Chapter 2: Onigiri
Ormai diluviava.
L'acqua, spinta dal vento impetuoso, si inoltrava nella caverna piccola e umida come se fosse stata una barriera claustrofobica.
Katsuki si trovava in piedi, con le braccia conserte, a guardare il clima impazzito. Era nudo, con solo le mutande pulite e una coperta termica addosso. Per ogni goccia di pioggia che colpiva un suo alluce o piede, un brivido lungo la colonna vertebrale gli saliva.
Aveva del tutto perso la cognizione del tempo.
Un improvviso gemito proveniente alla sue spalle lo destò dai suoi pensieri. Eijiro era nel sacco a pelo giallo e si lamentava con gli occhi chiusi. Muovere continuamente la testa a causa del dolore che provava creava un rumore raspante sulla stoffa interna del letto di fortuna.
Katsuki ravvivò il fuocherello con delle piccole esplosioni, poi si inginocchiò a suo fianco. Il sudore brillava sulla fronte del rosso e teneva appiccicate le ciocche alla pelle pallida come petali di stelle natalizie. Ne spostò qualcuna dal volto senza il minimo imbarazzo perché la colpa che provava inglobava ogni singola emozione differente.
«Acqua...» mormorò Eijiro, rauco.
«Sì, aspetta» e Katsuki si affrettò a fargli sorseggiare l'acqua dalla borraccia, sollevandogli dolcemente la testa.
«Grazie, Kat...».
«Pensa a riposare» rispose affranto l'altro. «Ho provato a contattare qualcuno ma non c'è segnale. Siamo bloccati qui per ora ma abbiamo ancora medicine e bende, acqua e cibo».
Eijiro dischiuse gli occhi. Erano due pozze vitree che si riflettevano nella fiamma accesa, poco distante. Il tepore non era sufficiente ma sempre meglio dell'oscurità.
«S-sei ferito al braccio...».
Katsuki sussultò e i suoi occhi si fecero enormi, come due piatti. Non si era reso conto che, durante la caduta, la pelle appena sotto la spalla e fin poco dopo il gomito si era escoriata. Il sangue ormai rappreso aveva delineato dei ghirigori frastagliati di un rosso scuro e il derma invece era fatto di strappi brucianti e dolorosi.
Ma lui scosse il capo, aggiustandosi a mo' di mantello la coperta che si era afflosciata sulle piegature delle braccia.
«E' solo un graffio. Piuttosto, fammi controllare la tua ferita».
Quando il biondo dischiuse la cerniera del sacco a pelo, dovette appellarsi a tutto il suo sangue freddo pur di non vomitare o urlare. Le bende si erano tinte di rosso e inzuppavano di poco anche l'interno del giaciglio.
La ferita era cruda, terribile.
I denti acuminati della tenaglia che si erano conficcati in profondità e il modo brusco con il quale Eijiro aveva provato a togliersela avevano creato dei solchi nelle fibre muscolari. La gamba era uno scempio, maciullata, gonfia, di un rosa scuro e soprattutto rovente.
Katsuki deglutì un paio di volte ma questo non passò inosservato al povero Red Riot.
«Non è un bello spettacolo, vero?» chiese flebile, con una punta di ironia.
«Penso sia fratturata» replicò Katsuki, ignorandolo. «Riesci a muoverla?».
Eijiro ci provò ma tutto quello che ottenne fu un'esplosione di dolore insopportabile. Si morse ferocemente il labbro inferiore pur di trattenere un grido di agonia.
«Cazzo... aspetta, ti somministro degli antidolorifici! Ma prima devi mangiare qualcosa. Ci sono le mie polpette di riso con il ripieno di carne».
Un debole sorriso si fece strada sulle labbra screpolate del rosso crinito. Katsuki, a malincuore, si perse in quelle due biglie lucide e desiderò perfino nuotare nell'universo color passione.
«Sono le mie preferite...» disse ma poi si spense. «Mi dispiace per il bacio...».
Il biondo si era già voltato verso gli zaini fradici per trovare il pacchetto con il cibo. Smise per qualche istante di rovistare: i suoi occhi erano cupi e puntati al nulla.
«Ce la fai a mangiare qualcosa?» chiese, volutamente incurante di quelle parole.
Eijiro sospirò senza far rumore ma annuì con un suono dalla gola. Katsuki gli infilò sotto alla testa alcuni asciugamani ripiegati per creare una posizione semi-distesa e non affaticare lo stomaco durante la digestione.
Mangiarono in silenzio, mentre ascoltavano il crepitio del fuoco e il diluvio all'esterno. Il vento entrava nella caverna a tratti, faceva danzare le fiammelle e fischiava nelle loro orecchie, prima di uscire.
«Adoro queste polpette. Sono davvero speciali» mormorò Eijiro.
Katsuki si rese conto che si stava sforzando a mangiare. La polpetta bianca tra le pallide dita del rosso aveva solo un paio di morsi a rovinare la perfezione della sferica forma. Sospirò; ormai aveva perso il conto di quante volte lo aveva già fatto.
Speciali come te, Katsuki.
Anche se quelle parole non avevano lasciato le labbra chiuse di Eijiro, il biondo lo guardò con un'espressione stupita.
Un fragoroso tuono esplose nella vallata.
DynaMight non fu padrone del suo corpo e quando si rese conto di essersi letteralmente accucciato sul petto del ragazzo ferito le sue guance si colorarono di rosso.
«Non lo dirò a nessuno, tranquillo» sorrise dolcemente Eijiro, mentre lo accarezzava sui capelli.
«N-non ho paura dei tuoni! E' stato solo improvviso!» bofonchiò appena l'altro.
Il profumo del rosso era disturbato da quello del sangue. Katsuki era ancora in quella posizione, con le labbra e parte del naso nascosti sul petto nudo e muscoloso dell'amico. La pelle si stava riscaldando sempre di più a causa della febbre.
Per quanto volesse fare l'indifferente o l'offeso, non riusciva a non apprezzare le forti dita che districavano le sue ciocche bionde e accarezzavano il cuoio capelluto con gentilezza.
«Katsuki, mi dispiace... puoi mettere via la polpetta? La mangerò più tardi».
Nessuna parola, nessun suono.
Eijiro cercò di drizzarsi un po' ma la risposta che cercava giunse con un tremolio delle spalle del biondo. Katsuki stava piangendo in silenzio.
«Starò bene, lo prometto. Sono sopravvissuto a ferite peggiori».
«Tu non capisci, Eijiro!» gridò l'altro, senza alzare il viso. «Era una fottuta tenaglia! La tua ferita non è qualcosa di semplice e non voglio neanche pensare al peggio se rimarremo bloccati qui per colpa mia!».
Eijiro trattenne un altro gemito di dolore. Una parte di lui sperava solo che il tutto non sarebbe peggiorato. Non smise di accarezzare Katsuki; i suoi singhiozzi si erano fatti più rumorosi a tal punto che li sentiva riverberare contro il suo stesso petto ricoperto di sudore.
«Somministrami le medicine, Kat. Starò bene, come ho detto e allora ce ne torneremo a casa».
Il biondo si alzò in fretta. Non pensò a Eijiro che gli fissava il volto sporcato di lacrime e di queste che ancora sgorgavano, incastrandosi nelle ciglia lunghe e dorate. Si premurò di preparare una soluzione antipiretica che iniettò nel bicipite del giovane uomo dai capelli rossi.
«Riposati. Io rimarrò di guardia» gli disse.
Gli occhi di Eijiro rimasero a fatica aperti fino a quando il sonno non lo rapì. Katsuki passò a ripulirgli la ferita e a cambiargli le bende. Lo fece in fretta ma con bravura, tuttavia, quando si alzò per cercare un sacchetto della spazzatura, vomitò quel poco che aveva mangiato.
«Mi dispiace, Eijiro» sussurrò.
Il suo cellulare non aveva ancora segnale...
***
Quando Katsuki aprì gli occhi non si rese subito conto di dove fosse.
Rimase a contemplare la grotta rischiarata da alcuni raggi tiepidi del sole che facevano brillare le goccioline d'acqua all'ingresso roccioso e si specchiavano nelle svariate pozzanghere.
Gli uccelli cinguettavano nascosti tra le fitte foglie degli alberi. Questi non erano più alti, enormi e minacciosi; il fogliame verde smeraldo frusciava dolcemente nel vento secco e leggermente più caldo. Il cielo cristallino era accompagnato da grosse nuvole bianche come panna. Le montagne poco distanti, non più bluastre per l'eccessiva umidità nell'aria, avevano acquistato maggior nitidezza.
Katsuki si strofinò gli occhi, sbadigliando. E fu allora che, brutali, i pensieri lo fecero mettere sull'attenti. Si era addormentato nel cuore della notte, quando la pioggia si era fatta meno violenta.
Mi siederò accanto a lui solo per qualche minuto.
Ma aveva chiuso gli occhi e si era svegliato in pieno giorno.
«Eijiro!» chiamò con voce un po' rauca.
Il giovane aveva il volto sereno e riposava profondamente. Ma c'era qualcosa di inquietante in quell'espressione tranquilla.
Il biondo lo toccò sulla spalla e il suo cuore perse un battito improvvisamente.
Gli sfiorò la fronte fredda e un terrore enorme gli sgretolò il petto.
Si avvicinò con l'orecchio alle labbra biancastre e l'agonia gli riempì gli occhi di lacrime.
«EIJIRO!» urlò, scuotendolo con forza.
La testa rossa ciondolò inerme.
Gli occhi rimasero ostinatamente chiusi.
Katsuki aprì con così tanta forza la cerniera del sacco a pelo che quasi la ruppe. Cercò i battiti del cuore, mentre il suo corpo veniva scosso da un pianto feroce e incontrollato.
Non trovò nulla.
Eijiro Kirishima non si sarebbe mai più risvegliato.
«Apri gli occhi, idiota!» singhiozzò il biondo. «Mi hai sentito, Eijiro?!».
Era finita.
Era andato tutto storto per colpa della sua arroganza.
Aveva perso un amico, un compagno, una persona fidata.
Aveva perso l'unico giovane uomo che aveva preso in custodia il suo cuore diffidente.
«Eijiro...» gemette in un lamento.
«Katsuki!».
Ma quest'ultimo continuava a piangere sul petto senza vita del rosso.
«Katsuki!».
Sollevò il capo con forza ed ignorò volutamente la fitta di dolore e di protesta che giunse dal suo collo. Eijiro era sveglio, seduto, lo accarezzava e continuava a chiamarlo con profonda preoccupazione.
Katsuki si alzò lentamente, incredulo. Le lacrime continuavano a cadere sulle guance pallide ma non più un singhiozzo usciva dalle labbra perfettamente sigillate.
«Katsuki, grazie al cielo, ti sei svegliato!».
Eijiro lo abbracciò con foga. Il biondo che tratteneva il respiro si lasciò andare quando percepì contro il proprio petto il virile cuore che batteva pieno di vita. Katsuki chiuse gli occhi, inspirando a fondo quell'odore che in diversi anni era diventato un po' il suo punto di riferimento. Pianse in silenzio, ancora profondamente scosso.
«Stavi facendo un incubo» gli sussurrò Eijiro.
Il modo in cui gli accarezzava i capelli e la nuca lo rassicuravano. Katsuki affondò il volto bagnato nell'incavo del suo collo, sfiorando distrattamente un pettorale. Era tiepido.
Il rosso gli toccò la fronte con la punta delle dita. «Avevi la febbre, stanotte. Io mi sono svegliato e stavo decisamente meglio. Mi sono cambiato le medicazioni ma tu eri in un bagno di sudore e tremavi che ho dovuto somministrarti un antibiotico. Come ti senti?».
Katsuki si rese conto di essere adagiato su alcune coperte e di avere addosso una maglietta di cotone a maniche lunghe. Eijiro aveva fatto tutto questo per lui? Non riusciva affatto a distinguere il sogno dalla realtà. Era ancora in mutande ma poco gli importava.
«Come va la gamba?» domandò appena.
«Mi sento un po' meglio ma credo abbia qualche frattura. Ti va di fare colazione? Sono le dieci e venti».
Katsuki annuì appena mentre prestava attenzione alla fasciatura che spuntava dall'ampio scollo a V della maglietta. La spalla e appena dopo il gomito erano stati disinfettati e bendati. Guardò l'altro con un'espressione stralunata. Gli aveva anche fatto ciò?
Eijiro era in una condizione fisica migliore e perfino le sue guance avevano ripreso colore. Ma nonostante questo, il suo cuore ancora galoppava nella paura. Mentre iniziava a rimuovere la plastica dalle polpette di riso, gli venne un conato di vomito per via dell'odore. Non era nulla di andato a male ma ne fu disturbato ugualmente.
Riuscì a raggiungere l'entrata della caverna... fu colpito in viso da un raggio di sole sbucato dalle nubi e vomitò tossendo. Lo fece per ben due volte, poi perse i sensi, crollando come un sacco di patate.
«KATSUKI!» urlò il rosso.
Provò ad alzarsi ma scoprì di non essere in forze per far affidamento su braccia e l'unica gamba ancora in uso. Imprecò. Il cellulare al suo fianco, carico per metà, aveva una lieve tacca.
Eijiro scrisse immediatamente un messaggio di S.O.S.
Vi prego... venite il prima possibile a salvarci...
Lo pensò mentre portava le mani giunte alla fronte. Ora toccava a lui prendersi cura di Katsuki.
Angolo di Watchie
Ed eccoci qui, con questo secondo capitolo. Povero Eijiro... e povero Katsuki che si sente in pura agonia. Nel prossimo i guai di certo non finiranno. A domani!
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