Capitolo 18

- Sono sicuro che sia qui - asserí Carl teso, sul sedile posteriore dell'auto della polizia.

- Nella foresta? - domandò Golby, le mani serrate sul volante, lanciando un'occhiata allo specchietto per cogliere un frammento del viso del ragazzo.

Lauren si voltó di scatto verso l'amico e gli riservó uno sguardo angosciato.

Carl annuí, grave, intuendo all'istante i pensieri dell'amica - È l'unico posto che mi viene in mente. Se la sparizione di Kate è davvero collegata a... quella cosa, deve essere nel bosco-

Vinson alzó le spalle - Facciamo un tentativo -

L'agente continuó a guidare fino ad uno slargo che segnalava la fine della strada principale e l'inizio del sentiero che finiva dritto nella bocca della foresta.
Contemporaneamente, tutti e quattro spalancarono le portiere dell'auto e scesero.

Appena toccó l'erba con i piedi, Lauren mosse istintivamente un passo, puntando verso il terreno la torcia del suo telefono, scattando già verso gli alberi che inghiottivano la stradina.

Immediatamente, il padre di Peter la bloccó con un braccio, sfiorandole la spalla.

- Non pensarci neanche ad andare da sola - le disse.

La bionda gli rivolse uno sguardo infastidito.
Poi, tirò un sospiro e si convinse a calmarsi.
Non vedeva l'ora di riabbracciare la sua migliore amica.

Con il cuore in gola, Kate pensó che lo scricchiolante manto di foglie morte che ricopriva il terreno fangoso e umido, assomigliasse ad un circuito da corsa: le sembrava di averlo già visto e percorso chissà quante volte, eppure si ritrovava sempre ad un passo dalla fine.

Lei e Charlie, loro malgrado, quella volta non potevano accontentarsi della medaglia d'argento: correvano a perdifiato tra i legnosi arti scheletrici della foresta, che alla luce della luna brillava di un pallore cadaverico, decisi a tagliare il traguardo prima che il fatale fischio della morte incarnata fendesse l'aria, insinuandosi nelle loro menti.

La loro era, inevitabilmente, una corsa per la sopravvivenza.

- Sai dove stiamo andando? - ansimó Charlie, scostando i rami che pendevano dall'alto e minacciavano di graffiargli il volto.

- Credo di sì -

- Andiamo bene - sbuffó il ragazzo, rivolto più a se stesso che a Kate - Iniziavo quasi ad abituarmi all'idea di morire in una cantina divorato dai topi -

- Risparmia il fiato per la corsa, o ti riporto indietro -

Il cuore di Kate palpitava così forte da coprire le sue stesse parole, e il terrore di essere trovata dai Proxy - o peggio, dall'Operatore - e non sopravvivere, quasi superava il pensiero di non riuscire a mantenere la sua promessa.

Per ore lottarono contro il loro stesso corpo, che li scongiurava di arrestare la corsa: un fuoco ardente bruciava i muscoli delle gambe, che più volte cedettero sotto il peso della stanchezza. Il sudore incollava i vestiti alla pelle e inumidiva i capelli, appiccicandoli alla fronte lungo la quale sgocciolavano minuscole perline, rilucenti sotto il pallore della vigile luna.

Nonostante i loro cuori strillassero di dolore implorando pietà, Kate e Charlie non rallentarono finchè non intravidero dei fasci di luce bucare gli intrichi dei rami.

Finalmente rilassarono i muscoli e lasciarono che le ginocchia si abbandonassero al riposo e accarezzassero il suolo bagnato.

Un'espressione sollevata si allargó sui loro volti stremati.

Kate inaló a pieni polmoni la brezza dolce e carezzevole della notte.

- Ci siamo, Charlie -

I due si scambiarono un sorriso sincero, che palesava le loro emozioni più di quanto avrebbe potuto fare qualsiasi parola.
Pochi metri, e sarebbero stati finalmente liberi.

La corvina frugó nella tasca della felpa e ne estrasse un foglietto consunto e stropicciato, per poi porgerlo al ragazzo.

Lui la guardò, dapprima perplesso, puntando la torcia verso la fotografia che lo raffigurava più paffuto e sorridente insieme ad un numero di telefono.

- Me l'ha data Alice. Dovresti tenerla tu -

Non appena le sue orecchie catturarono il nome della sorella, l'espressione di Charlie si addolcí.

- Non so come ringraziarti, seriamente -

- Fallo quando saremo realmente fuori di qui. Vieni, pochi metri e sarà tutto finito -

I due si alzarono, e continuarono a percorrere il sentiero con calma, dirigendosi verso i fasci di luce oltre i rami. I loro cuori erano ormai leggeri e un piacevole fremito di impazienza li pizzicava dall'interno.

- Ti rendi conto che non so neanche come ti chiami? - rise Charlie.

La ragazza distese un angolo della bocca verso l'alto - Mi chiamo... -

Improvvisamente, qualcosa schizzó nella sua direzione, finendole dritta fra le braccia.
Dapprima cacció un urlo, colta alla sprovvista, ma ben presto lo spavento fu sostituito da un'esplosione di euforia.

Due grosse lacrime si affacciarono ai suoi occhi, appannandole la vista e rendendo le sue parole salmastre.

- Katie... - singhiozzó Lauren, stringendo le braccia attorno al collo dell'amica.

Le voci delle due ragazze erano alterate da un pianto liberatorio, di pure gioia.
Un istante, e all'abbraccio si aggiunse anche Carl, che strinse le amiche al petto con una tale intensità che, per un attimo, Kate pensò che da lí in poi sarebbe dovuto andare per forza tutto bene.
Non si sarebbe mai voluta staccare da quella confortante morsa, non c'era bisogno di parole.
Stentava a credere di essere nuovamente libera, con i suoi migliori amici tra le braccia.

Dopo un'eternità - che a Kate sembró comunque troppo poco tempo - tra risate e singhiozzi, i tre si staccarono.
Si guardarono, sorridendosi con gli occhi.

- Non ci posso credere...- mormoró Kate, portandosi una mano alla bocca. - Come avete fatto? -

- Come hai fatto tu a scappare! -

- Credo che abbiate un po'di cose da raccontare- intervenne Vinson, con un sorriso soddisfatto.

Kate notó la sua uniforme e quella del collega, che, leggermente in disparte, cercava di sopprimere un'espressione commossa che tradiva il suo viso dai tratti seri.

- Si... Oh! Lui è Charlie - sfiorò il braccio del ragazzo accanto a lei, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, assistendo agli abbracci, alle lacrime e alla gioia che brillava nelle loro iridi, e fantasticando anche lui sulla reazione della sorella non appena lo avrebbe visto.

Lui tiró un sorriso ai presenti, sfregandosi le braccia ancora insanguinate, semicoperte dalla maglietta lacerata. Spostó il colletto verso le clavicole, così che non potessero vedere la cicatrice del marchio.

Gli agenti si scambiarono un'occhiata, così come Carl e Lauren, carica d'apprensione.

- Charlie Matheson jr. - si presentó lui, allungando agli altri la foto del manifesto che denunciava la sua scomparsa, così che potessero riconoscerlo - Beh... forse non mi somiglia più tanto. Sono un po'meno vivo, ma sono io -
Distese le labbra in un sorriso imbarazzato, e Vinson gli battè delicatamente una pacca sulla schiena, per paura di fargli male, date le sue condizioni.

- Non preoccuparti. Ora l'importante è che siete qui entrambi e che state bene. Bravi ragazzi, tutti quanti - sorrise, scoccando uno sguardo affettuoso ai quattro - Ora forza, salite in macchina. Vi aspettano dei giorni faticosi: Charlie, dovremo portarti all'ospedale al più presto e Kate... -

La ragazza smise di prestare attenzione alle parole dell'agente Vinson dopo poco.
Lo seguí verso l'auto, con i fari che ancora lampeggiavano sul tettuccio, illuminando i loro volti e rendendoli bluastri.
Non riusciva a togliersi dal viso un sorriso enorme: era davvero tutto finito.

Carl le si accostó, sornione, cingendole le spalle con un braccio.

- E comunque è grazie a me se ti abbiamo ritrovato -

- Egocentrico - commentó Lauren, sbuffando, e assestando uno spintone bonario sulla schiena del ragazzo.

- Riesci a crederci? - continuò con dolcezza, rivolta a Kate, che rideva spensierata tra i due.
Quanto le erano mancati...

- Assolutamente no -

Fece per aprire lo sportello dell'auto, quando notó che Charlie, sui sedili posteriori e con le gambe che ancora sfioravano il terreno, se ne stava ricurvo in avanti, con una mano premuta  sul collo.

- Ehi! Tutto a posto? - si precipitó al suo fianco, sfiorandogli una spalla con le dita.

Il ragazzo, che non faceva che dimenarsi,  cercando di soffocare dei gemiti di dolore, scostó il colletto della maglietta, lasciando scoperta la pelle.
La cicatrice si era improvvisamente aperta e il marchio dell'Operatore sanguinava copiosamente, imbrattando ancora di più il tessuto sporco e strappato.
Il sangue gli tingeva i palmi e le unghie e gocciolava sull'erba.

Una corrente fredda riempí l'aria, e le urla dei ragazzi sconvolti sovrastarono i lamenti e il respiro affannoso di Charlie.

Stava tutto precipitando. Di nuovo.

Salve a tutti, come va? Spero bene.
Credo che chiedere scusa per questa mia lunghissima assenza sia inutile, sappiate solo che mi dispiace infinitamente. Kate mi mancava, e ho deciso di riprendere a scrivere.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e che non mi odiate profondamente per il finale <3
Mi raccomando, commentate numerosi.
Baci

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