Cap 3

L'aria del porto non era particolarmente diversa da quella del resto della città, era impregnata di umidità, e questo la rendeva se possibile più fredda.
Con gli anni Ratto aveva imparato ad evitare i punti in cui si formava prevalentemente il ghiaccio, ma nella stagione invernale almeno un paio di scivoloni sfuggivano sempre.
Il bimbo si fece strada fra i capannoni, seguendo un percorso ben definito nella sua mente, rallentando il passo man mano che si avvicinava alla meta.
Dopo l'ennesima svolta, la costruzione più malandata del porto si stagliò all'improvviso davanti a lui.
Era un capannone vecchio e mal ridotto, pieno di ruggine e ferri spioventi.
In realtà, tutti i membri della banda sospettavano che un giorno o l'altro lo avrebbero buttato giù, e allora avrebbero dovuto cercare un altro rifugio. Eppure, vivevano li da quasi cinque anni ormai senza che nessuno avesse detto loro niente.
Ratto sospettava che gli operai del porto sapessero che erano li, ma facessero finta di nulla. Che in questo modo, lasciando loro un tetto sulla testa, si dicessero di aiutarli.
Beh, erano degli illusi. Se lasciare una banda di ragazzini dormire in un capannone abbandonato era aiutarli, non immaginava come sarebbe stato non farlo. Semplicemente, la gente se ne fregava di loro. E con scuse simili si alleggerivano la coscienza.
Il bimbo scosse la testa, allontanando quei pensieri inconcludenti. Aveva ben altro a cui pensare in quel momento.
Con una spinta aprì la porta, resa dura oltre che dalla ruggine dal ghiaccio, e si preparò a quello che lo avrebbe aspettato all'interno.
Questa scivolò con un cigolio sui cardini non oliati, come un presagio cupo, e Ratto fu dentro.
Tutti si voltarono a guardarlo. Ormai era notte, eppure nessuno dormiva ancora. Stavano tutti aspettando lui e Cobra.
Non erano molti, forse una quindicina.
Tutti ugualmente sporchi e con vestiti di almeno terza mano. Ma la cosa che maggiormente li caratterizzava erano gli occhi, disillusi su un futuro eppure scaltri e pronti per poter sopravvivere nel presente.
Il bimbo avanzò fra di loro, stando bene attento a non mostrare la paura che stava provando. Mentre gli passava di fianco, Gin gli fece lo sgambetto.
Ratto barcollò ma si riprese senza troppi problemi. Si trattenne a malapena dal girarsi e prenderlo a pugni mentre sentiva la sua risatina.
E pensare che, fino a tre anni prima, Gin era stato il suo migliore amico. L'unico che ancora usasse il suo vero nome.
Ma alla fine si era rivelato un falso, un traditore. Come tutti li dentro.
-Ratto!- un ragazzo si staccò dalla parete per andargli incontro.
Aveva sui sedici anni, la testa rasata ed era sicuramente il più prestante come fisico li dentro.
Il bimbo si fece guardingo, alzando quasi di riflesso la guardia. -Ragno...- ribattè.
Quello gli si affiancò e gli tirò una pacca sulla spalla, ma tanto forte da buttarlo in terra.
-Ma guardalo questo misero topolino!- rise -Così guardingo.. Così aggressivo. Cosa pensi di fare stupido Ratto? Sei l'ultimo degli ultimi-
Il bimbo non replicò nulla, sebbene la rabbia premesse per uscire, e fece per rialzarsi in piedi.
Subito il maggiore gli tirò un calcio sulla caviglia, facendolo cadere nuovamente in terra.
-Non hai capito rifiuto. Se io ti voglio in terra, tu stai in terra!-
Questa volta Ratto alzò lo sguardo di scatto, fissando gli occhi in quelli di Ragno, lo sguardo di fuoco ribelle che divampava al loro interno.
L'altro si fermò un attimo, prima di sogghignare. -È inutile che fai quello sguardo, topolino. Tu sei debole. E io ti sono superiore. Piuttosto, dimmi. Dov'è Cobra? Dovrebbe essere già arrivato con il denaro. Quindi perchè non c'è?-
Il suo tono era cattivo, anche un pelo minaccioso.
Era quello di cui Ratto aveva avuto paura tornando, quella domanda. Sapeva che poi Ragno se la sarebbe presa con lui, anche se non aveva fatto niente. La colpa alla fine ricadeva sempre su di lui. Ma in quel momento non aveva più paura.
Il fuoco, che divampava ancora nei suoi occhi, gliela toglieva.
L'unica cosa che provava in quel momento era il senso dell'ingiustizia che viveva. Si alzò in piedi.
-L'hanno preso- disse, tranquillamente.
Ragno sembrò impallidire per un secondo. -Cosa.. Hai.. Detto?- ruggì poi, facendosi grande per intimidirlo ulteriormente.
Ratto non arretrò di un solo passo. -L'hanno preso. Il colpo è andato storto, un uomo ci ha beccati. Ha preso Cobra mentre il farmacista prendeva me. Hanno detto che avrebbero chiamato gli sbirri. Poi io sono riuscito a scappare, ma Cobra no-
Il più grande fece una specie di ruggito di rabbia mentre, con un manrovescio, lanciava il bimbo di nuovo a terra. A Ratto iniziò a pulsare la testa, e per qualche attimo vide sfocato. Poi una fitta alla pancia lo fece piegare in due.
-Che mi importa se sei tornato tu, rifiuto? Potevi anche rimanere dov'eri. Anzi, dovevi! Piuttosto trovavi un modo di far tornare lui. Scommetto che hai fatto apposta a farti scoprire vero?-
-E come avrei fatto, sentiamo- ringhiò il bimbo dal pavimento, in risposta -Comunque per quello che mi riguarda se l'è meritato. Ha infranto il patto-
-Che mi importa se qualcuno infrange un patto con uno come te!- urlò ancora il ragazzo, tirandolo in piedi e rifilandogli un'altra sberla, tenendolo per un braccio. -Tanto sei solo uno scarto!-
A quelle parole una nuova luce si accese negli occhi di Ratto. Non era più solo sfida, era determinazione.
Nel momento stesso in cui Ragno caricava il pugno diretto alla sua faccia, il bimbo mise tutta la sua forza il una ginocchiata veloce che puntava alle parti basse dell'altro. E colpì per primo.
Il maggiore impallidì mortalmente, cadendo a terra. Mentre il bimbo era in piedi.
La legge della jungla era chiara in proposito: i forti sopravvivono e i deboli muoiono.
Ma per una volta, Ratto non aveva voluto rispettarla.
Tenendosi lo stomaco si avviò di nuovo verso la porta, immerso in un silenzio tombale. Sapeva che era questione di poco perchè Ragno si riprendesse e lo massacrasse. Quindi non ci teneva a restare li.
Di nuovo tutti lo guardarono mentre passava, però era uno sguardo diverso questa volta.
Stupore. Incredulità. E, forse, anche un briciolo di ammirazione.
Solo Gin fece per fermarlo, ma Mangu alzò una mano per arrestare il suo gesto.
Ratto guardò solo per un attimo quest'ultimo, che era appostato vicino alla porta. Era stato il terzo in comando, fin'ora. Adesso probabilmente sarebbe diventato il braccio destro di Ragno.
-Anche se te ne vai ora ti cercherà. E poi sarà peggio- gli consigliò quello, mentre già stava aprendo la porta.
Ratto esitò un attimo. Ma aveva ancora la stessa luce negli occhi. -Sono stanco di tutto questo-
Replicò solo. Mangu annuì, e lo lasciò andare.
Mentre si chiudeva la porta alle spalle, il bimbo rabbrividì dal freddo e la tosse tornò a tormentarlo. Aveva lasciato l'unico posto dove poteva stare, ma non era mai stata casa sua in fondo.
Il nuovo vice aveva ragione; Ragno lo avrebbe cercato, da subito. Prese un respiro profondo e corse via.
Per la seconda volta nella giornata stava scappando. E odiava farlo. Ma era l'unico modo che aveva in quel momento per sopravvivere.
Più tardi, era a qualche isolato di distanza, rannicchiato in un vicolo. Era piccolo e sporco, ma rimaneva l'unico posto libero che aveva trovato.
Si abbandonò a un altro attacco di tosse. Non aveva nulla per coprirsi. Neanche un cartone.
Ma era comunque meglio stare li che al porto.
Mentre il sonno si rifiutava di sopraggiungere, complice il gelo e le emozioni della giornata, si interrogò per qualche attimo su come avrebbe passato il giorno successivo. Su cosa sarebbe successo se Ragno lo avesse trovato. Su cosa avrebbe potuto fare per la tosse.
Con la mente invasa da questi pensieri, non sentì i passi che si avvicinavano al vicolo. Se ne accorse solo quando questi si arrestarono.
Alzò lo sguardo di scatto, incontrando gli occhi castani di Ezio, che lo guardava stupito.
L'uomo non lo stava seguendo, ne cercando. Semplicemente, stava tornando a casa e aveva tagliato per quel vicolo.
A volte il destino è strano.
Il bimbo lo guardava, impaurito, non sapendo cosa aspettarsi. Sicuramente lo avrebbe fermato, e portato alla polizia. O forse gli avrebbe fatto del male.
Rimasero a fissarsi per un tempo indefinito, poi semplicemente Ezio tese la mano.
Non in segno di violenza, o di costrizione, come il bimbo aveva temuto. Era una mano pacifica, con il palmo verso l'alto, che aspettava solo che il bimbo la prendesse. Era un invito.
Come lo erano le tre semplici parole che l'uomo rivolse a Ratto, in tono gentile.
-Vieni con me-

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