Keep Driving
Los Angeles, 1985
Aveva detto che sarebbe passato a prenderlo alle 18 davanti alla sala giochi di West Hollywood su Santa Monica Boulevard, proprio davanti al loro McDonald's preferito. Così lui aveva staccato da lavoro alle 16, era tornato a casa, si era fatto una doccia rinfrescante mentre ascoltava l'ultimo disco di Kate Bush e poi si era preparato. Aveva messo dei jeans chiari leggermente larghi con i risvolti sulle caviglie, calzini bianchi di spugna e le sue nuovissime Adisas Continental sempre bianche con il logo rosso. Una baseball t-shirt bianca con le maniche corte e rosse si abbinava poi alla giacca sportiva in acetato, aperta sul davanti, di un vivace color aragosta.
I ricci sempre ribelli e scuri, adesso erano tirati indietro da un velo leggerissimo di gel, ma non voleva esagerare, la notte sarebbe stata lunga e non gli andava di stare scomodo. Infilò nelle tasche della giacca le chiavi di casa e qualche dollaro, poi sbattendo la porta del 268 di Lincoln Street uscì a passo spedito verso la fermata dell'autobus che lo avrebbe portato sul Boulevard, portando con sé il mangianastri portatile con le cuffie nuove che si era comprato giusto qualche settimana prima. Camminava svelto mentre gli A-ah gli risuonavano nelle orecchie e si ficcò una gomma alla menta in bocca pregustandosi già la serata che lo attendeva.
L'appartamento che divideva con Liam e Niall era più lontano dal centro, ma quello era tutto ciò che poteva permettersi in quella primavera del suo anno sabbatico, dove aveva deciso di lavorare piuttosto che andarsene al College, tutto questo, solo per mettersi alla prova. Ma i suoi non glielo avevano negato e lui in quella città incasinata e folle voleva provare ad andare avanti da solo, quindi perché no?
Aveva trovato lavoro in un negozio di Dischi all'angolo tra la Melrose e LaBrea Avenue, la musica gli piaceva come mai nessun altra cosa, forse solo una in effetti, e il proprietario aveva capito subito che le sue vendite sarebbero salite alle stelle con un commesso del genere. Carismatico, simpatico, che s'intendeva assolutamente di musica e che piaceva alle ragazze, soprattutto quello. Perchè Harry con quei suoi ricci al cioccolato, la pelle chiara i lineamenti affilati ma decisi, la mascella definita, il fisico snello e muscoloso al punto giusto e quegli occhi incredibilmente verdi da farti rimanere senza fiato, era praticamente una calamita per le ragazze e anche forse, per qualcun altro che si aggirava lì intorno. Così Jeff non ci aveva pensato due volte e appena aveva visto arrivare questo fantastico ragazzo dall'East Coast, non se l'era certo fatto scappare.
Per ingannare l'attesa Harry si era preso un frappè vaniglia e fragola, e mentre cercava una delle sue canzoni preferite sul nastro, andando avanti e indietro veloce con i tasti per trovare l'inizio della traccia, si guardava intorno. Era seduto su un tavolino di legno davanti alla sala giochi, le gambe piegate sulla panca attaccata ad esso era sempre in legno chiaro, completamente disegnata da graffiti in vernice blu.
C'era un via vai di gente incredibile, il venerdì sera richiamava ogni ventenne non solo da West Hollywood ma da tutta la contea e quella zona si animava da far schifo. Erano a due isolati dal Multisala Discovery, il Mall alla fine della strada stava aperto fino a tardi e ragazze e ragazzi di ogni età passeggiavano tranquilli nel pomeriggio che piano piano lasciava il posto alla sera. Qualcuno aveva già il suo take away in mano, qualcuno decideva dove andare a prendersi qualcosa da bere, altri discutevano sul film che volevano vedere, altri continuavano con lo shopping per il weekend, qualcun altro invece ordinava una cena a portar via dalla vicina cabina telefonica dove una lunga fila aspettava paziente.
C'erano ragazze truccate come Madonna, altre invece più vivaci sembravano Cindy Looper, qualcuna più soft aveva la tipica giacca elegante oversize che portava sempre anche Amy Grant. L'aria era già calda, così si tolse la giacca per legarla in vita e si alzò dalla sua postazione. Il calore estivo si iniziava a sentire, la stagione era alle porte ormai e lui, che adorava l'autunno si domandava tra sé come avrebbe fatto a lavorare tutta l'estate in quel negozio dove il pomeriggio c'era sempre talmente tanta gente da non passare. Ma non gli importava gran che in fondo, pazienza, avrebbe preso quello che doveva e via, alla fine era a Los Angeles, cosa voleva di più.
Le luci al neon avrebbero tra poco illuminato le strade, ma il sole per ora picchiava ancora forte. Inforcò i Persol gialli ocra con le lenti scure e presa la gomma già bella consumata, tra pollice e indice, si sporse per buttarla nel cestino lì di fianco, quando sentì suonare un clacson.
<Ehi ricciolino! Andiamo?>
Una Toyota Celica GT-S cabrio rossa, aveva accostato al marciapiede e dalla parte del guidatore un ragazzo castano dal sorriso contagioso, stava masticando anche lui una gomma mentre guardava nella sua direzione con i suoi Persol dalla montatura nera, che abbassò rapido per rivolgergli un occhiolino sfacciato.
Harry ricambiando il sorriso che gli nacque spontaneo e gli illuminò il viso, cercando di calmare l'agitazione che improvvisa era arrivata al suo stomaco, saltò dentro l'abitacolo, senza aprire la portiera con ancora il suo frappè e il suo giradischi in una mano, sistemandosi poi sul sedile di fianco all'altro che ripartì subito sgassando.
<Oh andiamo Haz ancora con quella robaccia alla fragola? Sento l'odore da qui!>
Guidando tranquillo per il traffico intenso del venerdì su Santa Monica Boulevard, Louis si sfilò dalla bocca la gomma e la buttò nel posacenere dell'auto facendola mescolare con la cenere che vi era al suo interno. Alla radio stavano passando Kate Bush, ancora.
<Mi piace, che vuoi? Mica la bevi tu!>
<Dammi qua!> il castano sfilò il bicchiere di plastica di mano al riccio e prese una lunga sorsata del liquido rosa pallido che vi era rimasto all'interno. Harry si soffermò forse più del dovuto su quel gesto e su quelle labbra fini che succhiavano la sua cannuccia di plastica trasparente.
<Sì, fa proprio schifo!> e il liscio porse di nuovo il bicchiere a Harry con un verso disgustato, il riccio sbuffò divertito e prese a sua volta un altro sorso.
Louis Tomlinson aveva la sua età, lavorava in un Multisala di Est Hollywood e studiava nel frattempo per diventare montatore cinematografico. Ad Hollywood potevi avere grandi sogni, era facile che tu riuscissi a realizzarli in effetti. Si erano conosciuti proprio a quel cinema, complice un contenitore di pop corn che aveva fatto una misera fine sul pavimento della Sala 8. Si erano stati da subito simpatici e già quella sera avevano finito per dividere un Cheeseburger proprio a quel McDonald's che avevano appena superato. Si conoscevano da qualche mese, erano usciti insieme da buoni amici per un po' e semplicemente avevano iniziato a conoscersi e condividere passioni comuni, come la musica e il cinema. Era stato facile, niente pressioni, nessun dovere, si chiamavano, decidevano, si davano appuntamento, uscivano, stavano a casa, tutto quello che volevano fare semplicemente lo facevano. Quella sera Louis aveva dei jeans poco più scuri di quelli del riccio, una t-shirt bianca con una stampa Atari ocra sul davanti e una giacca in acetato, simile a quella di Harry, senza cappuccio ma con cerniera e a tre colori, gialla, verde e nera stile patchwok, calzini bianchi di spugna ovviamente e le sue nuove Vans color senape che non vedeva l'ora di sfoggiare, le aveva prese al Mall qualche giorno prima.
<Ho ascoltato l'album prima di uscire.> riferendosi alla voce della cantante che usciva dalle casse anteriori.
<Non male devo dire, che ne pensi?>
Harry mise il suo mangianastri e le cuffie al sicuro nel cruscotto della Toyota e tirandosi sui capelli i Persol gialli, rovistò tra i nastri di Louis che sapeva nascondere proprio lì. Il vento gli tirava indietro i capelli e lui si voltò a guardare bene il volto dell'altro. Louis aveva un aspetto minuto ma con tutti i muscoli al suo posto, forse era qualche centimetro più basso di lui ma la postura da atleta non lo faceva sfigurare, anzi. Dopo anni di corsa al liceo, i suoi muscoli erano tonici e definiti, più di una volta lo aveva visto in boxer anche mentre si cambiava, e sì era decisamente proporzionato con ogni cosa al suo posto. La mascella definita, gli zigomi alti, il naso leggermente all'insù e le labbra fini contornavano un viso che pareva angelico ma che non lo era affatto. Il suo pezzo forte però erano quei due cristalli blu che aveva al posto degli occhi e che Harry, doveva ammetterlo, guardava sempre con una certa devozione. Ma aveva ancora gli occhiali scuri quindi, quando si voltò vide solo il suo riflesso nelle lenti.
<Rispetto allo schifo che c'è qui dentro devo dire che anche la Bush non mi sembra male.> scherzò il riccio, guadagnandosi una pacca sulla nuca dall'altro che sorridendo poi gli fece anche il solletico su un fianco, facendolo appena contorcere e ridere.
<Beh allora grande intenditore scegli tu.>
Era vero, solitamente Lou sceglieva il film e Harry la musica, non per nulla lavoravano in due posti come quelli, e nella maggior parte dei casi si trovavano d'accordo, quasi sempre.
Harry non ribatté oltre ma scorse rapido con le dita alcuni nastri e alla fine trovò quello che cercava, inserendolo poi nell'autoradio.
Le prime note inconfutabili di You Spin Me Round dei Dead per Alive risuonarono nell'abitacolo e Harry rimise gli occhiali per proteggersi dal riverbero del sole in contro luce, mentre Louis rallentava ad un semaforo sorridendo e alzando il volume a manetta.
<Oh oh ma non mi dire!> Il castano si voltò poi verso il riccio che seguiva già il ritmo con la mano a battere sul ginocchio destro della gamba che poggiava sul cruscotto piegata.
<Ahahah, mi hai detto scegli tu!>
<Sì ma non credevo osassi tanto Styles, davvero complimenti!>
Mentre ripartivano con la radio a tutto volume, sfrecciarono per qualche centinaio di metri godendosi il vento fresco, il calore del sole e il sapore eccitante di un venerdì sera che avrebbe aperto un weekend di spensieratezza e libertà dal lavoro, come non gli capitava da mesi.
Harry sapeva dove erano diretti, non aveva neanche chiesto perché sapeva esattamente quale sarebbe stata la loro prima tappa di quella serata. Venice Beach.
Dopo poco più di mezz'ora di auto, qualche altra traccia assordante e una sigaretta smezzata, parcheggiarono la macchina in un vicolo poco lontano dalla spiaggia e si fiondarono sulla via principale di Venice. Costeggiando la spiaggia bianca, circondata da palme alte e palazzi dipinti da graffiti, con la strada ricolma di gente.
Alcuni avevano i pattini ai piedi e sfrecciavano sull'asfalto ancora rovente, altri correvano per tenersi in forma, altri ancora saettavano sugli skate colorati facendo trick assurdi sulle rampe che erano appositamente messe lì per loro. Venice era chiassosa, contaminata da mille gerghi e così assurda da essere unica. Il tramonto stava quasi arrivando e loro non volevano certo perderselo, così presero svelti due birre ghiacciate da un chiosco a caso e si diressero verso la spiaggia, dove il sole pian piano si abbassava sempre più. Ma era appena iniziato Giugno e questo significava che prima del tramonto in effetti, potevano ancora fare parecchie cose, quello però era comunque un inizio.
<Come vanno i corsi?> chiese Harry, mentre prese un lungo sorso dalla sua bottiglia di Corona e sedendosi con un sospiro sulla sabbia calda, dove poi Louis lo raggiunse incrociando le gambe e prendendo anche lui un sorso del liquido fresco e frizzante.
<Non puoi capire cosa stiamo facendo adesso Haz! La pellicola in bianco e nero...ti giuro che è una cosa pazzesca. Tutto un altro modo di fare cinema, la luce, l'atmosfera...!>
Harry sapeva quanto a Louis piacesse raccontare dei suoi corsi, del cinema, di tutto quello che riguardava quel mondo di cui voleva tanto far parte e che voleva creare. Era un patito di film d'epoca, aveva sempre amato le pellicole in bianco e nero e il cinema muto. Gli aveva sempre detto che certe volte le parole sono superflue e che quel tipo di film riusciva a catturare l'essenza delle cose. Harry lo ascoltava e chiedeva sempre curioso, perché amava farsi raccontare le cose viste dai suoi occhi. Ma la cosa era reciproca, non potevano proprio fare a meno di interessarsi l'uno alla vita dell'altro, proprio come due migliori amici facevano.
Peccato che forse per almeno uno dei due, era molto più di questo.
<Ci voleva proprio un weekend libero.> sospirò poi piano il castano, portandosi ancora la bottiglia alle labbra.
<Tu che vuoi fare?> continuò poi voltandosi verso il riccio che perso forse nei suoi pensieri, guardava la spiaggia davanti a sé. Ancora entrambi con gli occhiali inforcati perché troppo sensibili alla luce della California.
<Inizio ad avere fame in effetti.> e un brontolio inequivocabile arrivò perfino alle orecchie del liscio che sorrise dentro un sorso di birra.
<Lo sento!> risero ancora<Ti porto in un posto allora. Andiamo...>
Louis si alzò veloce smuovendo la sabbia sotto le sue nuovissime Vans e con una pacca sulla spalla fece a Harry segno di seguirlo.
<Ma non dovevamo aspettare il tramonto?> chiese poi il riccio ad alta voce visto che l'amico era già qualche metro dietro di lui in direzione dell'asfalto.
<Tu hai fame e io conosco una vista migliore per vederlo.>
<Migliore di questa?>
<Fidati Haz, è migliore!> lo disse mentre lo aspettò al limite tra spiaggia e marciapiede. Gettarono le bottiglie in un cestino e si rimisero in viaggio.
Shout dei Tears For Fears era al massimo volume in radio mentre riprendendo la strada principale si dirigevano di nuovo verso il centro, lasciandosi il mare e il suo forte profumo alle spalle.
<Tu vuoi davvero andare al College Harry?>
Il riccio distolse i suoi pensieri dalla canzone che stava canticchiando e si voltò verso Louis che tranquillo guidava per le strade trafficate di una Los Angeles affollata di inizio Giugno.
<Credo di sì, i miei non me lo perdonerebbero se non lo facessi.>
<Ma non potresti rimanere qui e...che ne so iscriverti a dei corsi per tecnico del suono?>
Harry non aveva quasi mai sentito la voce di Louis tremare, ma avrebbe potuto giurare che in quel momento gli sembrava fragile più del solito.
Sapeva che una volta arrivato Settembre, lui se ne sarebbe andato, ma non avevano mai affrontato veramente la situazione, forse era ancora troppo presto, forse entrambi non volevano, forse semplicemente sapevano che gli faceva troppo male.
<Non lo so Lou, mio padre spera che io diventi qualcuno e il College può aprire diverse strade.>
<Ma sei a Los Angeles Haz, se vuoi aprirti delle strade questo è il posto perfetto!> il castano non lo guardava neanche in faccia, con ancora i Persol ad oscurargli la vista, stavano intraprendendo un discorso troppo complesso per quello spensierato venerdì sera.
<Sì certo! Ma posso permettermi una casa lavorando in un negozio di Dischi?>
Louis sorrise, ne era consapevole anche lui certo.
<Beh ce l'hai una casa no? E' pure carina.>
<Dividere un appartamento di neanche settanta metri quadri con Niall e Liam non mi sembra si possa dire proprio avere una casa, ma sì almeno c'è il tetto.> risero ancora per smorzare una tensione che immancabilmente sentivano arrivare.
<Tu vuoi diventare qualcuno Harry?>
Quella domanda lo spiazzò. Perchè s'interessava così tanto al suo futuro? Certo erano buoni amici, Harry avrebbe voluto molto di più da Louis in effetti, ma forse sapendo che probabilmente non era lo stesso per lui, anzi sicuramente non lo era, preferiva avere la possibilità di dimenticare un giorno tutte quelle sensazioni trasferendosi dall'altra parte dello Stato. Ma Louis adesso gli faceva quelle domande, perché?
<Io voglio essere felice, me stesso e possibilmente felice.>
Louis gli sorrise ancora, e sorvolando sulla questione che forse si era fatta troppo seria, alzò il volume della radio che adesso stava passando Don't you Want Me dei The Human League.
<Cosa vuoi mangiare?> chiese poi il liscio, mentre imboccava la sesta Avenue, dopo la fine della canzone.
<Mmmh, Hamburger?>
<Ti rovinerai con tutti quegli Hamburger Haz!>
<Cazzo hai ragione, lo abbiamo mangiato ieri, ok allora...>
<Dai, dai, scegli scegli su...> intanto Louis picchiettava con la mano sul volante, mettendogli fretta.
<Cinese?>
<Uuuh, grande idea!>
<Sì mi vanno i Noodles..>
<Perfetto Daniel San, allora che Noodles siano!> e tenendo il tempo sul cambio, svoltò sulla Lincoln per arrivare alla meta.
<Non mi avevi mai portato qui.>
<Lo conservavo per oggi.>
Harry spinse un po' Louis mentre stavano seduti sul cofano della Toyota mangiando con le bacchette dal cartone del take away Cinese che avevano preso poco prima. La vista, Harry doveva ammetterlo davvero, era spettacolare. Da quella collina si vedeva tutta Los Angeles che si era appena illuminata, la luce rosa e arancione del tramonto mozzafiato che avevano davanti, risplendeva forte, il sole ormai basso era adesso per metà immerso nell'Oceano Pacifico e il suo calore iniziava a scemare dopo una giornata calda e umida. Mangiavano con gusto godendosi i loro Noodles ai gamberi e dividendosi i ravioli di verdure che avevano preso perché non avevano resistito.
Finita la fugace cena, Harry si stese totalmente sul cofano con una mano dietro la testa appena sollevata sul vetro, chiuse gli occhi e sollevò gli occhiali da sole sulla testa, facendosi baciare dagli ultimi raggi del sole. Sentì accanto a se Louis che prima era sceso, probabilmente a buttare i cartoni ormai vuoti e adesso era di nuovo salito vicino a lui.
Sentiva la sua gamba destra collidere perfettamente alla sua, erano praticamente appiccicati e in quel silenzio così pacifico, sospirarono con la pancia piena. Poi Harry aprì gli occhi e si voltò. Un battito del cuore si perse un po' perché Louis si era tolto i suoi Persol neri, aveva rinunciato alla giacca per qualche minuto rimanendo con la t-shirt a mezze maniche che adesso gli scopriva i bicipiti definiti, e voltandosi regalò ad Harry la più bella delle visioni.
I suoi occhi così azzurri e blu da star male erano illuminati d'oro, la sua pelle sembrava essere abbronzata di un colorito tenue tendente al miele. Louis si voltò di nuovo proprio mentre Harry si era perso a fissarlo, poi senza dire nulla tirò su le ginocchia e se le strinse al petto, e tornò a guardarlo. Bryan Ferry stava cantando Slave to Love alla radio e quel sottofondo musicale forse attenuava i loro battiti cardiaci accelerati.
<Mi mancherà tutto questo se andrai via.> disse Louis mentre guardava ancora Harry che non aveva mai distolto lo sguardo, ma che adesso doveva farlo perché quelle parole, con quel sorriso in quella situazione, stavano mettendo alla prova tutto il suo eccezionale autocontrollo. Così si tiró su anche lui ma l'altro riprese a fissare l'orizzonte. L'aria tirava leggera sulla collina e Harry si chiedeva se Louis non avesse freddo senza giacca, o se come lui invece stesse sentendo un calore che andava ben oltre il vento Californiano.
<Mancherà tanto anche a me.>
<Allora non andare.> disse pianto Louis, quasi sussurrandolo, ma Harry lo sentì forte e chiaro e anche il suo cuore evidentemente, perché stava battendo fortissimo. Quando staccando un braccio dall'intreccio che conteneva le ginocchia, Louis mise una mano sulla lamiera della macchina, pericolosamente vicina a quella di Harry che ora si teneva su con i gomiti, potè giurare di averlo sentito che la sfiorava. Non era la prima volta che si toccavano, no, erano molto fisici entrambi a dire il vero, ma quel gesto nascondeva qualcosa di più di un semplice scherzo tra amici. Sembrava una richiesta. Era qualcosa di intimo, un segreto, una concessione, un avviso, una confessione.
<Forse potrei farlo.> sussurrò allora il riccio che non aveva il coraggio di parlare per non rompere quell'idillio, ma lo fece comunque perché quel gesto inequivocabile sapeva che era costato al castano più di tutto. Perchè Louis voleva fare il duro ma non lo era, voleva sembrare forte ma aveva delle fragilità che aveva mostrato forse solo a Harry, e il riccio amava proprio tanto quella parte del suo carattere.
<Forse posso darti un motivo in più per provare a rimandare.> e Louis si voltò di nuovo ad incrociare i suoi occhi splendidi con quelli verdi e luminosi di Harry, che adesso era completamente senza fiato perché il mignolo del castano stringeva inevitabilmente il suo.
<Fallo.>
Erano senza fiato, entrambi, e Louis aveva gli occhi così lucidi da sembrare oceano puro e limpido, aspettava quel consenso da tanto, voleva quel consenso e ora che lo aveva, era emozionato. Harry non sapeva cosa stava succedendo ma rimase immobile perché pensava che ogni minuscolo movimento potesse interrompere tutto quello che stava accadendo e non voleva, non voleva per nulla al mondo. Louis era sempre più vicino, si stava sporgendo verso di lui più sicuro che mai per annientare le distanze, gli stava fissando le labbra appena gonfie e rosate e Harry poteva sentirgli addosso il profumo che gli piaceva così tanto mentre gli guardava i tendini del collo tirarsi e le vene sporgere.
C'erano quasi, erano vicini e il riccio non conteneva più la gioia che gli stava esplodendo nel petto perché di tutto quello che aveva sempre desiderato fare con Louis, quella era la cosa assolutamente in cima alla lista e stava proprio accadendo. Il tempo di sentire le loro labbra sfiorarsi appena, morbide e decise, che un clacson rumoroso e improvviso risuonò sulla collina seguito da un'auto cabrio con un volume della radio così folle da non credere. Subito si staccarono e scesero dall'auto spaventati.
I ragazzi e le ragazze della macchina che stavano anche loro divertendosi in quel venerdì sera rosa e arancione, erano almeno cinque e non avevano intenzione di calmarsi. Così Harry e Louis si guardarono sicuri e iniziarono a ridere tra loro, per poi salire in macchina e ripartire con ancora il riso sulle labbra e una nuova consapevolezza dentro che li faceva tremare forte. Intanto la luce che adesso illuminava LA era solo fatta di neon e lampioni e la città sotto le colline sembrava essere viva da quanto brillava.
<E ora dove mi porti?> chiese il riccio mentre guardava Louis accanto a sé ancora arrossato in viso e ancora senza giacca, con i capelli scompigliati dal vento e lo sguardo felice.
<Dove vuoi.>
<Che c'è, mi andava!>
Louis scuoteva la testa mentre aspettava il suo turno al McDrive per un frullato, si era rimesso la giacca colorata e ora stava guardando storto Harry che però gli fece una linguaccia e alzò il volume della radio, incurante del solletico che stava per arrivargli da un lato, e che cercò in ogni modo di contrastare con delle stupide mosse di karate con le mani, che facevano ancora di più ridere Louis. What a Feeling di Irene Cara, risuonava nell'abitacolo e mentre la macchina avanzava ed era giunto il turno di parlare al colonnino delle ordinazioni, Louis sbuffò.
<Quanto ho odiato questo film!>
<Andiamo! Non è stato così male.>
<Buonasera, vorrei un frullato al cioccolato per favore e poi...
<Alla fragola Lou, fragola cazzo...>
<Zitto, ci penso io...sì cioccolato, poi un doppio Cheesburger e anche...>
<Sei una noia, ho detto fragola, ma perché?> Harry sbuffava, Louis cercava di tenerlo fermo con un braccio per non farlo sporgere così che potesse cambiare l'ordinazione, mal riuscendoci, intanto la canzone continuava ad andare.
<Per me lei era un gran bel pezzo di ragazza nel film...>
Louis gli scoccò un occhiata assurdamente scontrosa e quasi gelosa, e tornò a fargli il solletico sulle costole.
<Poi anche dei pancake per due, con uova e bacon...>
<Lou non è la cazzo di colazione...>
<Stai zitto! Lei è un'attrice tremenda comunque...>
<Lei è una grande...>
<Due Pepsi e dell'acqua per favore...e quella del balletto finale è una controfigura comunque...sì siamo a posto grazie!>
<Take your passion and make it happen...una gran figa davvero...>
<Sì un attimo...ecco a lei, grazie!>
<Davvero tanto...>
<La finisci? Tutte quelle ragazzine venivano con i cazzo di scaldamuscoli al cinema facevano 35 gradi non ho parole!>
<What a feeling, being's beli...ah ah ah ah!>
La risata sommessa di Harry era stata interrotta da una mano che gli copriva la bocca, che lui come un bambino di 10 anni leccò così che Louis dovette toglierla subito disgustato ma divertito.
<Che schifo Haz!> Louis si pulì alla giacca mentre ancora rideva e poi si spostò più avanti con la Toyota per riuscire a prendere il take away.
<Call, call, call, call, what a feeling...>
<Oh ti prego piantala...> e rassegnato a sentire Harry cantare, prese il sacchetto di carta marrone che il ragazzo del Mc gli stava porgendo dall'auto e ripartì.
La Walk of Fame era piena di gente come sempre, quindi decisero di continuare per Hollywood Boulevard fino ad un aria di servizio con una sala giochi e una lavanderia lì vicino. Dall'altro lato della strada una sala da pattinaggio con le luci fluorescenti faceva bella mostra di sé, e così c'era un casino incredibile.
Le luci al neon erano forti e la folla esagerata per tutta la via, così cercarono una panchina dove potersi sedere e mangiare in pace. Harry credeva che quello che era successo pochi minuti prima sulla collina, avrebbe cambiato tutto, invece sentiva che non c'era mai stata una cosa più naturale di quella. Stava bene, in pace, tranquillo, sentiva un'energia nuova dentro di lui, era appena successo che il rapporto speciale che tanto li legava adesso sembrava essersi fatto indissolubile. Ma c'era un solo piccolo problema, aveva voglio di riprovare.
Volevano approfondire quel bacio, lo sentivano, ma non potevano certo farlo lì. Non c'era nulla di male lo sapevano e avevano visto anche altri farlo, ma loro ancora erano insicuri. Quella cosa che Harry avrebbe tanto voluto urlare a squarciagola, voleva tenersela ancora per sé, ancora un altro po', voleva Lou ancora per sé, solo per sé.
<Quindi mi stai dicendo che non vuoi portarmi a vedere Ritorno al Futuro?>
<Te lo sto confermando in effetti...oh deho vedhrehe hanhche menhtr lavro> disse Louis mentre addentava il suo Cheesburger.
<Poi devi spiegarmi perché hai preso i pancake, non capisco.>
<E' sempre tempo per la colazione Haz, e c'è sempre tempo per i pancake, mi pare che tu li abbia graditi comunque.> sorrise, mentre ancora con la bocca piena adesso prendeva un sorso di Pepsi guardando Harry succhiare avido la sua cannuccia di plastica e soffermandosi forse un po' troppo sulle sue labbra.
<Avevo fame.>
<Tu hai sempre fame Haz.> risero ancora.
Avevano trovato un tavolino con le panchine attaccate come quelli da pic-nic, proprio davanti alla sala giochi e tra il frastuono degli arcade e dei ragazzi che erano dentro e le auto che attraversavano la strada veloci, dovevano mantenere il tono di voce alto. Louis era seduto sul tavolo con le gambe poggiate sulla panchina, Harry era seduto accanto a lui ma sulla panchina con i gomiti che si appoggiavano sul tavolo e le gambe lunghe distese in avanti e incrociate. Si continuavano a punzecchiare su tutto in continuazione, come sempre, come se nulla fosse cambiato. Ma la serata era ancora giovane, e dovevano trovare un modo per passare il tempo.
<Quindi niente cinema?>
<Scordatelo.>
<Vuoi dirmi che per tutto il tempo che staremo insieme, non mi porterai mai al cinema?>
Harry si rese conto di cosa aveva appena detto qualche istante dopo averlo fatto, e non sentendo risposta si voltò verso Louis che invece pacato con la lattina blu e rossa sospesa in aria, prendeva un lungo sorso della bevanda scura e zuccherina.
<Cioè volevo dire...>
<Sì Haz...esatto.>
<Che...che cosa?> chiese il riccio che non aveva ben capito la situazione ma vedeva che Louis era comunque tranquillo.
<Che finché staremo insieme e io continuerò a lavorare in quel posto, noi non andremo al cinema!> e il castano gli sorrise ancora, facendo sorridere anche Harry che sospirò rassegnato, ma anche tanto tanto felice di sentire quelle parole.
Louis si alzò con un salto, buttò le cartacce lì vicino e tornò da Harry con la sua andatura spavalda ma tranquilla, con quell'aria da finto bad boy che gli piaceva mantenere ma che faceva tanto sorridere Harry, perché sapeva che era solo una facciata, Louis era un Nerd mostruoso in effetti.
<Quindi non vedrò mai Ritorno al Fututo?>
<Non con me Haz, ti giuro che ho visto Marty McFly viaggiare nel tempo ormai già tre volte, non mi va di continuare...>
<Sì ma io non l'ho mai visto...sarò...sarò rimasto l'unico in tutta Los Angeles.> Harry gesticolava mentre si faceva le sue ragioni e Louis continuò per un po' ad ascoltarlo. Intanto le luci forti al neon gli coloravano i profili, l'aria si raffrescava e loro avevano ancora da fare mille cose quella sera.
<Perchè non ci sei andato con Carmen della Caffetteria?>
Harry si gelò e finendo si succhiare l'ultimo sorso del suo frappè fissò Louis che adesso si tirava indietro i capelli quasi indifferente mentre con un salto si metteva di nuovo seduto sul tavolo con le gambe larghe.
<Con..con chi?>
<Carmen, la ragazza della caffetteria del Mall, gli piaci secondo me.>
<Lou no, non...>
<Che c'è? L'ho solo detto...>
<Non...non mi piace Carmen della caffetteria del Mall!>
Louis tirò su le sopracciglia e Harry gli si fece più vicino, provocandolo.
<Perchè credi che mi piaccia Carmen?>
<Sei stato molto carino con lei l'altro giorno.>
<Io sono sempre carino con tutti Lou.>
<Si l'ho notato in effetti.>
Harry stringendo ancora il suo frappè quasi finito con la mano destra, si avvicinò ancora a Louis intenzionato a fargli il solletico se avesse insistito con quella faccenda.
<Che c'è di male Lou?>
<Nulla...nulla di male...Harry stai lontano con quelle mani, potrei non rispondere di me.>
Ad Harry fece una capriola il cuore, pensando a quanto lui invece avrebbe voluto quelle mani su di sé, ma nel senso in cui intendeva lui ovvio.
<Oooh davvero?>
<Haz smettila.>
Entrambi ridevano, scambiandosi sguardi provocatori e sapendo bene che la situazione avrebbe potuto letteralmente trasformarsi, poi Harry osò e si avventò su Louis che però prese male le misure e urtando il bicchiere di Harry lo fece collidere con la sua maglietta che si macchiò interamente di cioccolato.
Merda.
<Oh cazzo Lou, scusami.>
Harry era mortificato, cazzo perché gli era appena successa una roba del genere? No! Cazzo, cazzo, cazzo perché proprio quella sera.
Louis rimase immobile a guardare il danno sulla sua t-shirt bianca, ma non sembrava arrabbiato.
<Cazzo scusami, scusami davvero, io...> voleva pulirlo, aiutarlo ma non sapeva come.
<No..non è successo nulla Harry...non...>
<Cazzo Lou, la tua maglietta...io...>
<Fa niente...non...>
Doveva rimediare, Harry doveva fottutamente rimediare e il prima possibile perché quella serata non voleva che finisse per nessuna ragione al mondo e lui che aveva combinato il macello, adesso doveva risolverlo.
<Vieni con me...>
<Harry cosa...no!>
Harry senza sentire ragioni trascinò Louis per qualche metro, dietro la sala giochi, passando per un vicolo strettissimo dove c'era odore di urina e cacca di cane.
<Haz smettila, non tirarmi che diavolo...>
<Lou ti prego perdonami.>
Si voltò a scusarsi ancora, con gli occhi davvero assolutamente
più tristi che Louis avesse mai visto.
<E' solo una maglietta Harry...io.>
<No! È la tua maglietta dell'Atari, non una maglietta e so quanto ci tieni, quindi...>
<La laverò Haz! Ma dove cazzo mi stai portando?>
Harry lo trascinava ancora per la strada e svoltato l'angolo trovarono una lavanderia a gettoni, con la scritta luminosa al neon verde e blu e nessuno dentro. Sembrava mal messa, a Los Angeles bastava svoltare su una via ricca e bella, in un vicolo, che trovavi subito i bassifondi. Così scambiando 5 dollari dalla signora dai tratti fortemente orientali che faceva la guardia al servizio lì fuori, Harry trascinò dentro Louis che ancora stava tenendo per una mano.
<Spogliati.>
Louis guardò Harry immobile in mezzo alla piccola stanza dai colori vivaci che aveva come sottofondo i rumori del neon e delle lavatrici e asciugatrici. Sollevò lo sguardo su di lui e gli sorrise. Non era arrabbiato, meno male pensò Harry tra sé, ma aveva una strana luce negli occhi e il sorriso sghembo che gli nacque sulla bocca fece sorridere anche Harry.
<Qui?>
Harry sospirò ma sorrise ancora, cercando di toglierli la giacca.
<E dai Lou! Hai capito dai...su laviamo quella maglietta.>
<Non ci penso neanche, non mi fido.>
<Cioè fammi capire, tu...non ti fidi dei miei lavaggi?>
<Neanche un po'.>
Harry esasperato si avvicinò di nuovo all'altro cercando di spogliarlo, ma questo lo bloccò.
<No, no, no...ok ok ok, ma faccio io!>
Sollevarono entrambi le braccia in segno di resa, ma Harry capì subito che Louis l'aveva fermato perché la situazione e la sua vicinanza forse erano una combo un tantino troppo calda per quel luogo, così si allontanò.
<Tu...tu rimani qui?>
Harry si era seduto su una sedia di plastica intanto e a quella domanda sollevò lo sguardo su Louis.
<Vuoi che...>
<No resta...ti prego.>
Harry vide dell'incertezza negli occhi del castano. Non era la prima volta che si vedevano senza maglietta ma improvvisamente forse una consapevolezza strana aveva preso piede in loro, e non era imbarazzo no, ma era una gentilezza nuova, un'attenzione delle cose intime che prima non c'era.
Louis velocemente si tolse la maglietta e Harry come ogni volta rimase estasiato nel vederlo. Il petto scolpito, le spalle larghe da atleta, i bicipiti definiti, i pantaloni che in vita gli calzavano a pennello. Si morse le labbra e deglutì mentre guardava anche quei capelli scompigliati e quel viso che tanto gli piaceva sorridergli ancora. Harry moriva quando Louis lo faceva. Prima stava serio e un attimo dopo gli toglieva il respiro sorridendogli e guardandolo negli occhi.
<A che temperatura?>
Harry rise e alzandosi gli sfilò la maglietta di mano, gettandola poi in un cestello e azionando il lavaggio.
Louis intanto si rimise la giacca che chiuse sul davanti con la cerniera e si mise dov'era poco prima il riccio seduto, allungando le gambe davanti a sé e mettendo le mani in tasca.
<Abiti con Zayn e quel ragazzo ancora non ti ha insegnato a fare le lavatrici?>
Louis tirò su le spalle.
<Di solito ci pensa lui al bucato.>
<Quel ragazzo deve farmi capire perché ti vizia tanto.>
<Non mi vizia, mi vuole bene...io lavoro tanto...>
<Sei incorreggibile Louis Tomlinson, non so cosa fai per farti fare tutto da Zayn ma un giorno lo scoprirò.>
Harry pigiò il pulsante per avviare il lavaggio e poi prese posto accanto a lui, ma su una tavolino alto dove ceste di plastica vuote erano impilate per i clienti.
<Non fa tutto, solo...lui ha più tempo di me...>
<Come vuoi, ok, ma un giorno lo scoprirò...>
<Non mi si può dire di no, ecco tutto!>
Ed Harry lo sapeva che era così, ne era fermamente convinto perché anche lui non riusciva mai a dirgli di no quindi lo sapeva più che bene.
Il discorso varò di nuovo su Ritorno al Futuro e su Carmen, ma una volta messo in chiaro il fatto che la gentilezza di Harry doveva davvero avere un limite ogni tanto, se non altro per non illudere le giovani fanciulle, Louis prese a battere il ritmo di una canzone che era appena iniziata alla radio.
Bronski Beat con Smalltown Boy risuonava dalle casse della piccola lavanderia e Louis allora, preso dall'entusiasmo si alzò e iniziò a fare qualche passo verso il cestello dell'asciugatrice che stava quasi ultimando il suo lavoro. Harry lo guardò alzando la testa dai suoi piedi e rise. Louis così non potendo resistere oltre, lo prese per mano e facendolo scendere dal tavolo lo invitò a ballare su quella che era diventata effettivamente una pista da ballo improvvisata. Erano spensierati, felici, ridevano, si facevano le linguacce, giocavano tra loro e si facevano trasportare dal beat della musica travolgente.
Harry avrebbe voluto di più, voleva assaggiare bene le sue labbra così belle e che era sicuro sapessero di gomma da masticare alla menta, ma in quel momento poteva solo guardargli gli occhi brillanti e azzurri, screziati di verde dal neon che ci rifletteva la luce dentro. La sua pelle che rifletteva invece quella fucsia dell'interno sembrava fatta di marmo, lucida e perfetta. Il ciuffo castano e ribelle gli coprì un occhio, ma l'altro, mentre ballava ricambiò lo sguardo del riccio.
La signora fuori guardò dentro, ma non si curò di loro e semplicemente distolse ancora lo sguardo e si rimise a leggere la sua rivista, lasciando stare i due ragazzi.
<Andiamo a ballare!>
<Stasera?>
<E quando sennò?>
Harry non poteva far finire la loro serata in quella lavanderia, voleva ballare ancora con Louis, voleva averlo ancora per sé, voleva ancora essere egoista, quindi glielo chiese. Sapeva che Louis non era tipo da discoteche, ma ci provò comunque.
<Perchè non alla pista di pattinaggio?>
<Perchè io sono scoordinato come una giraffa con i pattini!>
Louis rise forte e mentre ancora ondeggiava, sentì il suono dell'asciugatrice che indicava che la sua maglietta fosse pronta.
<Perchè mi prendi in giro?>
<Non ti prendo in giro, è un segno di assenso alla tua affermazione.>
<Quindi pensi che sia scoordinato?>
<No.>
<Lou.>
<No.>
<Lou, guardami.>
<Cazzo è perfetta...>
Louis osservava la sua maglietta che pareva addirittura più bianca di prima. Poi alzò lo sguardo su Harry che si era fatto serio e si tolse la giacca per rivestirsi.
<Sei scoordinato solo un po'.>
<Louis.>
<Te lo giuro.>
<Louis.>
<Davvero Haz.>
<Quindi...>
<Andiamo a ballare!>
e mentre si legava in vita la giacca colorata sfoggiando nuovamente la sua t-shirt bianca e pulita di fresco, prese il viso di Harry tra le mani e gli stampò di slancio un bacio sulla bocca, veloce ma deciso e prendendolo per mano, uscì dalla lavanderia salutando la signora.
Le luci erano basse e calde, l'atmosfera accogliente e rumorosa. C'erano tantissime persone e la musica era assordante. Le luci erano fortissime e le palle piene di specchi che pendevano dal soffitto riflettevano tutto quello sfavillio di glitter, colori e lustrini.
<Cosa vuoi da bere?>
<E'?>
<Cosa vuoi da bere?>
<Non ti sento Haz!>
La musica era fortissima e mentre ancora i Dead or Alive con You Spin me Round risuonavano per tutta la pista Louis fece cenno ad Harry di aspettarlo lì. Erano impazziti? Perchè erano andati a ballare? Che idea di merda. Ma non gli importava alla fine, lui voleva stare con Louis a tutti i costi e quella sera sarebbe stata la loro.
Poco dopo il castano tornò con in mano due drink dai colori discutibili e mentre ballavano e ridevano, bevvero e si divertirono improvvisando danze tra di loro, parecchio assurde.
Quando uscirono dal locale, era circa mezzanotte. Non c'erano stati neanche due ore ma sapano entrambi che quel posto non faceva per loro. Ci avevano comunque provato, come ogni rispettabile venerdì sera a Los Angeles. Rimontarono veloci in macchina e mentre Jump delle The Pointer Sister risuonava nella Toyota di Louis, loro ridevano ancora chissà per che cosa, percorrendo la strada che avevano fatto per arrivare fin laggiù, proprio su Sunset Strip, un po' lontani da casa.
Ma non se ne curavano, quella sera sarebbe bastato guidare, andare avanti e non fermarsi, oppure fermarsi e baciarsi, una cosa che Harry avrebbe davvero voluto fare.
<Andiamo sulla spiaggia?>
<Ma se ci siamo stati prima!>
<Ma non siamo andati dove voglio portarti io.>
<Ma se ti piace Venice lo dici sempre...>
<Si lo dico ma c'è un posto che mi piace di più.>
<E perché non mi ci hai mai portato?>
<Perchè sennò come facevo a farti vedere una cosa nuova stasera?>
Louis era pieno di sorprese, Harry doveva ammetterlo. In più quella era la sua città, quindi, chi era lui per fermarlo?
Heroes di David Bowie iniziò a farsi sentire e le prime note uscirono dalle casse dell'auto.
<Oooh adesso ragioniamo...>
Louis guardando Harry alzò il volume della musica e si lasciò trasportare dalla melodia. Harry tirò indietro la testa e prese un profondo respiro, rilassandosi. Non poteva credere a tutto quello che stava succedendo, se quella mattina prima di iniziare il turno glielo avessero raccontato, non ci avrebbe davvero creduto, ma era proprio così. Le luci dei lampioni gli si riflettevano sul viso, mentre guardando la città scorrere intorno a se fu assalito da una sensazione di pienezza e gratitudine. Louis quella sera gli stava davvero chiedendo di restare? Gli stava davvero chiedendo di non lasciarlo? E lui che cosa avrebbe fatto? Sarebbe rimasto? Avrebbe inseguito i suoi sogni? Oppure sarebbe tornato in Florida lontano miglia e miglia per seguire quelli del padre?
La musica si attenuò, lasciando spazio ad un altra traccia più tranquilla, Radio Ga Ga dei Queen. Harry si voltò all'improvviso però, perché sentì una mano di Louis sul suo ginocchio. Ma non si ritrasse, anzi in realtà non vedeva l'ora di ricevere quel tocco, che ora sentiva quasi ustionante sulla sua pelle, attraverso i jeans e dentro il suo cuore.
<Quando lo hai capito?>
L'aria era fresca adesso e le macchine erano sempre meno, soprattutto quelle che andavano fuori città, dove evidentemente erano diretti. Harry sempre con la testa appoggiata al seggiolino, tranquillo, prese la mano di Louis nella sua e la strinse, mentre lo guardava. Il castano si voltò un attimo a regalargli un sorriso dei suoi, uno di quelli che ti facevano girare la testa forte e con i capelli scompigliati dal vento e un leggero velo di sudore tornò a guardare la strada, guidando ancora, guidando ancora e ancora verso la loro meta.
<Non lo so, forse lo sapevo e basta.>
<Per tutto il tempo?>
Louis rise, e intrecciò di più la mano con quella del riccio che gli sorrise di rimando.
<Non da subito, no. Ma lo sentivo.>
<Perchè non mi hai mai detto niente?>
<Perchè certe volte le spiegazioni non servono Harry, forse certe volte basta solo guidare come stanotte e vedere dove ti porta la strada.>
<E se non avessi voluto?>
<Mi avresti spezzato il cuore.>
Harry ebbe un sussulto. Non si aspettava una frase del genere, mai, mai si sarebbe aspettato una frase del genere, ma mentre erano lì, in quell'auto, con la città che si diradava lenta alle loro spalle, capì che quelle erano le parole che voleva sentirsi dire da mesi, e che finalmente aveva sentito.
<Io ti voglio però.>
Lo disse quasi vergognandosi, abbassando lo sguardo sulle loro mani intrecciate, e facendo voltare subito Louis che per una volta era rimasto senza parole.
Il tempo andò come a rallentatore. I loro occhi s'incontrarono un istante e poi Louis dovette tornare a concentrarsi difficilmente sulla strada, i capelli di entrambi ora svolazzavano al vento. Le giacche erano state buttate sui seggiolini posteriori creavano un mucchio di stoffa mescolata. La musica ormai era solo nelle loro teste, scorreva lenta, un suono di batteria tenue che li accompagnava nei pensieri. Era Timecop con Girl.
<Adesso?>
Chiese Louis quasi come se volesse essere certo di quello che Harry gli aveva appena rivelato.
Ma la risposta, non arrivò mai. Gli bastò voltarsi ancora, per vedere gli occhi di Harry diventare scuri, verdi scurissimi di desiderio e certezza. Louis conosceva quello sguardo, poche volte glielo aveva visto addosso, ma ora capiva esattamente quando, e collegava tutto.
La Toyota dopo qualche altro chilometro, si fermò in un aria di servizio al limitare della città. Il Motel su due piani che la circondava era illuminato da neon rosa, verdi e viola. Era quasi vuoto, ma pulito e pareva anche ben tenuto. La stanza numero 28 che aprirono con mani tremanti arrivati al secondo piano esterno, dava sulla piscina sul retro, ma loro questo non lo videro. Non accesero neanche le luci.
La tenda quasi trasparente che doveva nasconderli da occhi indiscreti, rimase tirata facendo entrare i bagliori al neon dell'esterno. Le loro bocche si trovarono all'unisono, assaporando quello che volevano da mesi e che non avevano mai avuto il coraggio di chiedere. Frenetici ma tranquilli, si sorridevano nell'oscurità esplorandosi i corpi con mani sicure. Prima tolsero le magliette, Harry sentiva su Louis il sapore della gomma alla menta che tanto aveva sognato, e poi sentì quello lieve del sudore che gli ricopriva appena la pelle dalla serata in discoteca e che era comune ad entrambi. Si abbassò a baciargli il collo, lento, mentre l'altro si abbandonava alle sue carezze e lo trascinava sul letto.
I cuori battevano fortissimo, quelle erano nuove sensazioni che si sarebbero portati dietro per sempre, e anche se per molti poteva sembrare squallido quel Motel, per loro divenne rifugio e nascondiglio, segreto e desiderio. Si esploravano con le bocche, sentivano le loro pelli mescolarsi e fondersi insieme di desiderio comune. Non c'era solo affetto, amicizia, complicità, lì in quel momento tutto andava oltre tutto, oltre quel Motel, oltre Los Angeles, oltre la California. Loro in quel momento diventavano parte dell'infinito, loro erano parte dell'universo e si sarebbero amati con la consapevolezza che ognuno aveva l'altro, in quell'ora e domani, e il giorno dopo ancora e quello dopo ancora e quello ancora dopo.
Louis lasciò una scia di baci su tutto il corpo di Harry, gli tolse scarpe e pantaloni, poi fece lo stesso con se. Si stese poi accanto a lui e stringendolo in un abbraccio che sapeva di appartenenza, riprese a baciarlo.
<Il mio Haz...>
Harry sorrise, perché quel nomignolo era solo il suo, solo lui lo chiamava così e così doveva rimanere.
Louis prese ancora l'iniziativa e spinto anche da Harry che gli allacciò le gambe ai fianchi, scompigliandogli ancora di più i capelli, tolse l'ultimo pezzo di stoffa che li divideva definitivamente dal loro piccolo paradiso. Nudi, bellissimi, eccitati come non mai e quasi emozionati, tornarono ad abbracciarsi forte e baciarsi in un modo che mai avrebbero creduto possibile. Si sfregavano l'uno con l'altro, Harry si fece coraggio e presa l'erezione di Louis, iniziò a masturbarlo piano facendo gemere il castano che di rimando e senza perdere tempo, fece lo stesso.
Il riccio sentiva ogni tendine, ogni muscolo di Louis contrarsi, lo voleva, lo voleva tanto e lo desiderava come non mai. Perché loro erano loro, Haz e Lou, inseparabili, così simili e così diversi, così amici, così indispensabili l'uno per l'altro, così unici, così loro.
<Lou ti voglio dentro di me.>
Una richiesta semplice, che fece fermare il cuore di Harry perché non pensava di averla detta ad alta voce, ma dall'espressione di Lou capì che era stato proprio così. Lou deglutì e con le labbra gonfie e il respiro affannato dalle troppe emozioni, tornò a baciare il riccio che sapeva di cioccolato, vento e musica.
<Lo vuoi davvero?>
Chiese, solo per essere sicuro di non star sognando ed Harry annuì, certo, senza esitazione. Louis riprese a masturbarlo e baciarlo, Harry fece lo stesso allargando di un po' le gambe così che Louis avrebbe potuto iniziare a prepararlo come poteva.
<Lo voglio davvero...> sussurrò poi ancora Harry, quando ormai le dita di Louis erano dentro di lui e non vedeva l'ora di sentirlo davvero. Il piacere era così tanto che Harry non pensò neanche a quello che sarebbe successo. Louis si staccò di poco da Harry e trafficando con i jeans, riuscì a trovare quello che cercava. Si mise il profilattico con mani tremanti, Harry gli poggiò una mano sulla spalla per fermare il tremore dovuto ad eccitazione ed emozione, lo sapeva perché era assolutamente lo stesso che sentiva lui. Poi, tirandosi ancora indietro il ciuffo castano, Louis sorrise ancora ad Harry e si buttò ancora tra le sue labbra, riprendendo da dove era rimasto.
Harry si sentiva sovrastato da Louis, e voleva che fosse così, lo aveva sognato talmente tante volte, da non sapere se in quel preciso istante stavo solo sognando o era tutto vero. C'erano solo loro, era una canzone solo dedicata a loro, una melodia solo per quel momento, un film con solo due spettatori in sala, una pellicola in bianco e nero che diceva tutto anche senza parole. Louis entrò in Harry che gemendo e sospirando, si aggrappò alle sue spalle, cercando di accogliere dolore e felicità insieme. Louis prima aspettò, poi con un cenno di Harry iniziò piano a muoversi, prendendosi intanto cura dell'erezione del riccio e spingendo dentro di lui, tranquillo e cadenzato, paziente, innamorato.
Harry era emozionato, si fermò solo un attimo ad imprimere quella scena nel suo cervello. Il sapore di Louis sulle sue labbra, il blu dei suoi occhi al neon nei suoi ricordi, le parole dette alla collina nelle sue promesse.
Vennero all'unisono scambiandosi gemiti di passione e piccole parole segrete. Si accompagnarono in gesti nuovi, si mescolarono di ricordi uguali. Quella notte per loro sarebbe stata solo un inizio, fatto di luci al neon, musica condivisa, cassette nascoste, frappè alla fragola o forse al cioccolato, pancake per due, piscine mai viste, strade piene, film da vedere, pellicole in bianco e nero senza voci, lavaggi rapidi, stazioni di servizio, cheesburger troppo piccoli, cene take away, odore d'oceano, mani intrecciate e corpi diventati uno solo.
<È ufficiale! Hai le gambe più belle della controfigura di Jennifer Beals.>
Harry ancora rannicchiato accanto a Louis rise di gusto, tirandosi poi su dal letto e guardando il ragazzo al suo fianco con i capelli più scompigliati di prima che gli sorrideva storto con metà viso ancora abbandonato sul cuscino.
<Non è per nulla vero.>
<È assolutamente vero.>
<Non è possibile.>
<Chi è l'esperto di cinema?>
<Inizio a pensare che non sia tu...>
<Io, sì invece, e ti assicuro che è così, ho deciso.>
<Se lo dici tu...>
<È vero...>
Louis tirò di nuovo a se Harry che non ci pensò due volte a farsi stringere ancora in un abbraccio caldo e rassicurante. Era appena accaduto tutto quello che non avrebbe mai creduto reale e invece erano lì, nudi e stretti l'uno all'altro in una stanza buia illuminata ad intermittenza e in cui sentivano solo i loro respiri all'unisono mescolarsi con il rumore lontano della città.
<Non voglio che finisca.>
Harry si voltò nell'abbraccio di Louis e ora che lo guardava dritto in volto riusciva a distinguere chiaramente i suoi lineamenti delicati ma decisi e si perse ancora negli occhi d'oceano che amava tanto. Brillavano, e non poteva resistere oltre così ricominciò a baciarlo mentre Louis ancora lo guardava estasiato.
<Non finirà, perché dovrebbe?>
<Perché oggi è già domani.>
<Ma abbiamo tanto tempo ancora per stare insieme.>
Stare insieme, stare insieme. Quelle parole così semplici facevano agitare ancora di più le farfalle che Harry aveva nello stomaco da mesi e che ormai svolazzavano tranquille prendendo possesso del suo intero corpo. Lui aveva già scelto di non tornare a casa sua in Florida, aveva già scelto dentro al suo cuore di darsi un'opportunità lì in quella città, ma adesso aveva trovato un altro splendido motivo, quello che gli piaceva di più.
<Io voglio restare.>
Louis sorrise ancora guardandolo dritto nel verde che si apriva davanti a sè e lo inghiottiva e lo ammaliava insieme, le parole appena dette da Harry lo fecero tremare forte e non poté resistere nel rispondere quasi in imbarazzo.
<Mi piacerebbe tanto.>
Si erano addormentati in quella posizione, abbracciati l'uno di fronte all'altro con le gambe intrecciate. Una volta svegli, quando il sole non era ancora sorto, si erano sorrisi, lavati dividendosi un asciugamano, rivestiti e avevano sceso le scale del Motel così velocemente da non rendersene neanche conto. Con le loro sneakers e i loro jeans slavati, le t-shirt troppo larghe e gli occhiali già sul naso, avevano ricominciato a guidare, solo quello, verso l'oceano, verso un'altra meta.
Bruce Springsteen cantava Dancing in The Dark.
La musica alta, le risate, la luce dell'alba unica che infiammava le colline di Los Angeles in lontananza, rendeva tutto ovattato nel blu e nel rosa tenue di un nuovo giorno che stava nascendo. Dentro ai loro cuori, una consapevolezza diversa, non potevano cambiare, non loro, adesso erano sempre gli stessi ma con un valore aggiunto. Erano insieme, potevano stare insieme, potevano stringersi e lasciare che tutto scorresse, come la strada sotto le ruote della Toyota di Louis, bastava solo continuare a guidare, insieme.
Riding free with you
For lovers and until the end
Be by my side for forever and always
Spazio Autrice: Benvenuti nella mia prima OS in assoluto, com'è andato questo tuffo negli anni 80?
Spero che vi sia piaciuto, ho cercato di ricreare fedelmente una semplice serata Americana in quegli anni, naturalmente usando la mia immaginazione ma sperando di averci portato con me un po' indietro nel tempo.
Le canzoni che accompagnano la storia le ho scelte in base agli anni in cui sono uscite, ce ne erano tante altre che avrei voluto usare ma sono uscite dopo l'85.
Ho però scelto Girl dei Timecop1983 per la scena finale perché è la vera canzone che ha ispirato tutto questo sia per il sound che per alcune frasi che vi sono racchiuse, insieme ovviamente a Keep Driving di Harry. Girl è una canzone di oggi ma questo produttore riesce a creare atmosfere uniche e io ascoltandola mi sono trovata proprio su Sunset Boulevard a LA, quindi mi sono detta, perché no? Magari piacerà...e spero tanto che sia andata così. Vi consiglio davvero di ascoltarla se vi piacciono queste atmosfere e questo sound, con Girl anche Bad Dream Baby è perfetta!
Cosa ancora più importante devo ringraziare tanto la mia cara amica @Kiaraz92z che mi ha regalato la splendida copertina che vedete. Grazie che mi sostieni in tutte queste follie e anche oltre 💜
Non finirò mai di ringraziarti e sclerare con te, sappilo!
Se vi va fatemi sapere che ne pensate e lasciate tante stelline e commenti che vi assicuro fanno tanto piacere.
Spero vi siate goduti Harry e Louis del 1985...
A presto
xx V.
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