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Tamburellava le dita sul banco, con la testa poggiata sul palmo della mano destra, annoiata dalla lezione di latino, con tanto di professoressa bofonchiatrice.

Le sue unghie smaltate afferrarono la gomma poggiata accanto all'astuccio, lasciandola vagare da un lato all'altro del banco, creando un fastidioso rumore.

Il resto della classe si fingeva interessata, a modo proprio. Qualcuna usava il telefono, altri erano impegnati in difficili partite a tris e altri ancora giocavano a fare areoplanini di carta, tanto per poi lanciarli.

Blake sospirò, per l'ennesima volta quella mattina, mentre la professoressa si decise a consegnare i compiti fatti la settimana prima, con volto serio e preoccupato, nonostante fosse appena l'inizio di Novembre.

Quando arrivò a Bea, la rossa lasciò cadere esausta la testa sul banco, facendo ridere l'intera classe per la smorfia che le sue labbra assunsero e lo strano rumore che l'impatto creò. -Dopo questa, posso dire che perdo l'anno.-

Blake ridacchiò, ma un leggero fastidio comparve dentro di lei, per l'assoluta consapevolezza che quel compito non fosse andato nel migliore dei modi.

Bea sembrò fare riti wodoo sul suo compito da quattro, mentre lo guardava in cagnesco, accusandolo della rovina della sua media scolastica, perfettamente adagiata sul cinque.

Quando Delancy, annoiata proprio come la bionda, ricevette il compito, cominciò a ballare, ondeggiando le mani e attirando a sé un richiamo e diverse risate, mentre lei era impegnata totalmente ad esultare -Cinque e mezzo! Non é tre!- persino Blake rise, guardandola così entusiasta.

La voce della professoressa interruppe tutti i pensieri dei ragazzi e le loro risate, poiché scattante e stridula, come proprio solito. -Guglielmi, mi hai sorpreso questa volta. Non mi aspettavo questo sei, continua così!- lo lodò, mentre il ragazzo piegò le labbra in una smorfia strafottente, come se i suoi pensieri fossero altrove, come se tutto quello che pensava lo stesse divorando.

-Torri,- continuò, poi, la donna sulla cinquantina, dagli strani abiti ed i capelli mossi -Non posso dire lo stesso di te. Sono consapevole che abbiate cambiato insegnante e che sia difficile abituarsi al mio metodo,  ma la tua media in latino lascia a desiderare, soprattutto se penso che l'anno scorso tu sia uscita con nove.- il compito fu posato davanti agli occhi della bionda, che non poté fare a meno di schiudere le labbra, delusa ed amareggiata da quel voto, meno di quanto si aspettasse.

Quando alzò lo sguardo, notò la professoressa tornare alla cattedra, scuotendo la testa rassegnata, e posare poi lo sguardo sul registro, pieno di voti che ogni professore rinnegherebbe.

-Hai Blake,- la richiamò Delancy, posandole una mano sulla spalla, sorridendole, provando confusione e compassione, le unische cose che si possono provare alla vista di una ragazza in lacrime per un cattivo voto.

É la verità, nessuno bada a cosa ci sia dietro il telo, solo a quello che gli si prostra davanti.
L'essere umano sarebbe capace di pensare solo alle lacrime, non alla storia dietro a quelle gocce salate che marchiano ogni volta i volti di centinaia di angeli e demoni.

La bionda scosse la testa, non volendosi dimostrare debole, noj davanti a quella classe, non davanti a quelle persone.

Portò dei boccoli biondi dinanzi al viso, alzando la mano tremante, attirando lo sguardo di tutti su di lei, prima che aprisse bocca, tentando di nascondere la voce rotta -Posso uscire?-

La professoressa si ritrovò ad annuire, mentre chiamava i vari nomi per ritirare i compiti, e così Blake uscì, scoppiando in lacrime in bagno, accovacciandosi accanto alla porte, nascondendo ciò che era e quello che provava agli occhi degli altri, come era solita fare troppo spesso nella sua vita.

Era così, era cresciuta, ma non si riconosceva. Si guardava crescere, non riconoscendo quello che diventava, passo dopo passo, bugia dopo bugia.

Per l'ennesima volta, provò quel senso di vuoto, lo provava da anni, e si arrese all'idea di non poter fare altrimenti che rifuggiarsi nei segreti, e in quello che non mostrava.

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Mi sporsi per osservare cosa ci fosse nell'altra parte della corsia, tentando di trovare la marca di cioccolata calda.

Chiusi la maglia di lana grigia al petto, chiudendo con le dita i vari bottoni, prima di continuare a camminare, rassegnata all'idea di dover chiedere a qualche commessa.

Aprii la borsa, cercando la lista della spesa, rovistando al suo interno, con fretta, mentre proseguivo nella corsia, tenendo lo sguardo fisso dentro essa.

Dopo pochi passi, mi ritrovai per terra, con varie cianfrusaglie sullo sporco pavimento e il sedere dolorante.

Non appena alzai lo sguardo, per imprecare contro quell'idiota che mi aveva fatto cadere, incontrai un ragazzo sui vent'anni o qualcosa di più, che si alzava, porgendomi la mano per alzarmi.

La afferrai, alquanto maleducatamente, non preoccupandomi nemmeno di osservare come fosse quell'individuo.

Raccolsi tutto ciò che era nella mia vista, accovacciandomi frettolosamente, prima di dargli un'altrettanta spallata maleducata, considerando che sicuramente avrei fatto tardi per incontrare Blake.

-Grazie tante,- sputai acido, muovendomi per uscire dal supermercato affollato e dirigermi verso casa della bionda, che sicuramente mi stava aspettando.

Non prestai attenzione alla sua voce che mi chiamava, e corsi più forte, fino a ritrovarmi nelle strade innevate di Londra, piene di vita.

Ripresi fiato, non essendo abituata all'allenamento fisico, e mi sedetti su dei gradini umidi, per sistemare le cose nella disordinata borsa.

Sussultai quando non trovai il notebook su cui scrivevo la storia di Blake, e bestemmiai mentalmente, prima di sbattere la testa contro il muro, per la mia sbadatezza, attirando parecchie occhiate, quasi fossi pazza.

Mi rimisi in piedi, pulendo i leggins nero che mi fasciava le magre gambe, e ripercossi la stata al contrario, con la vaga speranza di trovarlo, senza un vero risultato.

Mi accasciai contro il muro, prendendo la testa fra le mani.

Ecco cosa si provava nel perdere una storia, nel perdere un amore.
Smarrimento totale.

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Uscì da scuola, nascondendo il mento nel giubotto nero, mettendo le mani in tasca, mentre era attenta ad assicurarsi che nessuno la notasse, che nessun altro dei suoi compagni le lanciasse occhiate compassionevoli o beffarde, tali da idioti.

Notò con la coda dell'occhio Bea quasi al suo fianco, e le si avvicinò, nonostante la rossa quella mattina non le avesse rivolto la parola.

-Rossa,- la richiamò, con tono più falsamente divertito che riuscì a fare, mentre la ragazza dal viso magro si voltò, lasciando ondeggiare i suoi mossi capelli arancioni.

-Blake,- che sorriso falso, pensò B, non era da lei, non dalla ragazza a cui si era affezionata.

-Che succede?- si alzò sulle punte, come per raggiungere la sua altezza, dondolando qua e là, aprendo al massimo gli occhi.

-Niente B, ti devo parlare,- la bionda si accigliò, non capendo dove Bea volesse andare a parare con quel tono aspro, distaccato.

La rossa ricambiò quello sguardo, ingurgitando il groppo alla gola, provocato dall'invidia malsana che provava, qualcosa che la divorava.

Blake annuì, facendole segno con lo sguardo di parlare, ma ogni parola o frase fu interrotta dalla presenza solare di Delancy, che le affiancò in un attimo. -Ehi bambole, che si dice?-

Nessuna delle due rispose, si guardarono, come per rompere gli specchi di sicurezza dell'altra, lasciando Delancy alle sue deduzioni, completamente contorte.

-Bea doveva parlarmi,- spiegò.

La rossa tornò da uno stato di trance totale, perdendosi in ricordi sbagliati come gli errori, sbagliati come le cicatrici impresse dentro di lei, tutto per un gioco.

-Non è niente di importante B,- sorrise e questa volta Blake abboccò a quel sorriso, il più finto che le ebbe mai rivolto -Possiamo anche parlarne con calma,-

La bionda annuì, stampandole un bacio sulla guancia, e avviandosi verso il cancello principale, seguita da Delancy.

Quelle onde di studenti travolgevano tutte le brutte emozioni vissute in quel luogo, reduce di tanti studenti, delle loro risate, dei loro voti, dei loro nomi.

-Cosa farai dopo scuola?- domandò la rossa tinta, spingendola scherzosamente, nel vano tentativo di sollevarle il morale, tasto dolente.

-Recupererò quel quattro,- scrollò le spalle, come fosse la cosa più ovvia del mondo, perdendosi nei ricordi di promesse, che si sa essere fatte per essere infrante.

Delancy sospirò intenta nella ricerca di qualcosa che le avesse potuto tirare su il morale, o che l'avrebbe semplicemente fatta sorridere.

-Non esiste una cosa simile,- la bionda sembrò leggerle nel pensiero, lanciandole un'occhiata divertita, mentre la rossa sbuffava, facendole un giocoso dito medio.

Quel giorno di novembre faceva davvero freddo, contrariamente ai giorni precedenti, e tutti gli studenti si affrettavano a tornare a casa, semplicemente per stare al caldo.

-Forse esiste- annunciò lei, quando, alzando lo sguardo da terra, trovò un ragazzo dagli occhi blu intento nel raggiungere la bionda che si avviava nella stradetta, sempre con Delancy al suo seguito.

-Blake- i piedi si impiantarono al terreno, gli occhi si spalancarono, il capo si alzò quasi fosse un richiamo.

Delancy rimase leggermente più indietro concentrandosi sulla presenza degli altri bad boys, eccetto Marco, che ultimamente non era solito farsi vedere coi suoi 'amici'.

Federico le fu di fronte, con le lunghe dita le alzò il capo, non preoccupandosi minimamente delle occhiate che ricevevano.

Notò qualcosa negli occhi di Blake, qualcosa che solo lui era in grado di vedere, aveva pianto, e gli era chiaro.

-Ti va di andare in un posto?- le domandò, i loro corpi si sfioravano, i loro pensieri erano impercettibili ad occhi altrui, ma loro vivevano assieme, quasi fosse un sogno.

-Io drovrei..-

-Studierai dopo- la interruppe, disegnando piccoli cerchi sulle sue guance rosee con le dita, piuttosto infastidito dall'esitazione della ragazza -Per me, Blake.-

La bionda guardò oltre le spalle di Federico, trovando Lorenzo guardarli, quasi come se aspettasse che aprisse bocca, come per studiare tutto quello che era.

Federico lanciò uno sguardo ai due, che se ne andarono bofonchiando qualcosa che Delancy sentì e che le fece perdere il battito cardiaco.

-Non ci metteremo molto, te lo prometto.- fece incontrare le loro fronti, ancora una volta non curandosi degli altri, soffiò sulle labbra di Blake e quando lei fu attratta da far connettere le loro bocche, Federico si allontanò -Potrai baciarmi se vieni con me-

Le porse la mano, sorridendole beffardo, i suoi occhi blu luccicarono per il dolce angelo che roteò gli occhi, l'innocenza che la spingeva a fidarsi sempre di lui, come se non l'avesse mai ferita.

Prese quella mano, stringendola ed incrociando le dita, come desiserava fare da un po' e gli sorrise, non prima di avergli pestato il piede, facendolo ridacchiare rassegnato.

Tracciarono il piccolo prato bagnando le scarpe a contatto con l'erbetta ancora un po' umida, e quando un vento freddo li attraversò, sembro portare i loro nomi, e dei brividi lungo le loro spine dorsali.

Si fermarono davanti alla moto e Federico le porse il casco nero, alzando un sopracciglio quando la dolce bionda esitò a prenderlo e mise le mani nelle tasche del giubbino nero decorato, dondolando su se stessa guardando a terra.

Lui sorrise alla scena, consapevole della paura di Blake, consapevole delle cicatrici presenti sulla pelle, quasi come inchiostro che segnava sbagli sulla persona.

Quando lei alzò gli occhi, incontrando quelli luccicanti del ragazzo che la scrutarono, mentre le sue grandi mani le mettevano il casco in testa, come per darle sicurezza.

-Non mi piace non essere capace nemmeno di mettermi un casco,- lei scosse la testa, amareggiata dalla paura che a volte la dominava, dalla dipendenza che la legava al ragazzo di cui era innamorata, l'unico per cui le batteva il cuore.

Certi pensieri, a volte, non sono concepibili.

A volte ci sembra di sentire solo quello che pensano le altre persone.

E sì, Blake parlava per pura paura di essere giudicata, per paura di non essere mai vista come abbastanza, un vuoto a perdere.

-Dovresti capire che a me piace essere legato a te, e fottertene se gli altri ti guardano male-

-Ripeti..- lei osò, e Federico notò il suo sorriso attraverso la visiera del casco, da dove si notavano le pieghe giocose dei magnifici dei suoi occhi verdi.

-Fottertene se gli altri ti guardano male,- si mise il casco, mentre Blake roteò gli occhi, non essendo riuscita nell'intento.

Lui le porse ancora la mano, e l'accompagnò sulla moto, strinse le sue gambe quando fu davanti a lei, che sussultò al contatto -Stringimi Blake, e se vado troppo veloce, dimmelo-

Lei annuì, semplicemente stupefatta dalla dolcezza delle parole di Federico, dal suo tono preoccupato, e il suo corpo, sotto il tocco di Blake, tremava, per paura di farle del male.

Era contorto quell'uragano quale la loro relazione. Volevano proteggersi, spiccare il volo, ma finivano per farsi del male.

Ma c'era da dire, allo stesso modo, che nessuno era capace di salvarli, come loro si salvavano l'un l'altro.

Due rotaie, che correvano di fianco, ostinate, consapevoli che l'incontro fosse impossibile, la forza di riprovarci.

Federico accese il motore e d'istinto Blake si avvinghiò a lui, conficcò le unghie nel giubbino di pelle nera del ragazzo, che tremò al tocco, accoccolato da quella presenza.

Partì, Blake fu stretta a lui tutto il tempo, godendosi il vento che li chiamava soffiando, la strada passare veloce, come la vita davanti ad un anziano, e ricordi, ogni vista sembrava riportare a galla ricordi.

Intanto Delancy, rimasta in disparte, fu affiancata da Marco, che stringeva le mani in pugni, serrandoli lungo i fianchi.

-La userà per il broken, vero?- domandò lei e gli si gelò il sangue nelle vene.

****

Dopo più di mezz'ora in moto Blake notò una vista incantevole, e sgranò gli occhi, stringendo ancora di più la presa.

Il sole sul mare, in inverno, come le loro anime.

E sì, sembravano tanto mare ed inverno quei due.

Sembravano due cose inimmaginabili assieme, ma coesistevano, ed erano bellissimi.

Solo che gli altri erano talmente ciechi da perdersi la bellezza.

Il diverso, il non concepito, il dannato, fa paura, ma non lo si conosce davvero, non lo si vive, non lo si accetta.

Codardia é la risposta, tutti i mortati la chiave.

Capitava infatti spesso che si mandassero i giovani in guerra, dicendo che loro fossero più capaci, ma intanto non si pensa all'anziano capitano.

Si manda il concepibile, non il nuovo.

Ma pensateci, anche un giovane é nuovo, quando mai è andato in guerra?

Federico accellerò, e da lontano se si fossero visti, si sarebbe pensato ad una storia così contorta per essere scrutata e raccontata, una di quelle storie nuove.

Quelle diverse, quelle dannate, quelle che volgono nel modo giusto.

Si fermarono sul marciapiede che dava all'isolata spiaggia, pulita e deserta, che cadeva nel mare, vi si perdeva.

Lui scese, togliendosi in un gesto il casco, si aggiustò il ciuffo passandovi dentro una mano e poi porse l'altra a Blake, aiutandola a scendere.

Le tolse il casco, perdendosi subito dopo nel guardarla.

Lì faceva leggermente più caldo, considerando che fossero appena le due e accanto al mare le temperature su adagiavano sui venti gradi.

-Perché mi hai portato qui?- chiese lei, quando il giovane le prese la mano, intrecciando nuovamente le loro dita, come solo lui sapeva fare, e la condusse sulla spiaggia.

-Perché é il posto migliore per sorridere,- si limitò a rispondere ed alzò il capo, lasciando che il vento portasse via tutti gli effetti collaterali della vita, tutti gli effetti collaterali dei suoi sbagli..

Era come se fossero solo loro due, come se non ci fossero sbagli o percezioni diverse, solo due cuori che volevano sapere l'uno dell'altro.

Il mare era incredibilmente limpido, si infrangeva con forza contro gli scogli e si prostrava ad incontrare la riva con più dolcezza, quasi come fossero due persone diverse.

Vi erano delle barche vicino al molo, tutte ben curate ed una coppia di pescatori si accingeva a tornare a riva, con i loro cesti pieni di prede appena pescate.

L'aria sapeva di sale, sapeva di puro.

Il piccolo bar era chiuso per la pausa pranzo e tutto attorno taceva, nulla disturbava quei cuori che minacciavano di rompere la gabbia toracica e quei pensieri che si sovrapponevano.

Federico prese il pacchetto di sigarette, lasciando momentaneamente la mano di Blake, riafferrandola una volta che ebbe accesso la piccola macchina di morte che teneva fra l'indice ed il medio, aspirando tutta quella salvezza per l'inferno.

Blake prese quel pacchetto, tracciandone il contorno con l'indice fino a leggerne l'avvertimento -Il fumo causa problemi al battito cardiaco-

-Ci pensano già i tuoi baci,- le scivolò da mano, quando sgranò gli occhi.

Si accovacciò subito per raccoglierlo cercando di togliere la sabbia in eccesso, rischiando di farlo cadere nuovamente.

Che imbranata, cazzo. Pensò, ma non avrebbe mai detto quelle parole ad alta voce, ma Federico sembrò percepirle e rise.

-Come sei buffa,-

-Ah ah- gli rimise il pacchetto nella tasca del giubbino di pelle, pulendo la restante sabbia dalle mani.

-Vuoi provare?- lui gli porse la sigaretta, cacciando il rimanente fumo dalla sua bocca, mentre lei rifiutava schifettosa. -Serve per dimenticare, prova-

Lei schiuse le labbra, non avrebbe mai pensato di provare quella roba, non era per lei. Ma lo sguardo sicuro le luccicò nel cuore e la prese tra le dita, facendo ridere Federico, per la sua innocenza.

-Non così, Blake- scosse la testa divertito, e quella volta rise molto, non rideva così da tanto.

Le mise la sigaretta tra le labbra, aiutandola nel mantenerla, mentre si leccava le labbra concentrato. -Ora aspira, lascia che il fumo ti attraversi,-

Lei lo fece, lo ascoltava sempre, anche se significava pentirsene subito dopo.

Tossì, come un'imbranata, dopo aver aspirato, ma Federico la incitò a riprovare, e così fece.

Aspirò nuovamente, e una sensazione di libertà interiore si impossessò del suo organismo, la voglia di dimenticare i sensi di colpa e l'inchiostro che macchiava l'anima.

Federico riportò la sigaretta alle sue labbra, osservandol ancora esitante, mentre leccava le labbra, inasprendosi per il sapore di fumo.

Lui gettò la sigaretta, calpestandola con la scarpa, prima di inspirare l'odore del mare che gli dava libertà.

-Ti va di andare a mangiare?- le domandò retorico, facendole strada fino al fast food.

****

-La signora ti ha lanciato così tante occhiate!- lo spinse, ancora rossa per la figuraccia fatta poco prima, con l'anziana signora proprietaria del ristorante cinese in cui erano finiti a mangiare, considerando che il fast food fosse chiuso di lunedì.

-Le ho solo fatto delle proposte, Blake- rise lui, ricambiando la spinta, ma con più dolcezza, mentre entrambi pensavano a quello che erano stati capaci di combinare.

-Le hai proposto di sposarti Federico!- scoppiò in una risata, seguita dall'altro.

Lui la guardò, così bella mentre rideva, l'aveva fatta stare bene.
Non voleva davvero sposare quella signora, anche se, diavolo, l'avrebbe fatto solo per mangiare per l'infinità quegli involtini primavera.

-Il suo ristorante fa degli ottimi involtini,- si giustificò e le fece una tenera linguaccia, mentre scendevano le scale per tornare di nuovo in spiaggia.

-Sposeresti una persona solo perché fa degli ottimi involtini?- gli domandò, giustamente lei, ridendo per le stupide affermazioni da parte del ragazzo che le stringeva la mano.

-Sai fare degli ottimi involtini?-

-No,- lo guardò sconcertata dalla domanda, non capendo cosa c'entrasse, e lui le sorrise, prima di sedersi sulla spiaggia, incoraggiandola a seguirlo.

-Allora no,-

Lei tremò a quelle parole, e ancora di più quando Federico la portò più vicino al suo corpo, fino a farla mettere a cavalcioni su di lui.

Non voleva fare niente, non lì, non in quel momento, voleva solo averla più vicina possibile, sentire la sua presenza, perché pareva mancargli l'aria altrimenti.

Unirono le loro fronti respirando il profumo che li univa, mischiato all'aria del mare e alla forza che li univa.

-It hurts to know you're happy, yeah, it hurts that you've moved on- cantò quelle parole, e lei si sorprese. Muoveva la fronte contro la sua facendo sfiorare le loro labvra. -It's hard to hear your name when I haven't seen you in so long-

La guardò compiaciuto dell'effetto, mentre lei si perdeva nel capire come potesse conoscere quelle parole.
Lui, necessitandolo, unì le loro labbra, anche solo per un attimo, anche solo per far sfiorare le loro lingue.

-It's like we never happened, was it just a lie?- continuò a cantare la canzone preferita della ragazza, quasi come per sentirsi ulteriolmente legato a lei.

-If what we had was real, hkw could you be fine?- finì lei, sorridendo sulle sue labbra, prima che ridacchiassero entrambi.

-Non sto bene,- le rispose, come se con la canzone gli avesse posto una domanda, una di quelle che si fanno prima dei grandi addii, una di quelle che si pongono dopo anni di lontananza.

Il momento fu interrotto dal suono del cellulare di Blake che li fece lentamente allontanare, ma non appena lei lesse il nome, cliccò il rosso.

-Chi era?- le domandò, spostando alcuni boccoli che le erano caduti davanti al viso, mentre i suoi occhi minacciavano di piangere nuovamente.

Un morso al cuore per Federico, odiava vederla star male.

Comico, pensò tra sé e sé, era il primo a farle del male.

-Mia madre..-

-Sei ancora arrabbiata con lei?- indagò lui, asciugando quelle lacrime uscenti dagli splendidi occhi di Blake.

Scosse la testa, portando il polso coperto dalla maglia di lana, avendo tolto nel ristorante il giubbino, e si asciugò le lacrime, mentre le onde si infrangevano sugli scogli.

-É per il voto?- chiese sorpreso, meravigliato. In altre circostanze, avrebbe riso, per la stupidità della faccenda.

-Non puoi capire,- le uscirono altre lacrime, nonostante avesse promesso che nessuno l'avrebbe più vista piangere, mai più.

-Shh, Blake- le asciugó con il pollice le lacrime, sorridendo per la dolcezza, piangendo perché lei lo stava facendo.

-Io sono una delusione Federico, porto un padre sulla coscienza e avevo promesso che avrei fatto tutto bene,- pianse, scoppiò completamente, ne aveva bisogno, solo che non se ne era mai resa conto -Che non avrei più sbagliato, che avrei fatto tutto quello a cui mia madre tiene. Dall'andare bene a scuola, al frequentare la parrocchia, a fare il voto, a mangiare pochi dolci, a non chiedere più niente a Natale, al non discutere con lei, all'ascoltarla parlare dei Brangelina, ma che cazzo me ne importa dei Brangelina?!-

Lui sorrise per lo sfogo della ragazza, metteva parole insieme, senza collegarle davvero, ma si stava liberando e ne aveva bisogno.

-Non sono mai andata alla cappella di papà, andavo a dormire da Giulia quando aveva le cene coi colleghi e il resto! Le ho rovinato la vita, e neanche un bel voto a scuola so prendere! Non ho neanche la forza di far in modo che non si vergogni più di me!- batteva i pugni sul petto di Federico, non gli faceva male, si stava sfogando e lui era l'unico che fino ad allora l'aveva ascoltata.

Erano come il bianco ed il nero, davvero diversi, ma gli unici che se messi insieme, danno un colore che non tende a far sparire nessuno dei due.

-Sono cresciuta, e non me ne sono accorta..- sussurò più calma, smettendo di piangere, -Mi preoccupo di quello che pensa la gente, delle occhiate che mi lanciano, dei commenti, anche solo per un brutto voto. Sono qui, che mi guardo crescere, ma non capisco chi sono diventata, un vuoto a perdere.-

-Blake, non siamo quei voti, non siamo numeri. Non siamo ciò che loro vogliono vedere, ma quello che vediamo noi.- le prese le mani, intrecciandole alle sue, beandosi di quegli occhi bagnati e le labbra morse. Le avrebbe voluto portare via tutte le cicatrici.

-Siamo parole mai dette, brividi di paura, sguardi curiosi e scelte sbagliate. Siamo dei casini con indosso bei vestiti,- le accarezzò la guancia, e lei si accoccolò a quel tocco, nessuno glielo aveva mai rivolto -Loro non ci conoscono, non c'hanno mai conosciuto.-

-Ma resto comun..-

-No, non pensarci nemmeno.- le posò un dito sulle labbra, come non faceva da anni..

-Blake?- spinse le piccole mani sulla porta di legno di ciliegio, ancora nuova, lasciando piccoli aloni sul lucidato legname. -Blake, apri la porta!-
Non ci sperava più, ormai era lì dentro da ore, ma avrebbe voluto dirle che non era sola, che c'era qualcuno pronto a starle accanto.
Si accovacciò, poggiando la testa al freddo stipite e chiudendo gli occhi, stanco ed assonnato, ma sarebbe rimasto lì tutta la notte, sveglio, se significava riuscirle a parlare.

Poco dopo, quasi tre ore dopo, ma non contò davvero il tempo, era impegnato a non addormentarsi, la porta si aprì, mostrando la piccola Blake con dei lividi sulle braccia e le guance completamente arrossate e marchiate dalle lacrime.
Si alzò in piedi, prendendole la mano, l'abbracciò, per tanto tempo.

Non saprebbe dire se per ore, minuti o solo pochi secondi, ma l'abbracciò, come lei aveva bisogno, come solo lui poteva e sapeva fare.

-Fed..- le posò un dito sulle labbra, l'ultima volta che l'avrebbe fatto, e tornò ad abbracciarla.

-Loro non sanno come é andata, sei l'angelo più puro che io conosca. Non é colpa tua, e se dovessi testimoniarlo anche con tutto il mondo contro di te, lo farei.-

Lei non disse niente, abbassò solo la testa, dischiudendo le labbra e riflettendo su tutto il suo passato, cicatrici e sbagli compresi, ma pensandoci, a volte le pareva che il suo passato fosse contornato solo da quelli.

-Tuo padre ha deciso di salvarti per farmi conoscere il paradiso,- le contornò il viso con le mani, alzandole il volto, facendole capire quanto avesse bisogno di lei -Non sottovalutarti, Blake.-

Lei sorrise, sinceramente, le uscì come spontaneo mentre lo faceva, con lui tutto era più semplice.

-I'd hold you closer than I ever did before.- continuò a cantare, facendola stare bene, facendola sentire finalmente a casa, era così che si sentiva con lui. A casa.
Come non si sentiva da anni.

Quella volta fu lei a prendere l'iniziativa ed ad unire le loro labbra, in uno di quei baci dolci, ce n'erano stati pochi fra di loro così.

-And you'd never slip away-

E riprese a baciarla, per tutto il pomeriggio, stringendola come non aveva mai fatto con nessuna, attirando parecchie occhiate, ma poco importava loro, si sentivano finalmente a casa.

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