30. Tra mascherine, distanziamento sociale e questa è la fine

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Cara Stella,
avrei potuto iniziare questa lettera in molti modi diversi, ma ho puntato sul classico. Ti piace? Che scema, non puoi rispondermi ora, perciò è inutile che faccia domande sprecando spazio.

Comunque non scrivere "mamma" era una scelta stilistica, mi suonava meglio "Stella", così potevo disegnarci simpaticamente la stellina sopra. Papà ancora disegna il Sole accanto al suo quando mi lascia dei bigliettini, comunque, volevo dirtelo. Secondo me ti ama ancora, ma questo a Pia non lo voglio dire. Non che Pia non gli piaccia, di sicuro ama anche lei, ma tu... sei semplicemente tu.

Bando alle ciance, volevo solo dirti che qui la vita è splendida, tutto va a gonfie vele e siamo felici. Cioè, aspetta: attualmente c'è una pandemia che ci tiene rinchiusi in casa (assurdo vero? Sembra di stare in un film di Dario Argento) ma io convivo con il mio ragazzo. Cioè, non è che ci convivo, però viviamo insieme a causa del lockdown.

Sto facendo confusione, vero? Aspetta, riprovo dall'inizio.

Cara Stella,
oggi è il sei giugno del duemila e venti. Ho vent'anni! Ma sono anche undici anni che ti ho persa.

Ho trovato solo ora il coraggio di scriverti perché finalmente quest'anno non ho avuto attacchi di panico. Fantastico, vero? Niente tremolio alle mani, niente cuore talmente veloce da uscire dal petto, nessuna lacrima. Per un attimo ho anche dimenticato che fosse l'anniversario della tua morte. Da un lato mi dispiace, dall'altro sono sollevata. Tu ci sei sempre con me, non ho bisogno di un giorno particolare per ricordarti. Semmai dovessi averne bisogno, sarebbe il tuo compleanno. Che noia, i funerali, giusto?

A proposito, ho rotto Monica (la tua tavola da skate, credo tu la ricordi). Scusami, è proprio spaccata a metà. La uso come oggetto d'arredamento, attualmente. L'ho gettata a terra in uno scatto di rabbia dovuto al kickflip (che, per inciso, ho chiuso). Conseguenza diretta del kickflip chiuso: prima gara! Ovviamente vinta. La seconda non te la racconto, niente di eclatante, non serve rivangarla... ma tanto lo so che lo sai. Non ti potevo nascondere niente quando eri materia, figurati se posso ora che sei un'anima che vaga per il mondo ultraterreno.

Sempre riguardo al kickflip, ci sono riuscita solo grazie ad un ragazzo. Si chiama Marco, ha quasi ventitré anni e va in skate. Fa anche moltissime altre cose che mi piacciono, come suonare la chitarra, giocare a basket e amarmi. Lavora addirittura insieme a me, quindi posso stare con lui molto spesso! Sì, lo so, che strano: io lavoro. Ti sorprenderà sapere anche che sono molto brava a vendere scarpe. Se ti chiedi come ci sia finita, ti rispondo semplicemente che ho fatto la limonata con i limoni che mi ha dato la vita.

Tralasciando questo, Marco ti sarebbe piaciuto. È un po' come te: la stessa luce negli occhi di chi non si arrende mai. Ho capito grazie a lui quello che tu cercavi di insegnarmi a nove anni, ma che io ero troppo piccola per capire: lo skate non si pensa, si fa. Tu eri così leggera, quasi volavi, semplicemente perché non ci pensavi. Tu quei trick li facevi e basta, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Ogni volta che ho chiuso un kickflip l'ho fatto perché ero felice, perché ero me stessa e non pensavo di volere a tutti i costi eguagliare te.

Portare il peso di essere Elissa De Santis-García mi ha oppresso per anni, mi ha fatta sentire come se non potessi mai creare una mia strada perché dovevo necessariamente seguire il sentiero spianato da te, ma allo stesso tempo sentivo che allontanarmi da quel sentiero mi avrebbe allontanata dalla mia mamma. L'anno scorso a quest'ora odiavo l'idea di non averti con me e odiavo ancora di più l'idea che papà potesse rimpiazzarti con un'altra donna, ma con Marco ho capito la verità che era chiara davanti ai miei occhi da sempre, soltanto che io non volevo vederla: non ti stava rimpiazzando, ti stava soltanto salutando. Salutando perché prima o poi vi rivedrete, salutando perché lui ti porterà sempre nel cuore, ma per vivere bisogna andare avanti e chiudere il passato in una bella scatola, da riaprire solo per sorridere al pensiero degli anni passati.

So che tu avresti capito. So che tu capirai.

Continuerai a mancarmi, in ogni mio respiro, in ogni mio passo, ma sarò sollevata perché saprò che nonostante io sia su una strada diversa dalla tua, tu mi guarderai attraversarla a testa alta, dicendo a tutte le anime del Paradiso in cui ti trovi che quella è tua figlia Elissa e che sei fiera di lei.
Ora, tornando alle novità vere e concrete del duemila e venti: la pandemia e la convivenza.

"Pandemia" è una di quelle parole che pensavo di leggere solo nei libri di storia, ma invece eccomi qua. Si chiama coronavirus o COVID-19, chiamalo come ti pare. Per fartela breve è tipo un'influenza, però peggio. Comunque ad un certo punto al TG hanno iniziato a parlare di distanziamento sociale, soggetti fragili, terapie intensive piene e quarantena, tanto che per paura di non riuscire a vedere più Marco sono andata a vivere nel suo appartamento. Papà e Pia li vedo comunque nei corridoi del palazzo, visto che Marco vive qui alle popolari, ma almeno li lascio alla loro intimità di novelli sposini. Quanto a me e Marco... beh, non credo tu voglia i dettagli. Giusto? Non te li direi comunque, mi imbarazzerebbe troppo.

Unico lato positivo: il negozio è chiuso e Davide non può continuare a fingere di essere il mio capo!!!

Quanto a Davide e Jessica... Aspetta, piccolo riassunto: Jessica è la mia migliore amica bionda, la figlia dei Marini che vivono (vivevano) sul nostro stesso pianerottolo. Ti risparmio tutto il dramma della vincita alla Lotteria di suo padre, ci vorrebbe una lettera solo per quello. Davide invece è il mio migliore amico delle superiori, ha un padre ricco e prima dell'anno scorso non conosceva Jessica. Ora invece vivono insieme anche loro, più o meno per lo stesso motivo mio e di Marco. Il coronavirus unisce!

A proposito di unioni, la sorella di Davide e il fratello di Marco ora stanno insieme dopo essersi conosciuti al matrimonio di papà e Pia. È assurdo solo a dirlo, ma almeno adesso Giorgino, il figlio di Maria che ha cresciuto da madre single, ha un papà. Devo dire che come papà, Luca gli piace anche molto.

Oh, poi c'è Chiara, la mia altra collega di lavoro! Potrei riempirti pagine e pagine in cui ti elenco tutti i motivi per cui è l'essere umano più gentile della Terra, ma mi limiterò a dirti che tra poco non sarà più la mia collega preferita. Finalmente ha deciso di laurearsi in Scienze della Formazione, perciò si dedicherà a tempo pieno allo studio. Il suo posto al negozio probabilmente lo prenderà Riccardo, l'ultimo componente del mio assurdo gruppo. L'ho conosciuto durante la prima gara che ho fatto e nonostante l'iniziale stalking che mi faceva, alla fine la fissazione gli è passata. Ora è solo un buon amico che non ha voglia né di studiare, né di lavorare. Sono sicura che lavorare con me, Marco e Davide, però, possa essere un bell'incentivo per lui. Speriamo che questa volta non si faccia licenziare!

Ora devo andare, Marco mi sta chiamando da un'ora... Ci incontriamo allo skatepark con gli altri. Il lockdown ormai è finito da un po', ma continuiamo a vederci con una leggera distanza e qualche mascherina in più. Niente che possa fermarci dall'andare in skate! Ti voglio bene mamma, non dimenticarlo mai, dovunque tu sia.

Tú Luna para siempre,
Elissa.

P.S. HO PRESO LA PATENTE!!!!
P.P.S. Guido piano, promesso!!

«Kickflip, hai finito?» mi chiede Marco, piombandomi alle spalle e lasciandomi un bacio sulla guancia mentre mi accingo a mettere la lettera che ho scritto in una busta. Sorrido, leccando il bordo adesivo per chiuderla. La porterò al cimitero più tardi, insieme a papà.

Mi volto verso Marco, per poterlo finalmente baciare afferrandogli il volto fra le mani come fosse un pesce. Lui ridacchia non appena mi stacco, dandomi una scompigliata ai capelli. Non ha ancora perso questo vizio.

«Possiamo andare, ma tanto Jessica e Davide faranno tardi. Per colpa di Davide, sia chiaro, ci mette un'ora per pettinarsi» dico mentre mi alzo, alla ricerca di un paio di mascherine. È un po' frustrante doverle mettere ogni volta che usciamo, ma ormai ci abbiamo fatto l'abitudine.

«Deve venire anche Riccardo?» La voce di Marco diventa ad un tratto frustrata, mentre si accinge a mettere un guinzaglio a Kento. Riccardo ormai in qualche modo è entrato a far parte di questo ambiguo gruppo, ma Marco e Jessica non ne sono ancora molto contenti. Il primo per ovvi motivi, anche se ormai Riccardo non ci prova più con me, mentre la seconda lo odia perché la chiama ancora "Jestica". In fondo, però, sono sicura che lo trovino simpatico. In fondo, ma proprio in fondo, forse gli vogliono anche bene.

«Ormai è dei nostri, facci l'abitudine.»

«Io e Jessica non siamo proprio d'accordo. Davide sì, ma solo perché ti vuole troppo bene» mi dice Marco lanciandomi addosso una mascherina, che io ancora non avevo trovato, «e Chiara sì perché tutti hanno diritto ad avere degli amici e ad essere accettati per ciò che sono!»

Alzo gli occhi al cielo, trattenendo una risatina scaturita dal suo mal riuscito tentativo di imitare la voce acuta e dolce della nostra amica. Comunque, la sua analisi è dettagliata e forse anche corretta, ma non me ne frega niente. Ho imparato a volere talmente tanto bene a Riccardo che se non ci fosse sentirei troppo la sua mancanza. Dopo qualche giorno probabilmente passerebbe, ma la sentirei comunque per un po'.

«Guarda che non ci prova più con me!» lo giustifico, andandomi a sedere sul divano per infilarmi le scarpe. Le mie Old Skool ormai sono abbastanza rovinate, ma non mi va di comprarle nuove, soprattutto perché sono un regalo di Marco. Mi ritrovo a pensare che forse le Vans mi sono sempre piaciute un po' più rovinate. Se non mi fossi fratturata il gomito, di certo non sarei mai entrata in quel negozio quel giorno.

Chissà...

Alzo lo sguardo su Marco, ancora intento a blaterare qualcosa su Riccardo che ci prova con Chiara ("Lo vuole capire che è lesbica? Testa vuota!") ma non ascolto le sue parole. Lo osservo, pensando a come il destino ci abbia messo sullo stesso cammino. Destino, provvidenza, Dio, Buddha, Gandalf, ma che ne so. So soltanto che chiunque o qualunque cosa lo abbia reso possibile, mi ha fatto un gran favore. Sono riuscita a trovare un'anima perfettamente simmetrica alla mia.

«E adesso che guardi?» mi chiede, gli occhi dolci puntati nei miei, mentre si viene a sedere accanto a me sul divano. Con la mente arrivo al tempo in cui pensavo quanto fosse spocchioso, ma allo stesso tempo anche quanto fosse bello. A quanto fosse dolce, ma allo stesso tempo così freddo nell'allontanarmi quando le cose andavano male. Forse ci abbiamo messo un po', ma alla fine ci siamo trovati. Ci si ritrova sempre, in qualche modo.

«Se non fossi mai entrata in quel negozio, l'anno scorso?» gli chiedo, forse più riflettendo ad alta voce che non perché io voglia una risposta. Lui mi poggia una mano sulla guancia, sorridendomi.

«Ci saremmo ritrovati sempre, in qualche altro.»

Sorrido, sporgendomi per baciarlo. Perfettamente simmetrici.

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«Amici miei!»

«Distanziamento sociale, Rick!»

Vedere la mia migliore amica rincorsa da uno skater decisamente carino che la vuole abbracciare durante una pandemia, di sicuro è una cosa che non pensavo di vedere mai.

Guardo Marco tenere le manine di Giorgino che, bardato di casco e protezioni varie, cerca di reggersi in equilibrio sul suo piccolo skate mentre Kento lo osserva, quasi a volerlo proteggere. Ha voluto iniziare anche il bambino a skateare, nonostante Maria abbia una paura tremenda che possa cadere e procurarsi un'emorragia cerebrale. Con il casco che gli ha comprato dubito sia possibile, ma lei non ne vuole sapere e viene a vederlo ogni volta che Marco e io gli diamo lezioni. Luca è costretto a tenerle continuamente la mano perché non appena Giorgino accenna ad una caduta urla...

«Attento amore!»

Appunto.

Mi abbasso la mascherina quel tanto che basta per fare un sorso di 7Up (sa di limone, ovviamente), mentre sono seduta su uno dei gradini delle rampe. Chiara mi piomba accanto abbassando la sua mascherina per riprendere fiato.

«Mi sembrava di averlo chiuso, quel casper» mi dice, tutta pimpante. Ridacchio, perché il casper è un altro trick inventato da Rodney Mullen. Con i poster non ci ho più parlato, forse perché ho allentato la dose di spinelli mensili.

«Ti sembrava bene. Ma si può sempre migliorare» le dico, dandole una pacca sulla spalla.

«Neanche Roma l'hanno costruita in un giorno!» afferma mentre si rimette sulla tavola, tutta sudata, non accennando però alla stanchezza. È diventata brava, si impegna sempre per riuscire a chiudere i trick che le piacciono. Mi fa piacere averla ispirata a fare qualcosa che la rende felice.

«Elissa De Santis-García io ti voglio bene, ma se quel principino continua a rincorrere la mia fidanzata dovrò prenderlo a schiaffi.» Sento Davide piombarmi accanto dal lato opposto in cui si era seduta Chiara appena lei si alza, mentre io gli porgo la mia lattina quasi vuota di 7Up per fargli fare un sorso. Non la afferra, così lo guardo interrogativa. «COVID-19 e lei mi chiede di bere dalla sua lattina. Robe da matti.»

Sono praticamente costretta ad alzare gli occhi al cielo, riportandomi la lattina alla bocca e bevendone fino all'ultima goccia. Davide ora me la strappa dalle mani, cominciando a fare quello stupido gioco dell'iniziale tirando la linguetta. Dice le lettere fino alla E, poi la linguetta si strappa. Mi guarda sorridente, lanciandomela addosso.

«Dio me ne scampi!»

«Però con me ci sei stato fidanzato.»

«Eravamo ubriachi ed è durata giusto qualche ora.»

«Quindici, per l'esattezza.»

«E per dieci ore abbiamo dormito.»

Scoppiamo a ridere entrambi, mentre ci mettiamo a guardare i nostri amici davanti a noi, che continuano a fare quello che stavano facendo.

Il Sole sta tramontando, creando un'atmosfera quasi paradisiaca. La luce si staglia su Chiara che continua a perfezionare il suo casper, senza curarsi delle ginocchia sbucciate. Passa su Giorgino, che inizia a stare in equilibrio da solo mentre Marco lo guarda fiero e Maria si tiene la mano sul cuore, come se potesse esplodere al minimo contatto di suo figlio col suolo. Accarezza Luca accanto a lei, che cerca di tranquillizzarla dandole qualche pacca sulla schiena con fare amorevole. Abbraccia persino Jessica che finalmente ha ceduto ad un abbraccio veloce di Riccardo, troppo stanchi entrambi per continuare a correre. Infine si posa su me e Davide, che in disparte li osserviamo attentamente, come se fossero un'opera d'arte.

«L'abbiamo fatto noi, questo» se ne esce il mio amico, senza staccare gli occhi dalla scena. Sembra di star guardando quel quadro di Seurat, quello con un nome lunghissimo: Una domenica pomeriggio sull'isola della Grande-Jatte, o una cosa del genere. Oggi è sabato, ma l'atmosfera mi sembra comunque quella del quadro. I nostri amici i protagonisti, io e Davide i creatori di un'opera d'arte così bella. Mi volto verso di lui, con un sorriso a trentadue denti stampato sul volto.

«L'abbiamo fatto noi» gli do' ragione, tornando con lo sguardo dritto e attento. Poggio la testa sulla spalla di Davide, mentre saluto distrattamente Marco con la mano visto che si è voltato verso di me sorridente.

Senza la nostra amicizia, la complessa rete di eventi che ci ha portati qui oggi non si sarebbe mai verificata. Quindi sì, è giusto che ci prendiamo il merito.

«Sono felice che ti sia seduta vicino a me, quel giorno.»

Non gli rispondo. Sarebbe inutile dirgli che sono felice anche io di averlo fatto. Lo sa già, perché io e lui avremo sempre lo stesso cuore diviso in due e io non smetterò mai di ringraziare l'Universo per averlo messo sul mio cammino.

Questa, probabilmente, è la fine della mia storia. Dico "probabilmente" perché, come ho imparato, il futuro e il passato sono un mistero, ma il presente è tutto ciò che abbiamo. Come mi disse Marco un anno fa, la vita è più difficile di un kickflip. Di sicuro è la verita, ma per me esistere non è mai stato cosi semplice.

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