4. Nicole
-Psss. Eiii – sento nel corridoio.
-Chi è? – chiedo.
-Sei quella nuova? – mi chiede una voce femminile ignorando la mia domanda.
Mi accorgo che la voce proviene dalla cella affianco alla mia e mi avvicino a quel lato della parete.
-A quanto pare –
-Piacere, Nicole – vedo una mano fuoriuscire dalle sbarre della sua cella.
Mi schiaccio contro il muro per arrivarci e gliela stringo.
-Cate – dico sperando che almeno lei non pretenda di sapere il nome completo.
Non dice nulla riguardo al mio nome.
-Allora? Che hai combinato? – mi domanda invece.
-Disturbi neuro cognitivi. Principalmente sono qui perché per i miei genitori non è finita bene –
-Ahia, brutte questioni quelle di famiglia –
-Già – concordo sicura che Nicole non abbia capito la situazione. Tuttavia mi va bene così.
-E tu? – le chiedo.
-Tenevo svegli i vicini a causa di ripetuti incubi. Soffro di sonnambulismo ed una notte mi sono ritrovata armata di coltello nella casa della vecchietta che abitava di fianco a noi. Da qui almeno non possono sentirmi urlare quando mi addormento – ridacchia nervosa.
-Brutte questioni anche quelle con il vicinato – affermo.
-Già – ribadisce.
Qualche secondo di silenzio e poi scoppiamo a ridere entrambe.
Non sembra poi così matta questa Nicole.
È passata una settimana da quella prima conversazione assurda e imbarazzante. Ormai Nicole è l'unica persona con cui parlo qui dentro.
Col passare dei giorni mi sto adattando a questa vita, mi sto abituando a convivere con farmaci di cui non ho bisogno, infermiere che interagiscono con me nello stesso modo in cui lo farebbero con una bambina e cibo della mensa più tremendo di Anne. Ho scoperto anche che quella simpaticona se la fa con il capo di questo istituto ed è carina e gentile solo quando c'è lui nelle vicinanze. Si chiama Joe ed è la persona più normale che abbia conosciuto da quando sono qui. Forse perché tratta noi come persone normali e sa che il nostro cervello ha più o meno la stessa età che dimostra il nostro aspetto.
Inoltre Nicole mi ha informato del fatto che le fondamenta di questa struttura stanno cedendo e non è nemmeno antisismica.
Ho davvero paura di morire qua dentro.
Ho una teoria tutta mia riguardo alla morte: penso che non esistano l'inferno o il paradiso, perché credo siamo destinati tutti a vagare per l'eternità nel luogo in cui perdiamo la vita.
È per questo che ho sempre avuto paura degli ospedali (la maggior parte delle persone muore lì) e non ho mai partecipato alle gite scolastiche nei siti archeologici.
Beh, se la mia teoria avesse un fondo di verità, sarebbe uno strazio morire qua dentro.
Nicole ride alla mia assurda spiegazione dell'aldilà.
-Che c'è? Ha senso! – protesto.
-Sì, è sicuramente la cosa più sensata che abbia sentito da quando sono chiusa in un manicomio. Mi chiedo davvero cosa ci faccia una mente come la tua qua – ora ride anche più forte.
-Mi stavi simpatica fino a pochi minuti fa – alzo gli occhi al cielo.
Lei mi fa la linguaccia.
Siamo nel cortile dell'ospedale per la nostra uscita giornaliera.
Non so perché, ma quando ho visto Nicole dopo averci parlato da dietro un muro, l'ho trovata esattamente come me la sarei aspettata. Ha i capelli corti neri, le guance e il naso tempestati di lentiggini e gli occhi vivaci color caramello.
Ha un carattere bellissimo: nonostante il suo oscuro passato sorride sempre e ha la capacità di trasmettere allegria a chi le sta attorno anche per qualche minuto.
Le piacciono i Green Day e le margherite.
La sua vivacità però viene offuscata ogni notte da ripetuti incubi che la portano molto spesso ad avere paura anche della sua stessa ombra.
Mi ha confidato di non essere capace di relazionarsi facilmente con le persone, ma a quanto pare con me è stato diverso.
È estremamente meteoropatica, nelle giornate di pioggia perde completamente la capacità di parlare mentre quando c'è il sole nemmeno i sonniferi riescono a farla stare zitta o ferma.
L'orologio di Matt emette un fastidioso bip bip e capiamo che il momento della libertà vigilata è scaduto.
-Sono contenta che tu sia qui. Cioè, non fraintendermi, non sono felice che tu sia chiusa in un posto del genere, ma non pensavo potessi trovare qualcuno con cui interagire in un contesto come questo – le confido.
-Anche a me, era da tanto che non parlavo sinceramente con qualcuno, grazie di ascoltarmi, non è una cosa scontata per me – mi sorride.
È bello avere un'amica. È una presenza che nella mia vita è sempre mancata.
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