20. Tra Malgioglio, sbucciamenti e scelte
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Crediamo sempre di sapere tutto. Siamo sicuri di sapere per certo che andrà tutto bene, che saremo felici e contenti e magari degli uccellini si poseranno sul nostro davanzale per cantare assieme a noi mentre puliamo casa, proprio come succede in Biancaneve. Che un principe azzurro ci porti via, per il nostro lieto fine, in sella al suo cavallo bianco. Io però non sono di certo una principessa e Davide e Jessica, spaparanzati sul divano di Marco, non sono uccellini. Il padrone di casa è seduto al tavolo, intento a mettere sotto i denti qualcosa, mentre in tutta la sala risuonano le note di Dolceamaro di Cristiano Malgioglio.
Sbuffo, per poi lasciarmi cadere a peso morto sulla sedia accanto a quella di Marco, che ridacchia mentre guarda i nostri (più miei che suoi, purtroppo) due amici che saltellano allegramente sul suo divano intonando una canzone cantata da Barbara D'urso. Persino Kento li sta osservando interdetto, steso sul suo cuscino rosso.
«Ricordami perché sono i tuoi migliori amici» afferma il ragazzo al mio fianco sorridendo, mandando giù l'ultima forchettata di pasta al sugo che ho preparato io. Sono abbastanza sicura che faccia schifo perché potrei aver invertito il sale con lo zucchero, ma Marco la mangia come se fosse la cosa più buona al mondo.
«Perché Davide mi da' un lavoro e Jessica ha una Porsche» mi ritrovo a rispondere, suscitando la risata di Marco che si pulisce la bocca con il tovagliolo. Mi perdo a guardare per un attimo il taglio sulla sua fronte e l'occhio destro ancora viola, per non parlare del labbro spaccato. Si accorge che lo sto fissando, così mi sorride debolmente e allunga una mano per scompigliarmi i capelli, come fa lui di solito.
«Mi dispiace se sono sparito» dice, infine, facendo scorrere la mano sul mio braccio per poi intrecciare le sue dita con le mie. «L'unica cosa a cui pensavo era che non potevo morire perché dovevo vederti ancora.»
Trattengo abilmente un sorriso, stringendo ancora più forte la sua mano. Sarebbe anche un momento tenero, se solo non ci fossero quei due deficienti che in sottofondo cantano a squarciagola canzoni di dubbio gusto. Noto che hanno cambiato canzone, pur rimanendo nella discografia di Malgioglio.
«Sbucciami, e la tua bocca addolcirò!» canta Jessica, brandendo un telecomando, mentre salta sul divano al centro della sala.
«Coglimi, frutto fresco tuo sarò!» continua Davide, che in mano non ha niente ma finge lo stesso di stringere un microfono ed ha la decenza di stare con i piedi sul pavimento. Mi do' uno schiaffo sulla fronte, mentre Marco cerca di non ridere troppo forte perché anche un semplice movimento del diaframma gli provoca dolore. O almeno è quello che percepisco, visto che lui si ostina a dire che non gli fa male nulla.
Vedendo quei due deficienti cantare una canzone chiaramente a sfondo sessuale, mi ritorna in mente qualcosa che a causa dell'aggressione a Marco ho dimenticato, ma che mi sembra il caso di riportare alla luce.
«A proposito di sbucciamenti, perché voi due piccioncini non mi venite a spiegare come siete finiti nudi nel mio letto?»
Jessica e Davide si fermano di colpo, schiudendo la bocca. Con le braccia incrociate al petto faccio cenno con la testa ai due di sedersi davanti a me, sotto lo sguardo divertito di Marco che vorrebbe fare qualche battutina ma evita e risparmia il fiato. Davide si incammina verso il tavolo, spostando la sedia di fronte la mia e sedendocisi sopra, come se fosse un imputato. Jessica scende dal divano con un saltello e poggia il telecomando su di esso, sistemandosi poi lentamente accanto al palestrato. Incrocio le braccia sul tavolo e Marco imita il mio gesto, puntando gli occhi sui due incriminati. Nella testa mi parte lo slogan "Esto es un caso por Caso Cerrado", un programma che guardavo sempre da piccola con la mamma per imparare lo spagnolo.
«Allora?» diciamo in coro io e Marco. Davide prende un bel respiro, facendo un cenno a Jessica come a chiederle il permesso di parlare e lei acconsente, anche se di sicuro non si aspetta di sentire ciò che esce dalla bocca di Davide.
«Jessica mi ha plagiato.»
La bionda strabuzza gli occhi, scioccata, mentre io e Marco pieghiamo la testa confusi.
«Ero un po' ubriaca, in macchina mi sono tolta il top perché avevo caldo e sono rimasta in reggiseno. Potrei averlo anche baciato e poi siamo finiti a casa tua.»
La spiegazione di Jessica è anche peggio di ciò che pensavo. Avrei preferito un "oh, Eli! È che ci siamo innamorati così tanto!" Mi stupisce che questi due possano essere davvero così idioti e vorrei sinceramente ridere di gusto come Marco in questo momento, ma proprio non ci riesco. Stasera l'unica cosa che posso fare è prendermi a schiaffi in fronte.
«Beh, togliendoti il top mi hai plagiato» si giustifica Davide, alzando le mani. Vorrei solo prenderlo a calci sui denti attualmente, più che altro perché hanno usato il mio letto per i loro sporchi giochetti sessuali, ma la mano di Marco che stringe la mia sopra il tavolo mi rilassa. Mi volto a guardarlo, ritrovandomi ad arrossire. Provo dolore nel vedere i lividi e i graffi che rigano il suo volto, sempre aperto in un sorriso.
«Okay, troppo smielati, io vado via» afferma Jessica alzandosi, sbattendo le mani sul tavolo. Davide la segue a ruota, recuperando il suo giubbotto in pelle dall'attaccapanni.
«Ti va qualcosa all'Hip Pub?» gli sentiamo chiedere alla bionda mentre le apre la porta per farla uscire, in tono speranzoso.
«Oddio Davide, adesso non ti accollare» gli risponde Jessica, alzando gli occhi al cielo ma pur sempre sorridendo. Davide si volta verso di noi, guardandoci tra l'arrabbiato e il dispiaciuto, per poi salutarci con la mano e richiudersi la porta alle spalle. Io e Marco rimaniamo in silenzio a ridacchiare, con le mani intrecciate. Ormai passo quasi più tempo qui da lui che a casa mia. Stanotte contavo di dormire nel mio letto, nonostante l'inconveniente di Davide e Jessica, ma visto tutto quello che è successo preferisco rimanere con lui. Fa ancora fatica a compiere i gesti più semplici e il dottore, dopo la visita, ha detto che ha bisogno di un po' di riposo.
«Voglio stendermi» afferma Marco, facendomi scattare sull'attenti. Annuisco alzandomi in piedi, facendogli mettere un braccio sulle mie spalle. Lo accompagno fino al letto, anche se con un po' di fatica visto che pesa di sicuro più di me, ma ormai ho fatto esercizio trascinando di continuo Davide a casa sua quando è ubriaco. Arrivati davanti al letto si lascia cadere di schiena su di esso, tirandomi giù con lui, suscitando un mio gridolino spaventato soffocato prontamente da un suo bacio. Mi spinge sotto di lui piano emettendo un lamento appena accennato e ritrovarmelo a qualche millimetro dalla faccia che mi sorride mi fa perdere quasi del tutto le staffe. Vorrei vedere voi, con Marco Testa letteralmente sdraiato sopra.
«Sei...» inizia a dire, per poi scostarmi dalla faccia una ciocca di capelli ribelle, «...davvero bellissima» riprende, facendo scendere la mano sulla mia guancia, rimanendo veramente a guardarmi come se fossi lo spettacolo più bello che i suoi occhi abbiano mai visto. Abitiamo a Roma e qui di cose belle ce ne sono da vedere. Vorrei poter dire che ai Musei Vaticani di sicuro c'è un'opera d'arte che può oscurarlo, ma sono abbastanza certa che se esponessero lui, tutte le sculture e gli affreschi sembrerebbero fatti da Giorgino.
Allungo il collo giusto un po', per raggiungere le sue labbra e premerci contro le mie. Le mani, come sempre, finiscono tra i suoi capelli lunghi ordinatamente raccolti, mentre lui si regge sui gomiti, seppur con un po' di fatica. Le mie mani scendono fino all'orlo della sua maglietta, che faccio per tirare su, ma Marco mi afferra una mano e mi blocca, inducendomi a staccarmi da lui. Mi osserva confuso, con la fronte corrugata.
«Che fai?» domanda, stupito e un po' preoccupato. Già, Elissa, che fai? Schiudo le labbra, elaborando il discorso nella mia mente affinché abbia senso. Nella mia testa, quello che voglio dire, il senso ce l'ha eccome.
«Se dovessi perderti domani?» riesco a dire semplicemente, con la voce rotta. Dannazione, sto per piangere? Ricaccio indietro le lacrime, come riesco a fare sempre, per poi sentire Marco sospirare sonoramente e lasciarsi cadere al mio fianco. Lo guardo per un po', stendendomi su un fianco, e poggiando titubante la mia mano sul suo petto. Volta il collo verso di me, puntando i suoi occhi marrone chiaro nei miei più scuri.
«Elissa, non devi farlo con me solo perché hai paura che io muoia. Non mi succederà niente» prova a consolarmi, afferrando la mano che tengo poggiata sul suo petto. Ingoio il groppo che mi si è formato in gola, prendendo un bel respiro.
«L'hai detto anche ieri notte. Lo sai che che è successo, poi?» gli chiedo, asciugando velocemente una lacrima che è sfuggita al mio controllo. «Stamattina mi sono svegliata, in questo letto, e tu non c'eri. Ti ho chiamato, ma non c'eri.»
Sembra quasi dispiaciuto, mentre mi accarezza i capelli, per poi fare uno sforzo ed allungarsi fino alla mia fronte per lasciarvi un tenero bacio sopra. Ormai ha preso questa abitudine e di certo non mi dispiace.
«Ti giuro che non volevo.»
«Lo so.» La presa alla mia mano si fa più salda, mentre il ragazzo non sembra voler allontanare le labbra dalla mia fronte. Mi sposto, mettendomi a cavalcioni su di lui e piegandomi per baciarlo, tenendo le mie mani sulle sue guance. Mi stacco di poco, per potergli passare delicatamente i polpastrelli sulle ferite e lasciare un bacio sopra ognuna di esse, facendolo sorridere. Le mie mani stavolta afferrano l'orlo della mia, di maglietta, che lascio cadere sul pavimento. Marco si perde un attimo a guardarmi, al limite dello stupito, posando delicatamente le mani sui miei fianchi, mentre io mi chiudo nelle spalle.
«Aspetto questo momento dalla prima volta che ti ho vista» sussurra Marco malizioso, facendomi scoppiare a ridere e lasciandogli uno schiaffo sul braccio, cercando di non fargli davvero del male. La sua maglietta ci mette poco a raggiungere la mia, sul pavimento, così anche io mi perdo a guardarlo per un attimo come se fosse tutte le sette meraviglie del mondo messe insieme. Mi rispinge sotto di lui, e le mie gambe finiscono ad allacciarsi dietro la sua schiena.
«Sei sicura? Non voglio metterti fretta, lo sai che...»
«Ho paura» lo interrompo, senza aspettare che finisca la frase, per poi ridere nervosamente. Mi porto le mani sulla faccia, scuotendo la testa. «Se fa troppo male?» riesco a chiedere, cercando di sorridere per smorzare la tensione, ma preoccupata sul serio. Se facesse male non credo che lo farebbero tutti, ma le fanfiction su Wattpad non descrivono mai la perdita di verginità come una passeggiata di salute. Si parla sempre di dolore, sangue e chissà che altro. Per un attimo penso che mi ritroverò come il protagonista di 40 anni vergine e il panico mi assale. Chissà Jessica quando ha perso la verginità. Chissà Davide quando... un momento, perché non so niente sulla vita sessuale di Davide? E se avesse perso la verginità con Jessica? Se l'avesse persa anche lei? Se avessero perso la loro innocenza fra le lenzuola del mio letto?
La mano di Marco scosta le mie da sopra la mia faccia, liberando quindi anche le mie guance rosso fuoco e sottoponendole alla sua vista, mentre è steso sopra di me. Mi sorride, come sempre, rassicurante.
«Con quante persone credi che l'abbia fatto io?» mi riesce a domandare. Il mio colorito prende almeno tre toni di rosso scuro, improvvisamente inizia a fare caldo anche se sono mezza nuda e sento che il mio cuore sta pompando troppo sangue e tutte le vene mi esploderanno a breve.
«Io non lo so, ecco... dipende, magari dieci, magari sette, magari...»
«Una» mi interrompe Marco, e aggiungerei per fortuna visto che ho iniziato a parlare a vanvera, come al solito. Mi lascio sfuggire un "ah" tra lo sconvolto e il sorpreso. Bello com'è, uno si sarebbe aspettato di tutto.
«Una sola?»
«Una sola ragazza.»
«No, dicevo, con una sola ragazza e basta o era una specie di orgia a turni da uno?»
Marco scoppia a ridere alla mia affermazione, che seppur ironica era una domanda che nascondeva un fondo di verità. Mi interessa sul serio, forse, ma evito di insistere.
«Una sola ragazza e basta» risponde, ponendo fine alle mie domande tormentate. Mi mordicchio il labbro inferiore, abbandonandomi ad un sospiro di sollievo. Una parte di me vorrebbe chiedergli di più su questa ragazza, mentre l'altra parte di me si dice che il passato, in quanto tale, deve restare nel passato.
Segue un attimo di silenzio, ma poi spezzo il silenzio in uno slancio di audacia.
«Vuoi che le ragazze diventino due?» chiedo io, prendendo coraggio da un qualche angolo del mio corpo probabilmente molto, molto nascosto.
«Tu lo vuoi?» chiede lui, quasi in ansia. Per la prima volta vedo arrossire impercettibilmente anche lui.
Prendo un grande respiro, durante il quale penso. Io, Elissa De Santis-García, sono sempre stata una persona estremamente pessimista. Se c'è un bicchiere riempito a metà, per me è mezzo vuoto e non ci sarà mai verso di vederlo mezzo pieno. Se ho un ritardo con il ciclo, nella mia testa io sono la seconda vergine Maria, portatrice del messía. Se vedo una farfalla sbattermi le ali davanti, io penso all'uragano che starà causando dall'altra parte del mondo.
Il problema è che crediamo sempre di sapere tutto, quando in realtà non sappiamo niente. Non sappiamo se quel bicchiere sia effettivamente pieno o vuoto a metà, non sappiamo se quel ritardo sia davvero solo un ritardo o se l'arcangelo Gabriele stia per annunciarci la venuta del secondo Gesù della storia, non sappiamo se l'uragano Katrina è stato causato anche da quella farfalla che ci ha sbattuto le ali davanti. Non sappiamo niente di niente e ci autoconvinciamo sempre di avere tutto il sapere del mondo nella nostra testa, come se potessimo predire il futuro.
Il futuro non possiamo vederlo, il passato non possiamo cambiarlo, ma nel presente possiamo scegliere cosa fare per vivere al meglio e non avere alcun rimpianto, anche se non sappiamo niente. Io ora so cosa voglio: stare con Marco. Ed è questo che continuo a ripetermi mentre, sussurrando, gli dico tre semplici parole: «Io lo voglio.»
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