Chapter five
Il nostro corpo può resistere fino a sette minuti senza respirare, e per me, quella notte, quei minuti mi erano sembrati infiniti. Il battito del cuore aumentava a dismisura, e potei giurare che a momenti sarebbe uscito dal mio petto. Sapevo che incamminarsi per quelle stradine a una certa ora sarebbe stato sconveniente, però ero abituata ai vicoli bui e misteriosi di New York per cui mi sentivo più tranquilla. L'unica differenza stava nel non essermi mai capitato di sentirmi così spaventata all'idea di essere scoperta da un momento all'altro; poiché dopo aver udito lo sparo, mi ero rifugiata dietro un cassone della spazzatura che avrebbe coperto la mia figura e farmi passare inosservata. Sentivo un brusio, e delle voci parlottare animatamente. Allora mi sporsi lentamente dal mio nascondiglio cercando di vedere a chi appartenessero
«È meglio tagliare la corda, a momenti arriveranno le volanti della polizia» sentii dire.
«Jack ha ragione, conviene sbrigarsi, non aspetteranno a sbatterci dentro quei figli di buttana» esclamó un altro.
«Contatta gli altri, ci vediamo alla villa, e che non manchi nessuno» dopo che era stata pronunciata questa frase tutto tacque. I loro passi al contatto con l'asfalto rumoreggiavano per la via finché sentii che quest'ultimi divenivano sempre più lontano.
Non mi fu possibile mettere a fuoco i loro volti, sia per la scarsa luce e sia perché ero voltati di spalle. Ma avrei giurato fossero giovani, aventi vent'anni o poco più a testa. Guardandomi intorno vidi che la strada era ritornata deserta come prima, e avendo perso la sicurezza iniziale decisi di tornare a casa.
Avevo mentito a mia madre dicendole che effettivamente la bottega della signora Clafford era chiusa e che quindi, come ogni sera, ci saremmo arrangiate e se lei preferiva avremmo chiamato qualcuno che ci portasse qualcosa da mettere sotto i denti.
«Hai mangiato pochissimo tesoro, sicura che non ne vuoi un altro po'?» mi chiese indicando il mio piatto quasi intatto.
«Sto bene così mamma, anzi credo che me andrò a dormire» ammisi alzandomi da tavola.
«Ma oggi è la nostra serata cinema, te lo sei dimenticata?» piagnucoló.
«No» mentii «scusami mamma facciamo un'altra volta» la guardai compassionevole per poi dirigermi verso le scale. Ma prima di raggiungere il piano di sopra potei sentirla sospirare.
2 novembre 2016
La mattina seguente mi svegliai con un terribile mal di testa, probabilmente causato dal fatto che avessi trascorso la notte in bianco. Avevo provato a leggere un po' sperando che mi si appesantissero gli occhi, ma era stato tutto inutile: ripercorrevo ripetutamente l'episodio dello sparo che era rimasto vivo nella mia mente. A scuola fu lo stesso, ero completamente distratta tanto che più di un professore dovette riprendermi per farmi ritornare alla realtà.
«Cavolo A hai delle occhiaie da far paura! Ho con me il correttore, ne vuoi un po'?» era da poco suonata la campanella e durante il cambio d'ora avevo incontrato Cindy nei corridoi la quale si era fiondata verso di me lasciando da solo Harry che non sembrava poi così dispiaciuto.
«Non mi importa, avrei solo bisogno di tanti caffè e del mio divano» borbottai legando i capelli in una coda alta.
«Come preferisci» portó gli occhi al cielo «Stasera io e gli altri andiamo al Drew Bar, è il locale dove lavora Liam. Oggi ha il giorno libero, dice che è un posto carino. Perché non vieni con noi? Hai la faccia di una che avrebbe bisogno di divertirsi un po'»
Anche se io tanta voglia di divertirmi non ne avevo, o meglio, sapevo che ci sarebbe stato quel Malik che non mi faceva poi così tanta simpatia ma facendo parte della stessa comitiva, mi toccava sopportarlo.
«Terró in considerazione la tua proposta, ma ciò non vuol dire che ver-» non ebbi il tempo di terminare la frase che mi si buttò tra le braccia, eccitata, catturando l'attenzione di coloro che ci stava intorno.
«Fatti trovare pronta per le nove, ti passiamo a prendere io ed Harry»
«Cindy io non ho detto-» mi interruppe di nuovo.
«É tardissimo, se non entro in classe tra un minuto Miss Andrews mi uccide!» mi diede un veloce bacio sulla guancia per poi vederla sparire tra i corridoi.
Una cosa era certa, Cindy otteneva sempre ciò che voleva.
Quella sera l'aria era piuttosto fredda, così che optai per una felpa con il logo della scuola, un jeans e delle comode e indistruttibili converse.
Sistemai i capelli in una treccia e passai un pó di mascara sulle mie già lunghe ciglia. Quando terminai mi diedi un'occhiata allo specchio; in genere non mi importava uscire di casa come una piccola bomboniera ma in qualche modo adesso mi interessava o forse volevo che qualcuno mi vedesse carina? Scrollai la testa liberandomi di quegli stupidi pensieri quando sentii un clacson suonare, mi affacciai dalla finestra di camera mia e vidi una macchina nera che doveva essere di Harry. Salutai mia madre velocemente e, uscendo, mi strinsi di più nel mio giubbotto per raggiungerli.
Zayn alla fine non era venuto, un contrattempo a quanto aveva detto Niall, anche se infondo era solo una scusa. Mi era sembrato un ragazzo piuttosto burbero e solitario e i suoi pochi amici erano seduti al tavolo accanto a me. Una donna, certo. Come avevo fatto a non pensarci prima?
«Tutto bene Abigail?» la domanda di Liam mi risveglió dai miei pensieri, io annuii.
«Ti...andrebbe di fare una passeggiata?» mi propose a bassa voce, come se non volesse farsi sentire dagli altri. Avevo bisogno di uscire da quel posto, avevo come la sensazione che stessi soffocando. Con un flebile si lo seguii fino all'uscita, Cindy mi strizzó l'occhio guardandomi soddisfatta, al contrario Harry fischiò come i pastori fanno con le pecore, un classico.
Io ed Liam non ci allontanammo molto; mi portó in un parco non molto illuminato e ci sedemmo su una delle tante panchine. La situazione era piuttosto imbarazzante: lo sguardo di Liam era fisso nel mio, e ciò mi rendeva molto nervosa difatti iniziai a giocare con l'anello che avevo al dito. Lui lo notó.
«Ti piace?» mi chiese riferendosi all'ambiente circostante.
«Carino» risposi non molto convinta.
«Quando ero piccolo, mia madre mi portava spesso qui. Andare sull'altalena era la cosa che più mi divertiva» mi raccontó, e notai i suoi occhi luccicare.
«Tu invece, dove sei nata? Cindy mi ha detto che hai cambiato spesso città»
Cindy non stava mai zitta.
«Umh si mi sposto spesso, sai a me e mia madre piace viaggiare» mentii «sono nata in Italia comunque, durante la luna di nozze dei miei genitori» non amavo molto parlare di me e della la famiglia, anche se chiamarla tale non era proprio il termine giusto.
«Bella l'Italia, mi piacerebbe visitare Firenze» spiegó sistemandosi più vicino a me. Mi sentii a disagio.
«I miei sono tornati in America qualche mese dopo la mia nascita, non ricordo nulla. Ma si, ti confermo che è bella, a quanto dice mia madre» ridacchiai cercando di nascondere il terribile imbarazzo che provavo.
«E tuo padre è qui con voi?»
Ecco Liam, avevo sperato che non arrivassi a questa nota dolente.
«I miei genitori hanno divorziato quando avevo sette anni. I primi tempi trascorrevo una settimana con mia madre e quella successiva con mio padre. A lungo andare quest'ultimo si è creato un'altra famiglia, e la sua futura moglie non accettava la mia presenza nella sua casa per cui finii per trascorrere definitivamente la mia vita con mia madre» presi un gran respiro, cercando di inghiottire il nodo che avevo alla gola. Avevo sempre cercato di nascondere il mio lato più debole perché preferivo celare i miei sentimenti e mostrarmi forte. Era ciò che mia madre mi aveva sempre ripetuto man mano che crescevo.
«Mi spiace aver riemerso questi brutti ricordi, non potevo immaginarlo» affermó apparentemente dispiaciuto.
«Non importa. Ritorniamo dagli altri?» non avevo più voglia di restare sola con lui, la situazione era diventata davvero strana.
«Prima però volevo fare una cosa» il suo viso era tremendamente vicino al mio, ed io presa alla sprovvista e volendo evitare quel bacio a tutti costi, gli diedi uno schiaffo. Fissai prima la mia mano e poi lui, che mi guardava con occhi spalancati.
«Devo...devo andare» mi alzai da quella panchina per poi camminare velocemente via da quel posto.
Liam non provó a seguirmi, restó lì fermo, e mentalmente ringraziai che non l'avesse fatto.
Erano le undici passate e sentivo di essermi persa. Non era coscienzioso girare per le vie di una città che non conosci, ma se avessi chiamato Cindy avrei dovuto raccontarle tutto e in quel momento non ne avevo voglia; ci saremmo viste l'indomani a scuola. Provai a riscaldarmi, invano, strofinando le mie mani sulle braccia.
«Zayn sbrigati cazzo, quanto ci vuole a rubare un portafoglio» mi bloccai nel sentir pronunciato il suo nome.
«Non mettermi fretta idiota, stavo prendendo il suo orologio, dovrà valere un sacco» affermó il moro.
Riconobbi la voce dell'uomo sconosciuto, potei giurare fosse la stessa della sera precedente; queste strade erano più illuminate e stavolta mi fu possibile vedere il suo volto. Io ero rimasta immobile lì in mezzo alla strada, il mio corpo tremava non più dal freddo ma dalla paura. Non si erano ancora accorti di me; poi la suoneria di un cellulare rimbombó in quell'istante, era il mio e la loro attenzione fu su di me. Lui mi riconobbe, ed io non riuscii a far altro che scappare.
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