♬ ~ 13.2 ʏᴏᴜ ᴄᴀɴɴᴏᴛ ᴋɪʟʟ ᴡʜᴀᴛ ʏᴏᴜ ᴅɪᴅ ɴᴏᴛ ᴄʀᴇᴀᴛᴇ
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Dylan apre la bocca per rispondere ma io lo precedo. Questa conversazione deve finire all'istante. «No, non siamo andati a letto e non andremo mai.»
William mi guarda ancora, sempre con quel sorriso antipatico. «Ha ragione, io non vado a letto con le ragazzine.»
«Ma il tuo amico sì», si intromette Scar.
Lui alza le spalle. «Be', io non sono Sid. Se lui preferisce le ragazzine, non posso farci niente.»
Arriccio le labbra. «Lo sappiamo che non sei lui, almeno lui è più simpatico.»
Mi rifila un'occhiataccia che mi fa raggelare. «Io non voglio essere simpatico e neanche piacere a te.»
Oh, qualcosa mi dice che al belloccio rode qualcosa.
Aggrotto la fronte sperando di vederlo prendere fuoco. Purtroppo non ho i laser come quelli di Superman. Quindi decido di interrompere questa conversazione senza rispondere. Non gliela sto dando di certo vinta. Semplicemente non ho più voglia di discutere con lui.
Distolgo lo sguardo e poco dopo la cameriera giunge al nostro tavolo con i nostri piatti. Per fortuna.
Alla fine ho ordinato anche roba a caso, come sempre non ho molta fame. Ma adesso a costo di non rivolgere più parola a William, sono disposta a mangiare tutto. Anche al costo di ingurgitare posate e quant'altro.
Più che mangiare quello che ho nel piatto, sto bevendo. Del vino. Lo sanno tutti che a me il vino non piace. Ma se devo sopravvivere a questo pranzo, e soprattutto devo sopportare l'essere inquietante che è seduto di fronte a me: ci vuole alcool.
La cosa che più mi fa incazzare di lui è che si comporta sempre in modo diverso. Un giorno, è tutto tranquillo e pacifico, a tratti anche simpatico. Un giorno sembra che non voglia far altro che farmi arrabbiare. Un altro mi prende in giro facendomi credere che gli piaccio. Il giorno dopo ancora è insopportabile.
Chissà quante personalità ha questo ragazzo.
Il mio amico però non ha nessuna voglia di starsene zitto. Quindi riprende a intrattenere una conversazione con William Psycho. Spero solo che il soggetto del loro chiacchiericcio non sia io.
Non sono più abituata a sentire parlare di pettegolezzi o intrattenere una conversazione. Ci vuole ancora del tempo. Inoltre odio essere al centro dell'attenzione.
Per fortuna anche Dylan ha smesso di mettermi in imbarazzo. Ora la sua curiosità è incentrata solo su William e la sua band.
Il Bipolare Ossigenato cambia totalmente espressione quando parla della sua band. Assume l'espressione di un bambino dentro al suo negozio preferito di giocatoli.
Odio ammetterlo, ma lo trovo persino adorabile.
Ovviamente invita tutti i presenti al loro primo concerto che si terrà dopo domani. Be', almeno non sarò da sola. Sinceramente non ci avevo pensato a invitare i miei amici a venire con me. Avevo già progettato di starmene nascosta in un angolo per evitare di vedere mio padre.
Mentre sono intenta a bere l'ennesimo sorso di vino – che inizia a darmi alla testa- , qualcuno mi picchetta un dito sulla spalla.
L'espressione di William cambia così tanto che anche i suoi lineamenti si distorcono.
Sembra che stia per alzarsi in piedi e attaccare alla gola la persona che ho dietro le spalle.
Mi volto e con mia grandissima sorpresa, in piedi dietro di me c'è Vincent. Sì, proprio lui. Il ragazzo con cui ho fatto sesso in mezzo ai cassonetti della spazzatura.
Anche lui guarda in modo strano William prima di posare i suoi occhi su di me, cambiando totalmente espressione e regalandomi un sorriso. «Ciao Lilith.»
Oh merda. Avevo totalmente rimosso il fatto di avergli mentito sul mio nome.
Infatti i miei amici mi guardano con un espressione interrogativa.
Mi stampo un bel sorriso in faccia e fingo di essere felicissima di vederlo. «Ehi, Vincent!»
Lui scocca un'altra rapida occhiata al biondo prima di guardare me. «Ti ho vista appena sono entrato e volevo salutarti», solleva una mano per toccarsi la nuca. Sembra a disagio. Eppure non mi è sembrato un tipo vergognoso quando mi ha proposto di scopare con lui.
È mai possibile che sono circondata da ragazzi che hanno mille personalità?
«Oh» mormoro, perché non so che altro dire. Sinceramente mi sento un po' in imbarazzo.
Oltretutto lui continua a lanciare sguardi strani verso William. Si conoscono?
Mi volto a guardare i miei amici. «Ragazzi, lui è Vincent.»
A turno, gli stringono la mano. Quando arriva a William, entrambi si scambiano un'altra occhiataccia.
Che sta succedendo?
«Noi ci conosciamo già.» Il tono di voce di William è così inquietante che mette i brividi.
«Già», sputa acido Vincent. «Ci conosciamo eccome.»
Che ironia del cazzo, no? Come cacchio fanno a conoscersi?
A quanto vedo non sembrano neanche andarsi a genio. Be', diciamo che William non è noto per la sua simpatia.
William assume una postura contratta e continua a guardarlo con la fronte aggrottata. «Ora puoi anche tornare al tuo tavolo.»
Vincent ridacchia. «Vedo che ancora non ti è passata.»
Passata che cosa?
William scuote lentamente la testa. «No, non è passata. Anzi, ogni volta che ti vedo mi viene voglia di spaccarti la faccia o di pisciarti in testa. Vedi un po' tu.»
Bene. È più che ovvio che i due si conoscono. Ma come? Cioè, perché?
Vincent abbassa di nuovo lo sguardo su di me. «Mi aspettavo una chiamata, o almeno un messaggio da parte tua, Lilith.»
Oddio, ancora con questo nome.
«Be'...» bofonchio. Non ti ho cercato perché il biondo ha buttato via il tuo bigliettino da visita.
«Non sai neanche il suo vero nome, idiota» prorompe acido, William.
Mi volto a guardarlo con un'espressione da isterica stampata sul volto. «Potresti tapparti la bocca?»
La sua mascella si serra così tanto che temo che da un momento all'altro possa saltargli via un dente. «Tu non hai neanche l'idea di chi cazzo ti sei scopata.»
Ma che cazzo. C'era bisogno di dirlo davanti a tutti?
«Tu ce l'hai invece?» rispondo secca. Mi alzo in piedi ignorando di avere la testa leggera e le gambe molli. Afferro il polso di Vincent e lo trascino fuori dal ristorante.
«Vi conoscete?» strillo come un'isterica, appena siamo soli.
Lui si infila le mani nella tasca dei jeans, tenendo sempre quell'espressione arrabbiata. «Diciamo che ci conosciamo praticamente da una vita.»
Lo guardo a bocca aperta. «In che senso?» Non ci sto capendo più niente.
Alza una spalla. «Che ci conosciamo dall'asilo. Eravamo... amici.»
Questa sì che è bella! «Davvero?»
Annuisce. «Sì, poi abbiamo avuto una piccola incomprensione. Tu invece, come mai conosci William Gilmour?»
È il caso di dirgli la verità? Forse no. «Ci siamo conosciuti per caso, lo sto aiutando a... a fare una cosa.»
Inarca un sopracciglio ramato. «A fare che cosa?» gli sfugge una risata. «Ho come l'impressione che lui non sappia ancora che il luogo in cui si esibirà con quegli altri due, è mio.»
Non mi piace affatto il modo in cui sta sogghignando. E non mi piace affatto non sapere che cosa è successo tra loro due. C'è qualcosa che non va. «Ah sì?»
Annuisce. «Sì, anch'io facevo parte degli Overdrive.»
Sgrano gli occhi. «Sul serio? Sei un musicista?»
«Lo ero. Ora ho smesso e mi sono dedicato ad altro.»
«Che cosa vi ha fatti allontanare? Gli volevi rubare la scena?» chiedo sarcastica. Dopo tutto, William è un tipo molto permaloso e odia che qualcuno gli rubi la scena.
«Già, qualcosa del genere», risponde sbrigativo.
È chiaro come il sole che c'è qualcosa che mi sta nascondendo. Ed è ancora più chiaro che Vincent non ha nessuna intenzione di dirmi il motivo per il quale lui e il biondo non sono più amici. Forse dovrei chiedere a William, oppure farmi semplicemente gli affari miei.
«Comunque è meglio che torni dai tuoi amici, prima che Billy dia di matto.» Infila la mano nella tasca dei pantaloni e poi tira fuori un altro bigliettino da visita. «Spero di ricevere un tuo messaggio.» Me lo mette davanti al naso, sventolandolo appena.
«Perché invece non ti salvi il mio numero e facciamo prima?» Tanto sono sicura di perderlo quel biglietto. Oppure, se lo vede William, lo rompe di nuovo. Soprattutto adesso che sa chi è Vincent.
Lui abbozza un sorriso, prende il suo telefono e mi guarda in attesa che io gli snoccioli il mio numero.
Glielo detto. «Bene, ci vediamo Vincent.»
«Spero proprio di sì», strizza l'occhio e si allontana appena per continuare a fumare la sua sigaretta.
Gli rifilo un'ultima occhiata e poi rientro dentro il ristorante.
Appena varco la porta sento subito gli occhi di William che cercano di perforarmi la fronte. Sembra arrabbiato o comunque stizzito da qualcosa.
Non penso che sia geloso di me. Più che altro sembra che gli dia fastidio Vincent.
Mi risiedo al mio posto e afferro subito il bicchiere di vino, svuotandolo con un solo sorso.
«Chi era quel figo pazzesco?» esordisce Scarlet.
Sento William borbottare qualcosa sotto voce a cui io non do ascolto. «Un ragazzo», farfuglio.
Le sopracciglia della mia amica schizzano verso l'alto. «Ma non mi dire», ride. « Che sia un ragazzo l'ho visto con i miei occhi!»
Guardo nella direzione di William, lui mi sta ancora guardando, e non mi piace affatto in che modo. Si vede che c'è qualcosa che gli da fastidio. Allora perché non lo dice, invece di guardarmi come se gli avessi confessato di avergli rubato l'auto?
È proprio strano questo ragazzo.
Apro la bocca per rispondere alla mia amica, ma vengo interrotta da Jack Frost. Il suo tono di voce è così freddo che mi vengono i brividi. «Vincent Wright è un coglione. Lui e i suoi capelli rossi che lo fanno sembrare un fottuto folletto irlandese», tuona.
Mi volto completamente nella sua direzione, sentendomi offesa della sua parlata sui capelli rossi. «Hai qualcosa in contrario con chi ha i capelli rossi?»
I suoi occhi glaciali mi inchiodano, mi fanno sentire così piccola mentre me ne sto seduta su questa sedia. «Sì, se si chiamano Vincent.»
Glielo chiedo, anche se non mi sembra affatto una buona idea farlo davanti a tutti. «Si può sapere che cosa è successo tra voi due?»
L'espressione sua rimane impassibile. «Non te lo ha detto? Mh, strano. Farebbe qualsiasi cosa pur di farmi passare per il coglione della situazione.»
«Non mi ha detto niente. Ha detto solo che avete avuto qualche problema con la band» sibilo, guardandolo con la fronte aggrottata.
Lui sbuffa una risata per niente allegra. «Ah sì? Ti ha detto questo? Che gran figlio di puttana.»
Allargo leggermente le braccia esasperata. «Allora dimmelo tu, no? Invece di fare l'inquietante!»
In tutta calma lui allunga una mano sul tavolo e prende il bicchiere di vino. Ne beve un lungo sorso e poi mi pianta a dosso i suoi occhi. «Io non devo dirti proprio niente.»
Mamma mia, che rottura di palle è?
«Okay, fai come ti pare allora. Me lo farò dire da lui quando usciremo di nuovo insieme. Anzi, lo vedrò dopo domani, al vostro concerto», sorrido compiaciuta.
Lui mi guarda dritto negli occhi. Il suo pomo d'Adamo si contrae bruscamente. «Cosa hai detto?»
Scrollo le spalle, facendo oscillare i capelli sulla schiena. «Hai capito. Il teatro è suo.»
Le nocche della sua mano che tengono il bicchiere divano bianche, talmente lo sta stritolando. «È suo?» sbotta, facendomi sussultare.
Annuisco, ora un po' meno convinta. Sembra che stia per sclerare male. Forse è sul procinto di lanciare contro il muro il bicchiere che ha in mano. Oddio, speriamo di no. Non voglio fare scenate qui dentro.
Invece fa strisciare rumorosamente la sedia contro il pavimento, e si alza in piedi. Se fossimo in un cartone animato, non mi stupirei se dalle sue orecchie fuoriuscisse del fumo.
Senza rendermene conto mi alzo anche io. Per cosa, non lo so.
Afferra frettolosamente alcune sterline dal suo portafoglio e le getta in modo brusco sul tavolo. Farfuglia qualche scusa ai miei amici e dopo aver raggirato il tavolo, raggiunge la porta d'ingresso con falcate veloci.
Tutti gli occhi adesso sono puntati su di me. Non so bene che fare, se corrergli dietro oppure sedermi a tavola.
«Hai intenzione di andare da lui, oppure lo lasci andare via in questo modo?» dice Dylan.
Lo guardo solamente. Lui invece con un cenno del capo mi indica la porta, invitandomi a seguire il Biondo Psycho.
Ma porca vacca! Da quand'è che mi metto a seguire i ragazzi psicopatici? Si sono per caso invertiti i ruoli? Adesso sono le ragazze che corrono dietro ai ragazzi?
'Fanculo.
«Torno subito», mormoro. Cammino a passo spedito verso l'ingresso. Una parte di me spera che lui se ne sia ormai andato via. Una parte di me, quella scema, si sente in colpa e non sa neanche per quale motivo.
Non dovrei sentirmi in colpa, no? Io che cavolo ne sapevo che i due sono stati amici?
Sul serio; Dio deve odiarmi parecchio.
Raggiungo i parcheggi. Mi fermo di botto quando lo vedo faccia a faccia con Vincent. Entrambi hanno un'espressione di rabbia stampata sul volto.
Da qui non riesco a sentire quello che si stanno dicendo. Posso solo immaginare però. Dato che che sembrano in procinto di cavarsi gli occhi a vicenda.
William è molto più alto di Vincent. Incute più timore. Per lo meno a me, a Vincent non sembra.
Si allontanano di qualche passo l'uno dall'altro. Vincent ha un ghigno stampato sulle labbra. Mentre William sembra sul punto di mettergli le mani al collo e soffocarlo.
Appena Vince si allontana da lui attraverso la strada e lo raggiungo. Non so bene che cosa sto facendo. L'unica cosa che so è che sto lasciando i miei amici e soprattutto me ne sono andata senza pagare. Che cazzo.
Lo raggiungo giusto in tempo prima che possa infilare la chiave a accendere il motore.
«William!» lo richiamo, battendo alcuni colpetti contro il finestrino.
Lui si volta nella mia direzione, e lo sguardo con cui mi sta guardando non mi piace affatto. Credo di non averlo mai visto incazzato in questo modo.
Un campanello d'allarme inizia a risuonare dentro la mia testa. Forse dovrei lasciarlo in pace. Invece, a quanto pare, sono più testarda di un mulo.
«Mi spieghi che cosa ti prende?» gli chiedo, ignorando le sue occhiate di fuoco.
Abbassa il finestrino quanto basta per sferrarmi l'ultimo colpo. «Che cazzo vuoi? Invece di rompere i coglioni a me, perché non vai a farti scopare nel reto di qualche locale da Vince?» il finestrino si richiude davanti ai miei occhi. Mette in moto e devo scansarmi per evitare che mi metta sotto facendo retromarcia. Se ne va velocemente, lasciandomi qui come una cretina.
Perché si comporta così?
Dice che non gliene frega niente di me, ma il suo comportamento dice tutt'altro.
Alcune volte non riesco proprio a capirlo questo ragazzo.
Forse devo semplicemente allontanarmi da lui. Sono già esaurita di mio.
Alla fine sono rientrata dentro al ristorante e ho pagato la mia parte. I miei amici volevano trascinarmi al pub per continuare a bere, ma io ho declinato l'invito.
Fuori ho incontrato di nuovo Vincent e la sua chioma lucente. Con un'espressione vittoriosa che gli faceva brillare gli occhi.
Mi sono avvicinata a lui e gli ho chiesto spiegazioni. Spiegazioni che lui non vuole proprio darmi.
Non ha capito però che io sono cocciuta.
E ora sono in macchina con lui. Sì, questo passaggio forse avrei dovuto evitarlo. Ma non importa, ha detto che mi dava uno strappo a casa mia. Io ne ho solo approfittato per estorcergli qualche informazione.
«Allora, me lo dici o no?» continuo a insistere.
Lui sorride, mentre tiene lo sguardo fisso sulla strada davanti a lui. «Tu invece, mi dici il tuo vero nome?»
Cacchio. Me ne sono dimenticata di nuovo. «Blue Jean», rispondo senza esitare.
«Mh, Blue Jean» ripete il mio nome come se stesse accarezzando ogni singola lettera. «Bel nome, ti si addice anche questo.»
Sbuffo spazientita. «Va bene, grazie! Mi dici che cosa c'è che non va tra te e te e William?»
Serra appena le labbra, come se fosse infastidito dalla mia insistenza. «Non c'è niente da dirti Blue Jean. Ci siamo allontanati. Succede.»
Pensa forse che io mi beva questa cazzata? Povero illuso.
Io mi sono allontanata dai miei amici. Eppure loro non mi guardano come se volessero ghigliottinarmi davanti a tutti. C'è qualcosa sotto. E anche se ho detto che non mi importava, adesso voglio saperlo.
Oddio, William oltre che avermi contagiata con l'uso delle emoticon da boomer, mi sta contagiando anche con la sua bipolarità.
Mi viene un colpo di genio. O almeno, è quello che pensa il mio cervello. «C'entra una ragazza?»
Vince continua a guardare la strada. «Mh, sì.»
Bene. È già qualcosa. «Scommetto che William ti ha portato via la ragazza», ridacchio. «Me lo aspetto da lui, in effetti. Ha la faccia di uno che potrebbe tradire anche i suoi fratelli», borbotto quasi tra me e me.
Vince si concede una breve risata. «Billy è un tipo particolare. Ho sempre avuto l'impressione che fosse geloso di me. Non so per quale motivo, in realtà. Tutti noi, gli Overdrive intendo, abbiamo avuto un infanzia del cazzo. Quindi, non avevo niente che potesse invidiarmi. Eppure...»
Potrei anche credere alle sue parole. Dopotutto, non so niente. Però c'è qualcosa che mi sfugge.
In tutto questo quello più arrabbiato di tutti sembra William, non Vincent. Qualcosa non torna in questa storia. Per ora però ho solo la versione di Vince, dato che William se n'è andato via in modo drammatico. Ho dimenticato che lui detiene la corona da Drama Queen.
«Quindi, ti ha rubato la ragazza. Be', Vince, anche lei è una stronza però eh! Non solo William», aggiungo.
«Lei non è di certo una ragazza seria», dichiara. «Però , uno dei tuoi migliori amici non dovrebbe mai tradirti in questo modo. Capisci? Cazzo, esiste una legge universale non scritta, che dice che le ragazze dei tuoi amici sono off limits, anche quando si lasciano!» sbotta.
«Su questo hai ragione. Io non andrei mai a letto con l'ex o il fidanzato della mia amica», sospiro.
Con Sid è un'altra storia. Non sapevo che stesse uscendo anche con Scar. E cavolo, neanche mi ricordavo della sua faccia! Quindi, è totalmente un'altra situazione.
Forse dovrebbero inventare anche una legge non scritta, che impedisca alle migliori amiche di scoparsi il fratello dell'altra. Non mi sono dimenticata di questo, eh! Alla fine però non mi da fastidio, affatto. È solo un po'... strano, tutto qui.
Vincent mi lascia davanti a casa mia.
Lo vedo protrarsi leggermente verso di me, quindi io mi ritraggo. Lasciandolo spiazzato.
Arriccia leggermente le labbra. «Sul serio mi stai negando un bacio? Abbiamo letteralmente scopato senza neanche conoscerci!»
«Chiaramente non ero in me, Vincent», mi difendo. «Se vuoi chiedermi di uscire, fallo e in quel caso forse, potrei baciarti.»
Mi guarda come se fossi una pazza scappata da qualche centro. Poi sospira. «D'accordo. Allora facciamo così, noi due ci vediamo al Queen May dopo domani, ci godiamo lo spettacolo e poi usciamo a cena. Sei d'accordo?»
Annuisco. «D'accordo. A presto, Vince», apro lo sportello e scendo dalla sua Range Rover.
«A presto, Blue Jean», sorride. Pronuncia il mio nome come se fosse un qualcosa di dolce. Mi piace, mi fa venire la pelle d'oca.
Rientro dentro casa e la prima cosa che faccio è scrivere un messaggio a William.
Perché? Non lo so nemmeno io.
Voglio solo sapere se... se sta bene.
Io: William, sei ancora arrabbiato? Sei tornato a casa?
Osservo il display in attesa che compaia la scritta "online", mentre tormento una pellicina.
La scritta non appare. Il mio messaggio non viene neanche letto.
Io mi sento in colpa e non so neanche per quale motivo. Non ho fatto niente di male, nel senso, non sapevo che si conoscevano. E anche se così fosse stato... be', che c'entro io in questa storia? Niente.
Non dovrei neanche sentirmi in colpa. Ormai però lo sanno tutti che il mio cervello fa e pensa quello che gli pare.
Intanto levo il vestito e indosso qualcosa di molto più comodo. Mi strucco e lego anche i capelli.
Apro il divano letto e mi ci butto sopra a peso morto. Ho la testa un po' pesante. Questo è uno dei motivi per cui odio il vino, mi fa venire mal di testa.
Dovrei dormire un po'.
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