Capitolo 94 - Ombre del passato

Non appena ebbe finito di parlare Takeshi bevve l'ultimo sorso di tè e, dopo aver vuotato la tazza, la rimise al suo posto sul vassoio. L'espressione sul volto del primo ministro adesso si era fatta meditabonda, oltre ad essere segnata da uno sconforto talmente palese che spinse Alessandro ad intervenire.

''Anche voi però avete sofferto molto'' disse con decisione mentre si curvava in avanti, ''i crimini che siete stati costretti a subire non possono essere dimenticati''

Takeshi parve apprezzare quella precisazione, anche se l'ombra sul suo viso non scomparve veramente del tutto.

''Ciò che si è consumato a Hiroshima e Nagasaki non può essere definito se non in quel modo'' confermò pacato, ''tuttavia, se vogliamo veramente essere onesti, dobbiamo anche avere il coraggio di passare in rassegna quelle che erano le alternative disponibili''

''Qualunque alternativa è meglio di due bombe atomiche'' affermò Alessandro senza esitazione.

''Ne è così sicuro?'' gli domandò Takeshi sollevando il sopracciglio destro di qualche millimetro.

Alessandro sgranò gli occhi.

''Ma certo'' ripeté scandalizzato.

''Da un punto di vista squisitamente etico non posso che darle ragione'' riconobbe Takeshi con nonchalance, ''ma non appena ci si spinge oltre la mera superficie, ciò che fino ad un attimo prima appariva ovvio finisce col diventarlo sempre meno''

Alessandro si preparò a ribattere, ma Takeshi riuscì a batterlo sul tempo.

''Conosce l'operazione Downfall?''

La fronte di Alessandro si riempì di rughe per lo sforzo di ricordare dove avesse già sentito quel termine. Downfall voleva dire caduta, ma a parte questo non riusciva ad associarlo ad un evento specifico. Quasi sicuramente doveva aver a che fare con la guerra nel pacifico. Che c'entrasse la battaglia di Okinawa?

''Il nome mi è familiare'' ammise imbarazzato, quando si fu reso conto che non sarebbe stato in grado di venirne a capo.

''Operazione Downfall significava invasione su vasta scala del Giappone'' spiegò paziente Takeshi. ''Le stime più realistiche si aggiravano sul milione di morti tra gli Alleati e le decine di milioni tra gli autoctoni''

Alessandro deglutì.

''Non esattamente uno scenario idilliaco'' commentò Takeshi, quasi volendo confermare la sua reazione. ''Guidati da fanatismo, orgoglio e legittima volontà di proteggere la nostra terra saremmo andati avanti a combattere casa per casa, versando e facendo pagare ogni metro conquistato letteralmente con fiumi di sangue. Per nulla intenzionati a cedere, pur essendo incapaci di vincere, di sicuro la più nefasta delle combinazioni. Alla fine, dopo aver assistito a quanto di peggio entrambi eravamo in grado di offrire, la pace sarebbe giunta per forza, ma a quel punto cosa sarebbe rimasto? E soprattutto, cosa sarebbe accaduto dopo? Nel quarantacinque MacArthur si era speso in prima persona per salvare l'imperatore dal patibolo, se però vi fossero stati altri centinaia di migliaia di caduti americani, difficilmente quelli a Washington avrebbero mostrato compassione''.

Scosse la testa con fare eloquente.

''E dopo tutti i caduti, le sofferenze, i sacrifici e le umiliazioni subite, un Hirohito condannato a morte era qualcosa che il paese semplicemente non poteva tollerare. Isteria collettiva, rivolte continue e suicidi di massa sarebbero diventati la norma, fino a quando non fossimo riusciti a scacciare gli invasori, o non fosse rimasto nessuno a provarci. Non ho idea di come sia l'inferno, ma questo paese avrebbe finito col diventarlo, e non posso escludere che ci saremmo estinti''

''Crede davvero che sarebbe potuto succedere?'' chiese Alessandro incredulo.

''Non mi reputo così arrogante da sostenere di averne la certezza'' rispose Takeshi tranquillo. ''Gli esseri umani non sono fatti con lo stampino. Persino noi giapponesi, che siamo probabilmente il popolo più coeso che esista, abbiamo le nostre diversità di vedute. Ciò che dico ha alle spalle la consapevolezza di come ragionava la mia famiglia. Mio nonno l'avrebbe fatto?''

Curvò le labbra in un sorriso amaro, come se la domanda stessa fosse del tutto superflua.

''Senza un attimo di esitazione. E sua moglie l'avrebbe seguito. Probabilmente, tre quarti dei miei parenti si sarebbero tolti la vita il giorno dopo, e io ora non sarei qui a parlarle''. Si aggiustò gli occhiali sul naso. ''Fortunatamente però, le cose sono andate diversamente''

''Quindi giustifica gli americani?'' ipotizzò Alessandro. ''La loro è stata una mossa giusta?''

Le labbra di Takeshi si fecero talmente sottili che parvero scomparire.

''È stata un'abominevole mostruosità'' sentenziò glaciale.

Alessandro spalancò la bocca per la sorpresa.

''Ma lei ha appena detto...''

''Chiedo perdono se sono stato frainteso'' lo interruppe Takeshi, chinando il capo in segno di scuse. ''Ho ammesso che l'alternativa faceva ribrezzo, non che quel che si è fatto fosse giusto''

''E quindi?'' lo spronò Alessandro.

Takeshi alzò le spalle.

''E quindi niente'' rispose con semplicità. ''Purtroppo quasi mai ci è data l'opportunità di scegliere tra qualcosa di moralmente ineccepibile e il suo contrario. Molto spesso l'alternativa si rivela semplicemente il meno peggio, ma questo non la rende di certo l'opzione migliore. Sarei un ipocrita se le dicessi che la soluzione si trovasse a portata di mano, perché non è vero. Tuttavia, per quanto sfavorevoli sembrassero i pronostici, bisognava comunque tentare di procedere su quella strada, perlomeno fino a quando non fosse divenuto inequivocabile che si trattasse di una strategia perdente. A quel punto si sarebbe potuto agire come è stato fatto alla fine''.

Gli rivolse un'occhiata eloquente.

''Purché poi non si andasse a raccontare in giro che fosse qualcosa di sacrosanto, perché anche questa è una bugia''

''Certe armi non andrebbero utilizzate in ogni caso, a dispetto di quale sia l'alternativa'' disse deciso Alessandro, ''e se questa è proprio orribile, allora bisognerebbe farsene venire in mente un'altra''

''Le atomiche fanno paura'' confermò Takeshi, ''perché, oltre a distruggere, avvelenano i sopravvissuti e la terra, ma questo non rende i bombardamenti standard un picnic sotto i ciliegi. I raid incendiari su Tokyo hanno ucciso quasi duecentomila persone. Di più che a Hiroshima. Eppure se ne parla molto meno. Pensa forse che morire bruciati vivi sia meglio dell'essere vaporizzati all'istante? Io non credo''

Volse lo sguardo in direzione della finestra che dava sul giardino. Attraverso lo spiraglio tra le tende era possibile scorgere la cima di alcuni cedri, oltre a una sottile striscia di cielo azzurro.

''Mia prozia è morta così. Quando l'hanno ritrovata intrappolata in casa era china a terra, come se tentasse di proteggere qualcosa col corpo. Avvolto in un fagotto sotto di lei c'era suo nipote. Aveva sopportato stoicamente il dolore cercando disperatamente di salvarlo. Il massimo del sacrificio. Peccato sia stato inutile''

''Mi dispiace'' disse rammaricato Alessandro.

Takeshi tornò ad incrociare il suo sguardo e gli scoccò un sorriso.

''Lei è molto gentile'' commentò gioviale, ''in effetti, sono veramente colpito da questo suo interesse per la nostra storia''

''Tra tutti quelli che le hanno fatto visita, di certo non sarò stato il solo a dimostrarlo'' gli fece notare Alessandro.

''Ha ragione, ma io so riconoscere un interessamento sincero da uno simulato'' ribatté Takeshi.

Sentendosi leggermente in imbarazzo Alessandro cercò di alleviare quella sensazione mettendosi a scrutare gli alberi al di là della finestra. A giudicare da come ondeggiavano le cime dei cedri, in quel momento all'esterno doveva spirare una leggera brezza, che faceva risaltare ancora di più il verde chiaro degli aghi contro il turchese del cielo.

Probabilmente, quello che stava per dire avrebbe sortito l'unico effetto di farlo apparire ridicolo, ma nonostante ciò decise di buttarsi comunque. Se non altro, Takeshi era troppo educato per scoppiare a ridergli in faccia.

''Le è mai capitato di vedere un posto per la prima volta e pensare «io qui ci sono già stato», nonostante sia assolutamente sicuro del contrario?''

''Tipo un déjà-vu?''

''Una specie'' confermò Alessandro vago, ''è come...provare la sensazione che un certo luogo sia in qualche modo familiare, anche se magari lo si è visto soltanto in cartolina o in una foto su internet, senza neppure esserci mai stati veramente''. Fece una breve pausa. ''È una cosa strana''

''Sembra quasi che lei abbia avuto la visione di una sua vita passata'' concluse Takeshi con semplicità.

Sul volto di Alessandro affiorò un sorriso imbarazzato.

''Devo confessarle di non credere molto a questo genere di cose'' ammise a disagio, prima che il timore di essere stato irrispettoso lo spingesse ad aggiungere: ''lei invece ci crede?''

''La mia famiglia è shintoista per tradizione, ma non mi considero un praticante attivo'' rivelò Takeshi schietto. ''Tuttavia, non sono nemmeno ostile a prescindere verso certi elementi della materia''.

Intrecciò le dita sulle ginocchia.

''Secondo il mio personale modo di vedere, nella mente di ognuno esistono diverse porte, ciascuna delle quali conduce ad altrettanti aspetti del proprio io interiore. A seconda di quanto decidiamo di tenerle aperte, esse ci plasmano e influiscono sul nostro modo di interpretare il mondo. Alcune andrebbero lasciate sempre spalancate, altre sarebbe meglio che non lo fossero mai, e poi c'è quella del soprannaturale. Ecco, io sono dell'idea che quest'ultima non debba mai rimanere né del tutto chiusa, né del tutto aperta, ma solo leggermente accostata''.

Sciolse le mani e avvicinò indice e pollice, tenendoli distanziati di appena qualche centimetro.

''Giusto per un sottile spiraglio'' precisò sornione.

''Di sicuro è un approccio interessante'' commentò Alessandro, sfoggiando un sorriso compiacente, ''anche se ritengo che la spiegazione sia in realtà molto più banale''. Scrollò le spalle. ''Non lo so, probabilmente è soltanto uno scherzo del mio subconscio, che cerca di giustificare in qualche modo quella che è semplice simpatia''

''Ci trova simpatici?'' ipotizzò Takeshi inclinando la testa di un paio di gradi.

Rendendosi improvvisamente conto di quanto appena detto, Alessandro alzò le mani in un gesto istintivo.

''Non volevo offendere!'' sbottò atterrito, come se con quelle parole volesse difendersi da un attacco imminente.

''E perché mai dovrei esserlo?'' gli domandò Takeshi perplesso.

Alessandro ammutolì, ma il primo ministro cercò subito di rassicurarlo.

''Sono solo curioso'' disse pacato, ''ha sempre a che vedere con le sue letture?''

Venuta meno l'ipotesi di aver commesso una gaffe, Alessandro riuscì a tranquillizzarsi un po'.

''Può darsi'' ammise vago, ''per esempio, prima non aveva citato il fatto che siete un popolo coeso?''

''Esatto'' confermò Takeshi annuendo. ''Noi giapponesi abbiamo un forte senso di comunità''

''Ecco, forse è per questo''

''Non vorrei apparire indiscreto, ma mi pare di intuire che nel luogo da cui viene questa caratteristica non sia particolarmente diffusa''

Alessandro si grattò la testa, nervoso.

''Non esattamente'' disse evasivo, mentre distoglieva lo sguardo.

''Il suo non è un popolo coeso?''

Colto alla sprovvista da quella domanda tanto diretta, Alessandro tornò subito a fissare Takeshi negli occhi, ma non sapendo come rispondere tutto ciò che gli riuscì fu muovere le labbra senza che da queste uscisse alcunché di comprensibile. Resosi conto di averlo messo in una posizione spiacevole, Takeshi si stava già preparando a scusarsi chinando la testa, ma tale gesto bastò a convincere Alessandro ad anticiparlo.

''Il mio popolo...''

Si interruppe a metà della frase e, dopo aver rivolto lo sguardo verso il tavolino davanti a lui, accennò un sorriso amaro.

''È complicato''

''Ma anche il nostro'' gli fece eco Takeshi.

''Non credo che ci riferiamo alla stessa cosa'' ribatté Alessandro scettico.

Prima di parlare ancora, Takeshi si prese qualche secondo per riflettere

''Beh, di sicuro avrà altri punti forti'' disse in tono incoraggiante, mentre scrollava le spalle. ''Per ogni popolo è così. L'importante è saperli sfruttare al meglio, cercando nel frattempo di correggere le debolezze''

''Le piace vedere il bicchiere mezzo pieno, eh?'' scherzò Alessandro.

''Tendenzialmente, sono un pessimista nei pronostici, salvo poi diventare ottimista quando questi ultimi si realizzano'' gli spiegò gioviale Takeshi, ''in questo modo non ho mai brutte sorprese e riesco a vedere il lato positivo anche nelle situazioni più sconfortanti''

Alessandro assunse un'espressione assorta.

''Lei è una persona molto saggia'' commentò alla fine.

Le guance di Takeshi si tinsero di rosso.

''La ringrazio, Kama-sama'' disse inclinando il busto in avanti in segno di riconoscenza.

Alessandro si stava apprestando a fare lo stesso quando un potente rombo attirò la sua attenzione. Fuori dalla finestra, ad alcuni chilometri di distanza, un elicottero militare era impegnato ad attraversare i cieli sopra Tokyo, sorvolando i tetti degli edifici.

Alessandro e Takeshi lo tennero d'occhio fino al momento in cui la silhouette del mezzo non scomparve dietro un agglomerato di grattacieli, ma forse aspettandosi che ne potesse sopraggiungere un altro, entrambi continuarono a tenere lo sguardo rivolto all'esterno.

''Deve essere uno dei nuovi Buzzard'' ipotizzò Takeshi, intanto che il ronzio delle pale si spegneva in lontananza, ''di recente stanno facendo diversi voli di ricognizione''

''Sono americani?'' chiese Alessandro, senza staccare gli occhi dalla finestra.

Takeshi annuì.

''Viene sicuramente dalla base di Yokota''

''Cosa ne pensa in proposito?''

''Dicono che siano dei buoni modelli''

''Intendevo le basi'' si corresse Alessandro voltando la testa verso di lui. Takeshi lo imitò. ''A quanto ho sentito, sono state causa di diversi dissapori''

''Dipende molto dalle zone'' precisò Takeshi, ''ma quando si tratta di faccende di tale delicatezza una certa dose di dissenso è comunque inevitabile''. Alzò le spalle. ''Ad ogni modo ci servono, e a parte cercare di limitarne al massimo l'impatto, non possiamo farci molto''

''Credevo che dopo la modifica della costituzione foste in grado di farne a meno''

''Farne a meno, certamente, tuttavia, ciò non significa che la cosa sia necessariamente positiva. Anche senza frigorifero, elettricità e acqua corrente si può vivere''

''Vero, ma se salta la luce la gente tendenzialmente si lamenta, mentre trovo difficile immaginarmi folle oceaniche, che scendono in strada per protestare per la scarsa presenza di truppe straniere vicino casa''

''Bisogna distinguere tra conseguenze a breve e lungo termine'' gli fece notare Takeshi pacato, ''se in piena estate ci si sbarazza dei vestiti pesanti non succede niente, poi però arriva l'inverno''

''E quale sarebbe l'inverno, un'invasione?'' chiese Alessandro sollevando un sopracciglio.

Takeshi allungò la mano verso la teiera, e una volta afferrata per il manico, la fece ruotare di qualche millimetro in senso orario.

''Gli scenari ipotizzabili sono diversi'' rispose vago, ''e dipendono da molti fattori''

''Beh, da parte mia mi limito a ripetere quello che ho già annunciato all'ONU''. Nel tentativo di stare più comodo Alessandro si appoggiò contro il cuscino che lo separava dallo schienale della poltrona. ''Se una qualsiasi nazione ne attacca un'altra, io interverrò in sua difesa fino a quando l'aggressore non si sarà ritirato''.

Rivolse a Takeshi un'occhiata eloquente.

''E questa è una promessa''

''Che vale per tutti?'' volle approfondire lui.

''Ovviamente'' confermò Alessandro senza esitazione.

''Se per esempio la Cina attaccasse la Russia?''

''Difenderei la Russia''

''Mentre a parti invertite?''

''Difenderei la Cina''

''Anche nel caso in cui fossero gli Stati Uniti gli aggressori?''

''Gliel'ho detto, niente eccezioni'' ribadì compiaciuto Alessandro.

''Neanche per Venezuela, Iran o Corea del Nord?''

''Possiamo passare le prossime ore ad elencare ognuno dei paesi che compaiono sul mappamondo, in tutte le combinazioni possibili e immaginabili, ma la mia risposta non cambierà''. Ruotò il palmo sinistro verso l'alto. ''Chi attacca ha torto''. Fece altrettanto con la mano destra. ''Chi si difende ha ragione''. Sollevò le spalle. ''Punto''

''E se fosse il Giappone ad attaccare?'' ipotizzò Takeshi.

Il sorriso di Alessandro si spense come una lampadina fulminata. In effetti, lo shock fu tale, che per riprendersi impiegò diversi secondi.

''Sarei al fianco della nazione aggredita'' concluse in tono neutro. E mentre aggrottava la fronte in un'espressione sofferente, aggiunse: ''Ma la prego, non lo faccia''

Takeshi sorrise. Sembrava divertito.

''Stia tranquillo'' lo rassicurò lui, ''l'idea non mi sfiora neanche''

Alessandro tirò un sospiro di sollievo e decise di festeggiare il mancato infarto mangiando uno dei mochi rimasti.

''Potrebbe però scoppiare anche un conflitto in cui è più difficile individuare le precise responsabilità'' gli fece notare Takeshi, intanto che lui si infilava in bocca l'intero dolcetto. ''In quel caso come reagirebbe?''

Preferendo evitare dir rispondere ancora una volta con la bocca piena, Alessandro inghiottì il mochi e si ripulì col pollice dalle tracce di amido di mais che gli sporcavano le labbra.

''Farei in modo che entrambe le parti tornino alle posizioni antecedenti al conflitto, e a quel punto le inviterei a siglare un trattato di pace in cui si impegnano a non riprovarci''

''Con la minaccia di ritorsioni a danno del capo politico del paese inadempiente, giusto?''

''I miei poteri si basano sulla forza'' sbottò Alessandro, stringendo il pugno destro in un gesto eloquente. ''triste ammetterlo ma è così. Non posso alzare le mani e imporre buoni propositi col pensiero. Se voglio raggiungere gli obiettivi che mi sono prefissato, devo fare tutto il possibile con gli strumenti di cui dispongo''

''E quali sarebbero questi obiettivi?'' chiese Takeshi in tono cortese.

Alessandro piegò le labbra in un sorriso sornione.

''Sto puntando a rendere inutili gli eserciti'' confessò con nonchalance.

''Un traguardo molto ambizioso'' commentò ammirato Takeshi.

''Forse, ma io sono convinto di essere sulla buona strada'' ribatté Alessandro sicuro di sé, ''anche se ammetto che qualsiasi aiuto utile ad accorciare i tempi sarebbe estremamente apprezzato''

''A cosa pensava, di preciso?'' domandò Takeshi non nascondendo il proprio interesse.

''Chiedere la rimozione delle basi, per esempio, sarebbe un ottimo punto di partenza''

Per lo stupore gli occhi di Takeshi si spalancarono al punto che parvero aumentare di dimensioni. Era la prima volta che Alessandro lo vedeva reagire in quel modo. Temendo che potesse venirgli un coccolone, cercò di tranquillizzarlo rivolgendogli un sorriso affabile.

''Discutere di buoni propositi e traguardi ambiziosi è sempre interessante, ma poi bisogna anche impegnarsi a realizzarli'' spiegò nel tono più conciliante di cui fosse capace. ''E a meno di usare la forza, io non posso spingere una parte ad arretrare se l'altra è più statica di un blocco di granito''

Ormai ripresosi dallo sconcerto iniziale, Takeshi si impegnò per riassumere in fretta il suo tipico contegno, riuscendoci in poco più di una manciata di istanti.

''Me ne rendo conto, però deve anche comprendere che quella a cui fa riferimento rappresenta una questione di grande complessità'' esordì pacato, ''stiamo parlando di decenni di politica estera da rivedere in maniera radicale. Non è qualcosa di facilmente risolvibile, ammesso che lo sia''

''Ma se lei gli chiedesse di andarsene, loro accetterebbero?'' insistette Alessandro.

''Una risoluzione simile non possa prenderla da solo'' ribatté Takeshi abbozzando un sorriso imbarazzato.

''Ovviamente, dopo aver ricevuto l'approvazione del parlamento'' precisò Alessandro.

Takeshi parve tranquillizzarsi.

''Una volta che il parlamento avesse espresso voto contrario sul rinnovo delle concessioni, a Washington non potrebbero far altro che prendere atto della nostra decisione. Quindi, in teoria sì''

''E in pratica?''

''La strada per arrivare fin lì è molto lunga e nel corso del tragitto sarebbe inevitabile imbattersi in innumerevoli ostacoli''. Fece combaciare i polpastrelli di mano destra e sinistra. ''E-mail, telefonate, conference call, summit, visite ufficiali e non, tutti tentativi di convincerci a rivedere la nostra posizione''

''Ma se voi decideste di non cambiarla?''

''Quasi certamente organizzerebbero un incontro tra me e il loro segretario di stato, forse potrebbe addirittura venire il presidente in persona, se fossero del parere che la situazione lo richieda. E a quel punto, è estremamente probabile che ci farebbero un'offerta molto generosa in cambio della nostra disponibilità a fare marcia indietro''

''E se non funzionasse nemmeno quello?'' ipotizzò Alessandro

Takeshi sorrise, ma dal modo in cui lo fece era chiaro che fosse a disagio.

''Stiamo parlando di scenari alquanti improbabili, Kama-sama'' replicò in tono scherzoso.

''La prego, mi assecondi in questa sciocca fantasia'' gli chiese Alessandro giungendo le mani. ''Sono solo curioso''

Takeshi chinò il capo in un cenno di assenso e proseguì.

''Accetterebbero la nostra decisione''. La rassegnazione nella sua voce sembrava fare il verso ai politici di Washington una volta appresa la notizia. ''Ma in cambio pretenderebbero la firma di un accordo formale e vincolante, con cui ci impegniamo a mantenere comunque degli stretti rapporti di collaborazione, sul piano diplomatico, logistico e di intelligence''.

Intrecciò le dita in grembo.

''E, soprattutto, a non compiere nessuna azione che possa pregiudicare in alcun modo la loro politica di contenimento nei confronti della Cina e dei suoi alleati''

''E se rifiutaste?'' domandò Alessandro asciutto.

Non appena ebbe terminato la domanda Takeshi rimase assolutamente immobile, senza che la propria espressione mutasse di una virgola. Trascorso qualche secondo di totale silenzio, Alessandro cominciò a temere che il suo interlocutore semplicemente non gli avrebbe risposto, quando all'improvviso Takeshi si curvò leggermente in avanti e lo guardò dritto negli occhi.

''Ci sarebbero delle conseguenze'' sussurrò con voce ferma.

Alessandro si limitò a ricambiare il suo sguardo senza dire nulla e per un po' entrambi rimasero a fissarsi in silenzio. Dal modo lapidario con cui si era espresso, risultava evidente che Takeshi non avesse alcuna intenzione di aggiungere altro. La sua risposta era definitiva e tale sarebbe rimasta. Non che Alessandro desiderasse approfondire ulteriormente la questione. 

Quello che voleva sapere ormai l'aveva ottenuto.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top