Chapter 16: Possibilità


«Non andiamo bene, Izuku. Hai di nuovo perso peso».

La mano gentile di Masaru sulla sua spalla lo portò ad essere molto più vigile. Dischiuse le palpebre ed alzò il capo in direzione di Taishiro che aveva parlato.

«Come mai non stai seguendo la dieta che ti ha prescritto Yagi? Lo sai che ora che hai braccio e polso feriti hai bisogno di molti più nutrienti, vero?».

Cosa avrebbe dovuto dire? Che dopo l'aggressione del motociclista al parco si era così spaventato nel rendersi conto che la verità che da sempre aveva seppellito sotto a crogiolanti menzogne era venuta fuori, cresciuta come una quercia enorme?

Era solo un peso per tutti. Per Shoto, per Masaru, Mitsuki e Inko, per suo cugino. La paura provata gli aveva fatto comprendere che lui era un cieco e che non avrebbe mai potuto vivere in una certa indipendenza.

Ogni volta che si era messo qualcosa sotto ai denti il vomito feroce l'aveva condotto a vomitare in ogni dove. Soprattutto durante i giorni di convalescenza di Katsuki.



«Bakugo!».

All'urlo di Shoto, Izuku drizzò la schiena e il panico gli fece tremare vistosamente il corpo.

«Che sta succedendo?!» esclamò con voce acuta di lacrime.

«E' svenuto» gli rispose il bicolore, fermo e deciso.

«Dov'è? A terra? E' caduto?».

«No, lo sta sostenendo Kirishima» gli rispose l'altro.

Lo stupore fu evidente nella sua voce un po' meno forte. Izuku fece un paio di passi avanti, con la mano sana protesa al vuoto. Quando toccò il polso di Eijiro sussultò.

«Ti prego» gemette timidamente. «Eijiro-san, ti prego... prenditi cura di Kacchan... veglialo... perché io non posso fare neppure questo...».

Il cuore del rosso crinito si spaccò in due parti. La prima divenne polvere per via dell'enorme senso di colpa verso il ragazzino le cui lacrime continuavano a cadere lungo le gote pallidissime. La seconda, invece, fu cosparsa di ragnatele e di crepe, a causa del miasma d'odio verso Katsuki. La sua mamma era più importante di quello stupido con la puzza sotto al naso!

Eppure, la sua mano stava sorreggendo al proprio fianco quel ragazzo dai capelli biondi, le gote rosse e le labbra umide. Qualcosa di nuovo gli formicolò nel petto.

Un lievissimo istinto di protezione.

«Va bene, Izuku» mormorò. «Lo farò».

Il verdino sorrise appena.



«Sembra tu sia molto sconvolto» riprese Taishiro. «E' per Katsuki?».

Il ragazzino chinò ulteriormente il capo nella vergogna. Masaru gli accarezzò dolcemente i capelli mentre annuiva al suo posto.

«Ma sta meglio. E' tornato a casa da qualche ora, non è così?» riprese l'oculista.

«Sì. E' andata mia moglie a prenderlo. Ora sta riposando ma sta molto meglio» raccontò dolcemente Masaru.

Taishiro ponderò attentamente le prossime parole da dire. Il suo piccolo paziente sembrava molto provato e sofferente; inoltre la pelle pallida non lasciava presagire che fosse perfettamente in salute.

«Piccolo Izuku, hai litigato con Katsuki?».

L'altro negò frettolosamente. Si mordicchiava ferocemente il labbro, incassava a forza la testa nelle spalle e si stropicciava le dita. Al che, Masaru si fece preoccupato a tal punto da scambiare un'occhiata con l'altro adulto.

«Sei sicuro?».

«Sì» rispose infine Izuku, con un fil di voce. «Non ho litigato con Kacchan».

«E allora cos'è che ti preoccupa così tanto?».

Il verdino dischiuse le labbra ma non riuscì a rispondere.

Come avrebbe potuto spiegare ciò che aveva provato quando, durante la sua accoglienza di Katsuki con un grande sorriso e una mano protesa al vuoto, quest'ultimo si era allontanato con la scusa di voler riposare in quanto debole?

Mitsuki ci era rimasta male ma il verdino aveva immediatamente capito.

Chiedere a Eijiro di vegliarlo aveva portato il loro stretto rapporto a incrinarsi.

«Niente» disse.

«Non posso aiutarti se non mi spieghi cosa significhi niente, Izuku».

«Sto bene. Riprenderò a mangiare come si deve».

Taishiro guardò Masaru. Fu uno sguardo rassegnato, anzi, una sottile richiesta di scoprire il male radicato nel suo piccolo paziente.

Quando si salutarono, il signor Bakugo prese per mano Izuku ma questo provò a ritirarla. Accadde tutto così in fretta che lì per lì lui non capì se fosse stato frutto della sua immaginazione o la realtà stessa.

«Prendiamo un gelato, Izuku?».

«No, zio Masaru. Voglio andare a casa».

«Va bene, torniamo a casa insieme».

Il verdino si fermò ed immancabilmente Masaru lo tirò senza volerlo. Il corridoio era silenzioso, non un brusio si udiva. Il sole filtrava prepotentemente dalla serie di vetrate sulla parete destra ed illuminava a quadrati il marmo color tonno che rivestiva il pavimento. Guardare quei disegni di luce calmava l'animo, ragion per cui Masaru smise di provare inquietudine e preoccupazione per una manciata di secondi.

«No, zio Masaru» Izuku deglutì, poi sollevò il capo a lui. «Voglio tornare a casa mia».

L'uomo sentì come se la terra gli fosse appena mancata sotto ai piedi. Il silenzio gli scavò nei timpani, assordandolo. Compì un solo passo, anzi uno scatto, cadde in ginocchio e lo abbracciò.
Strinse ferocemente a sé il suo adorato nipotino, colui che aveva sempre amato come un secondo figlio, ma lo fece con particolare attenzione al braccio ferito. Affondò la mano nei capelli, le ciocche verdi si fecero strada tra le fessure delle dita. Izuku non ricambiò, chiuse solo le palpebre mentre una lacrima colava lungo le sue guance.

Nessuno dei due disse nulla.

Nessuno dei due annullò quell'abbraccio.


***

«Izuku non è venuto?».

A Katsuki per poco non sfuggì il vassoio con il suo pranzo dalle mani. Il riso in bianco con l'uovo sopra vibrò nella scodella piccola e cobalto, la bottiglia di tè verde per miracolo non cadde in terra e i tre tranci di pollo in sansa di soia con verdure si girarono leggermente nel piatto.

«Perché cazzo mi arrivi sempre alle spalle?».

«Sono stato per tutto il tempo dietro di te. Sei tu che non ti sei accorto di me» rispose pacato Shoto. «Beh? Sei qui da un giorno e già sembra che le cose siano cambiate».

Il biondo fece schioccare la lingua contro il palato in un gesto di evidente fastidio. Svoltò rapidamente verso un tavolo lontano da occhi indiscreti e soprattutto vuota. Prese posto, poggiando il vassoio sul tavolo con una certa fretta.

Immancabilmente Shoto gli si sedette accanto.

«Perché non te ne vai dal tuo gruppetto di comparse? Ci sono Faccia Tonda, Occhiali e Palle in Testa che ti vogliono» sbuffò stancamente all'altro. «Perché perdi tempo con me?».

Shoto staccò le bacchette e le usò tranquillamente per girare un po' la sua amata soba fredda. Katsuki sbuffò un'altra volta ma lo imitò per mescolare l'uovo con il riso.

«Ho notato che sembri diverso, più infastidito del solito».

«E' la tua presenza».

Shoto sbuffò una risatina. La mano ferma a mezz'aria con la soba si fermò dal condurre il cibo alla bocca. Divenne serio.

«Lo so che non è così. Penso che c'entri Izuku».

Il biondo sospirò pesantemente. Sarebbe stato troppo per il suo orgoglio parlare ma dentro di sé sentiva di averne bisogno.

«Quando sono stato dimesso, per tutto il viaggio fino a casa, ho continuato a pensare a ciò che Izuku aveva detto a quel pallone gonfiato di Capelli di Merda. Vegliare su di me» iniziò, con lo sguardo mesto rivolto al riso. «Tornato a casa l'ho ignorato. Non l'ho voluto abbracciare come facciamo sempre e da allora non ci parliamo».

Shoto lo guardava con un pizzico di rabbia. I suoi occhi freddi erano ormai riempiti di grande fastidio.

«I miei vecchi mi hanno detto che non sanno perché Izuku si sta comportando in modo strano. E anzi, non sta neanche mangiando».

Shoto poggiò le bacchette sul bordo della scodella. Ora fissava in cagnesco Katsuki che invece continuava a osservare il vuoto con un po' di disperazione. Quel muro invisibile l'aveva fatto sentire molto solo.

Izuku non si era seduto al suo fianco per mangiare e si era spostato a dormire sul divano letto del soggiorno, dicendo che sarebbe stato più vicino al bagno. Il che era anche vero.

Mitsuki e Masaru non avevano detto nulla.

«E tu non hai pensato che sei stato tu a tenerlo distante? Avresti potuto anche darglielo l'abbraccio».

«Perché si era rivolto a quello stronzo di Capelli di Merda? Io non avevo bisogno di aiuto!» sbottò il biondo.

«Avevi la febbre così alta che si pensava fosse polmonite, Bakugo! Izuku era disperato! Si era sentito inutile, hai capito?!».

Improvvisamente il biondo si drizzò sulla panca. Aveva gli occhi sbarrati e una paura strisciante e martellante nel petto. Deglutì più volte, come se un boccone gli si fosse stato conficcato tra l'ugola e la trachea.

«Non ci eri arrivato?».

Più che una domanda, le parole di Shoto sembrarono una sorte di accusa. Riprese a mangiare la soba con più stizza e senza godersi il piatto. Katsuki che lo guardava con un'espressione stralunata, lo afferrò improvvisamente e duramente per un braccio.

Il bicolore gli scoccò un'occhiataccia per l'interruzione e lieve pizzicore ma non lo spintonò via.

«No... ho pensato solo a me stesso».

«Come al solito».

Quella frase pronunciata con un tono particolarmente acido fece sollevare gli occhi dei due ragazzi. Dinanzi a loro, giunto silenzioso come un'ombra, sostava Eijiro Kirishima. Il suo non era uno sguardo completamente ostile ma più gentile. Si spostò pigramente da Shoto, immobile con le bacchette a mezz'aria e uno spaghetto penzolante e infine trapassò Katsuki.

«Che vuoi?» soffiò acidamente quest'ultimo.

Eijiro non gli rispose. Improvvisamente sorrise con una tale dolcezza, che il ragazzo con i capelli del grano tacque e spalancò gli occhi curiosi. Shoto non si pronunciò affatto; neanche capiva che stava succedendo.

«Posso sedermi?».

«No» rispose Katsuki.

«Allora mi siedo» replicò l'altro, con una punta di sarcasmo.

Prese posto giusto di fronte all'oggetto dei suoi costanti pensieri. Il suo vassoio presentava due piatti; carne con verdure e patate, l'altro carote con un po' di riso. Una bottiglia d'acqua frizzante tra le due stoviglie rifletteva di poco la sua cravatta rossa.

«Come stai, Bakugo?» domandò Eijiro, non nonchalance.

Il biondo decise di non dargli corda. Riprese a mangiare dopo un forte colpo di tosse.

«Non dovresti indossare una mascherina?».

«Se hai paura di infettarti puoi andare da un'altra parte» gli disse il più mingherlino, senza guardarlo.

A Shoto non passò inosservato la mano del rosso che stringeva con forza le bacchette.

«Come sta Izuku?».

Il biondo sbatté una mano sul tavolo: le stoviglie vibrarono rumorosamente, qualche studente guardò verso di loro con circospezione. Eijiro iniziò a mangiare come se a pronunciare quella semplice frase non fosse stato lui.

«Stiamo entrambi molto bene».

Eijiro aveva un boccone sotto la guancia. Sorrise a labbra strette, con le bacchette premute contro il labbro inferiore. A Shoto sembrò proprio un criceto dalla pelliccia rossa.

«Bene! Mi fa molto piacere! Me lo saluti?».

«Non sapevo avessi un rapporto così stretto con Midoriya, visto che addirittura lo chiami con il suo nome» mormorò un po' acido il bicolore.

«Sì, è come un fratellino per me».

«E quanto cazzo avreste formato un rapporto tanto stretto?» ringhiò Katsuki.

«Dovresti sapere tu quando» replicò Eijiro, con un sorriso sornione. «E comunque tranquillo, Todo-bro. Se ti piace non te lo porterò via».

Le guance di Shoto assunsero una tonalità più accesa di rosa. Divenne incredibilmente docile e imbarazzato a tal punto che si concentrò a guardare ciò che rimaneva della soba nella sua scodella.

«E tua madre come sta?» lo sfidò improvvisamente Katsuki.

Eijiro lo fissò con una certa incredulità. Per un solo istante una piccola gioia crebbe sul suo viso e quel cipiglio di rabbia svanì.

«Sta molto meglio, grazie» rispose sorridente. «Il peggio è passato. Siamo intervenuti in tempo».

Il biondo corrugò le sopracciglia. A quanto pare il rosso non aveva ben afferrato il concetto di prendere in giro. Sospirò, tornando a mangiare.

«Non ti capisco» mormorò sottovoce, dopo qualche istante.

«Non c'è niente da capire. Voglio provare a darti una possibilità».

Katsuki sentì come un tonfo al petto così improvviso che spalancò gli occhi e li puntò immediatamente su Eijiro, intento a mangiare con gusto. Sembrava assolutamente serio oltre che tranquillo.

«Che cazzo ti sei fumato?!».

«Niente. Visto che siamo nella stessa classe ho pensato che avremmo potuto iniziare a conoscerci un po' meglio e mettere via le nostre divergenze» rispose gentilmente il rosso. «Sai, non sono un ragazzo che serba rancore».

Katsuki si trattenne dallo scoppiare a ridergli in faccia. Ma se non aveva fatto altro che fargli del male dal giorno in cui avevano dovuto girare quella fottuta pubblicità di abiti da sposa!

«Che ne dici?».

«Dov'è il trucco?» replicò arcigno il biondo, puntandogli contro le bacchette.

Shoto non smetteva di guardare entrambi, di sottecchi ma con attenzione.

«Nessun trucco. Non ti fidi di me?».

A quel punto, l'altro si alzò prendendo il vassoio. Non si era del tutto ristabilito, ragion per cui non riusciva a mangiare ancora quantità normali o medie di cibo.

«No. Neanche per sogno».

«Quindi me la dai la possibilità?» ridacchiò il rosso, con sguardo divertito.

Un lieve spolvero di imbarazzo colorò le guance scarne di Katsuki ma non gli rispose. Se ne andò via.

Eijiro scosse il capo, ridacchiando. Shoto, a quel punto, ne ebbe abbastanza di tacere. Lo guardò dritto negli occhi senza la benché minima paura.

«A che gioco stai giocando, Kirishima?».

«A nessuno. Voglio semplicemente andare d'accordo con lui».

Il bicolore assottigliò le palpebre. Eijiro era assolutamente sincero, lo percepiva nel profondo, dalle vene al cuore. Lì per lì parve rasserenarsi ma un improvviso pensiero lo fece tornare rigido.

«Vuoi qualcosa da Izuku?».

«No. E' come un fratello minore per me, te l'ho detto» rispose pacato l'altro. «So che sono stato un po' freddo ma potete fidarvi di me!».

Shoto guardò il posto vuoto di Katsuki, poi Eijiro e infine la porta della mensa. Sospirò pesantemente.

«Non far loro del male, ti prego».

Eijiro perse il sorriso, i suoi occhi si tinsero di una lieve colpevolezza. Fissò distrattamente i propri pugni stretti.

«Non lo farò» mormorò appena. «Non ne ho alcuna intenzione»...




Angolo di Watchie

E così Eijiro vuole dare una possibilità a Katsuki, ma perché mai? Avete delle teorie? Se sì, fatemele sapere! A domani!


Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top