I Moira

Avete presente quei segni che abbiamo sulle mani? Quelli a cui nessuno fa mai particolarmente caso, escludendo le poche persone che credono nella chiromanzia.
Infatti, per molti la figura della chiromante è spesso affiancata a una ciarlatana che truffa la gente,prendendosi i loro soldi senza dire nulla di vero. Nel caso ci azzeccasse, si é comuni storcere il naso, pensando: "É solo fortuna. Una coincidenza,un caso"
Eppure, esisteva un popolo, nel lontano regno di Kalos, la cui intera esistenza ruotava intorno a questo fatto.

Il nome della razza in questione era Moira.
Da millenni il potere era e restava ancora, nelle mani del re. Nessuno sapeva molto di lui.  Certo, si sapevano le sue azioni politiche attraverso i giornali e le stampe, ma il re per tutti continuava a restare un' identità  sconosciuta che agiva al di dietro di una grande scrivania.

I Moira era segnati da una maledizione:
I segni sulle loro mani mutavano ogni giorno, raccontando un destino immutabile al loro volere.
Non si sapeva cosa o chi li comandasse, ma si era soliti pensare a una specie di  entità  superiore, che probabilmente non aveva nulla di meglio da fare che comandarli come burattini.
Il fato nella lingua dei Moira era indicato come "cherix" ed esisteva un medico,il "cherixos"  specializzato nella lettura dei segni. Donne,uomini e bambini si recavano da esso una volta a settimana circa.  Fu proprio il re a rendere note le sue conoscenze sulla lettura dei segni, tramandandole nel tempo.  Per questo, ognuno gli era profondamente debitore.
Ovviamente, non vi erano solo cattive notizie, ma anche svolte positive nelle loro vite.
C'era chi, credendo fosse un dio a decidere il loro cherix, cercava di entrare nelle sue grazie con svariati doni, o sacrifici perfino. Ma purtroppo, sembrava che più si tentasse di essere visti di buon occhio, più crudele il destino scelto per loro sarebbe stato.
Non c'era alcuna certezza nelle loro vite. E spesso, non avere nessuna cosa certa a cui potersi aggrappare, ci fa cadere nel vuoto.
Erano caratterizzati da un animo diffidente, sensibile e mutabile proprio come la loro sorte.
Ma nella massa c'è sempre qualcuno che brilla, positivamente o non, differenziandosi dagli altri.
E in questo racconto, quel qualcuno si chiamava Keira.
Era una ragazza aperta e vivace e probabilmente l'unica fra i suoi conoscenti, in cui luccicava ancora un barlume di speranza per la libertà.
La sua famiglia, gli Yuro, non vedevano queste come delle buone qualità, bensì come futili sentimenti.
La speranza e la libertà, nel loro giudizio, erano inutili.

I Moira sapevano di essere gli unici sull'intero pianeta ad essere affetti da una simile maledizioni. Svilupparono  sentimenti di pura invidia nei confronti degli altri regni , popolati da coloro  che avevano la possibilità di scegliere, ma che erano spesso troppo codardi per farlo. i Moira erano bloccati in una strada a senso unico. Il carattere difficile della comunità, per niente aperto, chiuso nel proprio senso di dolore e nella certezza di non essere capiti, allontanò sempre di più i Moira dai contatti con il mondo.

Come Keira fosse cresciuta  priva di risentimento e rabbia, era un mistero per gli Yuro.
Giá dalla tenera etá di sette anni, vide la morte con i suoi occhi, capendo poi, la maledizione della sua stirpe.
Era una calda giornata di luglio, quando Keira arrivò di fronte alla villa della zia Samantha. I genitori partirono sgommando sulla ghiaia, senza degnarla di un saluto. Ormai, la bambina aveva imparato a non aspettarsi nulla. In confronto all'amato fratello John lei era solo un peso, ma la cosa aveva smesso di rattristarla già da un po'. Perché soffrire e affaticarsi per dei parenti che non le avrebbero mai voluto bene? Avrebbe trovato l'amore della famiglia altrove,si diceva.
E quel tipo di affetto, l'aveva giá trovato nella zia Samantha.
Anche quella donna, esattamente come lei era stata da sempre un'emarginata nella  famiglia, ma aveva dimostrato di potersi reggere benissimo sulle proprie gambe.
Non era cambiata per piacere agli altri,era rimasta se stessa e con il tempo aveva trovato persone che la accettavano così come era.
Il fatto che vivesse da sola in quella enorme villa non aveva fatto altro che ingigantire la opinione  che tutti i famigliari avevano di lei: una donna sola e patetica.
Certo, loro non sapevano quanto la zia si divertisse alle loro spalle, organizzando grandi feste ogni settimana con amici e conoscenti.
Se solo avessero chiuso la bocca per un attimo, aprendo gli occhi annebbiati da parole di odio e scherno, avrebbero visto uno sciame di gente che entrava e usciva da quella villa.
Ma questo non sarebbe mai successo.

La bambina sospirò, trascinandosi dietro il grande trolley azzurrro a fatica. Erano le otto di sera, la temperatura era scesa e si stava davvero bene. La villa della zia era circondata da un giardino rigoglioso e ben curato, con alte querce ad impreziosirne l'aspetto. Keira era stata in quella casa parecchie volte, ma non c'era occasione in cui non camminasse con il naso all'insù, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo. Non si accorse nemmeno di avere già superato la zia, che l'aspettava con le braccia aperte a metá del viale.
Samantha scoppiò a ridere,facendola finalmente voltare verso di lei. Indossava un vestito color lilla, stretto in vita e lasciato cadere morbido sui fianchi e  un grande capello di paglia bianca.
-"Zia!"- strillò Keira correndole in contro.
Si strinsero in un abbraccio e la ragazzina si sentì estremamente felice: sarebbe stata per due settimane con la sua adorata zia.
E così, avvolte da un'atmosfera di gioiosa rimpatriata , entrarono in casa.

Keira sedeva sul davanzale della finestra, dondolando lentamente le gambe mentre osservava attraverso l'alta vetrata un gatto aggirarsi per il giardino.  Sembrava una pantera, con quel manto nero lucido , gli occhi di un verde intenso, ma gelido.
Lui ricambiava il suo sguardo e Keira era pervasa da una strana sensazione all'altezza del petto. Erano così familiari, eppure non riusciva a collegarli a niente e nessuno.

-" Ehi tu, dammi una mano a fare i biscotti "- la voce della zia Sam alle sue spalle la fece sussultare, interrompendo il contatto visivo con il felino.
-" Arrivo."- mormorò. Un solo secondo e il gatto era giá sparito chissà dove.
Si avviò in cucina, avvertendo un odore di bruciato pizzicarle le narici.
Nonostante la zia avesse un amore sconfinato per la cucina, era negata in quel campo.

-" La prima teglia é andata, ma scommetto che con un altro paio di maniche la seconda sará perfetta!"- esclamò la zia, osservando i biscotti anneriti e fumanti con una piccola smorfia.
Keira le si avvicinò gettando di sfuggita uno sguardo alla finestra per controllare se il gatto fosse di nuovo nei paraggi.
-" Cerchi Moon ?"- le chiese Sam, svuotando i biscotti falliti nel cestino.
-"Moon?"-
-" Oh sì , quel gatto che osservavi prima. Viene spesso qui. L'ho soprannominato così perché in qualche modo mi ricorda la luna, misteriosa e silenziosa. "-
-"Moon.."- ripetè Keira tra sè e sè, ripensando al gatto. Sì, quel nome gli calzava a pennello.
Si sollevó in punta di piedi, cercando di sovrastare con la sua minuta statura l'imponente ripiano di legno su cui la zia stava stendendo l'impasto.
Con il nasino schiacciato contro il tavolo e gli occhioni neri rivolti verso l'alto, la zia Sam  la trovò così buffa e tenera che non poté fare a meno di ridere.

-"Zia, cos'è questo segno?"- le chiese la bambina, indicando una piccola croce solcare il palmo di Samantha, la cui risata si spense improvvisamente.
-"Non è nulla tesoro"- rispose, gli occhi le erano diventati umidi.
Keira non era per niente convinta, così cercò di distrarla improvvisando strane smorfie.
Quando Samantha vide la preoccupazione negli occhi della piccola, la mandò in salotto a guardare la televisione, sapendo che non sarebbe riuscita a mentirle.
Lei non doveva sapere,ancora. Era giusto che almeno l'infanzia potesse viverla nella beata ignoranza, felice e senza alcun timore di un destino fuori dal suo controllo.
Chiamò i genitori di Keira per chiedere loro di venire a prendere la figlia,prima che il suo cherix si compiesse. Quella croce era definitiva e indicava una cosa sola:morte.
-"Alex, ascolta..."-
-"Non ci penso nemmeno Sam. Sai quanta strada ci tocca fare per arrivare da te?"- il fratello dall'altro lato, non la voleva ascoltare.
-" Alex ti prego, sto per morire lo capisci? Rispiarmiale almeno questa sofferenza "- lo supplicó.

-" Ho capito.....cerco di arrivare il più presto possibile"- acconsentì sospirando.
Non era mai stato gentile nei suoi confronti,come il resto della famiglia, ma infondo non era una cattiva persona.
Samantha chiuse la chiamata, scossa da emozioni così forti che le cedettero le ginocchia. La rabbia e la tristezza si mescolarono nella sua anima.
Pensava di avere ormai accettato il suo cherix da tempo e di essere preparata al suo destino  ma si sentiva così triste: avrebbe voluto vivere di più e insegnare a Keira più cose.
La bambina giunse trafelata in cucina,chinandosi accanto alla zia preoccupata.
Samantha la strinse forte,sentendo le forze abbandonarla .
-" Non lasciare che nessuno ti cambi,okay? Sii sempre te stessa, credi in quello a cui tieni e non essere mai come gli altri. Non giudicare le persone alle prime apparenze,vai sempre oltre, perché la vista è ingannevole. Cerca di essere sempre felice, e di non nutrire rancore verso le persone, sii forte....e anche se ora non capisci, cerca di tenere queste parole a mente,Keira"-
-" Sì"- rispose lei, stringendo di più la zia.
Ma quando si accorse di non sentire più il suo respiro  si scostó, per poterle osservare il volto.
Aveva le guance bagnate dalle lacrime, gli occhi vuoti fissi a terra.
La vista  di Keira fu annebbiata dalle lacrime  mentre  tentava invano di svegliarla dal sonno eterno in cui era caduta.
I genitori di Keira arrivarono tardi,trovando solo una piccola bambina che piangeva mentre stringeva il corpo senza vita della zia.

Keira crescendo capì sempre meglio quello che provò quel giorno. Si chiamava:essere impotente.
Impotente, perché non aveva potuto fare nulla per lei, per aiutarla. Impotente perché non avrebbe mai potuto mai fare niente per aiutare nè se stessa, nè qualcun altro.
Si ritrovò ad odiare la parola cherix e ad avere un solo obiettivo: romperlo.

----------------------------------------------------
Scusate i capitoli saranno un po' corti. In teoria, essendo una storia breve, l'avrei messa tutta in un solo capitolo, ma forse poi sarebbe stato troppo lungo, così ho preferito dividerla in più parti. Ditemi che ne pensate.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top