||prologo

Una ragazza era seduta sui soffici ciuffetti d'erba all'ombra di una quercia, al centro del bosco. In mano,aveva un quaderno.

Ciao. Mi chiamo Angeline.

Questo stava scritto a caratteri leggermente sporgenti verso il basso, in uno strano corsivo tremolante. Si prese il viso tra le mani e lo strofinó lentamente.
Riguardò le lettere, e cominció a fantasticare.

Sicché da fantasticare ce n'era ben poco. Sua madre non c'era più. Non ne conosceva nemmeno il motivo. Fatto sta che lei non c'era. Non c'era mai stata.

Aveva un fratello, uno dei soliti scassa cazzi che stanno in mutande dalla mattina alla sera.

Ora tornava a casa tardi, non lo vedeva più. Non parlavano e raramente la accompagnava a lezione. Delle lezioni private che il suo psicologo aveva ideato per lei. Che coglione.

La sua famiglia era formata da un sacco di generazioni. Possiamo pure dire infinita.
Ma lei non sapeva nulla.

Era stata abbandonata insieme al fratello quando aveva poco più di tre anni, in una stradina di montagna.

Il padre aveva promesso loro un piccolo pic-nic e un bagno nel fiume.

"Vado a raccogliere delle fragole"

Aveva detto.

"Torno subito"

Aveva detto.

Non si ricordava i dettagli, ma era certa che fossero riusciti a cavarsela, in qualche modo.

Stavano in un piccolo orfanotrofio e non riuscivano a legare.

Gli altri bambini si tenevano a distanza tra loro, come se emanassero una specie di aura che li spingeva ad allontanarsi

Lei e suo fratello se ne stavano da soli, in un angolo, a giocare.

Poi lui era diventato maggiorenne, e gli avevano dato il permesso di andarsene, e di portare fuori anche quella pazza di sua sorella.

"Pazza", "strana" erano questi suoi soprannomi.

Qualcosa in lei si era spento.

Si alzò di scatto, facendo cadere la penna e il quaderno, creando qualche orecchia ai fogli, bianchi.
Le sue pupille da dilatate si restrinsero. Corrugó le sopracciglia e strinse gli occhi marroni.
Protese il mento verso il cielo.

Dalla cute castana, ciocca dopo ciocca, partirono scie di rosso acceso.

Appena il colore toccò le punte, spalancó gli occhi, diventati azzurro mare, bianchi, ghiacciati, freddi.

La collera prese il possesso della sua anima, rendendola incapace di provare sentimenti

Tornò indietro, sotto alla quercia e tolse dalla sua corteccia delle frecce.
Poi con uno scatto brusco sfilò l'arco dalla camicetta.

Si fermò un secondo, per riprendere fiato.

Si guardó intorno. Prese a correre
Corse per qualche cinquantina di metri. Poi si fermò.
Ansimava.
Mirò e flettè la corda dell'arco.

"Si certo!! "

Delle voci in lontananza.

Angeline le sentiva ovattate, per via del sangue che le pulsava nelle orecchie.

Ma non perse il controllo.
Si appoggió dietro un albero e sperò che il suo cuore la smettesse di battere così forte da impedirle di sentire

"Sei paranoico bro" sbuffó il primo ragazzo, con i capelli scuri.

"Non sono paranoico, sono paranoico?Non sono paranoico, non lo sono"

La ragazza soffocó una risatina, poi soffió, spostando una ciocca rossa

Uscì dal suo nascondiglio, molto lentamente.

Seguí il moro.

Gli tappó la bocca, con un fazzoletto umido, di qualcosa che sicuramente non era acqua

"Shh... "

Fece scivolare lentamente il corpo del ragazzo esangue a terra.

A quel punto ghignó, vedendo il castano guardarsi attorno.

Si passò la lingua tra le labbra, inumidendole.

"É il tuo turno "

Mentre gli si avvicinava, iniziò a pensare.

Chissà cosa gli avrebbe detto michael quella sera se fosse tornata a casa con due ragazzi.

Sicuramente non avrebbe avuto la solita reazione da fratello protettivo.

Legò una corda, fina ma allo stesso resistente, alla freccia e la lanciò davanti al ragazzo, che per poco non morì di infarto.

Prima che lui riuscisse a capire cosa era appena successo, lei ne aveva già tirata un'altra, legandolo completamente all'albero.

Lui si guardo attorno frastornato

"Posso sapere chi cazzo sei e perché mi hai legato? "

"No e non lo saprai mai, ti basta?"

Il corpo del ragazzo era percorso da numerosi brividi.

Era una ragazza davvero bella, se ci si fermava a guardarla. Era abbastanza alta, ne magrissima ne grassa, con le curve al loro posto.

Lui estrasse dalla tasca il coltellino svizzero e a fatica tagliò la corda che lo teneva legato.

Fece per andarsene ma Angeline lo trattenne per il polso.

"Dove pensi di andare? Ora mi appartieni. "

Si girò e allacció il suo sguardo con quello freddo della ragazza.

Dalla sua presa, fece roteare il braccio, con velocità e tanta forza da farlo girare su se stesso e cadere a terra.

Lui si alzò e cominció a correre.

Avendo le gambe più lunghe, lui guadagnava terreno, ma lei gli stava alle calcagna, essendo stata istituita a prevedere ogni mossa dell'avversario .

Accelleró e lo superò aggirandolo. Lui rallentó, convinto di averla seminata.

Da lì lei scattó in piedi e lo sbaaté a terra, con un braccio sulla gola.

Cercò di dimenarsi,
"Ssh"
Gli intimó lei brusca.

Quando le forze del ragazzo vennero a meno lei si avvicinò con un sorriso.

Lui rimase fermo.
C'era qualcosa di malato, in quel sorriso.

Era malato, si, ma diamine come lo attraeva.

Non si trattenne, e avvicinandosi le loro labbra si toccarono.

Angeline sentì una scossa.
C'era qualcosa di tremendamente sbagliato in quel bacio.

Ma sentì di stare ricambiando, non sapeva cosa stava facendo, non doveva, non avrebbe dovuto baciarlo.

Ma lo voleva così tanto..

Non doveva, non.. poteva..
Basta.

Si schiaffeggió mentalmente.

Gli diede una gomitata tra le costole, facendolo gemere per il dolore.

Si alzò e saltò su un ramo, e sfilò una freccia.

Mirò al petto del ragazzo, al centro, sul cuore.

Stava per farlo, e nulla l'avrebbe salvato.

Molló la presa. Il ragazzo serró gli occhi aspettando il colpo.

Ma il colpo non arrivò.

All'ultimo momento la sua collera si era spenta, la sua sete di sangue placata.

Saltò giù dall'albero, scavalcando il ragazzo, che la guardava terrorizzato, incapace di muoversi.

Lei continuò a camminare, senza degnarlo di uno sguardo

Spostò un cespuglio e il ragazzo allungó il collo, per vedere.
Dietro agli arbusti, un cervo a terra, con una freccia sul cuore.

"Tu... perché? " chiese con un filo di voce il ragazzo.

Lei si girò di scattó e gli sorrise.

Quel grande sorriso malato, che lo aveva incantato

Quella fu l'ultima cosa che lui ricordò, prima di sprofondare in una grande oscurità.

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