Chapter 2: Anche gli Alpha Piangono


Tra le lacrime prima di partire, Eijiro si era assicurato di spiegare tutto a Katsuki e, non contento, gli aveva lasciato anche diversi fogli stampati con tutto il necessario per la bimba che ora dormiva nella carrozzina.

Katsuki di tanto in tanto la guardava, anzi, l'ammirava. Era un cucciolo molto carino, piccolo e con certi polmoni! Gli venne da ridere mentre le accarezzava i morbidissimi ciuffettini dorati che si mimetizzavano bene con il colore rosato della pelle e della tutina color confetto che indossava.

Per due settimane l'appartamento del Pro Hero Red Riot sarebbe stato suo. L'Omega lesse ancora una volta il foglio che stringeva nella mano. Aveva già memorizzato tutto.

Fuori il cielo si stava rabbuiando per via dell'ennesimo temporale.

L'orologio sul suo polso scandiva lentamente il tempo. Mancavano appena tre minuti alle sette di sera. Un improvviso brontolio dal suo stomaco lo fece sussultare con così tanta forza che urtò un po' la carrozzina con il gomito.

La bimba, però, non si svegliò. Agitò solo un pugnetto.

Katsuki entrò nel cucinino. Cercò nei mobili rossi qualcosa di interessante ma a parte cibi proteici nulla di abbastanza piccante. Fu fortunato nel pensile stretto accanto al frigorifero; infatti trovò dei peperoncini essiccati dietro alcune spezie.

Sogghignò. Aveva voglia di pasta con una buona dose di piccante!

Chihaya fece un versetto poi iniziò a frignare.

Un paio di passi e il biondo la prese in un lampo in braccio; comprese che era affamata dal modo in cui muoveva le piccole labbra proprio verso un suo capezzolo sotto alla maglietta nera oversize a scollo a V che indossava.

Il suo Omega Interiore fece le fusa.

«Ora della pappa, signorina» tubò dolcemente.

Katsuki non era la prima volta che si occupava di cuccioli. Durante i tempi delle superiori, alcuni suoi amici Omega erano rimasti incinti e si era ritrovato, con finta malavoglia, a dare supporto sia durante sia dopo la gravidanza.

Da amante dei libri qual era, la sua conoscenza sul prendersi cura di un bambino si era notevolmente ampliata. Ragion per cui non si concesse di perdere tempo durante la preparazione della formula speciale per neonati e bimbi di poche settimane di vita.

Mentre la bimba poppava avidamente il suo biberon pieno di latte, gli spaghetti bollivano e il soffritto dell'avocado con ben tre peperoncini essiccati sfrigolava. Il profumino era davvero invitante; saliva con spire bianche verso i faretti sotto al soffitto.

«Non dirlo a nessuno, Chi-chan ma tu hai un grande onore» sussurrò mentre dondolava la bimba. «Il tuo babysitter è il grande DynaMight, Dio delle Esplosioni Mortali».

La piccola tubò appena, con gli occhi chiusi.

«Io sono ancora il Number Two Hero... non importa se sono anche un Omega, un cazzo di Omega gravido... e...» Katsuki portò una mano sulla parte bassa della schiena.

Le dita sfiorarono una profonda cicatrice quando coraggiosamente si fecero strada sotto la stoffa della maglia. Non urlò come avrebbe tanto desiderato: Katsuki inspirò semplicemente a fondo mentre fissava il vuoto e la sua mente gli riportava alla mente ricordi non piacevoli.



***

Mesi prima...

Katsuki si asciugò il labbro inferiore con un fazzoletto.

Era seduto a un elegante tavolo di un prestigioso ristorante ai piani più alti di un ricco attico. La luna brillava nel cielo e si rifletteva nelle ampie vetrate alle sue spalle, nei lampadari a goccia in swarovski fino all'enorme acquario pieno di pesciolini tropicali. L'acqua illuminata di bianco creava giochi di luce tremolante sulla moquette rossa che rivestiva porzioni del pavimento piastrellato di marmo.

«Beh, tesoro? Che te ne pare?».

«Posto decente» rispose l'Omega.

Lo smoking bianco lo rendeva così brillante che molti lo osservavano continuamente di sottecchi. L'Alpha dai capelli lunghi, lisci e neri ed occhi ramati ne indossava uno scuro, di pregiata fattura. Kappei Utsumishima gli teneva affettuosamente la mano e lo guardava amorevolmente con i suoi occhi grandi e indaco.

Non era un Alpha molto muscoloso ma in compenso era snello, forte e con un Quirk strepitoso. Lava gli concedeva un'altissima precisione nei colpi in aria e a distanza ravvicinata. Riusciva a liquefare qualunque dura superficie e quando era nel pieno delle energie, i suoi lunghi capelli  diventavano rossi e roventi.

Katsuki amava definirlo -Etna Umana-, come uno dei vulcani che da sempre lo aveva stupito durante gli anni scolastici passati sui libri.

«Ti amo per molti motivi ma il tuo carattere è al primo posto» gli disse morbido.

«Pensavo fosse la mia bellezza al primo posto» ironizzò Katsuki.

Kappei gli scoccò un bacio sul dorso della mano. Il biondo arrossì deliziosamente.

«Devo dirti una cosa».

«Di che cosa si tratta?» chiese l'Alpha curioso ma sorridente.

«Sono incinto».

In un battito di ciglia, Keppei si alzò in piedi con foga. Non era più felice, né dolce. Sembrava un estraneo pallido e con un'espressione di terrore. Lo guardò disgustato per poi abbandonarlo lì in quel posto di lusso, senza curarsi di nulla e senza dirgli nulla.

Il labbro inferiore di Katsuki vibrò ma lui non pianse. Sogghignò solo, poggiato di mento sulla mano. L'altra era finita immancabilmente sul ventre.

«Stronzo di merda» soffocò, con la vista che si annebbiava di pianto. «E dire che ci avevo anche creduto ai tuoi sentimenti...».

Pensavo fosse il nostro Alpha, Katsuki...

«Già» rispose al suo Omega Interiore. «Vaffanculo, Alpha di merda. Muori male».


***

Ora...

Eijiro era seduto sul davanzale della base segreta in cui lui e alcuni Pro Hero erano stati convocati in una missione importante. Il fumo che usciva di tanto in tanto dalle sue labbra era biancastro e dal forte odore di nicotina.

Fumava nei periodi di grande stress ma non eccessivamente. Il tabacco lo aiutava a schiarirsi le idee e a non pensare soprattutto ciò che gli faceva più male. Il suo pensiero cadde immancabilmente sul suo compagno di vita perduto.

Istintivamente portò la mano sul collo in direzione della ghiandola odorosa. Le dita sfiorarono lentamente la sottile cicatrice che racchiudeva il derma più sottile da dove fuoriuscivano i feromoni. Non c'erano cerotti bloccanti.

«Sono stato costretto a rimuovere il nostro marchio, amore mio...» sussurrò cupamente.

La sigaretta continuava a bruciare tra le sue dita destrorse.

«Se non l'avessi fatto, il dolore mi avrebbe reso pazzo e io non avrei mai potuto permetterlo. Ti ho promesso che mi sarei sempre preso cura della nostra piccola Chihaya» riprese, rivolto alla luna.

«Sei malinconico, vedo».

Eijiro si voltò di poco. Lady Chou sorrideva in modo serafico, con una mano sul fianco sinistro e lo sguardo pregno di malizia. Il suo costume da Hero era in latex, aderente in modo del tutto peccaminoso, di un colore azzurro. I guanti e gli stivali giallo canarino mettevano in mostra il bellissimo paio di ali sulla schiena che ricordavano molto quelli di una mariposa.

Tra i capelli biondi corti, con la frangia asimmetrica che celava l'occhio destro, si muovevano di poco due sottili antenne nere. Yusei Harashi si prese la briga di sorprende l'Alpha con un massaggio alle spalle.

«Sei molto teso. Ma è normale» mormorò nel suo orecchio.

Il rosso comprese perfettamente le sue intenzioni quando percepì la lieve erezione dell'Omega strusciargli contro il sedere. Ciò che provò fu solo un enorme vuoto.

«So io come tirarti su il morale, Red Riot» cinguettò sensuale.

«Ti prego, lasciami da solo».

Yusei se la ridacchiò ma non avrebbe mollato facilmente. Lo spinse contro il muro con un improvviso scatto e un battito d'ali che gli conferì molta più inerzia. Eijiro sussultò appena: il braccio dell'altro gli premeva contro la gola e un ginocchio forzava per insinuarsi tra le sue cosce muscolose. Giocò sporco quando andò a strizzare il fallo a riposo con l'avida mano.

«Smettila» sospirò cupo il rosso.

«Hai la forza per mandarmi via. Perché non la usi?».

Yusei lo baciò con forza, le mani corsero voluttuose dai solidi pettorali fino alla cintura. Il disgusto continuava a crescere nella gola di Eijiro che non era minimamente intenzionato a ricambiare. Anche con gli occhi chiusi poteva vedere perfettamente il volto niveo del suo Omega perduto.

«Forza, Alpha... lasciati andare... ora siamo solo tu ed io».

Eijiro gli afferrò i polsi e solo così riuscì a farlo staccare. Yusei era eccitato, l'odore dei suoi feromoni continuavano a impregnare la piccola stanza con un solo freddo letto di ferro.

«Possibile che tu non sia eccitato?!» esclamò con rabbia mascherata da finta sorpresa.

«No, non lo sono. Per favore, esci da questa stanza».

L'Omega ne fu umiliato. Svanì in silenzio così com'era arrivato. Eijiro fece distrattamente caso al pavimento: alcuni granelli di polvere dorata lasciata dalle ali del Pro Hero di Okinawa erano lì, come una scia fino alla porta.

Il suo umore era pessimo, più del solito; solo una cosa l'avrebbe potuto aiutare.

Non si curò di che ora fosse quando attivò la video-chiamata.

Dopo cinque squilli a vuoto che per Eijiro furono delle coltellate di terrore nel cuore per chissà cosa era accaduto a casa e alla sua piccola, un Katsuki assonnato rispose. Teneva Chihaya nella piegatura del braccio, vestita con un pigiamino tutto bianco.

«Ti pare l'ora di chiamare?!
Sono quasi le quattro e dieci!».

«Sì, scusa. Volevo vedere la mia bambina.
Come sta? Ha mangiato?».

«Sì. Sta bene. E' stata molto tranquilla».


Eijiro sorrise malinconicamente. Non prestava granché attenzione a Katsuki, senza la solita mascherina sul volto, ma piuttosto divorava ogni più piccolo dettaglio di sua figlia. Il nasino piccolo, i capelli dorati, le manine rosate... era incredibile quanto somigliasse al suo Chikao!

«Tua figlia è in un buone mani.
Non c'è bisogno di piangere!».

In fretta e con un po' di sorpresa, l'Alpha cancellò le lacrime traditrici. Cercò di sorridere ma finì per singhiozzare, incurante di farlo in presenza di un estraneo.

«Oi... davvero pensi che tua figlia
non starà bene con me?».

«No, non è questo, Katsuki... è che...
mi sento molto solo. Davvero solo...».


Il biondo si mise seduto al centro del letto nella camera di Eijiro. La piccola si mosse appena ma non si svegliò affatto. A Eijiro non sfuggirono le piccole carezze alle manine e quel lieve rimbalzo del braccio che l'Omega fece istintivamente per portare più vicino al volto la cucciolina.

«Mi dispiace, Katsuki».

«Se non hai altro da dire, chiudo.
Sono stanco e voglio dormire».

Eijiro annuì appena.


«Come sta il tuo bambino?».

La videochiamata si interruppe. Katsuki aveva sbadatamente chiuso. Per questo motivo, forse per scusarsi nonostante l'orgoglio implorasse di lasciar perdere, gli scrisse un messaggio.

-Bene. Non ho più nausee. Ora dormo!-.

Eijiro sospirò appena.

Non sapeva perchè ma si sentiva molto meglio. Quando la sua testa toccò il cuscino, si abbandonò completamente al mondo dei sogni dove, ogni notte, Chikao lo attendeva con il suo sorriso divino.

Quello che lui non sapeva era che Katsuki era rimasto a fissare la sua immagine riflessa nei due specchi dell'armadio in camera da letto. L'immagine di un Alpha che piangeva e riversava fuori un dolore più che palpabile gli era rimasta conficcata a forza nella mente.

Inspirò a fondo per abitudine, dopo un attimo il suo corpo sembrò accendersi. 

D'istinto portò la mano direttamente sulla nuda pelle della pancia. Non era cresciuta. Il gonfiore era sempre poco percettibile, nonostante fosse ormai di quattordici settimane. Calò la casacca con un po' di stizza. Il suo amichetto che tirava nel pigiama nero gli fece venir voglia di schiaffarsi una mano contro la fronte.

«Perché ha solo un fottuto letto? Perché cazzo il suo odore è buono?».

Katsuki aveva firmato la sua condanna molto prima.

Ovvero, quando aveva varcato la soglia di casa Kirishima...



Angolo di Watchie

Se non ci metto un po' di tristezza non sono io, vero? La mia idea era di quella di descrivere più o meno ciò che si prova prima di un avvenimento importante. Che ve ne pare? Un po' ci sono riuscita? Fatemelo sapere, a domani!

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