27. Non ti lascio andare
Andreas nelle ultime due settimane non è venuto a lavoro. Dopo la prima settimana ho chiesto spiegazioni alla guardia che è qui per sostituirlo e mi ha detto che si è preso un periodo di riposo.
Chissà come mai. Non penso lo abbia fatto per ignorarmi, ci sarebbe comunque riuscito benissimo se avesse voluto, o almeno, io l'avrei costretto a farlo.
Mentre sono ancora impegnata a chiedermi per quanto tempo Andreas vorrà stare via dal lavoro, sento la sua voce nel corridoio.
-Anne ha detto che puoi tornare nella tua sezione, grazie per avermi sostituito –
Andreas passa nel corridoio lanciando un'occhiata all'interno di ogni cella, ma quando passa davanti alla mia neanche si gira.
Qualcosa dentro di me si muove.
Non fa niente. Non mi importa più.
Non mi importa, però ho paura di perderlo, nonostante il male che mi ha fatto. Sono una contraddizione, lo so: non voglio che mi parli, voglio che mi stia alla larga, ma non voglio nemmeno che mi ignori.
Perdo un po' di tempo aggiustando qualche disegno che avevo già fatto quando all'improvviso mi ritrovo tra le mani il ritratto dell'artista di Londra. Non posso far a meno di perdermi a guardarlo, ad osservare le mani di Andreas che sembrano fatte apposta per accarezzarmi, per chiudersi nelle mie e per poggiarsi sui miei fianchi attirandomi a sé per baciarmi.
Chiudo gli occhi per un momento cercando di ricordarmi quelle sensazioni.
Chissà se anche a lui capita.
L'allarme dell'istituto che informa dell'ora di pranzo si diffonde per il corridoio della sezione.
Rimetto velocemente a posto tutti i disegni aspettando che Andreas venga ad aprirmi.
Apre tutti gli altri cancelli prima di arrivare al mio con assoluta calma. Sa che all'ora di pranzo deve aprire la mia cella per prima perché quando si tratta di cibo non aspetto nessuno, e so che ci sta mettendo tutto questo tempo di proposito.
Che stronzo.
Dopo avermi fatta abbastanza innervosire riguardando ripetutamente le chiavi alla ricerca della mia, finalmente la trova. Non so perché, ma ho come l'impressione che stesse aspettando che la sezione si liberasse prima di venirmi ad aprire. E ci è riuscito dato che ormai la sezione, a parte me e lui, è vuota. Anche Nicole è già andata a mangiare.
Appena apre il cancello, io mi affretto ad uscire senza guardarlo in faccia, ma lui mi trattiene per un polso.
I brividi.
Non mi giro.
Lui non dice nulla e capisco che parlerà solo quando mi sarò girata. Ed io lo faccio.
Metto su uno sguardo interrogativo.
-Dovrai fare a meno del tuo pranzo per oggi – mi sventola davanti agli occhi un certificato medico. Un altro.
Ha voglia di farmi incazzare.
Ridacchio amaramente.
-Fammi indovinare, un altro certificato medico fasullo di cui però Anne è a conoscenza perché ha come obiettivo quello di conoscermi meglio? Che cosa ti interessa sapere adesso, signor detective, il mio numero di scarpe? – chiedo ironica.
Lui alza gli occhi al cielo ma non mi risponde e mi trascina fuori dalla sezione.
Lo vedo guardarsi intorno ripetutamente e cercare di passare inosservato allo sguardo dei suoi colleghi. Quando arriviamo all'ingresso mi spintona dietro i distributori del cibo.
-Aspetta qui – mi ammonisce.
Lo vedo raggiungere la scrivania di Anne e inventarsi una scenetta che porta quella vipera a lasciare l'ingresso e a dirigersi velocemente verso l'ascensore. Abbozzo un sorriso.
Andreas aspetta che l'atrio sia vuoto e poi mi fa silenziosamente segno di seguirlo fuori. Ma che si è messo in testa?
Raggiungiamo la sua moto e mi infila il casco senza aspettare che provi ad allacciarlo da sola: sa che non ci riuscirei.
Salgo dietro di lui e mi aggrappo ai suoi fianchi prima che parta. Basta barriere.
Mi porta a Manchester. Parcheggia la moto vicino al centro e poi passeggiamo per un po' in silenzio.
Che strano essere qui. Che strano essere con Andreas.
Cazzo, non mi sento per niente a mio agio in questa situazione.
Cosa dovrei fare?
Anzi, dovrei fare qualcosa?
O è lui che deve fare qualcosa?
Ah, insomma, è lui che mi ha portata qui, che ha organizzato sta roba, io non devo fare proprio nulla.
Però che si muova a fare qualcosa che mi sto rompendo il cazzo.
E se si sta rompendo il cazzo pure lui e aspetta che faccia qualcosa io?
Ma io non devo fare proprio nulla.
Perché, cazzo, lui non fa nulla?
Sospiro, forse troppo a fondo e rumorosamente, perché Andreas si accorge di dover prendere in mano la situazione.
-Non pensavo saresti venuta così facilmente – dice per rompere il ghiaccio – ero pronto a prenderti in braccio se fosse servito –
È a disagio anche lui.
Mi accorgo che siamo arrivati in un vicoletto chiuso così siamo costretti a fermarci e a guardarci finalmente in faccia.
Sospiro.
-Andreas voglio spiegazioni –
Sospira anche lui evidentemente rilassato.
-Sono contento che tu l'abbia detto –
Non dico nulla, aspettando che sia lui a parlare.
-È vero, ti ho portata fuori dall'istituto perché Anne mi ha chiesto di farlo, voleva da tempo che io e te entrassimo in confidenza. Ha notato qualcosa di strano nella tua storia e negli esami che hai fatto prima di entrare qui e mi ha chiesto di scoprire la verità. Ovviamente non le ho detto nulla. Sì, mi sono avvicinato a te perché me l'ha chiesto Anne ma se c'era una cosa che mi ha raccomandato era quella di non innamorarmi di te. Mi ha addirittura minacciato di licenziarmi se avesse scoperto che mi facevo una detenuta. Non so perché per lei fosse così importante che tra noi due non ci fosse nulla, ma a quanto pare ho trasgredito alle regole – sorride – Cate quello che provo per te va al di là di una stupida mansione, quello che ti ho detto è tutto vero, non potrei mentire su una cosa del genere. Ti amo più di me e non so quanto questo possa contare per te, ma sono disposto a lasciare il lavoro per dimostrarti che non me ne frega niente di Anne e di tutta quella merda –
Restiamo un attimo in silenzio.
-Ma non senza portarti via con me – conclude.
-Vorrei potermi fidare ma ho paura di essere presa in giro, lo sono stata troppe volte Andreas, e lo sai. Eri l'unico di cui mi fidassi veramente lì dentro –
-Cate farò di tutto pur di guadagnarmi di nuovo la tua fiducia, lo giuro. Cazzo, non potrei mai prenderti in giro. Prima di te la mia vita non aveva senso, da quando ci sei tu ho un buon motivo per alzarmi la mattina e venire a lavoro, tutto ciò che conta per me ormai è la tua felicità. Sentirti distante nell'ultimo periodo mi ha ammazzato –
Non rispondo nulla.
-Per me sei importante, Cate – sussurra – Dammi una seconda possibilità, ti dimostrerò di tenerci davvero – mi accarezza una guancia ed io piego leggermente il collo.
Non voglio negargli una seconda opportunità, sarebbe come negarla a me stessa e alla mia felicità.
Mi alzo sulle punte e lo bacio.
Posa una mano sul mio fianco e con l'altra mi alza leggermente il mento mentre continua a baciarmi.
-Mi sei mancata da morire – sussurra.
Vorrei dirgli che anche lui mi è mancato da morire, che ho fatto finta che non me me ne fregasse nulla per proteggermi, nonostante con lui non me ne freghi nulla di proteggermi e che non so come faccia ma riesce ad abbattere sempre tutte le mie difese.
Però resto un silenzio, con il viso a pochi centimetri dal suo e la bocca che muore dal desiderio di azzerare le distanze.
-E, per la cronaca, Anne non sapeva nulla di quel certificato –
Ridacchio e premo le mie labbra contro le sue.
Non farmene pentire stavolta.
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