Scontro

[Eijiro Kirishima]

Le dita della mia mano picchiettavano nervosamente il divano in fremita attesa che il mio cervello impartisse l'ordine di avanzare.

Il comando era ben impresso nella mia testa, ma non riuscivo a metterlo in pratica. Era come se i nervi del mio corpo, tutti insieme, avessero deciso di scioperare, costringendomi in una condizione di stasi. Le mie dita erano le uniche ad essere scampate da quell'incantesimo e mi ricordavano, con il loro picchiettio, che ero io il padrone del mio corpo e non il contrario.

Come un vero uomo avrei dovuto vincere ogni timore e andare avanti a qualunque costo. Feci appello a tutta la mia forza di volontà e, finalmente, l'ordine tanto agognato fu impartito e così la mia mano iniziò ad avanzare. Aveva un compito molto semplice, ma allo stesso tempo importantissimo: stringere quella di [Cognome].

Nei film un gesto simile creava sempre un'atmosfera romantica e infondeva il coraggio di esprimere i propri sentimenti. Sperai con tutto il cuore che lo stesso valesse per me, che mi aiutasse a dare voce a ciò che provavo, ma c'era un solo modo per scoprirlo.

Improvvisamente sentii nel mio petto una sensazione di paura che cercava di diffondersi e di bloccare le mie azioni. Questa volta, però, non mi sarei arreso così facilmente: avrei lottato con tutte le mie forze.

Vincere le proprie paure era una delle cose più difficili, ma non era impossibile. In questi casi bisognava gettarsi a capofitto senza pensarci troppo e senza preoccuparsi delle conseguenze. Cercai di allontanare ogni forma di pessimismo. Magari avrei scoperto che [Cognome] ricambiava i miei sentimenti e che non aspettava altro che un chiaro segnale da parte mia.

Mancava pochissimo, presto avrei scoperto la verità. Chiusi gli occhi e trattenni il fiato, sperando che andasse tutto bene.

In quel momento, però, la mia mano fu colpita violentemente e costretta a battere in ritirata. Sobbalzai per lo spavento, così grande da lasciar quasi che il mio cuore sfondasse la cassa toracica. Non avevo considerato l'idea che potesse andare così male. Non sarebbe mai nato nulla tra noi due?

Mi voltai rammaricato e pronto a scusarmi, ma mi accorsi che non era stata lei a colpirmi, bensì Bakugo seduto comodamente sulle sue gambe. Il piccolo mi fulminava con lo sguardo e, senza togliermi gli occhi di dosso, afferrò la mano di [Cognome] e la strinse a sé.

"Piccola peste!" pensai infastidito, stringendo i pugni per la rabbia.

[Cognome], che evidentemente non si era accorta di quanto successo, sorrise al biondo e gli accarezzò la testa con la mano libera.

-"Che dolce che sei!" esclamò senza smettere di coccolarlo.

Non riuscivo a capacitarmi di quello spettacolo. Lo trattava come se fosse un angioletto, ma non era affatto così. Come faceva a non capirlo?

Di punto in bianco si fermò e controllò l'orologio. -"È l'ora della merenda." detto questo lo afferrò e lo adagiò delicatamente sul divano. Dopodiché si alzò in piedi e si rivolse a me. -"Vuoi qualcosa, Eijiro?"

-"No, grazie." risposi seccato. -"Mi è passata la fame."

Lei fece spallucce e andò in cucina. A quel punto mi concentrai su Bakugo.

-"Hai rovinato tutto. Sei contento?"

Lui non mi rispose e continuò a guardare la TV dove trasmettevano un programma per bambini. Non sopportavo di essere ignorato in quel modo. Davvero sperava di cavarsela così? Con un dito lo picchiettai su una spalla, in cerca delle sue attenzioni.

-"Dico a te! Guardami quando ti parlo!"

Per tutta risposta mi scacciò in malo modo senza staccare gli occhi di dosso dallo schermo. Quel gesto fu la goccia che fece traboccare il vaso. Infastidito come non mai afferrai il telecomando e spensi la TV.

Bakugo sobbalzò e finalmente si voltò verso di me, mostrandomi un visino carico di sorpresa. Non si aspettava, evidentemente, una cosa simile. Quello spettacolo fu impagabile e lo considerai una mia piccola rivincita. Gli sventolai, divertito, il telecomando sotto il naso.

-"Finalmente mi ascolti."

Il biondo provò ad afferrare il telecomando, ma la cosa non mi colse impreparato. Lo conoscevo bene ormai, perciò sapevo che lo avrebbe fatto. Alzai quindi il braccio, tenendo l'oggetto del suo desiderio fuori dalla sua portata. Bakugo, però, non demorse. Si aggrappò ai miei vestiti e si alzò e, in punta di piedi, cercò di recuperarlo, ma era troppo in alto per lui.

Dato che non riusciva ad arrivarci, provò a colpirmi, ma io riuscii a parare il colpo con la mano libera senza alcuna difficoltà. Era furioso, ma la cosa non mi importava. Era giunto il momento che qualcuno gli facesse abbassare la cresta.

-"Arrenditi, Bakugo. Sono io il più forte e non c'è niente che tu possa fare!"

Mi sbagliavo di grosso. Aveva ancora un asso nella manica e non ci mise molto ad utilizzarlo. Lo vidi inspirare a pieni polmoni e subito dopo gridare con tutto il fiato che aveva.

-"MA!"

-"Zitto!" esclamai allarmato, tappandogli la bocca.

Era troppo tardi. In un lampo [Cognome] arrivò in soggiorno, con lo sguardo pieno di preoccupazione. Lo spettacolo che le si presentò davanti non giocava a mio favore: Bakugo, in piedi sul divano, che tendeva le braccine verso di lei e io dietro di lui che lo tenevo fermo e gli tappavo la bocca.

-"Che sta succedendo qui?" domandò confusa, guardando prima me e poi il biondo.

-"Ecco... Posso spiegarti..."

Non avevo idea di cosa dirle e dovevo sbrigarmi e darle una spiegazione plausibile. Bakugo fu più veloce di me. Approfittò di quel momento di distrazione per liberarsi della mano che gli tappava la bocca e subito dopo cominciò ad agitare le braccine verso [Cognome].

-"Ma..." piagnucolò.

[Cognome] gli si avvicinò e lo prese in braccio. Lui la abbracciò per un momento per poi indicarle, con un dito, la TV ormai spenta. A quel punto si concentrò su di me.

-"Perché l'hai spenta?"

Mi fissava in attesa di una risposta e lo stesso faceva Bakugo, ostentando un sorriso beffardo consapevole che, in quel momento, mi trovassi con le spalle al muro. Non potevo negare l'evidenza, anche perché stringevo ancora tra le mani l'arma del delitto, ma raccontarle la verità era fuori discussione. Si sarebbe arrabbiata moltissimo se l'avesse scoperta e così dissi la prima cosa che mi venne in mente.

-"Non ne potevo più..." iniziai a dire cautamente portandomi una mano dietro la testa. -"Sono ore che sta guardando quel programma."

In fin dei conti la mia non era una vera bugia. Per tutto il pomeriggio, infatti, la TV aveva trasmesso ininterrottamente quel programma per bambini. Non se ne poteva più, era troppo noioso.

[Cognome] non sembrò arrabbiata, ma ciò non le impedì di avvicinarsi e di recuperare il telecomando.

-"Bhé a lui piace e ai bambini piacciono solo le cose belle."

Detto questo riaccese la TV e così quella musichetta, quelle canzoncine e numerose battute infantili tornarono a farsi sentire per casa. [Cognome] si risistemò sul divano tenendo ancora in braccio il biondo. Ancora una volta Bakugo aveva ottenuto ciò che voleva.

-"Perché lo accontenti sempre?" domandai esasperato. -"Lo sai che tu non sei la sua vera mamma, vero?"

Vidi un leggero rossore dipingere le guance di [Cognome].

-"Certo che lo so." mi rispose, evitando tuttavia di guardarmi negli occhi. -"Che cosa credi?"

Stavo per risponderle quando udii una notifica di un messaggio da parte del mio telefono. Lo tirai fuori e non potei credere ai miei occhi.

-"Problemi?" mi domandò [Cognome] con un velo di preoccupazione.

-"È Tetsutetsu!" la informai. -"Mi chiede di uscire."

Lo avevo incontrato durante la mia ultima missione ed eravamo rimasti d'accordo di organizzare qualcosa il prima possibile, ma data la situazione in cui ci trovavamo la cosa mi passò di mente. Mi sarebbe piaciuto moltissimo uscire con lui, ma non potevo dimenticare le mie responsabilità.

-"Gli dirò di rimandare."

Feci per digitare il messaggio, ma [Cognome] mi bloccò.

-"Perché?" mi domandò. -"Dovresti uscirci invece. Ti farebbe bene svagarti un po'."

-"Non posso farlo." le risposi. -"Dobbiamo badare a Bakugo."

-"Per qualche ora penso di potermela cavare da sola."

-"E se mentre sono via se la fa addosso?" le chiesi. -"Ti ricordo che non te la sei mai sentita di cambiarlo."

Le mie parole sembrarono aver posto fine a quella discussione. La vidi mordersi un labbro e per un po' rimase in silenzio a soppesare le mie parole. Improvvisamente, però, cambiò espressione e mi rivolse un sorriso rassicurante.

-"Sono disposta ad occuparmene personalmente. Davvero Eijiro: non c'è bisogno che tu ti preoccupi."

Qualcosa non tornava. Come mai, tutto d'un tratto, la faceva così semplice? Era addirittura disposta a cambiargli il pannolino, un compito che non si era mai sentita in grado di fare?

Nella mia mente iniziò a farsi strada un terribile sospetto che, volente o nolente, stava prendendo il sopravvento.

-"[Nome], perché ho come l'impressione che tu non veda l'ora che io me ne vada?"

-"Cosa stai dicendo?" domandò lei imbarazzata. -"Dico solo che non trovo giusto che tu rinunci a divertirti con un amico..."

-"Lo stesso vale per te!" la interruppi io. -"Perché non organizzi qualcosa con le tue amiche? Anche a te farebbe bene svagarti un po'."

-"Quante storie!" sbottò lei alzando le mani in segno di resa. -"Pensavo che ti avrebbe fatto piacere, ma se non hai voglia di uscire rimani pure a casa."

-"Non preoccuparti, vado!" decisi e mi misi in piedi. -"Non sia mai che io rovini il vostro bel pomeriggio."

Avevo capito tutto. In quel momento ero io di troppo. Se [Cognome] era sinceramente disposta a sbrigare in prima persona un compito che, fino a pochi giorni fa, aveva fatto fare al sottoscritto significava una cosa soltanto...

-"Si può sapere che cosa ti prende, Eijiro?"

La realtà era ben chiara e, per quanto dura, avrei dovuto affrontarla da vero uomo. Tremante puntai un dito verso di lei.

-"Tu..." iniziai a dire con un filo di voce.

Avrei voluto fermarmi. Se lo avessi detto significava ammettere la verità e arrendersi all'idea che per me non c'era più niente da fare.

[Cognome] mi fissava preoccupata e anche Bakugo mi guardava, trovando molto più interessante vedermi in quelle condizioni piuttosto che quel programma per bambini.

Feci un respiro profondo e continuai. Rimandare avrebbe solamente peggiorato le cose.

-"Tu..." ripresi cercando di mantenere un tono di voce fermo. -"Ti sei innamorata di Bakugo, vero?"

Tra noi calò il silenzio, interrotto solamente dalla TV ancora accesa.

[Cognome] scattò in piedi così all'improvviso che Bakugo, ancora stretto tra le sue braccia, si lasciò sfuggire un grido di paura.

-"Che cosa!?" esclamò sconvolta e rossa in viso. -"Ti è dato di volta il cervello!?"

Quella reazione non mi stupì minimamente: era palese che l'avessi colta con le mani nel sacco.

-"Stai sempre dalla sua parte e ogni scusa e buona per stare insieme a lui."

-"Forse perché è un bambino e ha bisogno di tutte le attenzioni possibili?" mi rispose sarcastica. -"Eijiro, ti prego torna in te. Non posso credere che tu possa pensare a una cosa simile."

Non avevo voglia di discutere. Quel comportamento non fece altro che avvalorare la mia posizione.

-"Spero che siate felici."

Misi il cellulare in tasca e mi apprestai ad uscire. Aprii la porta e udii [Cognome] alle mie spalle.

-"Eijiro, aspetta!"

-"Passate un bel pomeriggio!" le risposi ed uscii.

Presi una direzione a caso e mi incamminnai senza avere una meta in testa. In quel momento volevo solamente allontanarmi da quella casa e prendermi del tempo per elaborare il tutto.

Sentii delle lacrime non vedevano l'ora di rigarmi il viso, ma le ricacciai dentro. I veri uomini non piangono, non importa quanto sia triste la situazione.

Per scaricare la tensione iniziai a calciare un sassolino la cui unica era fu quella di trovarsi lungo il mio cammino.

"Non me lo sarei mai aspettato da Bakugo." pensai. "Sapeva che io ero innamorato di [Nome], ma nonostante tutto me l'ha portata via."

A quel pensiero diedi un calcio ancora più forte al sassolino che andò a finire sotto una macchina, fuori la mia portata.

"Avrei dovuto immaginare che sarebbe finita così. Perché mai una come [Nome] dovrebbe accontentarsi di uno come me quando può avere uno come Bakugo?"

A quel pensiero mi fermai e mi accorsi che le lacrime avevano già iniziato a scorrere sulle mie guance.

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