♫ ~ 17.1 ᴛʜᴇ ꜱᴀɴᴅ ᴏꜰ ᴛɪᴍᴇ ꜰᴏʀ ᴍᴇ ᴀʀᴇ ʀᴜɴɴɪɴɢ ʟᴏᴡ

‼️SCENE ESPLICITE‼️

When you know that your time is close at end,
maybe then you'll begin
to understand life down here,
is just a strange illusion. 
Iron Maiden
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Forse ho preso troppo alla lettera quello che mi ha detto Scar. Ho indossato una gonna di pelle nera, così corta che lascia poco all'immaginazione. Ho persino messo le calze a rete sotto. Un top scollato che mi strizza le tette così tanto che temo che possano scoppiare da un momento all'altro. Mi sono persino truccata. Ho tirato fuori il mio rossetto bordeaux preferito. Ho legato i capelli in una coda alta e infine mi sono messa degli anfibi che arrivano quasi al ginocchio. Certo, è cambiato ben poco da come mi vesto solitamente. Più che per uscire con una serata con la mia amica, sembra che sia pronta per andare a battere sui marciapiedi. Non m'importa però, mi vedo carina ed è questo che conta. 

Ci siamo infilate dentro il primo locale che abbiamo trovato aperto. Non siamo state lì a pensarci troppo, sopratutto quando siamo state colte da un'acquazzone improvviso. Ogni tanto mi dimentico di quanto sia instabile il meteo a Londra. Un po' come la sottoscritta. 

Alla fine, abbiamo scoperto di essere in un locale frequentato da persone In. Quelle con la puzza sotto al naso. Io e Scarlet sembriamo due pesci fuor d'acqua. Ci sentiamo un po' a disagio. Stoniamo di brutto in mezzo a tutte queste persone vestite come se stessero andando ad una presentazione di aspirapolvere di ultima generazione. Alcuni sembrano vestiti da cerimonia. 

Mentre io sembro vestita da prostituta e la mia amica sembra una di quelle Hippy sotto effetto di acidi. Per qualche strana ragione oggi ha deciso di indossare una gonna fucsia glitterata e un top pieno di strass leggermente più chiaro. 

Siamo decisamente fuori posto. Siccome però fuori piove a dirotto, non abbiamo nessuna intenzione di andare via. 

Ce ne stiamo qui sedute, buone buone a dare le spalle a tutte queste persone che hanno tutta l'aria di essere importanti, mentre sorseggiamo il nostro cocktail bello colorato. 

Persino il barista ci ha guardate con quell'espressione che diceva " E voi da dove cacchio siete saltate fuori?". Anche la sua divisa è ingessata, gli conferisce l'aspetto di uno che ha un palo ficcato su per il culo. Una camicia nera abbottonata fino al collo. Pantaloni eleganti e neri. Ha persino uno stupido papillon attaccato alla camicia. 

Se il Rocktail non appartenesse a William Gilmour, vorrei tanto andare lì. Solo che non voglio ritrovarmelo davanti. Ora come ora, potrei tranquillamente cavargli anche gli occhi. Stronzo. 

Sbuffo nel mio cocktail attirando l'attenzione della mia amica. Anche lei ha l'aria di una che vorrebbe scappare da qui. «Che c'è?» mi chiede, mordicchiando in modo annoiato la sua cannuccia. 

Anche le cannucce sono ridicole. 

«Niente, mi annoio a morte. Questo posto è noioso», afferro la fragola che è stata messa come decorazione sul bordo del bicchiere e la mangio. Scoprendo che è più amara della mia vita. 

«Lo so, appena smette di piovere andiamo via» dichiara, leva la cannuccia dal bicchiere e beve il cocktail tutto d'un sorso. 

Passano i minuti ma la pioggia non vuole saperne di placarsi, anzi, sembra aver persino aumentato la potenza con cui si schianta contro la vetrata del locale. 

Che palle. Potrei anche prendere in considerazione l'idea di bagnarmi dalla testa ai piedi pur di scappare da questo locale palloso. 

Vengo distratta dalla porta che si è appena aperta. Un tipo tutto coperto dal suo cappotto leggero ha appena fatto il suo ingresso. 
Appena se lo leva per scrollarsi la pioggia di dosso, realizzo che si tratta di Vincent. 

Forse la serata non sarà poi così noiosa. 

I suoi occhi smeraldini si posano subito su di me. Ovviamente è impossibile non notare me e Scarlet in mezzo a queste anime prive di carattere. Sono vestiti tutti uguali. 

Scar mi colpisce sulla costola con una gomitata. «Il tuo amico ti sta mangiando con gli occhi.»

La ignoro perché sono impegnata a osservare Vincent che si avvicina a noi. Non riesco a credere che questo ragazzo facesse parte di una punk rock band. Non ha l'aria del cattivo ragazzo. Anzi, è sempre vestito in modo quasi elegante. 

Ci raggiunge con un bel sorriso stampato sulle labbra. Carino è carino. 

«Che ci fate in questo posto tutte sole?» il suo fortissimo accento irlandese oggi mi fa eccitare più del solito. 

Dovrei sentirmi offesa dalla sua domanda? Che significa cosa ci facciamo in questo posto? 

«Non sapevamo dove andare» rispondo, bevendo un sorso del mio cocktail. 

I suoi occhi percorrono tutto il mio metro e qualcosa con curiosità. Vorrei proprio sentire che cosa pensa di me e del mio abbigliamento poco casto. Vorrei sapere che cosa vede. Finisce di farmi la radiografia completa e poi mi guarda negli occhi. «Non devo temere che spunti fuori Billy dal nulla?»

«Che vada a farsi fottere», borbotto. E poi, ha paura di lui? Non mi sembra uno che si lascia intimorire da un biondo psicopatico. 

«Vedo che hai capito com'è», dice serio. 

Non ho capito un bel niente. So solo che è un cazzone. In tutti i sensi.

Alzo una spalla. «Non mi interessa parlare di lui. Più che altro dimmi come ci si diverte in questo tipo di locali.»
No perché potrei addormentarmi da un momento all'altro.

Il sorriso che mi rifila Vincent è tutto perversione allo stato puro. E a me, piace. 

Scar si schiarisce la voce accanto a me. «In effetti è un po' noioso questo posto», concorda. 
«Se volete, possiamo spostarci a casa mia», propone lui. 

«Sì», dico senza esitare. Tutto, pur di non stare qui. Ho l'impressione che ci divertiremo un sacco con Vince. 

Scar sembra un po' titubante, ma alla fine accetta. 
Paghiamo il nostro conto e usciamo da lì. Per fortuna la pioggia ci concede il tempo di arrivare a prendere l'auto. Vincent ci fa strada con la sua auto. 

«Pensi che sia opportuno andare a casa sua?» mi chiede Scar, mentre aziona i tergicristalli. 
Mi volto a guardarla. «Perché no? È un tipo apposto.» Neanche lo conosco.

«Non mi piace», ammette. «Non mi è piaciuto il modo in cui William lo ha guardato quella volta in ristorante, come se avesse voluto vederlo prendere fuoco.»

Sbuffo una risata. «Non dare retta agli sguardi di William. Quello lì odia ogni essere umano. È solo ostile nei suoi confronti perché è un cretino. In fin dei conti è stato proprio lui a rubare la fidanzata a Vincent.»

Si volta appena a guardarmi. «Davvero?»
Annuisco. «Sì, me l'ha detto Vince.»

«Non ti è venuto in mente di sentire anche l'altra campana?»
«Sì, ovvio. Peccato che cavare le parole di bocca a Psycho sia impossibile. Mi sembrava sincero però Vince. E io gli credo.»

Vedo che arriccia il naso in modo scettico. «Se lo dici tu.»

Che motivo avrebbe avuto per mentirmi? Io nemmeno sapevo che si conoscessero. 

Vincent mette freccia a destra e noi lo seguiamo. Entra dentro dei parcheggi sotterranei e poi parcheggia. Siamo ad Hampstead, uno dei quartieri più ricchi di Londra. 
Scendiamo dalla macchina e Vince ci raggiunge. 

«Spero che tu abbia qualcosa di buono e forte da bere» borbotta Scar, lisciandosi la gonna che sbrilluccica come una palla da discoteca. 
Vince le rivolge un sorriso. «Ti sembro uno che non ha roba buona?»

Lei per tutta risposta alza le spalle. «Che ne so, neanche ti conosco.»

«Sono irlandese, tesoro. Ho il miglior Whiskey del mondo» risponde lui, tutto pieno di sé. 
Lei lo guarda dalla testa ai piedi. So che non si fida di lui. La conosco. «Vedremo.»

Vincent ridacchia e ci fa strada attraverso una porta che dai parcheggi conduce dentro il palazzo. 
In ascensore non vola una mosca. 
Parliamo solo quando Vince apre la porta di casa sua. 

O meglio, è Scar a rompere il silenzio. «Porca puttana! Allora sei ricco da far schifo, vero?» entra dentro casa e si guarda intorno facendo una giravolta su se stessa. 

Casa di Vincent è... bellissima. Non ci sono altre parole per descriverla. Meglio della mia lo è sicuramente. 
L'unica pecca è che, a parer mio, è tutto troppo bianco. Davvero, eccessivamente bianco. A rischio di convulsioni o di essere accecati. 
Una chitarra cattura subito la mia attenzione, mi ricorda che anche lui è stato un musicista. Chissà se era bravo tanto quanto William. No, non pensare a lui.

«Accomodatevi pure» dice, prima di sparire passando sotto un'enorme arco che conduce alla cucina troppo bianca e super lucida. Forse neanche l'ha mai usata. È troppo immacolata. Sembra essere appena spuntata fuori da un costosissimo catalogo di cucine. 

Io e Scar prendiamo posto sul divano di camoscio bianco. Super comodo e super morbido. Niente a che vedere con quel masso dove dormo ogni notte. 
Poco dopo torna con due bicchieri con del Whiskey dentro. A me non piace tanto, ma non voglio essere maleducata. Basterà buttarlo giù come se fosse della semplice acqua. Anche se mi brucerà la gola come della lava liquida. 

Si siede accanto a me con le gambe leggermente divaricate. Il suo ginocchio sfiora il mio. 
Io non lo so che cosa mi prende oggi. Ho una voglia matta di fare sesso. Sul serio, forse ho perso completamente la ragione. Ma è così però. 

Per fortuna Scar è qui con me e potrà impedirmi di combinare stronzate. 

Per quasi un'ora Vince parla del suo teatro, che è stato progettato per accogliere quasi 50 mila persone. Dove ha intenzione di organizzare un mucchio di eventi e ospitare tantissime band famose. È bella come idea, niente da dire. Solo che io non voglio parlare. Alla fine ho bevuto non ricordo nemmeno quanti bicchieri di Whiskey. Il mio cervello sta galleggiando nell'alcool e mi sento più svampita che mai. 

Poso una mano sulla coscia di Vince e il suo respiro si smorza appena. Mi punta addosso quegli occhi smeraldini e sorride. Forse ha capito che cosa voglio.

«Posso suonare un po' la chitarra?» gli chiedo. 

Si morde il labbro inferiore e io serro le cosce in un gesto automatico. «Certo che puoi, fai come se fossi a casa tua. Puoi fare quello che vuoi», strizza l'occhio e io mi sento incendiare dall'interno. 

In tutto questo la mia amica è mezza collassata sul divano. Si è persino tolta le scarpe e la sua parte femminile l'ha abbandonata. È sdraiata in modo scomposto e per niente delicato. Ci osserva con la testa che dondola appena, segno che è ubriaca marcia. In mano ha un altro bicchiere di Whiskey. 

Quando mi alzo poso una mano sulla coscia di Vincent, ovviamente di proposito. 
Non sono mai stata così eccitata in tutta la mia vita. Non lo so che cosa mi sta succedendo. 

Lo sento imprecare qualcosa sottovoce e quando mi alzo in piedi, la sua mano accarezza la mia coscia. Cristo Santo. 
Un po' barcollante mi trascino verso la chitarra. Non è una Les Paul come quella che suona il biondo malefico, ma non è meno potente e neanche meno costosa. 

Tutto questo coraggio e spavalderia, non so nemmeno da dove li stia cacciando fuori. 
Persino Scar mi guarda sorpresa. Lei sa che io non suono quasi mai davanti a nessuno. 

Inizio a pizzicare le corde intonando la prima canzone che mi viene in mente. Quando canto persino la mia voce è distorta. Quasi irriconoscibile. Quel Whiskey è davvero potente. Mi sento stordita. 
Vincent non mi schioda gli occhi di dosso. Mi guarda come se vorrebbe alzarsi, saltarmi addosso, strapparmi i vestiti e scoparmi contro il muro.

Be', non direi di no. 

Ho un bisogno disperato di placare quella sensazione di incompletezza che mi ha lasciato questa mattina William. È fastidiosa. Non la sopporto più. Voglio mandarla via. 

Scar tira fuori il suo telefono, le cade per due volte di mano e lei ride divertita. Poi, quando riesce a tenerlo in mano, me lo punta addosso. «Vai Pudding, facci vedere che cosa sai fare!» strilla, la voce ridotta ad una cantilena alcolica. 

E io, perché non sono in me, inizio a muovermi in modo provocante mentre canto Pour some sugar on me dei Def Leppard. Un po' per divertirmi, un po' per stuzzicare Vincent. 
A un tratto lui si alza in piedi di scatto e mi raggiunge con un passo da felino affamato. È anche più bello adesso. «Io suono, tu canti», dice un attimo prima di strapparmi la chitarra di mano. 

Non obbietto. 
Lui suona e io canto. Ovviamente non mi risparmio delle mosse sexy. Nella mia testa mi sto muovendo in modo sexy. Dal vivo non so se risulto attraente o solo una pazza ubriaca che rischia il coma etilico.

Scar continua a riprendere e canticchia insieme a me la canzone. 
Accarezzo il corpo con movimenti lenti, mentre dondolo la testa con gli occhi leggermente socchiusi. Sento comunque gli smeraldi di Vince bruciarmi la pelle. 

«Pour some sugar on me. Pour your sugar on me» canto, la voce roca. Gli occhi aperti e fissi su quelli di Vincent. 
«No, ma fate pure come se io non fossi qui»ridacchia Scar, prima di venire colta da un singhiozzo. 

Sollevo lentamente l'indice, continuo a muovermi in modo provocante e a cantare, con la voce ridotta quasi a un sussurro. Invito Vince ad avvicinarsi a me. Lui non se lo fa ripetere due volte, molla la chitarra a terra che, poverina si cappotta producendo una flebile strimpellata. Si avventa su di me, afferra la mia nuca e avvicina il mio viso al suo. Le sue labbra si scontrano prepotenti contro le mie. 

Le schiudo permettendo alla sua lingua di incontrare la mia. 

«Dateci dentro!» urla Scar. «Cazzo... mi è caduto di nuovo il telefono. Ciao Followers! Ora stacco perché la mia amica ha bisogno di privacy, se volete seguirla il suo nick è Blue trattino basso Bean. Buona notte!» farfuglia cose incomprensibili che non riesco a capire perché sono distratta dalle mani di Vince che vagano ovunque sul mio corpo. Mi accendo subito come una miccia pronta a esplodere.

«Scar...» bofonchio contro le sue labbra. 

Lui si stacca appena, le labbra gonfie e rosse per via del nostro bacio indecente.

Scocca una rapida occhiata a Scar. «È svenuta.»

Preoccupata, mi volto verso di lei. Scoprendo che si è addormentata di punto in bianco, come se fosse affetta da narcolessia. 

Be', se è così... 

Guardo di nuovo Vince. Basta solo una semplice occhiata e lui capisce quello che voglio. 
Mi circonda il sedere con le mani e mi tira su come se non pesassi niente. Cammina fino a uscire dal salotto, attraversa il corridoio e si ferma davanti a una porta chiusa. Io sono impaziente, mi struscio su di lui con insistenza. 

Lo sento ridacchiare, mentre mi morde il collo, appena sotto il lobo dell'orecchio. Mi viene la pelle d'oca e l'eccitazione cresce sempre di più. 
Poco dopo mi sdraia sul suo letto. Mi guarda dall'alto come se fossi la cosa più bella che abbia mai visto. 

Inclina leggermente la testa di lato mentre i suoi occhi scivolano fino alla mia gonna. «Te l'hanno mai detto che sei spettacolare?»

«No» ammetto, dimenandomi contro il materasso. Cazzo, voglio che mi tocchi e che non perda tempo con complimenti che probabilmente ha sentito da qualche film. 

Mi metto a sedere, lo afferro dall'orlo dei pantaloni e lo attiro a me. Riprendo a baciarlo con foga. Gli mordo il labbro inferiore facendolo ansimare contro la mia bocca. 
È la prima volta che non sono totalmente stordita. È la prima volta che desidero essere scopata. La prima volta che il mio corpo e soprattutto la mia mente, sono sulla stessa lunghezza d'onda. Ed è bellissimo, cazzo. 

Gli sollevo la maglietta fino al collo, lui mi aiuta a levargliela da sopra alla testa. 

Cavolo, anche lui ha un fisico niente male. Ha solo un tatuaggio sul pettorale destro, in questo momento però non capisco che cos'è. 

«Siamo impazienti, mh?» soffia sul mio collo, procurandomi un'infinità di brividi. 

Annuisco con foga. «Sì, spogliami.» Non riesco neanche a stare ferma con le mani. Di solito non faccio niente di tutto ciò. Gli accarezzo le braccia, la schiena, i fianchi e lo guido tra le mie gambe divaricate in modo volgare. 

La sua erezione preme attraverso il tessuto dei pantaloni. Siamo ancora troppo vestiti. 

Mi sfila il top e si avventa subito contro i miei capezzoli. Li succhia in un modo volgare, li mordicchia con i denti e afferra i piercing facendomi ansimare. Affondo una mano tra i suoi capelli baciati dal fuoco e li strattono appena. 

Finalmente la sua mano scivola sotto la gonna, ma non prima di avermi palpato la coscia con forza. 
La sua bocca ritrova la mia. Il bacio diventa sempre più affamato, sconcio, volgare. Afferra la mia lingua con i denti e poi la succhia. Gemo contro la sua bocca quando sposta di lato le mie mutandine e mi penetra con un dito. Con l'altra mano continua a stuzzicarmi il capezzolo, lo afferra tra l'indice e il pollice e lo stringe appena. 

Gesù santo... No, non devo pensare a Gesù adesso. 

Apro le cosce ancora di più. Al limite della decenza. Muovo il bacino contro il suo ancora troppo vestito. 

Aggancia le calze a rete con le dita e le strappa. Mi promette che me ne comprerà un altro paio, ma a me, poco frega delle calze in questo momento. Le avrò pagate 99 pound al massimo. 
Infilo le mani tra noi due e cerco il bottone dei suoi jeans. Lo trovo e lo sbottono. 

Mi aiuta ad abbassarglieli e riprende a baciarmi. Il suo uccello è duro contro il mio inguine umido. 
Se non fosse una cosa normale, sarei imbarazzata per quanto sono bagnata in questo momento. 

Ritrova il mio clitoride, lo stuzzica, lo pizzica. Devo mordermi il labbro per non ansimare ad alta voce. Dopotutto, Scar sta dormendo sul divano. 

Oddio, sono un'amica di merda se sto per fare sesso mentre lei è svenuta sul divano? 

Non ho tempo di pensare ad altro perché Vince mi penetra con due dita facendomi roteare gli occhi all'indietro dal piacere. 
Mi viene anche un po' da piangere in questo momento. Perché se sto provando tutte queste cose significa che non sono rotta. Anch'io riesco a provare piacere nell'essere toccata senza sembrare invece una tortura.

Vince si regge sui gomiti con interrompendo qualsiasi contatto con me. 
Lo guardo con gli occhi annacquati dal Whiskey e dalla voglia di essere scopata. «Perché ti sei fermato?» piagnucolo. 

Si alza in piedi del tutto, lasciandomi sul letto con le gambe aperte come se stessi per partorire. 
Mi guarda con avidità in mezzo alle gambe per poi guardarmi negli occhi. «Ci vuole più divertimento», un sorriso da diavolo gli incurva le labbra lucide. 

In questo momento, anche la sua voce mi eccita. Quell'accento irlandese è sexy. 

Tiro su la testa per guardare quello che sta facendo. Apre un cassetto, lo vedo trafficare con qualcosa al suo interno. Lo richiude e torna da me con in mano un preservativo e una bustina con della roba un po' tendente al giallo. Non ho idea di che cosa sia. Forse è un'altra qualità di cocaina, non ne ho idea. Il mondo della droga è ancora un po' sconosciuto e inesplorato per me. 

«Che cos'è?» gli chiedo, una volta che torna tra le mie gambe dopo aver indossato il preservativo. 
I suoi occhi brillano come due diamanti. «È come quella dell'altra volta.»

«È diversa», sussurro. 
Scuote il capo. «No, ha solo un colore diverso ma è uguale», mi rassicura. «La vuoi?»

Annuisco senza neanche pensarci. 

La apre, ci infila l'indice dentro e ne prende un po'. Sempre con quel luccichio negli occhi avvicina il dito alle mie labbra. «Apri la bocca, piccola.»

Schiudo le labbra e accolgo il suo dito in bocca. Lecco la polverina, gli succhio un po' il dito. Il suo uccello ha uno spasmo contro la mia apertura. Gemiamo entrambi a quel contatto. Prende un altro po' della polverina con il dito e ripete il gesto di poco fa.

«Posso fare una cosa?»
Annuisco, ancora, senza esitare. 
Versa un po' di polverina sul mio seno, si piega su di me e la sniffa, per poi passarci la lingua sopra, concentrandosi sul capezzolo. 

Non resisto più. 
E glielo faccio capire inarcando la schiena contro di lui. 

Posa le mani ai lati della mia testa e con una spinta entra dentro di me con forza, spostando tutto il mio corpo all'indietro. Resta qualche secondo fermo, come se volesse darmi il tempo di abituarmi alla sua invasione. 
Mi aggrappo alle sue spalle e lui inizia a muoversi. Entra ed esce con forza. Un po' fa male, ma non me la sento di dire niente. Anche perché inizio a sentirmi un po' strana. Frastornata. 

I battiti del mio cuore si sono placati, a stento riesco a sentirli. La vista è un po' confusa, così come la mia testa. 
Ma neanche adesso dico niente. Non riesco a connettere il cervello con la bocca. 

Si spinge dentro di me con brutalità, afferra entrambe le mie cosce e mi attira ancora di più a sé. Affonda i polpastrelli contro la mia carne facendomi mugugnare dal dolore. 

«Piano» farfuglio, sempre più stordita. 
Mi guarda dall'alto, spingendosi sempre più forte. «Piano? Dov'è finita la voglia che avevi di essere scopata?»

Non so se è per via del mio stordimento, ma sembra che il suo sguardo sia cambiato. Non sembra neanche più lui. 
Non provo più piacere. Mi sta facendo solo male. Le sue mani adesso stringono con forza i miei fianchi, così forte che sento la pelle bruciare. 

Cerco di stargli dietro con i movimenti ma non ci riesco. Mi sento sempre più debole. 

Afferra una ciocca dei miei capelli obbligandomi a inclinare leggermente la testa. Mi morde il collo e poi lo succhia con forza. 

«Vince», lo richiamo. Lui però neanche prende in considerazione le mie parole. 
A ogni stoccata forte, vedo le stelle. Fa male. Mi fa male il basso ventre, le pareti interne. Tutto. E poi, non smette di mordermi la pelle e di succhiarmi. 

Affondo le dita sulle sue spalle. «Mi stai facendo male», la mia voce si incrina e gli occhi si riempiono di lacrime. Lentamente, capisco sempre meno quello che sta succedendo dentro questa stanza. 

Ho la nausea. Mi sta venendo da vomitare. Qualsiasi cosa mi ha dato, non è come quella della volta scorsa. Non lo è.

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