Chapter 14: Corrodere
L'ospedale era brulicante di persone in attesa di essere curate.
L'odore di medicinali era persistente.
I colori pastello erano troppo forti.
Il suo fastidio era immenso.
Una mano calda gli si poggiò sui capelli.
Eijiro guardò alla sua sinistra spostando semplicemente le gelide iridi rosse. Tsumugi lo abbracciò teneramente, i suoi occhi erano arrossati ma non umidi.
«Tesoro, come stai? Non hai detto una parola da quando siamo arrivati in ospedale. La mamma starà bene».
Il rosso chiuse le palpebre, l'odore della sua mamy era buono ma non riusciva a calmarlo, nonostante la sua mente fosse incredibilmente sgombra e lucida.
«Sto bene» rispose in un fil di voce. «E poi sappiamo bene che la mamma è forte».
«E' vero, lo è». Tsumugi si alzò ma non senza avergli accarezzato la guancia. «Vado a prendere qualcosa da mangiare. Non riesco a pensare bene a stomaco vuoto» la sua voce era incrinata. «Cosa ti porto, tesoro?».
Eijiro scosse il capo, i suoi capelli si mossero un po'. «Nulla, mamy. Va bene così. Ho lo stomaco chiuso».
La donna annuì semplicemente e lo lasciò da solo. Eijiro espirò, una mano volò prima alla fronte poi celò gli occhi. Aspettava di sentire il cognome di sua madre per poter sapere qualcosa. Il pronto soccorso era brulicante di persone, chi piangeva, chi parlava a telefono con rabbia, chi sospirava, chi tranquillizzava i propri figli.
Troppo fastidio che pungeva i timpani!
Ma che ore erano?
Controllò il cellulare: le undici e trenta di sera.
Un sospiro pesante lasciò le sue labbra. L'apatia non era una cosa negativa e lo aiutava a sentire i pensieri nitidamente. Era un bene o no? Non gli sarebbe importato scoprirlo. Mentre toglieva la mano dalle palpebre, fece caso a tre figure che lasciavano un'entrata secondaria che conduceva alla Medicina d'Urgenza del pronto soccorso, scale e due ascensori.
Il senso di colpa saltò in lui come un tappo.
Eijiro si alzò lentamente, dopodiché si avvicinò con passi lenti. Lo sguardo scioccato non riusciva a staccarsi da uno che oltre ad infestargli la mente per molte ore, ora ricambiava stancamente ma ferocemente.
Deglutire istintivamente non fu una buona idea, lo stomaco rispose con una sensazione acida e formicolante. Perchè?
Izuku Midoriya.
Il verdino annuiva di tanto in tanto alle parole dolci e bisbigliate di Shoto, il cui volto era una finta maschera di calma che celava un inferno di odio puro.
Intorno alla testa capeggiava una benda bianca, disturbata da alcuni ciuffetti verdi e molto arruffati. Lo squarcio alla tempia era stato sapientemente ripulito con alcuni punti ma un alone rosato ancora sporcava parte del suo viso pallido e stanco.
L'intero braccio, dalla spalla fino alle punte delle dita era più bianco che rosa tenue, a causa dello spesso strato di bende che lo teneva immobilizzato. Ciondolava su un supporto agganciato al torace e dietro al collo.
Eijiro abbassò timidamente gli occhi ampi e perduti.
Aveva davvero fatto tutto ciò alla stessa persona che, senza poterlo vedere lo aveva definito bravo ragazzo? Strinse i pugni lungo i fianchi.
Quanto si disgustava!
Quanto avrebbe voluto avere il potere di schioccare le dita e cambiare la sua realtà!
«Che cosa ci fai qui?».
Eijiro sollevò il capo, l'incertezza capeggiava sul suo viso pallido. Il tono con cui Katsuki si era rivolto a lui e che adesso lo stava squadrando ferocemente era stato aspro, basso, stanco e provato.
Il biondo non aveva un bell'aspetto. Tremava un po' e il respiro che usciva dalle sue labbra più rosa che mai non era che uno sbuffo rovente. Indossava una camicia nera arrotolata sugli avambracci pallidi e una tuta nera, con delle Convers bianche e corvine.
Profonde occhiaie coloravano un po' il pallido in violaceo sotto gli stanchi ed arrossati occhi vitrei. Le ciocche della frangia si tenevano incollate per il sudore che gocciolava continuamente dalle tempie e svanivano nel colletto dell'indumento.
«Mia madre non sta bene» rispose pacato il rosso.
Il verdino smise di parlare con Shoto; allora, con un sorriso, gli protese la mano gentilmente. Il rosso si sentì quasi spaventato dal doverla toccare.
«Eijiro-san, sei tu?».
«Sì, Izuku... ciao» e, a malincuore, si fece stringere la sua.
Per un singolo istante l'espressione del più giovane cambiò. Il sorriso morì in un qualcosa di freddo ed ostile ma non durò che pochi attimi, perché tutto tornò alla normalità. Shoto concesse un cenno cordiale del capo come saluto.
Il rosso scorse la schiena di Masaru e di Mitsuki che conversavano con dei medici, nella penombra del corridoio verdastro.
Katsuki si strofinò il sudore dalla fronte. Aveva un caldo bestiale ma i brividi che correvano lungo la schiena non aiutavano affatto nella voglia incontenibile di denudarsi.
«Che cosa ti è successo, Izuku?» domandò Eijiro. A quella domanda, qualcosa dentro di lui si rivoltò. Si trattenne con molta fatica dallo stringersi il petto.
Shoto raccontò la vicenda e di come, passando per il villino dei Bakugo, avesse dato l'allarme. Insieme a Katsuki erano arrivati al pronto soccorso e solo pochi minuti prima si erano uniti Masaru e Mitsuki, tornati di corsa da una visita a dei parenti a Musutafu.
«Avete denunciato quel tipo?» domandò con la gola secca e graffiante.
Quelle parole erano uscite come le punte shuko di un esperto maestro ninja giusto dalla sua trachea.
«No. E' scappato» sospirò acido Shoto.
Katsuki si appoggiò al muro, a braccia conserte. Le ciglia lunghe celavano gli occhi stanchi e in lieve stato confusionale. Il sudore rendeva lucida la sua pelle; le guance più rosse che mai sembravano due mele di bell'aspetto.
Eijiro guardò come incantato l'invisibile bollente respiro che faceva danzare ritmicamente i sottili peli biondi che rivestivano la parte scoperta del dorso delle mani, polsi e parte degli avambracci.
«Kacchan, tutto bene?» domandò perplesso Izuku.
«Sì. Vado a sedermi» rispose con un fil di voce.
Il biondo si staccò da quel muro con una lentezza quasi incredibile. La frangia celava il suo sguardo stremato e il sudore brillava sulla nuca e la noce del collo, evidenziando le punte umide bionde su di essi.
Compì barcollanti pochi passi, sfiorò con la spalla il braccio di Eijiro ma poi il suo corpo stremato iniziò a puntare al duro pavimento.
Un solo scatto, le braccia che sferzavano l'aria e il rosso crinito lo sostenne contro il petto, con un'espressione incredula. Katsuki non era privo di sensi ma lottava contro il richiamo del sonno. Ansimava pesantemente contro la clavicola e il pomo di Adamo del più grande.
Un brivido corse lungo la schiena di Eijiro ma non seppe mai dire per quale emozione giunse.
«Sei bollente, Baku-bro» gli disse con un po' di soggezione.
Katsuki gli artigliò una mano sul pettorale sinistro e strinse la maglietta con forza. Provò a rimettersi in piedi ma le ginocchia troppo deboli cedettero. Tuttavia non cadde, né picchiettò le rotule sul pavimento di linoleum color nocciola.
Il braccio di Eijiro lo sorreggeva all'altezza dell'esile vita, appena sopra l'elastico della tuta.
«Katsuki, ma tu hai la febbre altissima!» disse.
Non fece caso neppure al fatto che l'avesse chiamato con il proprio nome di battesimo. L'altro mugugnò qualcosa di incompressibile; del resto le labbra erano premute contro la sua muscolosa spalla. Il respiro che arrivava dal naso, rovente più che mai, solleticava la sua carotide e parte del mento.
«E'... colpa tua...» sussurrò il biondo.
Quelle parole impattarono su Eijiro. A cosa si riferiva esattamente? Non è che aveva capito qualcosa della sua doppia vita?
«Che... cosa mi hai fatto... in bagno...?».
Non gli rispose.
Una parte del suo cuore premette per chiedergli di approfondire quella domanda, l'altra desiderò solo tacere e cambiare discorso. Eijiro ci aveva riflettuto bene in quei giorni, i sensi di colpa l'avevano assalito con forza quando si era reso conto di quanto male avesse fatto a Katsuki.
Le spire nere del male interiore lo avevano azzannato e strizzato come un giocattolo per lunghi attimi e in diversi momenti.
Passò un braccio sulle spalle e la mano alla vita stretta a Katsuki. Guardò Shoto e poi Izuku che era del tutto ignaro della situazione.
«Quelli sono i genitori di Bakugo» indicò il bicolore, rivolto ai due adulti che si stavano avvicinando.
Eijiro annuì. Il contatto di Katsuki era come qualcosa di vibrante...
Sarebbe finito con il corrodere lo strato di odio verso il mondo che avvolgeva la sua anima.
***
Poco prima...
Katsuki continuava a tenere il bavero della camicia di Shoto, tenendolo schiacciato contro il muro di un corridoio un po' nella penombra dell'ospedale.
Aveva ricevuto un messaggio sintentico, un "Izuku si è fatto male. Ti mando la posizione". Veloce, con il cuore in gola era giunto in ospedale con i suoi genitori e aveva scorto Shoto seduto con un volto cupo.
«Che cosa è successo?» gli sibilò per l'ennesima volta. «Ti affido Izuku, tu ti allontani per una stronzata e succede questo?!".
Shoto non riusciva a guardarlo negli occhi, tanta era la sua vergogna. Come aveva potuto agire così sconsideratamente? Perché non si era portato Izuku per mano fino al chiosco?
«Mi dispiace...».
«Cazzo!» Katsuki bofonchiò, lasciandolo.
La frangia oscurava i suoi occhi pieni di rabbia e collera, la mancanza di luci su di loro accentuava le guance brucianti di rosso e i tremolii delle spalle.
«Izuku si è fatto male per colpa mia».
Katsuki inspirò a fondo. «Sei stato un coglione, ma capisco che volevi solo prendere una bibita. E' successo qualcosa che non potevi sapere ma...» improvvisamente gli si avventò nuovamente ai baveri dalla camicia. «... se non fosse stato per te, sarebbe potuto accadere di molto peggio».
Shoto espirò lo stesso fiato che non si era reso conto di trattenere e mentre Katsuki lo lasciava per allontanarsi di qualche passo e asciugarsi le lacrime - di spalle, ovviamente - sorrise appena.
Ma fu in quel momento che, veloce e potente, un pugno gli si schiantò contro lo zigomo destro. Shoto batté la testa contro il muro e per poco non perse l'equilibrio.
Non reagì.
Katsuki, piangendo in silenzio e incendiandolo con uno sguardo feroce, si allontanò con le nocche brucianti e il cuore a pezzi.
Se l'era meritato...
Angolo di Watchie
Qualcosa sta succedendo, qualcosa si sta muovendo, ma quando sarà della scoperta il momento? Prossimamente. Per cui, vi consiglio di stare all'erta. Detto ciò a domani.
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