Capitolo Quarto

Appena il Dkarpt e la Kukirtoa uscirono dalla porta mi lasciai travolgere dalle emozioni. Rivivere il tutto era come essere sotto il getto di una cascata, glaciale e doloroso.

Non gli avevo raccontato tutto. Non gli raccontai di Caren, Ade e Ceva; e chi erano per me. Quanto le loro vite pesavano sulla mia coscienza come massi. Perché non ero riuscito a salvarle ed ora ero da qualche parte, relativamente sano e salvo (per quanto ne sapevo).

Sospirai, ma avrei preferito scoppiare in un fragoroso pianto. Mi sentivo rotto, in tanti piccoli pezzettini che erano praticamente impossibile da incollare di nuovo insieme.

In quel momento, la porta si aprì senza cerimonie, spalancandosi.

Entrò un altro Kukirtoa, e come tutti quelli della loro specie era incredibilmente attraente. La sua pelle esteriore era come illuminata da una luce angelica e i suoi occhi brillavano di vita propria. Mi fu difficile trattenermi dal fissare e non notai nemmeno il vassoio che teneva tra le mani.

Lo ringraziai in un sussurro e lui chiuse frettolosamente la porta. Avevo detto qualcosa di male? Non mi sembrava. Era probabilmente per il mio insistente osservare. Inizia a divorare il cibo pensieroso, pur essendo che non mi piaceva pensare. Finivo sempre per diventare estremamente negativo e pessimista.

Cercai di trovare una distrazione dal pensiero di Caren, Ceva e Ade e della loro probabile morte. Mi guardai intorno e notai dei vestiti alla base del letto. Bianchi.

Dopo aver finito di mangiare ed essermi vestito mi avvicinai alla porta.


- Come fai ad essere sempre cosi indeciso, Jodel?

Caren mi guardava, i capelli raccolti in una coda alta. Io scrollai le spalle e risposi:

- Penso alle diverse opzioni, faccio una lista dei vantaggi e dei svantaggi e poi faccio la mia scelta. Se, però, fanno tutti e due dei ottimi argomenti lascio decidere agli altri.

Sorrisi leggermente imbarazzato, Caren, però, pesò le mie parole.

- Ma, così, non riuscirai mai a prendere delle scelte!

Il mio sorriso sparì e fu rimpiazzata da un'ennesima scrollata di spalle.

- Ho te.

Caren sbuffò divertita.

- Idiota.

Scoppiai a ridere, seguito da Caren.


Avevamo solamente undici anni e già ero un disastro, con troppa paura di sbagliare che mi fermava da fare qualsiasi cosa di pericoloso senza la compagnia di qualcun altro. Di Caren per la precisione. Lei era temeraria, non aveva paura e viveva per vivere. Viveva per sentire l'aria tagliente fra i capelli, per le emozioni che ti prendevano il possesso del corpo, viveva per vedere l'universo e rimanere meravigliata.

Guardai la porta e la aprii, contrario da ciò che la mia mente diceva.

Quando fui fuori mi trovai in un corridoio spoglio, bianco e silenzioso. A passo lento inizia a dirigermi verso destra, cercando di ricordarmi tutte le svolte per una futura fuga verso la mia camera. Se potevo definirla mia.

Camminai per diversi minuti, abbastanza da pensare di girare i tacchi e tornarmene in camera, quando sentii del rumore. Grugniti, chiacchiere, risa musicali, clangori di metallo contro metallo e spari.

Girai l'angolo e mi ritrovai in un'ampia sala dalle pareti lisce; nei quali alieni, di diverse forme e colori, ognuno con una passato e una cultura alle proprie spalle, passavano il tempo. C'era chi si rilassava ai bordi della sala, chiacchierando in gruppi numerosi, e poi c'erano, in centro alla sala, coloro che si armeggiavano con armi. Spade dalla lama incandescente, pistole a laser e armi così rare e letali che si vedevano soltanto nelle parti più remote dell'Universo Intergalattico, dove guerre cruente stavano portando alla devastazione di interi sistemi solari. Non che importasse a qualcuno.

Tutti rimanevano impassibili alle notizie che riuscivano a trapelare da quei quadranti. Dicendo che quelle guerre non erano problemi loro perché coloro che le combattevano erano dei primitivi, e non si volevano intromettere in guerre primitive. Probabilmente per non vedere il loro esercito decimarsi sotto il fuoco dei cosiddetti primitivi.

Guardando una Kukirtoa, la stessa che mi ero trovato nella mia stanza al mio risveglio, che si avvicinava verso di me a passo sicuro, come se governasse tutti gli alieni in questa sala, non mi parve un essere primitivo, ma un'aliena determinata, capace di uccidere in tredici modi diversi usando solamente uno stuzzicadenti.

Mentre apriva bocca, mi domandai se alle popolazioni circostanti gli sarebbe interessato degli avvenimenti fra Ksafrï e Triepd, dell'Essiut e del rapimento dei migliaia di abitanti di Payx.

- Sono Victoria di Shiko, dei Kukirtoa, Ammiraglio della flotta Alpha e vice capo dei Peace Renegades. Mi sembra che ci siamo già incrociati.

Era potente, non soltanto pericolosa. Mentalmente, la misi nella lista di persone da non far arrabbiare, subito dopo Ade.

- Jodel di Payx, dei Ksafrïv. Mi stava fissando quando mi sono svegliato.

Chiaramente, non era la miglior cosa da dire, ma non ero mai stato molto delicato. Sulla faccia di Victoria apparve il fantasma di un sorriso che presto venne smascherato da freddezza e professionalità, i suoi occhi, però, risplendevano divertiti.

- Ti consiglio di tenere a freno la lingue se vuoi farti strada fra i ranghi di questa società, o semplicemente sopravvivere.

Mi lanciò uno sguardo fuggiasco prima di fare segno ad un altro Kukirtoa di avvicinasi. Soltanto allora notai gli sguardi che ci venivano rivolti, probabilmente era strano vedere Victoria in giro per la nave chiacchierare con le nuove reclute. Se così potevo definirmi.

Il Kukirtoa che si avvicinò mi fece rimpiangere di essere uscito dalla mia stanza per avventurarmi, perché mi ritrovai in fronte il Kukirtoa che mi aveva portato il vassoio. Cercai di non notare i suoi occhi luminosi o qualsiasi cosa di particolarmente attraente, preferendo far cadere il mio sguardo sulla spada al suo fianco. Era una spada sottile, a due mani (non mi intendo di spade ma ero alquanto sicuro che si trattasse di una Spada Bastarda) e con la lama incandescente.

Victoria si girò verso di me, sorridendo, e i grandi occhi a forma di disco riflettevano il suo continuo pianificar. Mi preparai al peggio.

- Jodel, ti presento Danik di Antok, dei Kukirtoa. Danik, ti presento Jodel di Payx, dei Ksafrïv.

Si girò nuovamente verso Danik, il quale solo guardarlo mi portava un calore alla faccia inspiegabile.

- Confido in te che lo alleni con attenzione, sarebbe un dispiacere se morisse.

Per un attimo sorrisi al pensiero che Victoria non volesse che morissi, poi ci pensai su. C'era uno strano tono nella sua voce che mi portava a pensare che avesse secondi fini per me. Ciò non mi piacque affatto.

- Ora devo lasciarvi, fra poco avrò una riunione. Spero che vi... divertirete.

Guardai mentre Victoria camminava fuori dalla Sala a testa alta e passo sicuro. Un groppo in gola mi si era formato e quando mossi lo sguardo verso Danik, riuscì soltanto ad annuire al suo:

- Mi sa che allora dobbiamo cominciare.

La Kukirtoa mi aveva lasciato in pasto al lupo. Un lupo estremamente carino.


Angolo Autrice:

Trovo estremamente semplice scrivere questa storia, i personaggi sono infurianti (ma, suppongo, che per una buona storia devi provare qualcosa per i personaggi) e, si, mi riferisco a Jodel. Il caro Jodel a cui sto passando la mia negatività e il mio modo di pensare.

Forse, è per questo che non lo sopporto.

In ogni caso, fa male beccare una cascata in testa o sulle spalle (lo so per esperienza) ma lo consiglierei a tutti. Un'esperienza indimenticabile (anche se io, personalmente, non ci vedevo niente).

L'altro ieri, a scuola, ho avuto molto tempo per fare niente. Così, mi sono messa a disegnare e dal foglio sono apparsi i miei due personaggi preferiti!

Ci vediamo al prossimo Capitolo (speriamo, perché non riesco a scrivere la scena introduttiva del Quinto Capitolo),

Lily

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