Chapter 20: Tempo d'Azione!


Erano seduti su una panchina di marmo nello stesso parco dov'era purtroppo avvenuto lo scippo di Izuku. Il cielo si era tinto di una bellissima sfumatura d'arancio e nelle vetrate degli edifici più alti i raggi sanguigni si riflettevano.

Eijiro non sembrava interessato a nulla se non a Katsuki. Di tanto in tanto, infatti, lo studiava con la coda dell'occhio mentre muoveva il pollice sul display del cellulare.

Il biondino, invece, si stava gustando il suo secondo gelato con così tanto piacere che gli si erano colorate di un rosa acceso le guance.

«Ti piace proprio il gelato» mormorò lentamente Eijiro.

«Sì. E' l'unica cosa alla quale non so proprio dire di no».

«Mi avevi detto che non ti piaceva».

Katsuki smise per un secondo di leccare. «Potrei aver mentito per una buona ragione» borbottò con voce lontana.

Eijiro sogghignò e con uno scatto gli si avvicinò per alzargli il mento con un dito. «E quale sarebbe questa buona ragione?».

Ma Katsuki non gli rispose mai, completamente rapito da quegli occhi del colore così simile al suo. Il rosso crinito gli leccò via un po' di gelato dall'angolo inferiore del labbro.

A quel punto, Katsuki si alzò con un salto piuttosto agile. Non imprecò subito, perché troppo preso a nascondersi la parte inferiore del viso rosso fuoco con la mano.

Eijiro sembrava davvero divertito e poco aiutava la sua espressione magnificamente serafica.

«C-che diavolo?! Mi molesti in pieno giorno?».

«Siamo al tramonto e poi non avrei alcun motivo per farlo».

L'esile biondo sbuffò e tornò accanto a lui, sebbene tenendo una certa distanza. Riprese a mangiare il gelato come se non fosse successo nulla.

La sua era una dipendenza evidente!

«Faccio un salto al bagno. Non ci metterò molto» fece improvvisamente Eijiro.

Katsuki annuì appena, per nulla entusiasta.

E d'un tratto, il parco si fece più vuoto, silenzioso e cupo che mai. Il giovane ingoiò la parte finale al cioccolato del suo cono poi si alzò con circospezione.

Che diavolo? Che cos'era quell'inquietante atmosfera?

Un lampione poco distante, accanto a una panchina classica di legno sfarfallò. Una forte folata di vento gli fece volar via il cappellino.

Atterrò ai piedi di un paio di stivali neri.

Quando Katsuki sollevò gli occhi si rese conto del suo errore. Per poter prendere il cappello aveva abbassato la guardia ed ora era circondato da quattro grossi malintenzionati.

Non poteva scorgere alcun viso; tutti indossavano caschi da motociclisti neri, giacca, pantaloni e stivali in pelle corvina.

Fece un passo indietro, con il cappello stretto al petto ma finì per urtare i pettorali di un malvivente.

«Chi siete?». Non una risposta. Katsuki si mise il cappello sul capo e strinse i pugni. «Volete guai? Vi accontento!».

L'unico e forte destro sfiorò l'aria; il motociclista più alto gli afferrò il polso e lo immobilizzò di gola nella piegatura del suo mastodontico braccio e la schiena contro il suo duro cavallo.

Al sentore dell'erezione, il biondo iniziò a scalpitare. L'uomo lo soffocò con una mano contro la bocca. Fece un cenno ai suoi compari per far ritorno alle moto parcheggiate più avanti.

I tentativi di liberarsi di Katsuki erano completamente inutili e lui stava provando sempre di più un terrore disumano mentre veniva trascinato via senza alcuno sforzo.

Eijiro!

L'uomo lo sbatté sulla sella della motocicletta.

Eijiro! Aiuto!

Improvvisamente, un gemito lasciò la bocca del malvivente. Per Katsuki fu tutto estremamente veloce perché quando la vista gli si fece più nitida nonostante annebbiata dalle lacrime, il cuore gli sussultò.

Era tra le braccia di Eijiro.

E quest'ultimo stava correndo a perdifiato verso una meta sconosciuta.

«Non posso lasciarti solo un momento che finisci nei guai!» imprecò il rosso.

Katsuki non gli rispose. Gli nascose il viso sporco di lacrime nel petto e gli si aggrappò alla giacca con la mano. Quei gesti provocarono un po' di stupore nel rosso.

«Ti porto al sicuro, non preoccuparti!».

Katsuki non rispose. Era solo grato di essere stato salvato tempestivamente...


***

Mitsuki porse una tazza di tè a Eijiro, seduto sul divano del salotto. Quell'ospite era piombato improvvisamente, a un minuto dello scoccare delle dieci di sera, tenendo Katsuki a sé per un fianco.

Il giovane aveva pronunciato poche parole: «E' meglio che Katsuki rimanga per un po' in casa. L'ho salvato da alcuni malviventi, Bakugo-san!».

E la donna aveva insistito sul prendere una tazza di tè e qualche dolcetto.

Ora sedevano tutti e tre; Masaru era salito in camera superiore per controllare se Izuku si fosse svegliato.

Eijiro iniziava a sentirsi davvero un po' troppo in imbarazzo; lo sguardo di Mitsuki sembrava trapassarlo costantemente e non aiutava quello cupo e vuoto di Katsuki, al suo fianco e relegato tra lo schienale e il bracciolo.

«Ti ringrazio per aver salvato mio figlio».

«Si figuri, signora. L'ho fatto con piacere».

A tale risposta, Eijiro sussultò stupito dalla facilità con la quale aveva ammesso una purissima verità e Katsuki lo fissò con aria sconcertata.

«Perché non rimani a cena? Vogliamo ringraziarti».

A parlare era stato Masaru che stava scendendo le scale tenendo Izuku per una mano. Quest'ultimo sfiorava il corrimano ramato lucido gradino dopo gradino.

«Buonasera, Eijiro-san. Ciao, Kacchan!» salutò.

«Ciao a te, Izuku!» rispose felice il rosso crinito. «Mi dispiace, signori Bakugo, ma non posso trattenermi per cena. Devo tornare a casa, le mie mamme mi aspettano» aggiunse poi guardando i due adulti.

Mitsuki non insistette oltre, così lo accompagnò alla porta.

«Vuoi che ti accompagniamo a casa, figliolo?» si offrì Masaru.

«No. Non si preoccupi, Bakugo-san. Non dista molto casa mia» infine guardò sia Katsuki sia Izuku. «A presto, ragazzi».

Quando Mitsuki chiuse la porta si rivolse a suo figlio. Lì per lì questo non osò incrociare i suoi occhi ma alla fine le si tuffò tra le braccia.

«Ho avuto paura...» ammise con voce piccola e ovattata.

La donna che gli accarezzava i capelli gli sorrise. «Va tutto bene, piccolo mio. Sei al sicuro, adesso».

Masaru spinse dolcemente Izuku in quell'abbraccio e anche lui vi si unì.

«Studierai a casa fino a quando non ti sarai ripreso, va bene?» propose la signora Bakugo.

Il biondo annuì. Non ce l'avrebbe fatta a scampare a un altro scippo del genere se fosse capitato.

Per un attimo ripensò a Eijiro. Non l'aveva ringraziato a dovere.

Mentre si trascinava sciattamente per le scale e raggiungere la vasca per un buon bagno caldo si domandò se la strada del ritorno per lui sarebbe stata sicura.



Un'altra manata alla spalla ed Eijiro sbatté contro una recinzione fatta a griglia d'acciaio. Un pugno gli spaccò il labbro inferiore e un grumo di sangue si mostrò, mischiato con la saliva.

«Perché ti sei intromesso? Dovevi per forza fare l'Hero del cazzo?! Colpirmi con una spallata al petto e un calcio alle gambe?».

«Quel parco era sorvegliato da telecamere e c'era una pattuglia della polizia nel bar poco distante! Vi ho fatto un favore!» replicò Eijiro.

Kazuki gli afferrò i capelli e lo fece avvicinare alle sue labbra. «Supponiamo che sia vero, devo dedurre che sarai tu a portare spontaneamente quella fata al nostro covo come stabilito?».

«Sì, Kazuki! Non manca molto! Salvandolo ho fatto in modo di ottenere la sua fiducia!» replicò Eijiro.

Non trattenne un gemito di dolore né di sgomento quando Kazuki gli puntò alla gola un coltellino a serramanico.

«Sbrigati. Sono già a corto di pazienza!».

Eijiro annuì ma Kazuki non se ne andò senza una possente quanto improvvisa ginocchiata nello stomaco. Il poveretto annaspò, scivolando sulle ginocchia; dopodiché tossì con forza e sputando sangue.

«Katsuki...» sussurrò.

Strinse l'erba del suolo tra le dita.

«E' la cosa giusta da fare...» sussurrò con gli occhi vuoti e rassegnati.

La vita della sua mamma valeva più di quella di Katsuki...



Angolo di Watchie

Le cose saranno ben più difficili con i prossimi capitoli. Me mancano solo 5 e questa storia si dichiarerà conclusa. A domani!

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