Chapter 15: Ciò che Non si Può Dire


I suoi ricordi erano confusi, come macchie colorate e ronzii nelle orecchie.

Quando aveva riaperto gli occhi, un enorme soffitto bianco e un forte odore di disinfettante lo avevano gradualmente condotto fuori dal suo mondo fatto di strani sogni e realtà distorte.

Katsuki si era tirato debolmente seduto, aveva portato la mano contro la fronte finalmente meno calda e sbattuto con forza più e più volte le palpebre, pur di riacquistare una vita nitida.

Il suo naso si era accorto di una lieve sfumatura quasi familiare: un odore di colonia. Era bastato controllare con la coda dell'occhio e il suo cuore aveva fatto un sobbalzo.

Ora, da circa dieci minuti, continuava a fissare stralunato Eijiro Kirishima che sedeva su uno sgabello accanto al suo letto con gli occhi chiusi, i gomiti puntellati sulle cosce e le mani intrecciate insieme.

Era ricurvo in avanti e per questo i capelli cascati oltre le spalle gli oscuravano il volto un po' pallido.

Che diavolo ci faceva lui lì? E perché dormiva seduto?

Katsuki spostò gli occhi ai raggi del sole che arrivavano caldi dalla finestra poco distante del suo letto, sul lato sinistro. La tapparella bianca era alzata per metà, non c'erano tende e dall'anta centrale socchiusa arrivava un po' di vento tiepido.

Doveva essere mattina ma non così presto.

Eijiro sbadigliò, si strofinò gli occhi e si drizzò con la schiena. Un'espressione di fastidio gli fece corrugare le sopracciglia: il collo dolorante. Se lo scrocchiò con dei lievi movimenti della testa.

«Perché sei qui?».

Alla domanda un po' rabbiosa, il torpore del sonno lo abbandonò ed Eijiro si concentrò sul ragazzo dalla pelle biancastra e le guance rosate di febbricola che lo fissava in cagnesco.

Non sorrise ma si alzò e si portò, a braccia conserte, verso la finestra. La lieve porzione di cielo che poteva vedersi a causa della tapparella era cristallina, con pochissime e soffici nuvole bianche all'orizzonte un po' più sbiadito.

I palazzi non erano neri come la sera; anzi, sembravano proprio degli alveari dalla forma a parallelepipedo. Il caos cittadino era meno forte rispetto agli altri giorni.

«E' domenica, sono le undici del mattino» disse distrattamente Eijiro.

«Ti ho chiesto un'altra cosa».

Il rosso sospirò, piegando di poco la testa da un lato. Non aveva voglia di litigare e neanche di sostenere un dialogo.

«Non lo so» ammise, dopo qualche istante di silenzio.

Katsuki sbuffò ma poi tossì. Il suono fu umido, pesante e sibilante, proveniente dai suoi polmoni. A una fitta al costato, gemette. Odiava essere malato ma questa volta era stato proprio terribile!

«Dovresti stenderti» riprese Eijiro, che lo guardava a tre quarti.

«Che ti importa? Tu mi odi».

Forse in un certo senso era vero. Ma da qualche giorno, dentro di lui, aveva iniziato a crescere anche qualcos'altro che non riusciva a capire.

«Sì, è così. Io ti odio profondamente» gli rispose con voce calma e ferma.

Katsuki lo guardò con occhi spalancati, disperati e smarriti. Ma durò solo un frangente perché un'espressione di sfida gli rese lo sguardo affilato e piccolo, come due spiragli pericolosi.

«Avrei voluto vederti agonizzare nel tuo dolore, in modo che tu avresti patito le pene dell'inferno» riprese gelido Eijiro, avvicinandosi lentamente.

«Ma che cazzo stai dicendo?».

Katsuki si ritrasse un po'. Il rosso era vicino, anche troppo, e lo guardava con dei gelidi occhi da predatore. Si teneva in bilico sul bordo del letto con le mani. La luce del sole alle sue spalle gli oscurava l'intero volto, rendendolo più minaccioso, ma sfumava i bordi della silhouette, come se fosse stato una creatura mistica.

Quasi angelica.

Eijiro si fece più mesto. Le iridi rosse si spostavano lentamente sui tratti del volto preoccupato di Katsuki. Timidamente gli toccò una guancia, facendolo sussultare: il pollice sfiorò distrattamente il labbro inferiore.

«Ti odio, Katsuki Bakugo» riprese, in un sussurro rassegnato.

Il biondo rimase lì, immobile, con le mani strette a pugno e uno sguardo sconcertato. Non capiva se quello fosse un sogno o la realtà: il suo cuore galoppava con così tale forza da martellargli la trachea e fargli vibrare tutto il corpo rigido.

Perché non riusciva a tirarsi via da quel pollice che giocherellava con le sue labbra, fino a scoprirne i denti bianchissimi?

Perché dentro gli occhi di Eijiro c'era un'agonia profonda che lo aveva facilmente ipnotizzato?

Perché qualcosa nel fondo della sua mente gli stava sussurrando qualcosa di importante ma che non riusciva a capire?

Perché quel tocco non era così spaventoso?

Perché continuava a farsi domande?

«Sei rimasto incosciente per tre giorni».

Eijiro lo forzò a stendersi. Quella sensazione soffocante provata attimi prima era appena svanita. Katsuki sbatté un paio di volte le palpebre come a volersi accertare che quel mare silenzioso in cui era sprofondato fosse effettivamente scomparso.

Che diavolo era successo?

«Non l'ho fatto per te» riprese l'altro, più duramente. «Non mi interessi ma mi ha obbligato tuo cugino».

«Izuku?».

Improvvisamente, Katsuki ricordava tutto. Della sua paura legata all'aggressione del suo cuginetto, alla corsa in ospedale, al suo corpo appesantito da un malessere febbrile. Tutto. Ogni cosa tornò con forza nella sua mente, rinvigorendola.

«Lui dov'è? Come sta?».

«Quando ti hanno ricoverato per la febbre alta, Izuku mi ha obbligato a vegliarti, perché sarei rimasto in ospedale per mia madre. Non volevo farlo ma tuo cugino ha il mio rispetto, a differenza tua».

La velenosità di quelle calme parole si conficcò come una lama nel cuore di Katsuki. Abbassò gli occhi; erano appesantiti di estranee lacrime. Girò leggermente la testa sul cuscino in direzione della porta.

Qualche infermiera camminava con dei contenitori rossi nella piegatura del braccio. Non andava di fretta. Si percepiva che era domenica.

Il giovane allettato fece anche caso che il brusio era appena percettibile e che la calma regnava su tutto quel reparto.

«Io ho accettato. Mia madre è stata operata d'urgenza per un'ulcera allo stomaco ma sta meglio. E continua le chemioterapie» riprese Eijiro, con più dolcezza. «Ho accettato perché non sarei mai stato in grado di dirgli di no. Ma ho sperato che tu soffrissi».

Il biondo chiuse le palpebre. Non poteva lasciar rotolare le lacrime lungo le guance anche perché ancora ignorava il motivo del perché fossero già presenti sotto le lunghe ciglia dorate.

«Ti ho già detto che non c'entro niente con il tuo odio. Prenditela con i miei».

Eijiro sferzò le mani nell'aria per abbassarle lungo i fianchi. Il lieve vento che si generò portò Katsuki a guardarlo attentamente. Quegli occhi rossi erano furiosi.

«Odio tante cose di te ma più di tutte il tuo continuo scrollarti di dosso le responsabilità! Avresti potuto dirmi in fretta chi eri e i miei sentimenti sarebbero svaniti subito! Invece mi hai preso in giro per tutto il tempo!» disse con voce poco più alta.

Katsuki ringhiò ma scoprì miseramente di non avere le forze per replicare. «Sto bene. Non sono morto come tu speravi. Puoi anche andartene» disse velenosamente.

«Sì, me ne vado! Perché mia madre è molto più importante di te!».

Troppe domande, troppe incognite. Le parole non dette formicolavano nel petto, tra un fastidio e un solletico. Sconvolgevano la mente già meno nitida rispetto a prima.

«Davvero Izuku ti avrebbe chiesto di vegliarmi?».

Eijiro che si era già portato verso la porta leggermente socchiusa parve innervosirsi. La schiena, infatti, si irrigidì a tal punto che le spalle sembrarono molto più muscolose rispetto a un attimo prima. Katsuki non ebbe il tempo di intimorirsi, lo guardò solo con un'avida voglia di conoscere la verità.

«Sì» rispose, con tono rassegnato.

«Ma perché?».

«Perché, a differenza tua, lui è gentile e non avrei potuto mai ignorare una sua richiesta. Non se mi aveva definito un bravo ragazzo».

«Non sono la bestia che tu pensi io sia» sospirò il biondo.

Un colpo di tosse forte e umido sconvolse il silenzio della stanza. Eijiro lo guardò di poco, attraverso una ciocca di capelli divenuta più lucente per i raggi più forti del sole.

Katsuki deglutì un po'. Tutto quell'odio immotivato gli pungeva il cuore.

La luce dorata era riuscita ad arrampicarsi fin sul suo letto e stava lentamente salendo. Eijiro non si rese conto di quanto tempo fosse rimasto lì, immobile, con le mani a pugno fino a quando non scorse i capelli dell'altro accendersi di un meraviglioso bianco e le iridi schiarirsi, lucide come biglie, le stesse con le quali amava giocare da piccolo con le sue mamme.

Ne rimase incantato, un po' come un piccolo cucciolo d'uomo che guarda affascinato le luci dell'albero di Natale. Si voltò perfino, incapace di resistere a quell'immagine quasi fatata. Il sole faceva brillare i capelli biondi e li rendeva perfino trasparenti, un po' come l'effetto ottico della luce stessa quando colpiva i sottili baffi di un gatto.

Ebbe seriamente l'impulso di volerli toccare.

Eijiro deglutì.

«Quando sei svenuto su di me, tuo cugino mi aveva pregato tra le lacrime di non abbandonarti. Si fida di me ed io non gli ho potuto dir di no» ammise debolmente. «Inconsciamente avevo pensato che, dato che sarei dovuto rimanere qui a vegliare sulla mia mamma, avrei potuto farlo anche con te. Tuo cugino ha una strana influenza su di me».

Katsuki sorrise appena.

«Ma non è così male. Ha il cuore nel posto giusto».

«Sì, è così. Il mondo è stato crudele con lui ma non si è mai arreso e ciò lo rende incredibilmente virile ai miei occhi» ammise il rosso. «Poi, una volta accertatomi che la mia mamma stava meglio, nonostante tutto il sangue perduto e vomitato, ero intenzionato ad andarmene ma...» gli si fece più vicino, senza guardarlo. «... ti ho visto nel letto e ancor prima di potermene fregare ero già seduto accanto a te a vegliarti».

Il biondo provò qualcosa nel petto, come un pizzico doloroso ma non riuscì affatto a comprendere le emozioni. Sospirò appena.

«Ora sto bene. Puoi andartene».

Eijiro lo guardò acutamente. Per qualche secondo, Katsuki ne fu sopraffatto e la sua spavalderia si rintanò da qualche parte.

Un attimo dopo lo lasciava in silenzio, uscendo dalla stanza...




Angolo di Watchie

Buona Pasqua a tutti!
Quanto è difficile dire "Grazie"? A quanto pare è un tabù visto che Katsuki è incapace di dirlo ma anche Eijiro non è molto bravo a esternare ciò che sente. Vi sta piacendo la storia finora? A domani!

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