5. Tra iscrizioni indesiderate e non guardarmi il culo
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«La mia maestra delle elementari!» urlo per sovrastare la musica alta dell'Hip Pub, portandomi alla bocca il secondo bicchiere vodka lemon. Il limone io lo metterei dovunque, anche nel caffè, se solo non avessi occhi schifati a guardarmi ogni volta che ci provo. Marco, seduto davanti a me, ride pulendosi la bocca dalla schiuma della sua Ichnusa.
«Dai, dovresti essere contenta che si è rifatto una vita dopo la morte di Stella» tenta di consolarmi il ragazzo, beccandosi soltanto una mia ennesima occhiataccia. La testa inizia a girarmi visto che non reggo bene la vodka, ma questo non mi impedisce comunque di riservare alle persone sguardi truci.
«E doveva rifarsela facendosi la mia maestra? Quella donna mi ha insegnato l'alfabeto!»
«Da ciò che ho sentito quando hai aperto la porta prima, se la cava particolarmente bene con la A» afferma il ragazzo ridendo delle mie disgrazie, costringendomi a tirargli addosso alcune noccioline sgusciate che si trovano nella piccola ciotola al centro del tavolo. Vivere tutte le vite di Elisa risuona a tutto volume nel locale, facendo ondeggiare tutti i clienti presenti e Fiore, in piedi dietro al bancone.
«Devo dirti una cosa» esordisce Marco tutto a un tratto, diventando serio. Mi quasi spavento, perché così impostato non l'avevo ancora mai visto. Aggrotto la fronte confusa, per esortarlo a parlare. «Ti ricordi la gara di skate?» mi domanda, non incrociando mai il mio sguardo visto che tiene gli occhi puntati sulla sua birra. Mi lascio sfuggire un flebile "sì", intonandolo più come una domanda, visto che è impossibile dimenticarsi di questa maledetta gara. Più o meno a cadenza oraria mi chiede "sicura che non vuoi proprio provarci?", mandandomi anche SMS visto che, grazie al famoso gruppo del negozio in cui sono stata inserita anche io, è entrato in possesso del mio numero.
«Quella a cui ti ho già detto che non mi iscriverò?» gli chiedo, calcando sul già, pensando che voglia domandarmi di nuovo di partecipare. Le sue dita fanno roteare il bicchiere da una mano all'altra, con fare nervoso. Mi chiedo cosa gli stia prendendo, visto che Marco imbarazzato rientra nei segni che preannunciano l'Apocalisse.
«Sì, ecco, non ce ne sarà bisogno...» continuo a non capire dove voglia andare a parare, ma il fatto che non riesca ancora a guardarmi negli occhi mi terrorizza. Marco non si è mai vergognato di guardarmi in faccia, da quando lo conosco.
«Che hai fatto?» chiedo sconvolta, spalancando gli occhi come se avessi visto un fantasma. Mi ci vorrebbe proprio il terzo giro di vodka lemon. Marco si porta una mano dietro la nuca, imbarazzato e quasi impaurito.
«Ti ho iscritta io.» Sento il sangue salirmi al cervello, la rabbia montare. Mi faccio rossa in volto e per la prima volta non per l'imbarazzo provocatomi dagli sguardi di Marco. Mi chiedo davvero cosa abbia fatto di male per meritarmi tutto questo. Niente kickflip, niente gare. Non mi sembra così difficile da capire.
«Tu sei un coglione!» gli urlo, attirando l'attenzione di tutta la gente presente nel locale, visto che ho deciso di gridare nel momento di silenzio che intercorre tra una canzone e un'altra. Non mi curo più di tanto della figuraccia, troppo arrabbiata per potermene occupare adesso.
«Elissa, quella gara la vinci ad occhi chiusi, quei soldi ti servono» prova a giustificarsi, senza riuscirci, il ragazzo davanti a me. Lo guardo in cagnesco, rendendomi conto che forse non ha ancora ben compreso il problema principale di tutta questa faccenda.
«Non so fare quello stramaledettissimo kickflip!» Adesso posso urlare tranquillamente, visto che la musica è ripartita e Per un milione dei Boomdabash sovrasta le mie parole.
«Ma perché sei fissata con questo cavolo di trick?» mi chiede Marco, al mio stesso tono di voce. Sbuffo una risata, scuotendo la testa.
«Perché l'ho promesso a mamma!» stavolta sono davvero arrabbiata, mentre riverso parole sprezzanti sul ragazzo davanti a me. Lui mi guarda con la bocca schiusa, sentendosi probabilmente in colpa. Non so se lui riesca a capire davvero quanto questa promessa sia importante per me. Non so niente, di lui. Raccatto il mio giubbotto uscendo dall'Hip Pub, per prendere una boccata d'aria. Il ricordo di mia madre è sempre vivo dentro di me come se fosse il primo giorno che è morta e vedere che mio padre riesce ad andare avanti, cancellando la mamma come se nulla fosse, mi fa tanta rabbia. Non riesco a schiodarmi da quel giorno di quasi dieci anni fa, dall'ultima volta che ho abbracciato mia madre quasi con noncuranza, perché stavo guardando uno stupido cartone di cui ormai neppure ricordo il nome. Lei è morta qualche ora dopo e io l'ho liquidata per un cartone animato, pensando che ci sarebbe stato altro tempo.
«Elissa?» mi chiama Marco uscendo dal locale per venirmi a parlare, lontano dal fracasso della musica assordante. Prendo un grande respiro, sperando che le ventate d'aria fresca mi evitino un attacco di panico. Mi volto verso di lui, fermo fuori dalla porta d'ingresso, stretto nel suo giubbotto di jeans.
«Lo so che mi servono i soldi, lo so che sono brava, ma non posso tradirla» inizio, ignorando quasi completamente il suo richiamo, guardandolo dritto negli occhi. Le lacrime mi pizzicano le iridi, ma riesco a ricacciarle indietro senza farmi solcare le guance. «Ero piccola, avevo imparato uno o due trick ma il kickflip proprio non mi riusciva. Volevo farlo bene perché è stato il primo che ha imparato lei. L'ho guardata dritta negli occhi e le ho promesso di non fare mai una gara prima di imparare quel maledetto trick.» All'udire quelle parole, Marco mi guarda con gli occhi tristi e quasi compassionevoli, probabilmente pentendosi di avermi iscritta nonostante pensasse di farlo per il mio bene. Non gli do' di certo la colpa di aver provato a fare qualcosa di bello per me, ma è tutto così complicato che non desidererei altro che trovare un colpevole contro cui puntare il dito. Poter dire tu hai ucciso la mia mamma, per colpa tua non c'è. Ho provato ad arrabbiarmi con tutto e tutti per anni, ma non ho mai trovato un vero e proprio colpevole. Alla fine è davvero colpa di qualcuno, se la mamma non c'è più? È davvero colpa di qualcuno, se la vita di punto in bianco è destinata a finire?
«Te lo insegno io» esordisce Marco, infine. Lo guardo come a chiedergli se stia scherzando o se faccia sul serio, inarcando le sopracciglia. Che motivo avrebbe di fare una cosa del genere per una totale sconosciuta?
«Marco...» inizio a parlare, cercando di fargli capire che è una follia perché sono anni che ci provo ma sono bloccata sul kickflip, però lui mi interrompe ancora.
«Abbiamo due settimane, no? Prima del quindici giugno riuscirai ad eseguire un kickflip perfetto» la convinzione con cui Marco pronuncia quelle parole mi fa sorridere, facendomi rimanere ferma a guardarlo come una cretina su questo marciapiede, mentre dall'interno del locale provengono le note leggere di Coprimi le spalle di Gazzelle. In uno slancio di quella che definirei pazzia mi tuffo su Marco, stringendolo in un abbraccio. Ci mette un po' a ricambiare, sorpreso dal fatto che non l'abbia ancora mandato a quel paese per sempre. C'è qualcosa in lui che mi da' sicurezza e la cosa mi spaventa, perché come me ne ha data tanta potrebbe tranquillamente togliermela all'improvviso. Il ragazzo mi avvolge con il calore delle sue braccia, incastrando la testa nell'incavo del mio collo. Profuma di Sauvage, lo so perché ho costretto papà a comprarsi quel profumo dopo averlo visto in una pubblicità con Johnny Depp. Forse è per questo che mi da' così tanta sicurezza ad occhi completamente chiusi: profuma un po' di casa mia.
«Hai fatto di più tu per me in letteralmente così poco tempo, che tante altre persone» riesco a confessargli, sussurrando quelle semplici parole a pochi millimetri dal suo orecchio. Non posso vederlo, ma lo sento sorridere contro il mio collo per poi stringermi ancora più forte. Non so ancora se sia semplicemente una persona molto gentile o se lo faccia soltanto per me, magari in quanto figlia di Stella García.
«E non smetterò di farlo.»
Rimaniamo così per un po', più o meno fino alla fine della canzone, senza dire niente. Credo che questo abbraccio serva sia a me che a lui, perché non so per quale esatto motivo io lo pensi, ma sono abbastanza sicura che neanche lui abbracci qualcuno da parecchio tempo, a giudicare da come mi stringe. Io e Marco decidiamo solo dopo aver sciolto l'abbraccio di andarcene finalmente a casa e lui mi riaccompagna, per la seconda volta questa sera. Finiamo a parlare del più e del meno, di musica, film, skate e credo che questo viaggio in macchina sia l'unico che vorrei non finisse mai. Mi parla di quanto gli piaccia l'indie italiano, trovando in me approvazione, passando poi a parlarmi dell'odio che nutre per le commedie romantiche. Mi sento libera, almeno fino a quando non ci ritroviamo di nuovo davanti la porta di casa mia.
«Se non esco da questa porta entro sessanta secondi puoi tornare a casa, altrimenti preparami un letto. Non voglio dormire nella stessa casa dove mio padre fa le sue... cose con la mia maestra» dico a Marco mentre frugo nella tasca dei miei jeans alla ricerca delle chiavi di casa. Lui ridacchia, appoggiandosi con la schiena al muro del corridoio del mio piano.
«Il mio letto non ti va bene?» La sua affermazione leggermente molesta mi fa alzare gli occhi al cielo, ma in questo momento ho ansie e problemi più grandi delle avance di Marco Testa. Prendo un grande respiro e, appena infilo le chiavi nella serratura, la voce del ragazzo al mio fianco mi blocca per l'ennesima volta. «Poi se vuoi dormire da me lo stesso non sono mica contrario...» Questa volta mi giro a guardarlo, riducendo gli occhi a due fessure. Marco non si toglie comunque il suo sorrisetto da idiota dalla faccia, così decido semplicemente di rientrare velocemente in casa e chiudermi la porta alle spalle. Mi guardo velocemente attorno e noto che papà non è in casa, né tantomeno la maestra Pia. Sospiro, appoggiandomi al portone, e solo in quel momento noto un bigliettino sul tavolo. I passi si fanno pesanti, mentre mi muovo verso di esso, ma quando leggo il pezzo di carta non so se sentirmi sollevata o ancora più arrabbiata.
Immagino che per te sia meglio se questa sera dormo fuori. Domani mattina ti va di parlare?
Ti voglio bene, sempre il tuo papà.
L'apatico messaggio di mio padre che mi informa di essere andato a dormire "fuori" (ossia dalla sua nuova fidanzatina) mi fa incazzare e non mi solleva affatto, inducendomi quindi ad accartocciare il pezzo di carta e buttarlo a terra in uno scatto d'ira. Ripensandoci, mi rendo conto di un piccolo dettaglio a cui ho dato troppo poco peso e riprendo tra le mani il foglio che ho gettato a terra, inginocchiandomi mentre lo riapro. Sobbalzo quando mi rendo conto di non aver immaginato niente: c'è un piccolo Sole stilizzato disegnato accanto alla parola "papà".
«Yo soy la Stella, tu eres la Luna y tú papá es el Sole!»
Le parole di mia mamma mi risuonano nella mente, facendomi scendere quelle lacrime che da tutta la sera cerco di trattenere. Se mamma è la stella, papà, Pia cos'è ora? Un meteorite che si abbatte sulla nostra famiglia e la frantuma più di quanto non abbia già fatto quel maledetto incidente? Il cellulare mi squilla all'arrivo di un nuovo messaggio e mi risveglia dai pensieri ossessivi, così mi affretto ad asciugarmi le lacrime e tiro fuori dalla tasca il mio cellulare, trovandoci un messaggio di Marco.
Pop Shove It:
Devo preparare il letto e
i contraccettivi o posso
andare tranquillo?
Sorrido inspiegabilmente ed istantaneamente, andando ad aprire la porta e trovando Marco ad aspettarmi dove l'avevo lasciato, col telefono in mano.
«Stavo per chiederti anche la posizione preferita, se solo avessi aspettato un attimo» mi informa, mostrandomi il telefono aperto sulla mia chat per darmi la prova che ciò che dice è vero. Alzo gli occhi al cielo forse per la ventesima volta, tanto che temo che un giorno gli occhi mi rimarranno bloccati a mezz'aria. Sorrido comunque, mentre mi richiudo la porta alle spalle e do' le spalle a Marco per chiuderla a chiave.
«È solo perché non voglio dormire da sola. Ci sono in giro i ladri» mi giustifico, quando in realtà sotto sotto penso che sia una pessima idea quella di dormire nella stessa casa di un ragazzo che a malapena conosco e che mi fa da due giorni stupide battutine a sfondo sessuale. Oddio, è proprio così che accadono le tragedie. Se mia madre potesse vedermi adesso...
«Certo» mi dice Marco, mentre mi giro di scatto dopo aver chiuso la porta, al pensiero che possa essere un maniaco sessuale. Però poi mi dico che di sicuro tutte quelle battutine sono soltanto un gioco, niente di più. Come non detto, appena mi giro noto che lo sguardo di Marco è decisamente troppo basso e che appena mi volto si rialza all'improvviso, facendomi aggrottare la fronte.
«Mi stavi guardando il culo?»
«Scusa.»
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