38. Tu sei il mio motivo
Un uomo sulla quarantina ci mostra il tesserino. Come se dall'uniforme non si fosse capito chi è.
-Cateline Russel e Andreas Anderson, dovete seguirmi in caserma –
Non ci punta contro una pistola, né ci lega con delle manette, ed i suoi colleghi si limitano a mostrarci il percorso verso la macchina, senza strattonarci violentemente come mi è già stato fatto fin troppe volte.
Forse non andrà così male. Cerco di incoraggiarmi.
Li seguiamo all'interno dell'auto e arriviamo alla stazione di polizia di Manchester. Conosco questo posto come le mie tasche, ci ho passato dentro interi pomeriggi a testimoniare le colpe di mia sorella.
Chissà se riusciranno mai a credermi.
-Cate! – mi accoglie con un largo sorriso un poliziotto amico dei miei genitori. Si chiama Luke – Che hai combinato sta volta? Sei riuscita a scappare anche dall'ospedale? – mi chiede con un occhiolino.
Gli faccio un sorriso tirato. Lui sa la verità. Ha sempre aiutato i miei genitori a nascondere Lauren. Forse se non fosse per lui io non mi troverei nemmeno in questa situazione. Forse lui può aiutarmi ad uscirne.
-Luke, tu conoscevi i miei genitori. Sai che non sono stata io a ucciderli. Sai che io non sono pazza, ti prego aiutami – lo supplico .
-Cate, credimi, non ce n'è bisogno – mi risponde.
-Cosa? Luke tu non puoi lasciare che mi facciano tutto questo, tu sai la verità! – gli urlo contro mentre un poliziotto mi spinge via.
-Signorina, dobbiamo andare – mi ammonisce quest'ultimo.
-Cate, stai calma, okay? – mi sussurra Andreas accarezzandomi con il pollice la mano stretta alla sua.
Annuisco leggermente seguendo i poliziotti.
Ci conducono in un ufficio al cui interno sono già sedute Lauren ed Anne.
Che cosa significa tutto questo?
Lauren si accorge della mia presenza e si volta a guardarmi.
Mi sembra di vedere un mezzo sorriso sulle sue labbra, ma forse è solo un'impressione.
L'istinto di correre ad abbracciarla è forte, ma ancora di più lo è la rabbia nei suoi confronti.
-Cate – sussurra.
-Si può sapere cosa succede? – chiedo in tono duro alla polizia.
-Signorina Russel, lei è qui per un interrogatorio. Può accomodarsi sulla sedia di fianco a sua sorella – mi dice un uomo seduto alla scrivania che ha tutta l'aria di essere il capitano.
Obbedisco sedendomi di fianco a Lauren che non mi ha tolto gli occhi di dosso. Io non la guardo: so che, se lo facessi, non sarei più capace di confessare la verità.
-Signor Anderson, lei può restare lì in piedi –
Andreas fa un mezzo sorriso divertito obbedendo.
-Allora signorina Cateline, lei conferma di essere la sorella della signorina qui presente Lauren? –
-Sì, lo sono – annuisco.
-Bene, la signora anche lei qui presente Anne Forward è arrivata qui in caserma poco fa descrivendoci la situazione che adesso le spiegherò: Lauren Russel è giunta all'istituto presso il quale lei, Cateline, era detenuta, dicendo di avere ogni colpa riguardo all'omicidio dei vostri genitori, Sophia Prior e David Russel. I seguenti avrebbero, secondo la dichiarazione di Lauren, protetto quest'ultima dai suoi disturbi neuro cognitivi, attraverso delle documentazioni false, secondo le quali lei, signorina Cateline, risulta essere malata. È la verità? – pronuncia lentamente l'ultima domanda, tanto che la sento riecheggiarmi nella testa negli attimi che precedono la mia risposta.
Solo a questo punto mi volto a guardare Lauren che mi sta sorridendo. Ha confessato.
Lo ha fatto prima di me.
Ha deciso di prendersi ogni responsabilità, di rendermi libera.
Ma perché lo ha fatto? Perché adesso che io ero ad un passo dal precederla?
-Sì – rispondo lentamente.
-Signorina Russel, sta dicendo che lei per tutti questi anni ha mentito? Si è finta un'altra persona, ha ingerito dei medicinali di cui non necessitava, si è presa ogni colpa ed è addirittura stata tenuta prigioniera per diversi mesi senza alcun motivo? –
Annuisco mentre il capitano parla, guardando in basso.
-Perché lo ha fatto? – mi chiede infine.
È così facile rispondere e allo stesso tempo così difficile. La verità la so, la sappiamo, ma non sono mai riuscita ad ammetterla apertamente.
È arrivato finalmente il momento di farlo.
-Perché le voglio bene – rispondo quasi con un sussurro. Alzo la testa verso il capitano che continua a guardarmi confuso, e continuo – Perché è mia sorella, perché avrei fatto qualsiasi cosa pur di proteggerla e... per i miei genitori. Perché non potevo perderli, perché erano l'unica cosa che avevo – mi bruciano gli occhi e devo fare uno sforzo immenso per non piangere.
-Ma gli ha persi comunque – mi fa notare lui – Perché continuare a mentire dopo la loro morte? –
-Perché non avevo un motivo per smettere di farlo – dico senza pensarci troppo.
-E adesso? Adesso ce l'ha un motivo? – insiste lui.
Sì. Adesso ce l'ho.
-Andreas è il mio motivo –
Solo adesso mi accorgo che le mani di Andreas sono poggiate sulle mie spalle, chissà da quanto tempo.
Mi volto a guardarlo e vedo che mi sta sorridendo fiducioso.
Una lacrima mi scende dagli occhi ma non la fermo.
-Okay, penso che possiamo continuare l'interrogatorio più tardi. Potete uscire tutti per dieci minuti – ci informa il capitano spostando la sua concentrazione su alcuni documenti.
Mi alzo, seguita da Andreas ed Anne, ma noto che Lauren resta seduta.
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