Chapter 4: Fili che s'Intrecciano


Katsuki controllò l'orologio per l'ennesima volta.

Erano passate dieci ore dall'ultima video-chiamata e iniziava a preoccuparsi un po'. Chihaya dormiva tranquilla nella carrozzina accanto al divano; neanche il temporale violento che tamburellava contro i vetri del salotto la infastidiva. Ma era comprensibile: con la pancia piena, pulita e l'odore di Eijiro che permeava su un piccolo coniglietto bianco, non aveva motivo di frignare.

«Dannazione» borbottò sottovoce.

Prestò attenzione al suo ventre. La pancia era sempre delle medesime dimensioni ma il gonfiore c'era e gli ricordava che lì dentro cresceva il suo cucciolo. Il suo bambino. Katsuki se l'accarezzò distrattamente. In un certo senso amava farlo direttamente sulla pelle e non dai vestiti.

Mentre fissava distrattamente il soffitto, il cellulare accanto a lui vibrò due volte. Quando controllò, però, il suo cuore si pietrificò. Accese la tv ma senza volume, mentre chiamava il suo migliore amico Izuku Midoriya.

Diversi squilli a vuoto dopo, sopraggiunse un forte colpo di tosse dall'altro capo, poi una voce stanca e un po' ovattata.

«Kacchan...».

«Cazzo, Deku! Hai letto la notizia sulla
Hero Network? Ne parlano anche
in televisione!».

«Sì...».

Katsuki non parlò. I suoi occhi fissavano sconcertati il notiziario crudo che mostrava FatGum che portava tra le braccia Red Riot.

-Pro Hero Red Riot morto eroicamente in uno scontro contro il capo della Yakuza della Tokyo del Nord, Tsuchigumo-.

Katsuki cadde di peso sul divano, con una mano contro la bocca e il cellulare ancora premuto all'orecchio.

«Kacchan...».

«Deku, ha lasciato una bambina...
E quella bimba è qui di fianco a me ora».

«Interverranno gli assistenti sociali e
la porteranno in un orfanotrofio».

«Lo impedirò! Gli ho promesso che
me ne sarei preso cura, cazzo!
Doveva tornare! Ha detto che lo avrebbe
fatto presto!».

L'Omega provava una grande agonia nel cuore e sembrava acido che corrodeva il suo petto. Guardò il faccino sereno della cucciolina: lei non sapeva di essere appena divenuta orfana.

«Anche la sua mamma era
venuta a mancare, dopo il parto.
Era un Omega maschio come noi.
Contatterò subito Tsukauchi-san
per fare qualcosa per la bambina».

Katsuki capì di dover concludere la chiamata quando udì il classico mormorio dei dottori. Izuku Midoriya, attuale Number One Hero era ricoverato in ospedale per un peggioramento della sua malattia.

Il cancro al fegato lo stava conducendo sull'orlo della morte molto più velocemente rispetto a un paio di mesi prima. Ma i medici erano ancora fiduciosi nelle nuove cure.

Il biondo guardò di nuovo la bambina e con delicatezza la portò al petto. Odorava di talco e non pesava nulla.

«Non permetterò che ti portino via» sussurrò. «Mi prenderò cura io di te».

Le baciò una guancia e mentre tentava di essere forte singhiozzò in silenzio. Non capiva perché ma era completamente devastato...


***

Per un'intera settimana, Katsuki si era occupato di Chihaya.

Non era stato facile ma non aveva mai ceduto alla profonda disperazione nel suo cuore. Izuku Midoriya e Neomasa Tsukauchi, con un brillante avvocato Beta, avevano fatto in modo di renderlo il tutore legale della bimba e impedire che venisse portata via in un qualche squallido orfanotrofio.

«Devo fare la spesa, cazzo...» sospirò.

Era ora di cena, fuori non pioveva ma l'aria era secca e fredda. Mancavano pochi giorni alla fine di maggio e sembrava essere in un cupo autunno.

Chihaya si mangiucchiava i pugnetti nella carrozzina. Guardò Katsuki con i suoi occhi rossi ed espressivi. L'Omega la prese dolcemente con affetto; a poco a poco si stava innamorando di lei.

«Andiamo, signorina. Usciamo un po'».

La preparò per bene, infilandole una tutina bianca più pesante e un cappellino. La mise nella fascia porta-bebè, tenendola al caldo sotto un grosso giaccone pesante rosso e aranciato che indossò.

Non uscì senza il marsupio, il berretto da baseball e la mascherina neri.

L'appartamento di Eijiro non distava molto dalle varie attività ricreative e i numerosi conbini. Katsuki non si curava di nessuno e, instintivamente, portava una mano sulla testolina di Chihaya quando alcuni si permettevano di fissarla un po' troppo.

Si fermò dinanzi a una vetrina luminosa. Tutine, orsacchiotti e culle con veli merlettati capeggiavano in bella vista. Se l'Omega Interiore tubò contento, al biondo venne solo da sospirare negativamente.

Dopo che quell'idiota di Kappei lo aveva abbandonato dinanzi a tutti, non aveva voluto rinunciare al cucciolo. Ma ancora non era sicuro di potercela fare. Chihaya che agitava i piedini gli ricordò che adesso c'era anche lei che necessitava delle sue cure.

Un attimo prima si beava nell'osservare la piccina, un attimo dopo era freddato nel guardare un riflesso nella vetrina. Katsuki non si voltò ma si allontanò rapidamente, non senza far schioccare la lingua contro i denti.

«Aspetta!».

«Vaffanculo, bastardo lavico» bofonchiò.

Kappei lo afferrò per un polso ma non riuscì a incrociare il suo sguardo furibondo.

«Che cazzo vuoi?».

«Vieni. Permettimi di offrirti qualcosa da mangiare, Katsuki. Non ne voglio parlare qui».

Il biondo si strattonò con forza e continuando a dargli le spalle rispose: «Non ho niente di cui parlare con te. Per me hai smesso di esistere».

«Di chi è quella bambina?».

L'Omega esitò. Kappei ora gli sostava dinanzi e il suo dolce profumo che gli si infilava nel naso rendeva tutto come un sogno. Le persone intorno a loro si muovevano lentamente, con una scia alle spalle e le luci sembravano globi informi a raggiera.

L'Alpha lo strinse in un braccio.

«L-lasciami...».

Tutto d'un tratto Katsuki aveva perso le energie e adesso la testa gli vorticava con forza. Un principio di svenimento, dunque.

«Stai mangiando come si deve?» gli domandò amorevolmente.

«Cosa te ne importa? Ci hai abbandonato...».

«Lo so e mi dispiace. Ma voglio ricominciare con te».

L'Omega inspirò a fondo. Non aveva la forza di mandarlo al diavolo e il suo corpo stanco non aiutava affatto. Si aggrappò istintivamente al bavero della giacca nera che indossava.

Ciò che aveva spesso sognato era realtà ma perché non si sentiva minimamente felice. Il suo Omega Interiore guaì, per nulla entusiasta.

Non è lui.
Non è lui il mio Alpha.

-E allora chi?- pensò, con gli occhi pesanti.

«Ti riconquisterò» sussurrò docile Kappei.

Quando gli toccò la pancia, il biondo non provò altro che vuoto.

-Ma è il padre del bambino...- fu il suo timido pensiero.

Katsuki si lasciò prendere per mano. L'unica cosa che contava era il suo cucciolo e Chihaya. Keppei scoccò un'occhiataccia alla figlia di Eijiro: un brivido corse lungo la schiena dell'Omega che, istintivamente, l'abbracciò delicatamente.


***

«Permesso!».

Izuku volse lo sguardo alla briosa figura che stava entrando con un cestino pieno di frutta fresca. Sorrise gentilmente alla sua migliore amica Ochako Uraraka, decima Pro Hero nella classifica, meglio conosciuta come Uravity.

«Deku-kun, come stai?».

Il verdino aveva male dappertutto ma nonostante ciò annuì senza smettere di sorridere. La ragazza di diciannove anni si rattristò vistosamente mentre poggiava il cestino sul comodino. Volse per qualche istante gli occhi dolci e marroni alla finestra al lato sinistro del letto che accoglieva il più giovane Number One Hero di tutti i tempi.

«Ho saputo...» mormorò debolmente.

Izuku sospirò appena. Pigiò un tasto sul telecomando e lo schienale del letto si alzò abbastanza per fargli assumere una posizione semi-distesa.

«Eijiro è sempre stato un bravo ragazzo. Per i primi due anni se ne stava sempre per conto suo e aveva paura di Bakugo, ma poi dopo che si era unito a Chikao-san era diventato molto più estroverso» mormorò Ochako.

Dava le spalle a Izuku per non mostrare i suoi occhi pieni di lacrime. Continuava a torturarsi le dita per la mole di pensieri cupi che le vorticavano in mente.

«Non credo si ricordasse di Kacchan davvero» aggiunse piano Izuku.

Ochako si voltò con un sopracciglio alzato nella curiosità. «Che cosa intendi dire, Deku-kun?» chiese, avvicinandosi al letto.

«In pochi sanno perché l'attuale Number Two Hero lavora nelle retrovie come me ma quando Eijiro-san aveva bisogno di aiuto per la sua bambina, Kacchan non ha esitato. E' andato da lui e ora è diventato tutore legale di Chihaya-chan».

La giovane Pro Hero gli prese affettuosamente una mano tra le sue. Sorrideva dolcemente, quasi con istinto materno.

«Hai impedito che finisse in un orfanotrofio, vero?».

«In quanto Omega, amico di Kacchan ed Eijiro-san e Number One Hero non avrei mai potuto permetterlo».

Ochako lo abbracciò teneramente, attenta a non staccare accidentalmente una delle flebo che pendavano delle braccia ormai sottili di Izuku.

«Cerca di riprenderti, Deku-kun. Tutti noi abbiamo bisogno di te... e, più di tutti, Todoroki-kun».

Il verdino si oscurò leggermente.

La ragazza lo lasciò da solo quando sentì il bisogno di prendere una boccata d'aria. Vedere Izuku in quello stato, ogni volta, gli solcava profondamente il cuore.

«Shoto...» sussurrò l'Omega dai capelli verdi, guardando il cielo aranciato dalla finestra.

Era il suo Alpha ma da quando Izuku si era ammalato avevano smesso di frequentarsi, di convivere, di pensare di mettere su famiglia. Shoto era fermamente convinto che la malattia silente di Izuku si era sviluppata con estrema velocità dopo il morso.

Il verdino si sfiorò la ghiandola odorosa sul collo. Il marchio era sempre lì e di tanto in tanto pulsava, per ricordargli che gli mancava tanto Shoto Todoroki, attuale Number Three Hero.

Non c'era alcuna correlazione tra la sua malattia e il morso. I medici gliel'avevano spiegato più volte: era stato solo uno sfortunato tempismo. Quattro giorni dopo il morso, si erano presentati tosse con sangue, mal di testa e continui svenimenti.

Quando Shoto lo aveva scoperto, era sparito.

-Tu continui a fare il tuo lavoro e va bene...- pensò il verdino. -Ma ti prego... torna da me... perché non è colpa tua...-.

Izuku portò la mano al ventre e fu allora che iniziò a piangere.

«Non è colpa tua... non sei stato tu con il tuo marchio, Shoto...».

Izuku, non potremo mai avere un cucciolo, vero?

Le lacrime colarono sulle guance lentigginose, bianche e scarne. A causa dell'uso smodato di soppressori duranti gli anni scolastici era diventato sterile.

Non aveva mai accettato la sua condizione di Omega e si era rovinato irrimediabilmente. Una mattina, durante una corsa di riscaldamento, era crollato per via di un'improvvisa emorraggia. In ospedale gli avevano dato la notizia. 

All'epoca, era stato sull'orlo di diventare infertile.

Ma poi aveva continuato con i soppressori man mano che si era fatto strada come promettente Hero, incurante della sua situazione, deciso a non voler mai procreare.

Ben presto, la sua ammirazione segreta per Shoto Todoroki si era trasformata in un sentimento che inizialmente aveva fatto fatica ad accettare. Il giorno di Natale del secondo anno della U.A., si erano baciati d'un tratto sotto a un albero ammantato di candida neve.

Quando si era materializzata nella mente e radicata nel cuore l'immagine di una famiglia con Shoto, si era reso conto di aver scelto la strada sbagliata.

«Shoto, ti piacerebbe avere cuccioli?».

«Sì, Izuku. Voglio avere una famiglia numerosa con te».

Un singhiozzo era appena sfuggito dalle labbra di Izuku, seguito da un colpo di tosse. Solo che non erano gocce trasparenti.

Era sangue.

Non raggiunse mai il campanello per chiamare aiuto. Svenne mentre striature ferrose gli colavano dal naso e dalla bocca copiosamente...



Angolo di Watchie

In questa storia ho volontariamente deciso di scavare la fossa a... No, non faccio spoiler. Finora vi sta piacendo? O troppo Angst? Il meglio deve ancora arrivare, promesso! A domani!

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