena i capelli già scompigliati. «Come ti senti?» mi chiede.
Sbatto le palpebre un paio di volte. «Bene», mormoro.
Mi inchioda con i suoi occhi glaciali. «Hai paura di me, per caso?»
Paura? Certo che ce l'ho! Sembra che voglia fiondarsi su di me e squartarmi!
Deglutisco in modo brusco. «Sei strano.»
La tensione sulle sue spalle si allenta appena. Non del tutto però. «Non ti farei mai del male.»
Annuisco. «Lo so.»
«Allora perché hai paura di me?» quasi lo ringhia.
«Io...» farfuglio senza finire la frase.
Avanza di un altro passo verso di me. Ormai sono intrappolata tra il muro e il water.
Solleva una mano e con il dorso del pollice accarezza la mia guancia. Ha la mano gelida, così fredda che rabbrividisco.
«Io non ti sopporto, lo sai, vero? Mi stai sul cazzo in ogni modo possibile» dice, guardandomi dritto negli occhi.
«Allora perché passi tempo con me?» sbotto, sentendomi offesa dalle sue parole.
Piega leggermente le labbra ma senza sorridere. «Perché mi sento in dovere di impedirti di fare cazzate e di scoparti pezzi di merda come Vincent Wright», mi pizzica la guancia ma senza farmi male. Mi ricorda il gesto che faceva mio nonno quando ero piccola.
«Io scopo con chi voglio», mi difendo.
Storce il naso. Si avvicina ancora di più. Sono in trappola. Ora è così vicino che il suo addome è quasi premuto contro la mia pancia.
Infila una mano tra i miei capelli e mi solleva il viso. «Se non fossi tu... non esiterei un altro secondo a tapparti quella boccaccia. E non un bacio», si china su di me sovrastandomi con la sua altezza. Per qualche strano motivo, adesso sembra anche più alto.
Io sono inerte. Non riesco a muovermi.
Lo guardo negli occhi. I suoi sempre più annacquati, spenti. Lontani.
«Che cosa stai dicendo?» sussurro. Il mio petto si solleva in modo brusco.
«Sto dicendo che se non fossi tu, ti infilerei il cazzo in bocca per fartela tappare una volta per tutte. E poi», si avvicina ancora i nostri nasi quasi si sfiorano. « Ti scoperei fino a quando non mi supplicherai di smettere.»
È più che chiaro che in questo momento è totalmente fuori di sé.
Poso le mani contro il suo petto e cerco di spingerlo via. «Non sei in te.»
Piega le labbra sfoderando un sorriso beffardo, diabolico. «Cazzo se non sono in me. E lo sai perché?»
Scuoto il capo.
«Perché mi sono appena sparato in vena una quantità vergognosa di eroina. Capisci perché dovresti starmi lontano? Capisci perché dovresti stare alla larga da Vincent?»
Quello che dice non ha senso. Davvero. Non capisco.
Inumidisco le labbra e lui segue il mio gesto. «Eroina?» sussurro, sentendomi il cuore improvvisamente pesare quanto un macigno nel petto.
«Sì, eroina.»
«Perché? Perché hai bisogno di questo?» Giuro che vorrei prenderlo a schiaffi per farlo rinsavire.
Alza una spalle. «Ormai non riesco più a farne a meno. Sai, quando sei un tossico dipendente è difficile smettere. Guardarmi bene, guarda i miei occhi, le mie braccia, le mie vene martoriate. Così forse capirai che non si gioca con questa merda. Che non ti rende figa fare uso di cocaina. Non ti rende una donna vissuta scopare con delle merde mentre sei strafatta. Guardarmi», ringhia.
I miei occhi non riescono a scollarsi dalle sue braccia.
Perché non ho mai notato quei piccoli buchi? Eppure l'ho guardato così tante volte... Mi sono persa un mucchio di volte a fissarlo.
Il mio cervello è in sovraccarico. Ho un mucchio di cose per la testa, ma le parole che lampeggiano sono solo: eroina e tossico dipendente.
Qualcosa si smuove dentro di me. Un sentimento a cui non riesco ad attribuirli un nome.
So solo che sento gli occhi pizzicare e la gola gonfiarsi.
«Guardarmi», sibila.
Sollevo appena lo sguardo. I suoi occhi sono sempre più vitrei, inanimati.
«Non dovresti farti del male», sussurro.
Sogghigna. «Io non mi faccio del male. Io sto bene solo quando sono fatto. Non c'è nessun altro modo per sfuggire ai miei pensieri. Solo in questo modo riesco a non pensare.»
Ho un mucchio di domande da fargli ma non mi sembra il caso, non adesso.
La sua mano gelida scivola lungo il mio collo. Io smetto un po' di respirare. Il cuore sbatte contro le costole in un modo quasi doloroso.
Scende ancora fino a fermarsi sulla mia pancia scoperta.
Sorride quando si accorge che il mio corpo viene attraversato da un brivido. «Ti ostini a dire che non ti piaccio e poi fremi ogni volta che ti tocco. Fai così con tutti?»
Le sue parole mi colpiscono dritte sulla bocca dello stomaco. Racimolo un po' di coraggio per rispondergli. «Tu non mi piaci», sibilo.
Si sporge in avanti. Ormai sono schiacciata contro il muro e il suo corpo è spalmato al mio. «Bugiarda» sussurra, sfiorandomi il collo con la punta del naso.
Non capisco perché si stia comportando in questo modo. Certo, non è la prima volta che fa questi giochetti con me. Oggi però è diverso. I suoi occhi persi cercano di dirmi qualcosa. Qualcosa che io non riesco ad afferrare.
Le punte gelide delle sue dita si insinuano sotto la mia maglietta mozzandomi del tutto il respiro. Un brivido mi attraversa dalla testa ai piedi.
Deglutisco bruscamente. «Che cosa vuoi fare?»
Sfiora il mio collo con le labbra. Un gesto quasi impercettibile, ma che io sento. Lo sento ovunque come un incendio sulla pelle.
«Dovresti approfittare del fatto che non sono in me per chiedermi tutto quello che vorresti che io ti facessi. Chissà, forse sarò così bravo da farti avere finalmente un orgasmo.»
Le sue parole mi spiazzano. Questo non è lui. Non lo è.
Mi sta permettendo di usarlo? Sul serio?
Poi viene a dire a me di non farlo con gli altri ragazzi?
La rabbia mi ribolle nelle vene. Vorrei insultarlo fino a non avere più voce.
Ma sono inerte. Non riesco a muovermi. Forse non voglio neanche farlo.
Posa un altro piccolo, impercettibile bacio sul mio collo.
«Forse oggi potrei fare tutto ciò che desideri» sussurra, contro la mia pelle accaldata.
Per quanto sia affascinante e sexy da morire. Io non sono quel genere di ragazza. Non lo userei mai, o per lo meno, non lui. Con gli altri è diverso. L'unica cosa che vorrei rubargli adesso, è solo un bacio, solo per scoprire che sapore hanno le sue labbra, la loro consistenza.
La voce di Sid ci piomba addosso come una secchiata d'acqua fresca. «Adesso basta, Billy!» strepita. «Esci da quel cazzo di bagno, dobbiamo salire su quel fottuto palco. Adesso!»
William sospira contro il mio collo. Si tira leggermente su.
Ricevo il colpo di grazia quando si china su di me e posa un bacio sulla mia fronte.
Mi tremano così tanto le gambe che sembrano diventate di gelatina.
Apre la porta, barcolla da una parte all'altra prima di raggiungere il suo amico.
Sid mi guarda con aria preoccupata. Io lo rassicuro scuotendo appena il capo.
«Andiamo a spaccare tutto», biascica William.
Posa un braccio sulla spalla di Sid e lo trascina via.
Sarà in grado di esibirsi in questo stato?
Resto qualche minuto chiusa in bagno cercando di riprendermi un attimo, poi esco anche io. Le gambe tremano ancora, e anche le mani. Non so che cosa sia appena successo in quel bagno. So soltanto che la sua vicinanza mi stordisce peggio della cocaina.
È peggio di una sbornia dopo essersi scolati due bottiglie di tequila.
William è più stordente di qualsiasi altra sostanza io abbia mai provato.
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Il teatro Queen May è una struttura che lascia a bocca aperta. Da dove siamo sedute, nella platea, si vede perfettamente il palco scenico con ancora quell'enorme tenda rossa chiusa. È molto grande e, il fatto che tutti i posti siano occupati, mi fa capire quanto siano conosciuti gli Overdrive.
Intanto riecheggiano le note di una canzone dei Mötley Crue. Alcune persone cantano, altri scattano selfie. L'aria che si respira è elettricità allo stato puro, non vedono tutti l'ora che i ragazzi facciano il loro ingresso sul palco. Anche io non vedo l'ora. Sono un po' preoccupata per le condizioni in cui si trovava William poco fa. Non riesco a calmarmi.
Seduta accanto a me c'è Scar che non si è resa conto che sto per dare di matto per l'ansia.
Con la coda dell'occhio vedo una ragazza dai capelli rossi intrufolarsi dietro le quinte . Mi sporgo leggermente di lato e lei, dopo aver attraversato lo spazio con la grazia di un felino, si solleva sulle punte e bisbiglia qualcosa all'orecchio di William.
«Perché quell'espressione schifata?»
Sposto lo sguardo su Scar. «Quale espressione?»
Inarca appena un sopracciglio. «Stavi guardando in quella direzione con un'espressione schifata, che cosa hai visto?»
Mi sistemo sulla poltroncina. «Niente, non preoccuparti.»
Per fortuna non ha il tempo per indagare di più perché arriva il fascio di luce che illumina i ragazzi sul palco e la folla che esplode in un boato concitato.
Dimentico subito quella ragazza, la mia espressione schifata, dimentico persino tutte le cose che sono successe dentro quel bagno. Adesso su quel palco sono appena saliti tre angeli. Tre angeli in versione Punk. Non so dove posare gli occhi, sul serio, sono tutti e tre divini illuminati da quel fascio di luce. Solo che i miei occhi, si posano e si incollano sul front man che ha appena iniziato a parlare. Ringrazia tutte le persone presenti e dice altre cose che in questo momento non riesco a decifrare perché troppo impegnata a guardarlo, come se davanti ai miei occhi fosse appena apparsa la Madonna.
Le persone impazziscono, urlano dichiarazioni d'amore e allusioni sessuali rivolte per lo più a William. Lui sfacciato e strafottente com'è ghigna e li strega tutti.
Qualche ragazza urla un "sei stupendo", e non posso che essere d'accordo.
È meraviglioso. Lui e quella capacità di incanalare tutta la luce del mondo.
Come tutti i presenti, anche io mi ritrovo incantata da lui.
Impugna la sua chitarra da quindicimila sterline e la melodia del brano comincia a risuonare nell'aria. Non c'è più traccia del ragazzo con cui ho avuto a che fare in quel bagno. Sembra rinato. Sbocciato. Lui sboccia sempre quando impugna la sua chitarra. Riconosco subito le prime strofe di Voodoo dei Godsmack.
La voce di William si mescola alla musica suonata da Sid e Joey e dal suo basso. Sid ci da dentro con la batteria attirando tutta l'attenzione dei presenti che restano immobili, estasiati dalla sua bravura.
Quello che mi lascia a bocca aperta è il modo in cui si comporta William. È lui il padrone del palco. È lui che brilla di luce propria. Cattura tutta la luce dell'universo e la rende sua.
Per qualche secondo i suoi occhi sembrano posarsi su di me. Sono abbastanza distante dal palco, quindi è impossibile che riesca a vedermi.
Eppure le sue labbra si incurvano appena in un sorriso spietato.
Mi agito contro la poltrona e mi ci accascio contro.
Gesù. Perché dev'essere così sexy?
Quando inizia a muoversi in modo provocante, mentre Sid batte sulla batteria e Joey strimpella il suo basso, il pubblico femminile va in delirio.
Dietro le quinte intercetto mio padre che lo guarda con un sorriso luminoso stampato sulle labbra. Papà sa di aver incontrato una band che è destinata alla fama mondiale. Destinata a toccare il cielo e volare oltre.
E lo sa anche William.
La musica cambia. Noto gli sguardi confusi di Sid e Joey quando William inizia suonare le note di Rainbow in the Dark, di Dio. Forse non era nella loro scaletta, ma riescono comunque ad andargli dietro.
Poi succede qualcosa di strano. Forse lo noto solo io.
Forse lo sogno, non lo so.
Per un breve e folle momento mi sembra di vedere tutte le persone dentro alla sala sparire. Lui sta guardando me. Li sento, li sento i suoi occhi su di me.
Avvicina le labbra al microfono e con lo sguardo rivolto a me canta:
«Do your demons, Do they ever let you go?
When you try, do they hide deep inside? Is it someone that you know?
You're just a picture, You're an image caught in time
We're a lie.
You and I, we're words without a rhyme
There's no sign of the morning coming
You've been left on your own
Like a rainbow in the dark
Just a rainbow in the dark»
Il mio cuore si ferma per poi ripartire a ritmo dell'assolo di chitarra che sta suonando William. Che cosa è successo è impossibile da spiegare.
I tuoi demoni ti lasciano mai andare?
Quando ci provi, si nascondono nel profondo?
È qualcuno che conosci?
Tu sei solo un'immagine
Sei un'immagine catturata nel tempo
Siamo una bugia
Tu ed io, siamo parole senza rima
Non c'è segno che il mattino stia arrivando
Sei stato lasciato solo
Come un arcobaleno nel buio
Solo un arcobaleno nel buio
La canzone finisce tra i boati degli applausi.
Loro sono carichi a molla e cantano una canzone dietro l'altra. L'ultima fa parte del loro disco. È un inedito. Conosco le parole perché gliel'ho sentita cantare per quasi un mese intero. In parte l'ho creata anche io questa canzone, soprattutto per quanto riguarda la parte melodica.
Sid raggiunge gli altri due sul bordo del palco e tutti e tre si inchinano alla folla, facendo esplodere ancora una volta la platea.
Dopo il concerto ci ritroviamo davanti al buffet che è stato allestito per l'inaugurazione. Io e Scarlet mangiamo qualche tramezzino e alcune pizzette. Più in là ci sono i ragazzi che parlano con un mio padre e il suo nuovo collega che ancora non ho avuto modo di conoscere personalmente.
Poco dopo William si avvicina a noi, stringe tra le mani un bicchiere con un liquido ambrato e la luce riflessa dall'anello che indossa mi obbliga a concentrarmi sulle sue dita. Sono bellissime, e non è la prima volta che mi ritrovo a fissargli le mani. Dannazione, ho decisamente un fetish per le sue mani.
Ai mie occhi appaiono come strumenti di piacere. Inoltre con quelle dita è stato in grado di stregare tutte le persone che erano presenti allo spettacolo.
Mi guarda di rimando e non posso fare a meno di pensare che io sono uno straccio. Sono ancora sconvolta per quello che è successo nei bagni. Mentre lui nonostante tutto è perfetto.
«Allora, come siamo andati?» per lo meno adesso le sue pupille sono tornate normali. Forse ha smaltito la dose di... eroina.
Scarlet addenta un'altra pizzetta. «La cosa migliore di tutto questo è il buffet, non la tua presenza.» Giusto, lei è ancora arrabbiata per questa notte.
Il Biondo non si scompone troppo e non sembra neanche tanto offeso dal sarcasmo della mia amica.
Sposta lo sguardo su di me. «Tu mi sembri un po' sconvolta.» Reprime a stento un sorriso compiaciuto.
Maledetto.
«Sto bene», sbotto prima di allontanarmi da loro e raggiungere mio padre.
Adesso, c'è anche mio fratello.
William decide di seguirmi e si ferma accanto a me.
Thomas serra la mascella. «Quale parola non hai capito del "stai lontano da mia sorella?"»
Mio padre sbuffa esasperato. Poi guarda me. «Allora, ti è piaciuto lo spettacolo?»
Annuisco. «Sì.»
«Non essere troppo entusiasta» commenta William, ancora accanto a me.
Non mi disturbo nemmeno a guardarlo. Papà mi cinge con un braccio attirandomi a se. «Vieni, ti presento Luke.»
«Okay.»
Ci allontaniamo da William e mio fratello, il primo si dilegua in un battito di ciglia.
«Luke, lei è Blue Jean.»
Luke mi pianta addosso quegli occhi blu scuro. «Finalmente ci conosciamo, ho sentito molto parlare di te.»
Immagino.
Immagino che sappia anche della mia botta e via con Sid. Dio, che imbarazzo.
Sorrido come un'idiota e gli stringo la mano. «Piacere mio, Luke.»
«Allora, tuo padre mi ha detto che hai una bellissima voce e che te la cavi con la chitarra», dice.
Cavarmela con la chitarra? Solo?! E io che pensavo di essere ai livelli di Ritchie Blackmore!
«Be', è più che brava mia figlia», si intromette mio padre tutto orgoglioso.
Ridacchio. «Be' sì, me la cavo abbastanza bene.»
Luke mi sorride. È davvero un bell'uomo, eh.«Quindi come mai non hai un contratto con noi?»
Sento le spalle irrigidirsi, mio padre se ne accorge e mi attira a sé mettendomi un braccio sulla spalla. «Prima o poi lo avrà. Adesso deve pensare ad altre cose più importanti», risponde con calma.
Luke ci guarda con un sopracciglio castano inarcato. Sicuramente si sta chiedendo che cosa ci sia di più importante di avere un contratto discografico con la Blue&T Records. Oh, se solo sapesse non farebbe quella faccia.
«Vorrei sentire qualcosa comunque, anche William mi ha accennato qualcosa sulla tua dote innata.»
Sgrano appena gli occhi. «Sul serio?» Inizio ad agitarmi. «Ha parlato di me?»
«Sì», risponde senza esitare.
Schiarisco la voce. «Un giorno, forse», mormoro.
«Non vedo l'ora», strizza l'occhio.
Alla nostra conversazione si aggiunge una signora di una bellezza disarmante che circonda la vita di Luke e gli sorride in modo amorevole.
«Lei è Adeline, mia moglie.»
«Piacere, Blue Jean», tendo una mano per stringere la sua.
È davvero bella. Mi sento quasi a disagio a essere guardata da lei.
Si avvicina anche Sid. «Ecco la ragazzina, come siamo andati?»
Non posso fare a meno di sorridergli. «Fantastici. Avete spaccato.»
«Ovvio! Noi spacchiamo sempre!» Esclama allegro.
«Sì, vedete di non spaccare anche il teatro!» Si intromette Luke, poi si rivolge a me. «Devi sapere che, anche se sono degli uomini adulti, ogni tanto si divertono ancora a fare delle bravate da adolescenti ribelli.»
Sid schiocca la lingua. «Ma va'. Siamo cresciuti ormai», poi aggiunge rivolto a me. «Billy dov'è?»
Alzo le spalle. «Non lo so, è sparito nel nulla.» Perché dovrei sapere dov'è? Non sono mica il suo cane da guardia.
Sia lui che Luke si scambiano una strana occhiata, a cui partecipa anche mio padre
«Vado a cercarlo.» Dichiara Sid.
Okay... che sta succedendo? Senza rendermene conto gli vado dietro.
Nota la mia presenza alle sue spalle e si ferma. «Dove vai?»
So che non dovrebbe importarmi niente. Solo che non posso ignorare il modo in cui si sono guardati lui, Luke e papà.
«Vengo con te.» Dichiaro.
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Ecco la famigerata Bonnie🙄
Io l'ho creata... e io la odio da morire 😂
Comunque, stavo pensando di suddividere i capitoli, nel senso renderli meno lunghi per non annoiarvi a morte. Il problema è che io ho già scritto fino al 40esimo capitolo, ed ora devo rivedere un po' tutto 😂
In realtà non avevo previsto di ricominciare a pubblicare qui, scrivevo solo per staccare un po' la spina ( anche per trovare il coraggio di inviarlo a qualche casa editrice 🙈) quindi i capitoli sono molto lunghi... Vabbè, vedrò come fare.
Ci becchiamo lunedì xD
~ LONG LIVE ROCK'N'ROLL~
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