Drawn
Strinse i pugni e si morse l'interno guancia, le persone correvano attorno, il mondo altrettanto, ma lei pareva ferma nel suo odio.
Capita spesso che un uomo che non conosce sentimento si imbatta in esso e che venga sconfitto, ritrovandosi avvolto da fuochi nuovi.
E se potesse aver bevuto, avrei detto che fosse stato l'alcol a farle brillare così tanto lo sguardo.
-Tu..- si rivolse alla madre, in piccoli passi fu davanti a lei, la donna schiuse le labbra e sciolse le braccia dalla presa al petto ferrea.
-Blake, non é questa la sede.- la voce di Priscilla vacillò, nessuno si intromise. Erano pugnali d'oro che si incastravano tra loro, Blake a stento tratteneva le lacrime.
-Ah, no?- le uscì una risata sarcastica quanto amara, strinse la presa ai bordi del suo maglione, lo tirò e finalmente non percepì più la necessità di liberare l'agonia con le lacrime -Ed era sede lasciar piangere una bambina che desiderava solo salutare suo padre?-
La donna dai capelli biondi e le labbra rosse boccheggiò, sgranò gli occhi, non era pronta a quel confronto. Aveva sbagliato per dieci anni e non sentiva il bisogno di ammetterlo, un po' per vergogna, un po' per codardia.
Ed era palpabile la consapevolezza che venne intrappolata dai suoi gesti e dai suoi lineamenti marcati dal troppo trucco, non capiva quando avrebbe cessato di sentire il bisogno di nascondersi dietro errori che le erano appartenuti.
Lei non credeva se non vedeva, Priscilla non credeva in Dio, neppure nell'amore. Se non poteva vederlo e percepirlo perché mai fidarsi di illusioni fatue?
Eppure le era bastata quache convinzione per credere che sua figlia fosse stata la causa di quell'incidente.
E sentiva come se il giocare col bracciale di perle al suo braccio non bastasse per percepirsi meno divorata dai demoni.
Comprò un po' di silenzio, non le bastava quello che le era stato concesso dall'infame sensazione di aver mentito per anni a se stessa.
E portò le mani agli orecchini e li fece roteare, era cacciata dai ricordi un tempo preziosi.
La ragazza bionda era silenziosa, taciturna. Era curiosa e amava il cacciarsi nei guai. Non aveva nessuna caratteristica che la differenziasse dalle solite ragazzine della sua età.
Aveva un idolo, forse, riteneva che fosse inutile. Quindi non si pronunciava.
Mentiva spesso, però. La realtà la smentiva altrettante volte, voleva dimostrarle che poteva dare anche senza.
E disegnava, probabilmente era l'unico modo che aveva per amare sé, si distruggeva il cuore con ricordi a cui non aveva assistito, voleva che le situazioni non si cicatrizzassero, era malsana come cosa, ammettiamolo.
E fu in uno di quei pomeriggi che incontrò un ragazzo poco più grande di lei. Aveva i capelli neri e gli occhi di un verde smeraldo acceso. Amava la musica e la danza, non conosceva l'odio che Priscilla portava in corpo.
E la invitò ad uscire, perché ancora non conosceva il realismo di quella ragazza bellissima dai capelli biondi.
Non gli importava. Ad ognuno i suoi mostri, diceva. Posso solo apprezzarla di più, pensava.
E fu in un'uscita che le baciò la guancia e le prese la mano, in quell'uscita le chiese di provare a conoscersi di più. Odiava pensare che quella creatura non fosse sua. E lei sorrise, gli catturò le labbra in una mossa repentina e poi si guardarono.
Ma l'odio di Priscilla cresceva, desiderava rialzarsi dai pregiudizi in cui tutti l'avevano lasciata marcire e si comportava come se lei fosse più del mondo attorno, come se non avesse mai sbagliato.
Ma per l'ennesima volta in questo romanzo, la realtà smente ciò che reputa ingiusto, a modo proprio.
-Come si può amare qualcuno così tanto da non piangere poi?- le chiese un giorno, seduti in lati opposti della camera.
-Non lo so- rispose lei e piansero assieme.
Fu in una serata che Edoardo minacciò di lasciarla e lei non disse niente, si sedette e tremò. Capì d'aver sbagliato, ma lasciò che il ragazzo che da due anni tendeva a perdonarla, fuggisse via.
-Dì qualcosa- la supplicò, tese la mano, ma lei non volle per orgoglio afferrarla -sto rinunciando a te.-
E fu durante un pomeriggio che Edoardo le chiese piangendo se lo amasse o meno. Si era spezzato per quella donna superba e malvagia a parere di altri. Ma lei smentì la realtà ed annuì.
Fu durante una mattinata che Priscilla sposò Edoardo e lo baciò sull'altare, sentendosi finalmente nel disegno tessuto per lei.
E fu durante una calda giornata di Settembre che la, ormai, donna bionda capì di avere un ritardo e andò da ginecologo, scoprendo d'attendere un figlio da due mesi. Inutile dire che non si sentisse pronta, inutile parlare delle lacrime che versò, consapevole che tutto l'odio e il rancore che portava non le avrebbero permesso di crescere quel figlio.
E quando parlò con Edoardo non disse altro di non voler quella creatura e lui la obbligò al contrario. La minacció e lei non seppe dire altro che di amarlo.
E fu così che a Marzo nacque una bambina bionda dagli occhi smeraldo. Portava la bontà del padre ed era destinata ai demoni della madre.
Ma un demone resta tale, cambiasse anche il colore delle ali. Se si é dannati si resta tali. Ci sono dannati buoni e quelli cattivi. Si scelga cosa essere.
-Non è il momento di parlare di questo- si riprese dai ricordi, aggiustò il suo cappotto e fece qualche altro passo verso l'auto, la faccia della donna era pallida e vi erano sfumature di pura tristezza. Non le importava che altri la giudicassero malvagia, lei lo era.
-Ed era la sede quando facesti sparire tutte le foto di mio padre da casa?- la bloccò, il tono di Blake era tagliente, sapevano entrambe che quella voce bassa a stento non eccheggiava in urla ricche di malsano rancore sviluppato in qualche attimo.
-Ed era sede, intendo, per ognuno di voi- si voltò, li guardò tutti con disprezzo e li indicò, uno ad uno. Era folle, non lo negava -Accusare una bambina senza prove? Ed era sempre sede- alzò la voce, le si colorarono le gote di un rosso acceso, brillava di rabbia, essa profanava il suo organismo -Quando mi avete tutti guardata con disprezzo?-
-Sta' zitta.- la riprese la madre, voltandosi ed incastonando le gemme che avevano per occhi. Lei rise solamente, la odiava.
-No, Priscilla.- sbiancò, alzò una mano per colpirla, ma si astenne ad uno sguardo sicuro della figlia -Dai, codarda, colpiscimi. Per anni lo hai fatto con l'indifferenza e col rancore, cosa cambierà se lo farai coi gesti?-
Fece qualche passo indietro, pianse, finalmente. Il vento quel giorno tirava forte, fin troppo.
Le solcava i lineamenti, le muoveva i capelli. Era lo specchio devastato della sua anima tormentata.
Blake si disprezzava, lo aveva fatto per anni e in quel momento non si capacitò di quel nuovo sentimento che la avviliva.
Sentì di dover rimettere tanto odio, si sentiva riempita da esso.
Poi si voltò, si guardò attorno. Maila piangeva, aggrappata a Ruggero e le stava bene. Aurora la guardava compassionevole e la odiava, Alessandro teneva lo sguardo basso, bene che si vergognasse, pensò.
Manuel era andato a fumarsi via la vita e le colpe, sperava che si scottasse con la cenere della sua droga per i peccati personale.
E Federico la osservava, le teneva testa e sapevano entrambi che era l'unico per cui non riusciva a provare disgusto.
E poi guardò ancora verso la madre, la donna tratteneva le lacrime.
Alcune persone prestarono loro attenzione, ma erano poche. Coi i loro pregiudizi infrangevano le regole dell'educazione, ma non importava. Chiamarla speranza per poter giudicare quella che brillava in quegli occhi.
-E sai qual é la cosa peggiore?- si avvicinò alla madre, la indicò e strinse il cappotto della donna, senza che lei si ritraesse, fra le dita.
La stradina era ricca di buche. Non era luogo di passaggio, Priscilla ringraziò il cielo.
-Che per anni mi sono vergognata. Che per anni sono stata il fantasma di me stessa e ho cercato di rimediare agli errori che avevo commesso- la prese una risata nell'ultima parte della frase e incenerì la voglia di dimenticare -Ho studiato, non ho chiesto nulla per Natale, da quel giorno. Andavo a dormire da Giulia quando invitavi i tuoi colleghi e a stento ti rivolgevo parola per paura di provocare un tuo giusto odio- lo tirò e ritirò l'orlo di quel cappotto e pianse d'odio, la madre non le impedì lo sfogo, dentro di lei la crepa di rottura consapevole la tormentava -Ho rimesso per anni in silenzio tutta la tristezza, mi sono accovacciata e ho raccolto tutti i frammenti rotti che mi componevano senza chiedere aiuto a nessuno. E mi fai schifo, perché per anni mi hai umiliata per un peccato che non era il mio!-
La lasciò e strinse i pugni -Ti odio, ti odio e mi fai schifo!- pareva una bambina capricciosa e Priscilla bruciò di rabbia, la colpì con una mano. Blake pianse solo di più.
-Cazzo, colpiscimi! In fondo neppure mi volevi!- perse le staffe, le prese il braccio e le passò il pensiero per la mente di farle del male fisico per mettere a tacere quel flusso di colpe che le stava lentamente distruggenfo, le lasciava cadere a pezzi man mano.
Aspettavano solo di perdersi nel silenzio della notte.
Federico si parò davanti, Blake si aggrappò alle sue spalle e lui sfidò con lo sguardo quella madre.
-Non ti riguarda questa cosa.- la voce della donna bionda era a stento controllata.
Avete presente quando il vuoto dentro il cuore propaga e le parole non bastano per alleviarlo?
E lei non concepiva come si fosse ridotta a provare simili emozioni malsane. Non concepiva e si sentiva svenire.
Perché si svuotò in un attimo e cercò una speranza, ma non trovò nulla se non dei ricordi che supplicavano di essere vissuti.
No, non si può comprendere.
Perché ci si ripete che non si tornerà.
Ma il giorno dopo si torna.
Quanto non avete capito voi é pari all'emozione che provo a raccontare di simili anime umane.
Si sentivano, entrambe, unite dopo anni, oltre nelle somiglianze fisiche che le caratterizzavano, fantasmi nei muri. Urla e nient'altro all'interno di una casa rotta.
-Ha appena alzato le mani contro sua figlia e le é passato per la testa di continuare, certo che mi riguarda.- Aurora si avvicinò e prese la mano al figlio, allontanandolo dalla scena.
Pensava che i peccatori dovessero strisciare una volta calato il sipario. Si festeggia da soli dietro le quinte.
In un'epoca dove le emozioni sono espresse da musica commerciale e da parole trite e ritrite. Tornatevene dai vostri santi d'oro, pensò Federico, trattenendo a sé Blake.
-Torniamo a casa.- esigé Priscilla. In cuor suo desiderava proteggerla da se stessa, ne aveva commessi di errori, ma quella ragazza era l'unica che le riportasse la voglia di vivere.
Dirlo vi farà ridere, ma non può esistere madre che odi la figlia, al massimo odia il male che le ha procurato non riuscirla a crescere.
-Io con te a casa non ci torno.- Blake non piangeva più, si teneva ferma dinanzi al mondo, più piccola di esso, e schiuse le labbra. Gli occhi erano rossi e gonfi, le labbra macchiate di sangue per i continui morsi. Il vento l'attraversava e le sussurrava speranza, perché piangeva prima di addormentarsi? Le chiedeva.
E dove vai? La strada per vivere é oltre il pensiero di farla finita. Le disse, accarezzando le crepe lungo il suo corpo.
-Non dire sciocchezze, andiamo a casa- si avvicinò, la voce tentennò, una lacrima uscì dall'occhio destro e si ripromise che mai un'altra le avrebbe solcato il viso.
Comprò ancora del silenzio, quello dentro di lei non le bastava.
Perché aveva errato? Se lo chiedeva in quegli attimi, giocando con i bracciali al suo polso nel suo abito rosso e nella sua finta forza. Stava cadendo in macerie nella sua distrutta fortezza di menzogne.
Provò a riprenderle il braccio, ma Federico le si parò davanti, ancora, e Blake si strinse dietro di lui, si sentiva più al sicuro in braccia bugiarde, che in quelle rancorose.
-Blake, sono tua madre, nonostante tutto- e non ci riuscì. Fu proprio vero che certe promesse sono fatte per essere infrante.
Nei suoi occhi vi erano demoni di cui aveva paura, non si capacitava dei fatti e pareva sentire il cuore minacciare di ammattirla una volta per tutte.
-Non lo sei stata per diciassette anni ed improvvisamente lo diventi?- la ferì con la voce secca, pacata, senza emozioni, degna di un corpo così gracile.
Sviava le imposizioni lei, e sviava anche l'amore verso se stessa, sviava persino le domande scomode. Ma non poté sviare quelle parole che si iniettarono nelle vene, altra dura consapevolezza.
Quelle parole la percossero, la attraversarono, arrivarono alle viscere e non si capacitava.
-Priscilla- le si avvicinò Aurora, erano come una famiglia da anni e quel dramma li aveva solo uniti di più. Quanto ridicola suoni quest'affermazione, era vera. Si distruggevano per essere stati parte di un dolore così meschino per una ragazzina e sperarono che il perdono arrivasse -Starà con noi per un po', forse é meglio, no?- l'abbracciò e lei ricambiò, ringraziò in silenzio e si tese nel dolore che una madre prova all'accettazione di una simile perdita.
Blake, per un attimo, desiderò che la donna soffrisse così tanto da ripagarla di tutti i pianti in vano.
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Martina's pov
Mi versò altro liquore nel bicchiere, lui coi suoi capelli castani e il suo sorriso parecchio triste.
Mi porse il bicchiere di vetro e mi guardò concentrato, era piuttosto confuso ed io con lui.
Mossi il bicchiere nella mia mano, il liquido con esso ondeggiava e trovavo confortante guardarlo.
-Come mai mi cercavi?- e quella volta non sarei potuta andar via come ero solita fare, la situazione mi chiamava e con la luce spenta le verità escono fuori e ci avvolgono.
-Per far chiarezza- mi obbligai a bere, l'alcol mi bruciò la gola e sentii una strana sensazione a cui non ero per niente abituata. Inutile dire che i pazzi sbagliano ed i pazzi sono i migliori. L'alcol risulta la via d'uscita per molti.
-Cosa esattamente?- accompagnò il bicchiere alle labbra ed assaporò quella macchina contro i ricordi con la lingua, leccandosi le labbra mentre lo riposava, poi, sul tavolo.
Casa sua era un appartamentino in una via della periferia di Londra, la cucina dava alla strada e si stava piuttosto bene se non mi fossi sentita inghiottita dal contegno che volevo dimostrare.
Vi era un salotto con due poltrone, un bagno bianco, quasi avesse paura di altri colori, una camera da letto e una cucina.
Era piena di specchi.
Presi un respiro e tirai fuori il mio cellulare, posandolo sul tavolo e osservando il cipiglio sul viso del castano.
-Facciamo progressi- ridacchiò e io presi un respiro, sbloccandolo e mostrandogli una trama.
Lo guardai negli occhi e lui guardò me, sembravamo folli. La luce della luna filtrava dalla finestra.
-Leggila- mi tolsi il cappotto e giocai con i miei capelli, mentre sentivo un peso man mano dissolversi ed un altro prendere il suo posto.
Perché io di azioni decise ne avevo fatte poche nella mia vita e mi sentivo intrappolata nelle insicurezze che viaggiavano nelle mie vene.
Un unico eco in una vita piena di silenzi comprati.
Effettivamente il silenzio già presente non era abbastanza.
-Cosa ne sai tu di Blake e Federico?- schiuse le labbra e mi guardò, il suo tono era accecante per le insicurezze e stimolava le mie poche certezze.
-Ne so quanto la ragazza che mi ha raccontato dell'amore da cui era stata travolta-
Mi guardò sbalordito e tutto m'aspettavo fuorché che il suo viso si impallidisse e che il suo sguardo divenisse vuoto, pareva che aspettava solo di perdersi in un ennesimo bicchiere.
-Dov'é lui adesso?- chiesi e Marco cominciò a versare altro alcol.
Sarebbe stata una lunga serata per un lieto fine giusto.
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La guardava in silenzio, le si avvicinò e le accarezzò i capelli. Sentiva il peso delle colpe e si ritrovò a pensare di averla spezzata definitivamente.
Blake dormiva tranquillamente fra le coperte del ragazzo dai capelli corvini. Due giorni prima l'aveva vista scindersi in parti tristi, l'aveva vista struggersi per errori che non le appartenevano.
Non era andata neppure a scuola, sentiva il suo corpo pesante e le sue palpebre costantemente stanche, aveva pianto fin troppo. Ognuno lotta col dolore a modo proprio, sosteneva.
E la sera stessa aveva ignorato ogni parola che le era stata rivolta, poteva risultare anche scortese, bevve solo del vino e nessuno glielo impedì, anzi, Alessandro e Federico bevvero con lei.
-Ci pensi mai?- gli domandò quella sera, portò il bicchiere col vino alle labbra e ne bevve un sorso. Quel sapore che le procurava dei brividi lungo le spalle tese e la lingua che giocava col liquido.
-A cosa, Blake?- Aurora beveva poco distante, si sentiva così lurida da non poter incrociare sguardo.
-Che questi pregiudizi mi stavano divorando e voi ne eravate gli artefici- e bevve altro vino, Alessandro trattenne le lacrime per quella che era per lui come una figlia.
E si trovava fra le sue coperte, portava il suo profumo e le guance erano rosee, aveva quei lineamenti che lo stregavano, sentiva necessità di bearsi di quella visione.
E non avrebbe fatto altro, perché certi amori vanno così, non bisogna che vengano consumati, o forse sì, ma bastava uno sguardo e tutto si incastrava come in un disegno per loro.
E se avesse voluto una puttana, pensava, che gli avrebbe donato quel piacere fisico che per anni aveva agoniato, non sarebbe stato paragonabile al baciare le inermi labbra di Blake.
Doveva essere un angelo caduto dal paradiso, se lo avessero voluto negli inferi, pensava che l'avrebbe seguita.
Pensava anche a cosa aveva fatto, che alla fine l'aveva ridotta ad una lurida puttana, sperava che lo perdonasse, che avesse ancora qualcosa da donargli.
Alzi la mano chi mai ha sbagliato, perché lui la vedeva perfettamente contorta nel sonno, come una puttana non dormirebbe mai.
Diavolo e se l'amava.
Ma era orgoglioso, non avrebbe detto alcuna cosa neppure se avesse minacciato di lasciarlo.
L'avrebbe stretta a sé e basta.
E passò le mani nei capelli corvini, la tapparella era bassa, trapelava poca luce. Era da poco tornato da scuola ed amava guardarla, lo aveva già pensato, era ripetitivo e vomitevole, si disgustava talvolta.
Si avvicinò, il suo naso respirò i profumi mischiati, le sue mani viaggiarono sul lenzuolo e scoprirono il corpo della ragazza.
Blake storse il naso, portò le mani agli occhi ed emise un gesto di dissenso, lui la baciò per farla tacere.
-Sto dormendo- scattò, lui non vi badò. Indossava dei leggins ed una felpa nera degli AC/DC che incantavano nel blu delle coperte del ragazzo.
-Ora non più- scherzò, abbassandole i leggins e prendendo a baciarla.
Non aveva altra intenzione che baciare le crepe che quel corpo possedeva, quanto poco visibili potessero essere, lui le percepiva al tatto.
E baciò ogni lembo di pelle e respirò il profumo che quel corpo poteva dargli.
Salì al busto, alzò la felpa e lì trovò il petto nudo di Blake, baciò anche quello e giocherellò con il labirinto che ricadeva fra i suoi seni.
La toccò, l'accarezzò, non vi era dolcezza, solo una voglia malsana di cancellare i dolori. Era ridicolo, pensava, mentre le lasciava languidi baci e lei portava le mani fra i suoi capelli e poi alle guance.
Blake non fece altro che sfiorare la pelle pallida di lui, le sue lentiggini, finché non fu in boxer e l'abbracciò coperti dal piumone.
-Fa tanto male- pronunciò quando Federico le stava facendo la treccia. Faceva ancora schifo con le pettinature, proprio come da bambino, non vi era altra opinione, ma lei non contestò.
-Non so come liberarmi di questo peso, penso solo che sia colpa mia, quando io non ho fatto un cazzo- si massaggiò le tempie e Federico rise, stringendo i capelli e legandoli con un elastico rosa, prima di sporgersi dal letto ed afferrare delle tempere dal suo zaino e posizionarsi su di lei.
-Ho delle cose per te.- l'accarezzò, baciò i suoi seni e lei alzò il busto, si tese sui gomiti e notò i colori.
-Manca la tela-
-Usa il mio corpo- le rispose, catturandole le labbra e abbracciandola fra quei suoni di passione e bisogno che rieccheggiavano.
Lei capovolse la situazione, indossava solo delle mutandine nere semplici e si sentiva spogliata da ogni falsità, si sentiva nel disegno per lei dopo anni.
Fu sulla schiena di Federico e cominciò a porcarsi le mani con le tempere, tracciando i contorni di un disegno vero, vissuto, ma bellissimo.
Non pensava ad altro per lui.
-Non fare scherzetti, bastarda- rise e la contagiò, mentre disegnava concentrata.
Forse l'aveva resa schiava di un sentimento, ma ad indossare le manette erano entrambi, gli stessi che di batticuore conoscevano solo i romanzi rosa.
-By the time I was your age, I'd give anything to fall in love truly, was all I could think. That's when I met your mother, the girl of my dreams, the most beautiful woman that I'd ever seen- cantò Federico e Blake rise, conosceva benissimo quel testo, lo aveva ascoltato in lacrime, ma il sentirlo dal ragazzo per cui si riduceva in pezzi giorno per giorno la confortava.
Malsano.
-She said, Boy can I tell you, a wonderful thing?- canticchiò lei, si abbassò e lasciò un bacio sulla guancia del suo ragazzo, sporcandogli i capelli di pittura -I can't help but notice, you're staring at me. I know I shouldn't say this, but I really believe I can tell by your eyes, that you're in love with me- lui emise un verso di lamento, scherzò e lei lo sporcò maggiormente con la vernice.
Federico continuò ad intonare parole, la luce trapelava e li rispettava, l'oscurità si incontrava con essa.
-I said, Girl can I tell you, a wonderful thing? I made you a present, with paper and string, open with care now, I'm asking you please. You know that I love you, will you marry me?- lei finì di dipingere su quella pelle che desiderava tracciare costantemente con le labbra.
-Ho finito- ammise, il suo viso era sporco di tempera e lasciò prima che la pittura si asciugasse sulla schiena del ragazzo.
Sentiva che forse aveva trovato il suo punto debole, forse entrambi lo sentivano.
-She said, Boy can I tell you, a terrible thing? It seems that I'm sick and I've only got weeks- le intonò a bassa voce lei, mentre faceva una foto e Federico si preparava a voltarsi e a capovolgere la situazione.
Tenne tra le mani il telefono e la baciò quando vide cosa ebbe fatto, la baciò ancora ed ancora.
Forse l'uomo ha realmente paura dei sentimenti. Forse l'uomo teme il domani. E forse anche loro erano della stessa opinione, sentivano solo che in quel momento gli angeli li avrebbero invidiati.
Ma tutto scorreva, scorre ancora. Sentitevi liberi di vivere o sopravvivere, ogni ragazzo é macchina di autodistruzione a modo suo.
-Sono ali?-
-Nere, ma d'angelo- lo sorprese e lui la baciò.
-Perché?-
-Non serve che siano bianche affinché tu sia un angelo. Ci sono anche angeli neri, non per questo non salvano le persone.- la baciò ancora, alla fine di quell'assurdo monologo. Era il suo vino preferito, la poesia vera.
Le abbassò le mutandine e lei i suoi boxer.
-Please don't be sad now, i really believe you were the greatest thing that ever happened to me- le cantò, mentre spingeva in lei e le loro anime s'univano nel perfetto purgatorio.
N/A: Bleah, odio la dolcezza dell'amore.
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