17. Tra Big Babol, nomi sbagliati e grazie mamma
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In questo skatepark ci sono entrata un'infinità di volte, ma mai mi è sembrato tanto spaventoso come oggi. Volantini e manifesti che annunciano lo svolgimento della gara di questa mattina sono piazzati un po' dovunque, assieme a cartelli e decorazioni varie. Il negozio di Davide ovviamente è uno degli sponsor e lui è in prima fila davanti alle rampe, che mi saluta con la mano assieme a Giorgino e Chiara. Il più piccolo tiene fra le mani un gelato, mentre gli altri due sono intenti ad appendere uno striscione. Non deve essere facile per Davide fare finta di niente accanto a Chiara, nonostante la metafora di Rose lesbica e Jack vivo abbiano decisamente cambiato il suo punto di vista.
Una mano si posa sulla mia spalla, facendomi sussultare, ma quando mi accorgo che si tratta di Marco mi tranquillizzo e la accarezzo dolcemente.
«Guarda quanta gente, perché dovrei vincere proprio io?» chiedo spaventata, stringendo a me sempre più forte la tavola della mamma. Monica, così l'aveva chiamata. Diceva che se davi un nome agli oggetti, quelli finivano per funzionare meglio. Sarà, ma Monica col kickflip non mi ha mai aiutata molto.
«Perché sei uno spettacolo, quando sali su quello skate» mi dice Marco, afferrandomi per le spalle e guardandomi negli occhi. «Tu vincerai perché sei brava, capito? Perché sei determinata come nessuno e qui tutti pagherebbero per avere anche solo un'unghia di Elissa De Santis-García.»
Lo guardo senza dire niente, avvicinandomi a lui per baciarlo. Da quando l'ho conosciuto non ho fatto altro che trattenermi dal farlo, ora che non devo più sono felice di poterlo baciare quando voglio. Mi stacco piano da lui, tenendo gli occhi puntati sulle sue labbra data la differenza di altezza.
«Grazie di tutto, Pop Shove It» gli dico facendolo sorridere, prima di muovermi velocemente verso la fila creatasi per controllare le iscrizioni e ufficializzare la partecipazione alla gara. Ho davanti a me solo quattro persone e quando mi volto per dare uno sguardo dietro di me, noto la presenza di Jessica. Mi sorride alzando una mano in segno di saluto e stranamente riesco a salutarla anche io senza guardarla storto. Niente e nessuno mi rovinerà la giornata.
«Allora, Eli, il grande giorno è arrivato» mi dice mentre piano continuiamo ad avanzare nella fila. Stringo la tavola al petto, impaurita ad ogni passo perché sento di starmi avvicinando al mio patibolo. E se sbagliassi qualcosa? Se il kickflip non mi venisse bene come ieri sera?
«Esatto, Jess.» Quel nomignolo la fa sorridere, tanto che in uno slancio di affetto mi abbraccia. Mi da' uno stacco di qualche centimetro in altezza (cosa che assieme ai suoi capelli biondi e agli occhi azzurri mi fa quasi ingelosire) e nonostante nella mia mente continuino ad arrivare a spezzoni immagini di tutto il male che mi ha fatto provare negli ultimi anni, ricambio la sua stretta.
«Non ti voglio perdere più» mi dice, stringendomi più forte. Sorrido con il mento poggiato sopra la sua spalla, ricordandomi di quando eravamo piccole e venivamo a fare skate insieme proprio qui, sotto casa nostra.
«Tu pensi che il mio papà tornerà?» chiedo a Jessica, portando le ginocchia al petto. La sua mano si posiziona dietro la mia schiena, creando dei cerchi che mi fanno sentire un po' meglio. La testa della mia migliore amica si posiziona sulla mia spalla, mentre io non riesco a muovermi. Il pavimento dello skate park è cocente, dopotutto è giugno. Io e Jessica però siamo poggiate con la schiena alle ringhiere del cancello, senza curarci del fatto che i suoi genitori e la mia abuela ci staranno cercando.
«Da quanto dorme?» mi chiede lei, triste quasi quanto me. Mi faccio due conti, visto che oggi è l'otto giugno.
«Quasi tre giorni.» Sento Jessica sospirare, fino a stringermi in un abbraccio.
«Il tuo papà è forte. Tornerà per te.» Mi volto verso di lei, costringendola ad alzare la testa dalla mia spalla. Incrocio i suoi innocenti occhi azzurri, scoppiando finalmente a piangere.
«Noi non ci perderemo, vero?» le chiedo, tra i singhiozzi. Lei mi sorride, trattenendo le lacrime e stringendomi tra le sue esili braccia.
«Non ci perderemo, promesso.»
«Non ci perderemo, promesso» le dico, credendoci davvero. Come potrei perderla, ormai? Ora che l'ho ritrovata niente e nessuno potrà allontanarmi da lei. Dopo aver ritrovato la vera Jessica, che non ha paura di sbucciarsi un ginocchio o di rovinarsi le unghie. La Jessica che mi stringeva in un abbraccio mentre mio padre era in coma, promettendomi che si sarebbe svegliato.
Una voce ci richiama, chiedendoci di avanzare nella fila, facendomi notare che è proprio il mio turno. La donna che mi trovo davanti mi fa corrugare la fronte, confusa. I capelli corti biondi, la Big Babol tra i denti e lo sguardo scocciato da dietro i suoi Rayban scuri mi ricordano di sicuro qualcuno.
«Nome?» chiede velocemente. Per decifrare ciò che dice ci metto qualche secondo, visto che con la gomma in bocca e la svogliatezza con cui parla non si capisce nulla.
«Elissa De Santis-García» rispondo, poi. La donna fa scorrere il dito laccato rosa fluo sul foglio delle iscrizioni, trovando il mio nome e segnandolo con una spunta disordinata. Riporta lo sguardo su di me, abbassandosi di poco gli occhiali da Sole sul naso per potermi guardare meglio.
«Hai qualche nome d'arte idiota tipo "Skate Siluro", "Cannone Girl" o "Antonia Hawk" con cui vuoi farti chiamare?» continua, sempre più scocciata, come se avesse già sentito nomi così ridicoli altre milioni di volte oggi.
«No, solo Elissa De Santis...» faccio per continuare a parlare, per completare il mio cognome, ma mi blocco meritandomi un'occhiataccia intimidatoria della donna che mi chiede chiaramente di muovermi senza aprire bocca. «Elissa De Santis. Senza García.»
La donna alza le spalle e sbuffa sonoramente, appuntandosi il nome su un foglietto da mettere poi su una pila con altri nomi.
«Sempre con queste pretese strane...» bofonchia sottovoce, intimandomi poi con un veloce e sgarbato gesto della mano di avanzare. Oltrepasso le transenne che dividono il pubblico dalla zona in cui si tiene la gara, avvicinandomi a Davide che si accinge ad appendere un cartello ad una delle transenne su cui sopra campeggiano nome, indirizzo e numero del negozio. Lo trovo da solo, visto che Chiara tiene Giorgino in braccio al di là delle transenne e mi salutano con la mano.
«Ma quella lì alle iscrizioni non è l'inserviente del Centro Commerciale?» gli riesco a chiedere, inginocchiandomi per dargli una mano ad appendere il pezzo di cartone. Lui lancia un'occhiata alla donna, per poi ridere sotto i baffi.
«Gliel'ho chiesto, ha detto che è la sorella. Due gocce d'acqua, non trovi?» mi chiede ridendo e rialzandosi, dopo aver finito di attaccare il cartello, porgendomi una mano per aiutarmi ad alzarmi.
«Anche in simpatia...» commento, per poi recuperare la tavola e osservare Jessica che si avvicina a noi arrabbiata, battendo i piedi a terra come una bambina a cui il papà non ha comprato una bambola. Sembra quasi di vedere il fumo uscirle dalle orecchie.
«Vorrei prenderla a calci!» commenta, stringendo i denti e i pugni, facendo ridere me e Davide che ci becchiamo un'occhiata gelida a causa di questo. La prendo per un polso, appena sento la voce del presentatore dagli altoparlanti.
«La prenderai a calci dopo, ora andiamo!» affermo, strattonandola verso la folla di partecipanti. Tra tutta questa gente, mi chiedo, perché dovrei vincere io? La voce del presentatore risuona ancora nelle mie orecchie, ma dato che io e Jessica siamo in fondo alla fila e dato che sono alta a malapena un metro e sessanta, non riesco a scorgere la sua faccia.
«Allora, skater, siete pronti?» chiede l'uomo, sollevando una folla di "sì" urlanti che mi fanno aggrottare la fronte. Prima di stasera penso che sarò diventata sorda. Neanche ai concerti a cui sono andata le urla erano così decise. «Se i mille euro e una bella gita a Milano per un'altra gara non fossero ancora convincenti, vi dico subito che a premiare il vincitore sarà niente di meno che...» il silenzio del presentatore mi sta uccidendo. Tutto mi sta uccidendo. «Alessio Casadei!»
Questa volta non riesco a trattenere un urlo nemmeno io, sotto lo sguardo confuso di Jessica.
«Onestamente mi incentivano di più i mille euro» dice, alzando le spalle con noncuranza. Rido alla sua affermazione, per poi guardarmi attorno. Giorgino è sulle spalle di Davide che mi saluta con la mano sorridente, mentre al loro fianco ci sono Chiara e Marco. Quest'ultimo si alza gli occhiali da Sole sulla testa, facendomi un occhiolino. Vorrei che potesse tenermi la mano anche mentre gareggio, come quando mi aiutava ad allenarmi.
«Il primo a raggiungere le rampe è Skate Siluro!»
Scoppio a ridere di gusto, pensando che la tipa scorbutica alle iscrizioni non scherzasse affatto con quei nomi a dir poco imbarazzanti. Continuo a guardarmi attorno, incrociando uno sguardo in particolare. La maestra Pia mi sta guardando sorridente, mentre tiene un cartellone con su scritto "Forza Elissa!" in mano. Per un attimo ripenso alle parole di Marco sul rifarsi una vita, ripenso che Pia non mi ha fatto nulla e che merita una possibilità anche lei. Il fatto che sia qui per me significa tanto, perché mi fa rendere conto che sta provando davvero a farsi volere bene e a non farmi pesare la sua storia con mio padre. La saluto sorridendo e lei sembra quasi non si aspettasse un mio gesto così amichevole. Come biasimarla, le ultime volte che l'ho vista l'ho beccata una volta a fare sesso sul mio divano con mio padre e sono uscita sbattendo la porta, mentre quella dopo ancora sono praticamente svenuta sul tappeto all'ingresso.
«Jestica è la prossima!» La mia amica bionda sbuffa sonoramente a causa del nome chiaramente errato, mettendosi a bordo della sua tavola, rigorosamente rosa.
«Io quella goblin con la Big Babol la frantumo» afferma arrabbiata, dandosi lo slancio per raggiungere le rampe. Una mano mi tocca la spalla, facendomi voltare. Attaccato alla transenna dietro di me trovo Marco, che mi osserva sorridente.
«Pronta, Kickflip?» mi chiede. Per un attimo rivedo in lui il Marco del nostro primo incontro allo skatepark, quasi arrogante e presuntuoso, con quel suo sorrisino da diciottenne malizioso.
«Sono nata pronta, Pop Shove It» replico, imitando la sua espressione. La sua mano si allunga fino alla mia nuca, per poi spingermi contro le sue labbra. In un attimo le urla e i rumori diventano nulli, rimaniamo solo io e Marco.
«Elissa De Santis, tocca a te!» dice il presentatore, costringendomi ad allontanarmi dal ragazzo che sto baciando.
«Vinci per Stella, Elissa» mi dice, prima di lasciarmi andare. Annuisco, per poi salire sulla tavola. Elissa De Santis. Per anni sono stata solo la figlia di Stella e ne andavo fiera, perché mia madre per me è un mito e dovevo mantenere alto il suo nome. Ho capito solo grazie a Marco, grazie al kickflip e a tutte le lezioni, che io non sarò mai come lei. Ci ho provato, sì, ma non sono lei e penso che sia giusto così. Lei ha fatto il kickflip all'inizio, come primo trick, mentre per me è stato un'agonia. Non posso dimenticare mia madre, nessuno potrà mai dimenticare Stella García. Vivrà sempre nel mio cuore e nella mia anima, nei miei capelli scompigliati, nel mio skate, nei miei occhi marroni e nei miei intercalari spagnoli, ma io non sarò mai lei e continuare a provarci non farà che allontanarmi da me stessa.
Salto, imprimo la rotazione, la tavola gira, ricado perfettamente a terra sorridendo. Vorrei guardare Marco e gioire con lui del mio traguardo, ma mi deconcentrerei e non posso rischiare di rovinare tutto adesso.
«Elissa ha eseguito un perfetto kickflip!»
Sorrido, soddisfatta. Puoi dirlo forte.
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«È stata dura, non c'è che dire! I nostri giudici, però, sono riusciti ad arrivare ad una conclusione!»
Le gambe mi tremano, in mezzo a questa folla di adolescenti sudati che, come me, sperano di aver vinto e di poter essere premiati da uno degli skater italiani più famosi. Proprio Alessio Casadei prende posto vicino al presentatore, brandendo in mano un foglietto bianco.
«Okay, qui ho i nomi dei primi tre classificati in ordine sparso. Siete pronti?» chiede, parlando nel microfono che gli porge il presentatore. Un'onda di "sì" si propaga per tutta la folla, contribuendo solo di più a farmi battere il cuore all'impazzata. Terzo posto, duecentocinquanta euro. Secondo posto, cinquecento. Primo posto, mille. Lo skater che tanto ammiro inizia a leggere il primo nome.
«Jestica!» Rido, pensando alla bionda che sbuffa per il nome sbagliato, visto che non è accanto a me. La vedo posizionarsi accanto a Casadei, mentre con il solito sguardo scocciato maschera la sua ansia. Il presentatore sbircia dal foglietto del suo collega, sempre con il sorriso sul volto.
«Riccardo Santini!»
Anche il ragazzo appena nominato si avvicina ai presentatori, mentre il mio cuore sembra voler schizzare fuori dallo sterno. O sono tra i primi tre e posso vincere, o non ci sono e la giornata finisce così. Senza soldi, senza Milano, senza soddisfazione. Punto gli occhi sulle mie Old Skool, che alla fine ho accettato di mettere. Magari possono portarmi fortuna, visto che è iniziato tutto a causa loro.
«Elissa De Santis!» La voce di Alessio Casadei risuona nello skatepark, accompagnata dagli sbuffi dei ragazzi che non si sono classificati e dagli incitamenti dei miei amici, Giorgino compreso. Rialzo lo sguardo con uno scatto, sentendo di poter svenire. Per la prima volta, però, non a causa di un attacco di panico. Avanzo piano nella folla, avvicinandomi a Jessica per poi stringerle la mano. Mi fa l'occhiolino, riportando lo sguardo sui presentatori.
«Per tutti gli altri: siete stati grandi! Potete riprovare l'anno prossimo, saremo sempre qui!» La consolazione non consola proprio nessuno, tanto che qualcuno nella folla continua ancora a sbuffare per non essersi classificato fra i primi posti.
«Possiamo procedere, allora!» dice Casadei, sorridendo e prendendo fra le mani un foglio diverso dal precedente. Si schiarisce la voce, per poi iniziare a leggere. «Al terzo posto...» comincia, con momento di pausa. Silenzio tombale. Non io, non io.
«Riccardo, con trentadue virgola dodici punti!» Tiro un sospiro di sollievo, continuando a tenere lo sguardo basso e stringendo la mano di Jessica più che posso. Lei fa lo stesso: nonostante lo mascheri bene, è emozionata e fiera di noi, di quello che abbiamo raggiunto assieme. Alessio infila una medaglia di bronzo al collo di Riccardo, che sorride mostrando tutti e trentadue i suoi bianchissimi denti. Non sembra affatto deluso, tutto il contrario.
«E ora direi che passiamo direttamente al vincitore, giusto Alessio?» chiede infine il presentatore, mettendogli un braccio attorno alle spalle. Il ragazzo annuisce, voltandosi verso me e Jessica.
«Giustissimo! E quindi, senza indugio, a vincere l'edizione del duemila diciannove dello Skate Contest, per soli due punti di differenza dall'avversaria, è...»
Mia madre deve essersi sentita così, alla sua prima gara. Il cuore che scoppia dall'ansia, la paura di deludere tutti, di non essere stata abbastanza, di non essersi impegnata come avrebbe potuto. Il tempo sembra essersi bloccato, sento benissimo rimbombare nelle orecchie il battito del mio cuore, forte come un martello pneumatico.
«Elissa De Santis, con trentasette virgola trentacinque punti!»
Ed è così che Stella García si deve essere sentita. Magari è saltata anche lei addosso alla sua avversaria, la sua migliore amica bionda, ridendo e stringendola forte, sentendosi dire che era stata strepitosa e che se lo meritava. Deve essersi messa a piangere anche lei, mentre un famoso skater di Ostia le consegnava un trofeo, il suo primo trofeo. Deve essere stato bello anche per lei vedere i suoi amici sorriderle da dietro le transenne, che scalpitavano per poterle oltrepassare e abbracciarla. Chissà cosa ha detto lei, quando le hanno passato il microfono per farla parlare dopo la sua vittoria. Perché io me lo ricordo bene quello che ho detto.
«Grazie, mamma!»
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