25. Mi hai presa in giro
Stamattina non vengo svegliata da un incubo, o da un'alba sulla spiaggia, ma dall'odore del caffè che si sta riscaldando sui fornelli della cucina della nostra stanza.
Mi guardo attorno ma non vedo Andreas.
Ieri mi sono addormentata col sapore dei suoi baci e vorrei davvero potermici abituare ma so che, quando torneremo in quella prigione, tutto sarà diverso.
Io sarò diversa.
Non so se dopo questi giorni sarò più in grado di far credere agli altri di essere veramente malata.
Sono sempre più stanca di queste menzogne, e ho sempre meno voglia di proteggere Lauren ora che questo significa mettere in pericolo me e la mia vita.
Questa mattina dobbiamo ripartire.
Vorrei solo restare qui per sempre. Con Andreas, per sempre.
Ad un certo punto lo sento parlare al telefono in bagno.
Mi alzo e mi avvicino lentamente alla porta del bagno incuriosita.
-Sisi, Anne stai tranquilla –
Anne!?
-So di aver portato qui Cateline per una ragione e ci sto lavorando, ma la ragazza non sembra davvero nascondere nulla–
-Ho tutto sotto controllo, oggi la riporto all'istituto e in treno cerco di scoprire qualcosa –
-Nono, l'ho portata al mare per farla rilassare un attimo sperando che riuscisse ad aprirsi, ma nulla, non ne vuole sapere di parlarmi di sé. Anne per me sei solo paranoica, la ragazza non ha nulla da nascondere altrimenti a me l'avrebbe già detto. Puoi metterti l'anima in pace. È solo una pazza, anche se avesse qualcosa da dire, come potresti crederle? –
-Cosa? Assolutamente no, è una delle tante pazienti, come potrei provare qualcosa per lei, Anne, ma di cosa stiamo parlando? Dai fammi chiudere che tra un po' abbiamo il treno. Ci vediamo –
Mi allontano lentamente dalla porta e vedo le mie mani tremare.
Non può essere vero quello che ho appena sentito.
Non può essere stata semplicemente tutta una falsa.
Non può essere Andreas quello che ho appena sentito.
Io credevo mi amasse.
Esce dal bagno con l'aria innocente e appena mi vede, si avvicina sorridente per baciarmi.
-Non mi toccare – sillabo spingendolo via.
Mi trema la voce e mi bruciano gli occhi.
Non ora Cate, non è il momento di piangere.
-Ehi, che ti prende? – mi chiede avvicinando una mano per accarezzarmi.
-Che mi pren... - inizio incredula prima di imbestialirmi – Ma sei fuori di testa? Hai anche il coraggio di chiedermelo? – urlo -Sei un figlio di puttana, uno stronzo, mi hai raccontato solo una marea di cazzate e adesso hai anche il coraggio di continuare con questo teatrino? Mi fai schifo –
Scoppio a piangere.
-Hai sentito la conversazione? – chiede ma io non gli rispondo.
Non riesco più a credergli.
-Cate, posso spiegarti, non è la verità – inizia ma lo interrompo.
-Non mi devi spiegare un cazzo – gli urlo contro – devi solo andartene via, vai via Andreas porca merda –
-Non vado da nessuna parte senza di te – dice calmo.
Non lo ascolto, mi volto con gli occhi ancora bagnati e cerco il mio zaino.
-Se non te ne vai tu me ne vado io – sibilo seria afferrandolo prima di uscire dalla stanza dell'albergo.
-Dove cazzo vai Cate? – urla dal piano di sopra mentre faccio le scale.
Poco dopo sento i suoi passi seguirmi e accelero fino ad arrivare a correre fuori dall'hotel.
Sta piovendo.
Perfetto.
Che giornata di merda.
Cerco di fermare un taxi ma la pioggia diventa sempre più intensa e nessuno sembra vedermi.
Mi do della stupida, non saprei nemmeno con che soldi pagarlo il tassista. Dove vado adesso?
Vedo Andreas cercarmi tra la folla e appena mi accorgo che mi ha individuata prendo a correre nella direzione opposta rischiando di farmi investire da un paio di auto che mi fischiano fortissimo dietro.
Sento Andreas chiamarmi più volte urlando e mi asciugo le lacrime continuando a correre.
Corro per qualche metro e poi all'improvviso mi fermo.
Non ce la faccio più.
È tutta la vita che scappo.
Che cerco di scappare da me stessa, dagli altri, dalla verità.
Non posso continuare così.
Basta correre.
Cerco di recuperare il respiro e sento la mano sicura di Andreas afferrarmi il polso.
Non oppongo resistenza, non avevo intenzione di farlo.
-Scusami Cate – è bagnato fradicio. Lo sono anch'io.
Probabilmente questa scena vista da fuori provoca più riso che altro, ma io sono ancora troppo incazzata per riderci su.
-Senti, ti capisco se non hai intenzione di parlarmi adesso, non sai come sono andate realmente le cose, ma tra mezz'ora abbiamo il treno quindi che ne dici di farti almeno riportare all'istituto? –
-Certo, Anne sarà felice di sapere che non ho niente da nascondere – rispondo incazzata.
Lui sospira e alza la mano per fermare un taxi.
Abbiamo trascorso il viaggio di ritorno in treno in assoluto silenzio. Andreas ha provato a parlarmi più volte prima che lo minacciassi di cambiare carrozza. Ha anche tentato di offrirmi un pacchetto di caramelle alla mela ma l'ho bruscamente rifiutato.
Alla fine si è arreso con un sospiro e mi ha lasciata stare.
È stata dura per me, soprattutto quando la voglia di baciarlo era più forte di quella di tenergli il broncio, ma non si è comportato bene nei miei confronti e, anche se ha mantenuto il mio segreto come mi aveva promesso, ha comunque finto di tenere a me.
E sapeva quanto io avessi bisogno di essere amata.
Quante volte fossi stata presa in giro, usata.
Non doveva farmi questo.
Sento gli occhi diventare lucidi e li chiudo cacciando indietro le lacrime.
Andreas deve averlo notato perché mi fissa per un po', ma decide di non dire niente.
Eppure sembrava così sincero quando diceva di amarmi.
Sono solo una stupida, come ho fatto a credere che qualcuno potesse davvero provare qualcosa per me? Nessuno potrebbe vedermi in quel modo. Non me. Non tutte le bugie, le cicatrici, le delusioni che mi hanno cambiata.
Sì, mi hanno cambiata tanto.
Prima non ero così.
Prima per una delusione del genere me la sarei presa con chi l'aveva causata.
Adesso me la prendo solo con me stessa.
Che dopo tutti i calci in faccia che ho preso dalla vita, non ho ancora smesso di affezionarmi alle persone, nonostante riesca sempre a fingere di essere stronza.
Beh, questa stronza ha un cuore grande, forse anche troppo.
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