•Killer•
Era l'ultimo anno del college, Shawn si era trasferito a Los Angeles appunto per frequentarlo e aveva trovato, al contrario delle sue aspettative, due grandi amici: Aaron e Matthew e il vero amore; una ragazza di nome Isabelle: dolce, premurosa, bella e intelligente, grandi occhi azzurri e lunghi capelli neri.
Loro quattro avevano sempre condiviso tutte le migliori avventure in quella città che li aveva osservati litigare, innamorarsi, aiutarsi e purtoppo anche tradirsi.
Era il pomeriggio del 6 maggio e Shawn stava camminando verso casa della sua ragazza, si dovevano incontrare per vedere un film e passare la serata assieme. Arrivato davanti alla porta di casa suonò il campanello. Nessuna risposta. Provò ancora e ancora, fino a quando non pensò alla possibilità che Isabelle fosse sotto la doccia o con la musica ad alto volume. Decise di farle uno scherzo, sapeva che la finestra nella camera dei genitori di lei era sempre aperta, quindi si arrampicò sul davanzale e saltò dentro, poi si avvicinò alla sua camera, era vuota; ispezionò tutto il piano superiore, poi scese le scale raggiungendo il salotto. C'era qualcosa di strano in quel luogo, solitamente luminoso, ora sembrava cupo e tetro, nonostante la luce del sole, ancora alto nel cielo. Il panico iniziò a stringergli il cuore in una morsa, soffocandolo. Decise di controllare se tutto era al suo posto, ma, non appena raggiunse il divano al centro della stanza, vide ciò che popolava i suoi incubi: Isabelle era riversa a terra, il volto rivolto al candido soffitto e uno squarcio nel petto.
Dopo un primo momento, in cui Shawn rimase a guardare il cadavere della sua ragazza oramai morta, prese il telefono e avvertì la polizia, un'ambulanza e, ovviamente, i genitori della vittima.
Il ragazzo attese per giorni, sperava che qualcuno trovasse il colpevole; intanto passava il tempo steso sul letto a piangere e ad incolparsi: avrebbe dovuto proteggerla!
L'ottavo giorno il telefono squillò: era la polizia. Dissero che erano venuti a conoscenza dell'identità degli assassini, ma al telefono preferivano non rivelarla; chiesero, quindi, di presentarsi alla stazione di polizia.
Shawn si vestì velocemente e uscì di casa correndo per raggiungere la sua meta il prima possibile.
Sulla porta, in attesa, vide i genitori della vittima che lo abbracciarono solidali, egli, infatti, era scappato poco dopo aver avvertito i soccorsi, non poteva sopportare quella vista e tutto quel dolore.
Un uomo dagli occhi di ghiaccio, il signor Grier, li accompagnò nel suo ufficio e gli consegnò l'identikit dei colpevoli.
Quando Shawn guardò i fogli sentì qualcosa dentro di lui spezzarsi. Le foto attaccate su quei pezzi di carta ritraevano il volto di due ragazzi che lui conosceva bene. Il primo aveva gli occhi castani, molto scuri e ricci capelli neri; il secondo era biondo con gli occhi nocciola: erano Aaron e Matthew, i suoi due migliori amici.
Nei mesi successivi il suo cuore iniziò a covare vendetta, il suo cervello, invece, elaborava un piano. Li avrebbe uccisi, li avrebbe visti soffrire e pregarlo di non fargli del male.
Chiese di incontrarsi in periferia, in un magazzino abbandonato. Puntandogli contro la pistola vide sui loro volti la paura, ma spietato, li uccise, non ascoltò le loro scuse e preghiere, non ascoltò i loro lamenti, ma solo il rumore del grilletto che sparò due volte, strappando ai suoi vecchi amici la vita.
Quando gli investigatori scoprirono l'accaduto, cercarono Shawn ovunque, ma non lo trovarono. Il ragazzo si era nascosto lontano da occhi indiscreti in una piccola baracca nascosta ai piedi delle colline che dominavano la bella Los Angeles. Egli, però, non aveva tenuto conto della tenacia dell'investigatore, il signor Jack; questi fece di tutto per portare a termine la missione. Alla fine fu costretto ad uccidere il giovane assassino, ma non trovò piacere in quel gesto, in fondo, quel ragazzo era già morto; aveva perso l'amore della sua vita ed era stato tradito dai suoi amici. Era stato irrimediabilmente ferito e forse, prima di spirare, aveva ringraziato il signor Jack per averlo salvato da una vita di dolore e rimpianti.
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