Capitolo 91 - Amore

Il condomino dove viveva Violet dimostrava almeno una quarantina d'anni. Gli indizi che tradivano l'età dell'edificio erano visibili già nell'ingresso, a cominciare dalle pareti ricoperte da uno spesso strato di vernice rosso terra, scrostata in diversi punti, fino al pavimento con le sue piastrelle dallo stile decisamente antiquato.

Ciononostante, niente di tutto questo poteva sperare di reggere il confronto con l'attempata signora che abitava al primo piano. Una donna smunta dai capelli raccolti in una marea di bigodini multicolore e il lungo pigiama a fiori, che quando Alessandro e Violet passarono davanti alla sua porta, la trovarono intenta a litigare col vicino di casa, un tipo della stessa età con il pizzetto e la voce graffiante.

I due erano così presi dalla discussione che non parvero accorgersi minimamente del loro arrivo, né del saluto che Violet rivolse ad entrambi. Mentre Alessandro saliva con lei nell'ascensore, le loro grida stavano ancora risuonando nell'ingresso, e quando raggiunsero il terzo piano era addirittura possibile sentirle anche da lì.

In ogni caso, una volta che Violet si fu chiusa la porta del proprio appartamento alle spalle, ogni rumore molesto finalmente cessò.

''Mettiti pure comodo'' disse affabile ad Alessandro intanto che si toglieva le scarpe e la giacca, ''io preparo il tè''

''Ok'' rispose lui.

Il soggiorno del bilocale appariva pressoché identico a come l'aveva visto l'ultima volta che c'era stato, con la sola eccezione del vaso stracolmo di rose al centro del tavolo, e della piccola pila di scatoloni ammucchiati accanto alla finestra in fondo alla stanza.

''Stai traslocando?'' chiese Alessandro incuriosito.

La testa di Violet fece subito capolino da dietro il muro della cucina.

''Scusa, hai detto qualcosa?''

''Vuoi trasferirti?'' ripeté Alessandro indicandogli le scatole.

Violet gettò l'occhio in direzione della pila di scatoloni e quando ebbe capito a cosa si stesse riferendo curvò le labbra in un sorriso.

''Ah, quello'' disse scuotendo la testa. Sembrava in leggero imbarazzo. ''No, è solo che avevo intenzione di fare un po' di pulizie di primavera, ma alla fine non riesco mai a trovare la voglia o il tempo''

''Ah, capisco'' commentò Alessandro, mentre Violet spariva di nuovo in cucina.

Essendo intenzionato ad ascoltare il suo consiglio, Alessandro si voltò per andarsi a sedere sul divano, ma prima che potesse muovere persino un singolo passo, qualcosa di piccolo e arancione sfrecciò sul pavimento in direzione dei suoi piedi. Colto alla sprovvista abbassò subito lo sguardo, finendo col ritrovarsi faccia a faccia con un gatto dal manto tigrato, che se ne stava seduto sul parquet a fissarlo con gli occhi spalancati.

''Ehm, ciao'' disse Alessandro scoccandogli un sorriso benevolo.

Prevedibilmente, il gatto non rispose al saluto. Perlomeno non a parole. Invece, senza alcun preavviso, spiccò un balzo fenomenale che lo condusse fino al petto di Alessandro, dove si aggrappò alla felpa con gli artigli.

Reagendo d'istinto Alessandro indietreggiò spaventato, ma nel momento in cui si rese conto di quel che stava facendo decise di calmarsi. Insomma, era solo un gatto. E inoltre non sembrava intenzionato ad aggredirlo, tutt'altro. Si limitava a starsene appeso facendo le fusa, i luminosi occhi smeraldini puntati dritti su di lui. Nel suo sguardo riconobbe lo stesso vibrante interesse, che aveva già avuto modo di scorgere negli altri gatti da lui incontrati in passato, manco fosse stato il primo essere umano che vedeva dopo anni di totale isolamento.

Sentendosi leggermente in imbarazzo a starsene in quella posizione ai limiti del bizzarro, Alessandro si staccò il piccolo felino dalla felpa, e una volta preso in braccio gli permise di accoccolarsi nell'incavo del suo gomito.

''Vedo che avete fatto conoscenza''

Alessandro si voltò giusto in tempo per vedere Violet che entrava in soggiorno reggendo un vassoio carico di dolci.

''Sì'' confermò a disagio.

Sempre stando in equilibrio sul suo braccio, il gatto si alzò sulle quattro zampe e, con un'invidiabile nonchalance, balzò sopra alla spalla destra di Alessandro, dove si accoccolò come un pappagallo sul trespolo.

''Mi sembra in forma'' commentò Alessandro mentre la coda del micio gli sfiorava il retro del collo.

''Infezione risolta'' disse raggiante Violet appoggiando il vassoio sul tavolino di fronte al divano. ''È guarito''

Quasi a voler fornire un ulteriore conferma a quelle parole, il gatto inarcò la schiena per poi iniziare a strusciarsi contro la guancia di Alessandro, ronfando a più non posso.

Violet sgranò gli occhi per lo stupore.

''Cavolo'' disse incredula, ''questo sì che è strano''

''Cosa?'' le chiese Alessandro, intanto che il gatto continuava a strofinarsi su di lui con la coda ritta in aria.

''Martin non è mai stato un gatto particolarmente socievole'' gli rivelò Violet. ''Non intendo che aggredisse gli estranei appena varcavano la soglia, ma fare le fusa?'' Ridacchiò tra sé e sé. ''Quando Jason provava a prenderlo in braccio di solito si divincolava come un matto''

Di quell'ultima frase Alessandro avrebbe volentieri fatto a meno. Sentir rievocare il nome dell'ex ragazzo di Violet era quasi più fastidioso di un orso che si faceva le unghie su una lavagna.

Ardendo dal desiderio di rimarcare ulteriormente tutta la propria differenza da Jason, Alessandro si mise ad accarezzare col dito sotto il mento di Martin, facendo sì che il gatto chiudesse gli occhi e raddoppiasse l'intensità delle proprie fusa. Esisteva solo una parola per definire l'espressione sul suo musetto peloso: pura estasi.

Quella scenetta strappò a Violet un sorriso.

''Ah, valli a capire i gatti'' disse divertita scrollando le spalle.

Il fischio del bollitore proveniente dalla cucina fece voltare Alessandro con tale rapidità, che Martin dovette affondare gli artigli nella sua spalla per non cadere. Ciononostante, il micio non parve prenderla a male, tant'è che continuò a fare le fusa senza interrompersi nemmeno per un secondo.

''Finisco di preparare il tè e torno'' annunciò Violet. E un attimo prima di scomparire in cucina aggiunse: ''Mettiti comodo, coraggio''

Alessandro seguì il consiglio e andò a sedersi sul divano color cioccolato addossato alla parete del soggiorno. Sebbene Martin non sembrasse affatto disturbato dalla prospettiva di rimanere appollaiato sulla sua spalla, preferì comunque sistemarselo in grembo, anche se, una volta fatto, il gatto si lasciò ricadere subito su un fianco e prese a sonnecchiare ronfando beato.

Lo stava ancora accarezzando, passandogli distrattamente la mano sinistra sul pelo, quando Alessandro si ricordò del vassoio di dolcetti davanti a lui, e dato che Violet non era ancora tornata dalla cucina ne approfittò per allungare il braccio libero verso una grossa gelatina alla frutta.

''Ecco il tè''

L'annuncio di Violet lo colse nel bel mezzo del terzo dolcetto, che per lo spavento inghiottì ancora intero.

''Scusami, avrei dovuto aspettare'' disse Alessandro in tono contrito.

''Ma che ti scusi a fare?'' lo rassicurò Violet prendendo posto accanto a lui. ''Sono lì per quello, no?''

Mentre afferrava la tazza fumante dalle sue mani, Alessandro ebbe uno strano déjà-vu. Sia il vassoio carico di dolci che il tè gli fecero tornare in mente la surreale merenda a cui aveva preso parte nell'appartamento di Wu pochi giorni prima. Nonostante le circostanze fossero completamente diverse, quel ricordo bastò a fargli passare del tutto la voglia di mangiare, anche se, per non guastare l'atmosfera, si affrettò a nascondere le emozioni che provava sfoggiando un ampio sorriso.

''Grazie''. Annusò il vapore che si levava dal tè bollente. ''Sembra ottimo''.

Si portò la tazza alle labbra, e Violet sgranò gli occhi.

''Attento, è...''

Troppo tardi. Quando ebbe allontanato la tazza Alessandro ne aveva già tracannato metà del contenuto. Ad ogni modo, l'espressione interrogativa che le rivolse riuscì a tranquillizzare Violet.

''Fa niente'' tagliò corto lei.

Alessandro prese un ultimo sorso di tè e appoggiò la tazza semivuota sul tavolino.

''Non mi hai ancora detto quali sono i tuoi preferiti'' notò Violet riferendosi ai dolcetti sul vassoio.

''I bignè alla crema e le gelatine di frutta'' rispose Alessandro, che pur di non toccare altro cibo aveva ripreso ad accarezzare Martin.

''Anche a me piacciono molto'' gli confessò Violet, ''ma quelli che adoro più di tutti sono le crostatine al cioccolato''

''Sì, pure quelle sono buone'' le fece eco Alessandro.

Violet rise.

''C'è qualcosa che non ti piace?''

Alessandro curvò le labbra in un sorrisetto imbarazzato.

''Bella domanda''.

Visto che non se la sentiva di prendere un altro pasticcino, afferrò la tazza per finire il tè, ma prima ancora che si trovasse a metà del sorso, avvertì qualcosa sfiorargli il piede. Con una discrezione invidiabile Violet si era avvicinata scivolando sulla fodera del divano, e ormai la distanza che li separava ammontava solamente a qualche millimetro.

Ad Alessandro andò di traverso il tè, e tra un colpo di tosse e l'altro rimise la tazza vuota sul tavolino, mentre nel frattempo Violet allontanava il piede.

''Violet, non volevi farmi leggere qualcosa?'' chiese Alessandro, cercando di spostare l'attenzione altrove.

Il sorriso che apparve sul viso di Violet era un po' troppo forzato per essere naturale, ma quando parlò di nuovo il suo tono non presentava alcuna traccia di irritazione.

''Giusto, mi ero quasi dimenticata''. Si alzò dal divano, finendo per sfiorargli il braccio nel processo. ''Te lo porto subito''

Alessandro la osservò in silenzio mentre andava a prendere il pc rimasto appoggiato sul tavolo del soggiorno, ma la voce nella sua testa non se ne stette affatto zitta.

Codardo

Alessandro finse di non aver sentito, limitandosi ad accarezzare Martin per sfogare la propria frustrazione. Quando tornò a sedersi accanto a lui Violet spinse di lato il vassoio, e al suo posto sul tavolino piazzò il computer.

''Ecco qua'' annunciò affabile premendo il tasto invio sulla tastiera.

Le farfalle svolazzanti dello screen saver vennero immediatamente sostituite da un documento in formato PDF. Alessandro sollevò delicatamente Martin e lo depose sul bracciolo del divano, poi si chinò in avanti e cominciò a leggere.

L'ECO: UN NUOVO NOME PER UN VECCHIO PROBLEMA

Sono passati ormai due anni dall'introduzione dell'ECO, la nuova valuta che doveva rimpiazzare il vecchio franco CFA, e ridare così la sovranità monetaria ai paesi dell'Africa occidentale un tempo sotto il dominio francese.

Da ben prima della sua creazione, il governo di Parigi aveva lanciato l'iniziativa dipingendola come un cambio di passo epocale, volta a mettere fine, perlomeno a parole, al modello di stampo neocolonialista imposto alle sue ex colonie, e ritenuto da diversi attenti osservatori come una delle concause alla base del mancato sviluppo di tali nazioni.

Tuttavia, non ci è voluto poi molto per rendersi conto che dietro questa facciata apparentemente idilliaca si celavano propositi assai meno nobili, che sulla falsariga di certe tattiche alla "greenwashing", tentavano di mettere il governo francese al riparo dalle critiche, limitandosi a rimuovere gli aspetti del sistema meno giustificabili presso l'opinione pubblica, senza però fare nulla per cambiare davvero la situazione attuale.

Lo schema è vecchio e senz'altro ben collaudato: "cambiare tutto affinché nulla cambi". Quanto alla sua reale efficacia però, il gattopardo stesso avrebbe nutrito parecchi dubbi. Quello a cui stiamo assistendo non è altro che il proseguimento della strategia adottata dalla Francia sin da quando ha istituito il franco CFA. Ancorare le economie dei paesi che lo adottano al quella francese, scoraggiando l'industrializzazione a scapito dell'esportazione di materie prime, e reimmettendo nel mercato africano queste ultime sotto forma di prodotti finiti.

Un "compromesso che garantisce stabilità" dicono i suoi promotori, un "furto legalizzato che causa arretratezza" accusano gli altri. E questi "altri" non sono pochi.

L'assassinio del presidente nigerino Usman, avvenuto in circostanze misteriose appena un mese dopo l'annuncio di non voler far aderire il suo paese all'ECO, rappresenta solamente l'ultimo di una lunga serie di delitti volti a tutelare lo status quo, che al di là delle frasi ad effetto e dei discorsi zuccherosi pronunciati a qualche conferenza, ha un solo ed unico scopo: favorire gli interessi francesi e garantire così la stabilità economica, politica e sociale dell'ex madrepatria.

Per chiarire meglio quanto questa dottrina sia confacente a tale scopo è sufficiente studiare la storia. Oltre a far precipitare la popolarità del governo, la crisi economica che si abbatté sulla Francia agli inizi degli anni 90' rappresentava una minaccia concreta allo stesso stile di vita dei francesi, e tanto bastò affinché il presidente Mitterrand prendesse una decisione drastica, che però avrebbe sicuramente aiutato a risolvere il problema delle casse statati provate dalla recessione.

Il prezzo da pagare in cambio sarebbe stato enorme, certo, ma dato che tale onere ricadeva su altre spalle, il problema finì molto presto per passare in secondo piano, e così la decisione fu presa.

La svalutazione del franco CFA del 1994, imposta dall'Eliseo senza tener conto delle proteste di tutti i paesi della zona franco, causò un taglio del 50% del suo valore, e se da un lato permise all'erario francese di raddoppiare le proprie capacità finanziarie, dall'altro lato provocò un parallelo dimezzamento di quelle dei paesi africani che ne facevano uso.

Ritrovandosi dal giorno alla notte con un potere d'acquisto ridottò della metà, i popoli della regione dovettero patire indicibili sofferenze, tra cui un'impennata dei tassi di mortalità infantile, della povertà e dei fenomeni inevitabilmente ad essa collegati, come denutrizione, criminalità o malattie.

Nel giro di pochissimi anni il debito estero dei paesi interessati dalla svalutazione toccò valori talmente elevati (superando in certi casi di ben due volte il PIL nazionale), che si rese necessario intervenire dapprima con un taglio dei servizi indispensabili, come istruzione, salute, e spesa sociale in generale, e poi con delle campagne di massiccia privatizzazione delle imprese statali, ovviamente a tutto vantaggio dei grandi gruppi francesi.

L'operazione fu un completo successo e l'economia francese si risollevò. Quanto alle nazioni africane vittime di questo efferato stratagemma, pur a distanza di oltre tre decenni, esse subiscono ancora oggi i lasciti di quel periodo nefasto.

L'ex presidente Chirac disse che "senza l'Africa la Francia sarebbe destinata a diventare una potenza di terzo rango". In questa semplice frase c'è molta più sincerità di quanta non se ne ritrovi nei discorsi dei suoi successori, sempre pronti a farcire i propri proclami con continui riferimenti alla libertà, alla fraternità e all'uguaglianza.

Ma quanta uguaglianza potrà mai esserci tra un padrone e il suo servo?

Che tipo di libertà è quella di un paese dove a decidere chi sta al potere è il capo di una nazione straniera?

Come si ha il coraggio di definire fraternità un sistema figlio dell'abuso e dell'oppressione, per giunta ipocritamente ammantato di benevolo paternalismo?

"Se i nostri alleati desiderano mettere fine alla loro collaborazione con noi, non hanno che da chiederlo e gli sarà accordato. Questa partnership è volta unicamente allo sviluppo dell'Africa e delle nazioni che ne fanno parte, tramite un rapporto di mutuo vantaggio che coinvolge Francia ed Europa. È interesse delle nazioni della zona franco prendere parte a quest'iniziativa. Noi francesi non stiamo imponendo nulla".

Queste parole, pronunciate dal presidente Guatier all'indomani del lancio ufficiale dell'ECO, sono molto esplicite. Se i nostri alleati vogliono uscire dalla zona franco, non hanno che da chiederlo. Eppure, al presidente Usman non è stata garantita questa possibilità. Come non è stata data a Sylvanus Olympio, o a Modioba Keita, né a Thomas Sankara, Laurent Gbagbo e Muhammar Gheddafi.

Quasi tutti gli appartenenti a questo breve elenco erano dittatori, alcuni anche particolarmente sanguinari, nessuno lo può mettere in dubbio, ma è altrettanto vero, che il diritto di decidere quale tipo di futuro dare al proprio paese spettasse molto più a loro, rispetto a chi ha invece preteso di stabilirlo a tavolino in una stanza all'Eliseo.

Liberté, Égalité, Fraternité, che belle parole. Peccato che tra il predicare un'ideale e la sua realizzazione molto spesso si frapponga un tempo assai lungo, e quando poi manca la sincera volontà di perseguirlo l'attesa rischia di diventare eterna.

Non appena ebbe finito di leggere Alessandro tornò ad appoggiarsi contro lo schienale del divano, giusto in tempo affinché Martin potesse riacciambellarsi sul suo grembo.

''Allora?''. Violet abbassò lo schermo del laptop. ''Che ne pensi?''

''È bellissimo'' commento ammirato Alessandro.

Violet gli scoccò un'occhiata venata di scetticismo.

''Lo dici per farmi piacere o...''

''No, dico sul serio!'' la interruppe Alessandro annuendo convinto. ''L'ho trovato estremamente interessante. È proprio una di quelle cose che bisogna assolutamente cambiare il prima possibile. Ne discuterò con Tommy non appena torno''. Un luccichio gli balenò negli occhi. ''Anzi, forse posso fare qualcosa direttamente io''

Per qualche istante un'ombra oscurò il viso di Violet.

''Sono contenta ti sia piaciuto'' disse pacata mentre univa i palmi delle mani, ''però, cerca solo di non prendere la faccenda troppo di petto''

''In che senso?'' chiese Alessandro confuso.

Violet accennò un sorriso.

''Apprezzo molto il tuo interessamento, e io sono la prima a volere che venga fatto qualcosa in merito'' premise sempre nello stesso tono tranquillo, ''tuttavia, non credo che mi sentirei in pace con me stessa se domani mattina mi alzassi e venissi a scoprire che hai assaltato l'Eliseo''

Alessandro scoppiò a ridere, e tale fu la sorpresa di Violet per quella reazione improvvisa, che le sue sopracciglia finirono inghiottite dal ciuffo di capelli che le pendeva sulla fronte.

''Intendevo parlarne con Takeshi'' le spiegò lui non appena si fu calmato.

Violet spalancò la mascella.

''Ah...'' Sorrise e scrollò le spalle. ''Beh, allora è tutto a posto'' commentò sollevata.

Prima di proseguire Alessandro sorrise a sua volta.

''Abbattere un dittatore è una cosa, ma scardinare un intero sistema economico è qualcosa di un tantino più complesso'' disse con una punta di ironia. ''Temo di non poter risolvere il problema sfasciando palazzi in forma di drago''. La sua espressione tornò a farsi seria. ''Ma ti prometto che ce la metterò tutta comunque, anche se ci vorrà più tempo del solito''

''Questo sì che è parlare'' si complimentò Violet.

Nonostante si stesse impegnando al massimo per non darlo a vedere in alcun modo, Alessandro rimase incredibilmente impressionato da quanto Violet riuscisse a capirlo, e soprattutto, da quanto quell'articolo lo avesse fatto imbestialire.

Poteva anche cercare di nascondere le proprie emozioni dietro una maschera di apparente serenità, ma non poteva mentire a sé stesso. D'altronde, ignorare ciò che gli ribolliva nel petto era impossibile, come lo sarebbe stato sperare di fermare il vento con le mani.

La rabbia e l'indignazione dentro di lui stavano montando al pari di una maionese impazzita. In fondo, non era affatto diverso da suo padre. La differenza principale tra loro due risiedeva nella capacità di mettere in pratica i valori in cui credevano, ma a parte quello restavano due cocciuti idealisti che inveivano contro la tv.

Adesso però che aveva il potere di cambiare le cose, il desiderio di porre fine a simili ingiustizie risultava moltiplicato per mille. In effetti, se fosse stato per lui, non avrebbe esitato un solo istante a volare dritto dritto a Parigi per scambiare quattro chiacchiere con Guatier. A quattr'occhi, e in una forma decisamente poco amichevole.

Tuttavia, sapeva di non poterlo fare. Nel caso Tommy lo fosse venuto a scoprire non gliel'avrebbe fatta passare liscia. Non dopo la sortita a Tel Aviv.

''Un passo alla volta, Kama. E cerchiamo di farli nell'ordine giusto''.

Stava ancora ripensando a quelle parole, quando Violet cercò di spostare Martin dalle sue gambe, sollevandolo di peso. Per nulla entusiasta all'idea, il gatto emise un miagolio di protesta, e si aggrappò ai jeans di Alessandro utilizzando gli artigli.

''Piccolo ruffiano peloso!'' sibilò Violet indignata, ''e io chi sono, il terzo incomodo?! Ti ricordo che è la sottoscritta che riempie la ciotola e paga le parcelle del veterinario''

Martin spostò la testolina da Violet ad Alessandro per due volte di fila, ma alla fine concentrò tutta la propria attenzione su quest'ultimo, e dopo aver chiuso gli occhi si mise a fare la pasta nella sua felpa.

''Ah!'' sbottò offesa Violet. ''Che ingrato!''

Incrociò le braccia e distolse lo sguardo da Martin, ma quando incontrò quello di Alessandro già sorrideva. Lui sostenne il contatto visivo per qualche istante e poi, dopo che ebbe avvertito uno strano formicolio in zona stomaco, riprese ad accarezzare il gatto.

''Sai, mi è piaciuto molto anche l'articolo che hai scritto sul golpe in Nigeria'' le confessò mentre dava una grattatina dietro le orecchie di Martin.

''Hai letto pure quello?'' domandò Violet incuriosita.

''Certo'' confermò Alessandro annuendo, ''tutto d'un fiato''

''Per curiosità, quanti altri miei articoli hai letto?''

Alessandro non rispose subito e, distolto lo sguardo, finse di ammirare le striature rossicce sulla pelliccia color arancio di Martin.

''Qualcuno'' rivelò con noncuranza scrollando le spalle.

Di fronte allo scetticismo che traspariva dal sopracciglio alzato di Violet, Alessandro non cercò nemmeno di ribattere. Le speranze di riuscire a tener celata la verità erano così scarse da non valere un tentativo.

''D'accordo, li ho letti tutti'' ammise imbarazzato.

Violet sorrise compiaciuta e tanto bastò affinché il formicolio che Alessandro avvertiva allo stomaco raddoppiasse di intensità.

''Quindi, sei specializzata in Africa, vero?'' chiese in tono neutro grattandosi la pancia.

''Non scrivo solo di quello, ma in linea generale sì'' rispose Violet. ''Al Big Apple Daily sono una delle poche che si occupano di esteri''

''Ti trovi bene?''

''A me piace'' confessò con semplicità, ''è un buon posto e Mark è un ottimo capo''

Martin si rotolò pancia all'aria, e Alessandro ne approfittò per accarezzarlo sul ventre. A giudicare dal volume delle sue fusa, cresciuto improvvisamente di diverse tacche, il gatto parve apprezzare.

''L'altro giorno io e Tommy stavamo parlando, e ad un certo punto ci siamo messi a discutere del tuo giornale'' proseguì Alessandro, ''del fatto che sul versante economico non sta messo benissimo, e quella roba là, finché non è venuta fuori un'idea interessante''. Prese un breve respiro per farsi coraggio. ''Che ne diresti se Tommy diventasse il vostro editore?''

Violet increspò le labbra in un sorrisetto sardonico.

''Quest'idea l'ha proposta Tommy, oppure è opera tua?'' lo incalzò lei.

Consapevole dell'espressione sbigottita che gli era appena apparsa in viso, Alessandro voltò subito la testa.

''Che importa chi l'abbia fatto'' ribatté sbrigativo, ''tu concentrati sul contenuto''

''Mark non accetterebbe mai'' gli spiegò Violet scuotendo la testa. ''Te l'ho detto come la pensa sugli editori. Per lui sono solo un cappio al collo e non li vuole. Quando si è messo in proprio, nei primi tempi, aveva anche fatto un tentativo''. Gli scoccò un'occhiata eloquente. ''È durato sei mesi''

''Non gli permetteva di scrivere quello che voleva?''

Violet scrollò le spalle.

''Il solito copione'' rispose asciutta, lasciando trasparire un evidente disgusto. ''Tratta di certi problemi, ma non di altri. Fa cherry picking per selezionare solo le notizie che ti fanno comodo. Attacca un personaggio pubblico nonostante sia nel giusto, e difendi il suo avversario anche se ha torto marcio. Butta al macero ideali od ogni forma di coerenza, innaffia tutto con la retorica e avrai il tuo giornale pronto per l'edicola''.

Curvò le labbra in un sorriso amaro.

''Mark non vuole lavorare così. Se per lui uno sbaglia, ne parla male. Punto. Non gli interessa la politica e di certo non si schiera, men che meno se c'è dietro un compenso''

''Esattamente quel che pensa Tommy'' la informò Alessandro tutto pimpante, ''lui non vi chiederebbe mai una cosa del genere''

L'espressione di Violet rimase impassibile.

''Non è il primo a dirlo'' replicò in tono pragmatico, ''ma una volta a bordo il registro cambia in fretta''

''Con Tommy non sarebbe così'' insistette convinto Alessandro.

''Quindi ci permetterebbe di scrivere quello che vogliamo senza mai metterci becco?'' chiese Violet senza fare nulla per nascondere il proprio scetticismo.

''Assolutamente'' rispose Alessandro con decisione, ''ciò che conta per lui è sostenere tutti quelli che si battono per raccontare la verità senza che ci vada di mezzo la partigianeria. Non importa ciò che scrivete, l'importante è che ne siate convinti''

Dato che Martin era di nuovo tornato in posizione prona, Alessandro gli accarezzò il collo facendovi scorrere il dito sopra. Il micio chiuse gli occhi, ronfando deliziato.

''E se qualcuno si convincesse che tu stia sbagliando?'' domandò Violet scoccandogli un'occhiata allusiva. ''Anche in quel caso lo potrà scrivere?''

''Ci mancherebbe!'' esclamò Alessandro, facendo sobbalzare Martin per lo spavento. ''Certo che lo potrebbe fare. Oltretutto, sarebbe davvero una piacevole novità, considerato l'andazzo che c'è da queste parti''

Violet sorrise sorniona.

''Anche di Tommy?''

''Se lo chiedi a lui sono sicuro al 100% che ti risponderebbe di sì'' rispose Alessandro intanto che provvedeva a tranquillizzare Martin lisciandogli il pelo, ''ma detto francamente...''

Si curvò leggermente verso di lei, così da poter pronunciare le parole successive quasi sussurrando.

''Dovreste impegnarvi davvero parecchio per trovare qualcosa di immorale in Tommy''

Violet chinò il capo, impegnata in quella che sembrava essere una profonda riflessione.

''Che dire...'' Rialzò la testa, rivelando un sorriso radioso. ''Sono colpita''

Alessandro rispose al sorriso con altrettanto entusiasmo.

''Kama, è un'offerta estremamente generosa'' premise Violet pacata, ''ma ovviamente la decisione non spetta a me, lo sai''

Il sorriso di Alessandro si spense.

''Lo proporrò a Mark però'' si affrettò ad aggiungere lei, ''Gli racconterò ciò che mi hai detto e con un po' di fortuna magari riesco a convincerlo''

''Lo spero'' confessò Alessandro, ''in effetti, te l'ho proposto perché penso sarebbe proprio bello se voi...''

Non ebbe il tempo di finire la frase perché proprio in quel momento Violet si sporse in avanti e premette le labbra sulle sue. Per lo shock Alessandro sgranò gli occhi, ma l'ondata di passione da cui venne travolto glieli fece richiudere praticamente subito.

Com'era bello. Lo era a tal punto che non avrebbe mai voluto smettere. Se soltanto avesse potuto, sarebbe rimasto su quel divano a baciarla per sempre, così da non dover mai sperimentare la fine di quella meravigliosa sensazione. La gioia che provava in quel momento non poteva essere descritta a parole, era qualcosa di semplicemente sublime.

Vedendosi improvvisamente trascurato, Martin cercò di attirare l'attenzione poggiando le zampe sulla pancia di Alessandro, ma Violet lo spinse via con un colpetto della mano, facendolo scivolare sul parquet. A nulla valsero i suoi miagolii di protesta, ormai il duo aveva ben altro a cui pensare.

Violet gli accarezzò la guancia, e pur con una certa dose di goffaggine, Alessandro la imitò.

Quanto era piacevole sentire il tocco della sua mano sulla pelle. Così dolce. E i suoi capelli poi...erano tanto lisci, morbidi, setosi, perfetti. Tutto di lei era perfetto, persino l'odore. Il suo profumo emanava note di mandorle e cannella assolutamente irresistibili.

Preso com'era da quella sorta di estasi mistica, Alessandro non solo non sentì i miagolii di Martin, ma non si accorse neppure della sirena dell'ambulanza che stava riecheggiando fuori dalla finestra. Fu allora che Violet interruppe il contatto, e sfiorandogli la guancia con la propria, avvicinò la bocca al suo orecchio.

''Mi piaci da impazzire'' sussurrò con voce affettuosa.

Dalla bocca di Alessandro sfuggì un gemito, che però venne soffocato praticamente sul nascere quando Violet tornò a premere le labbra sulle sue. Nel frattempo, mentre si lasciava sopraffare dall'ardore della compagna, Alessandro finì col perdersi nei meandri della propria mente.

Quell'ultima frase pronunciata da Violet aveva infatti rievocato un ricordo, che fino ad un attimo prima non credeva nemmeno di aver mai posseduto. Un sogno, per la verità, emerso da un recente passato.

Rivide il tetto della Rannoch Tower, lui che confessava a Violet quanto gli piacesse, lei che ripeteva lo stesso, e poi il bacio che si erano scambiati pochi secondi dopo. In un certo senso sembrava quasi di osservare il presente attraverso uno specchio, ma se non fosse stato veramente così? E se...

E se si fosse avverato anche il resto?

Preso dal panico Alessandro allontanò la testa di scatto, interrompendo prematuramente il bacio. Spiazzata dal gesto inatteso Violet se ne restò immobile, gli occhi sgranati fissi su di lui. Alessandro tentò di parlare, di giustificarsi in qualche modo, ma le parole gli restarono confinate in gola.

Imbarazzato come non mai, distolse frettolosamente lo sguardo, e prendendosi la testa tra le mani, si mise a fissare il pavimento davanti a lui. Seduto sul parquet ad appena mezza spanna dai suoi piedi, Martin lo scrutò con attenzione per qualche istante prima di emettere un sommesso miagolio.

Sebbene si sentisse tutt'altro che tranquillizzato, non dovendo più sostenere il contatto visivo con Violet, alla fine Alessandro riuscì a recuperare la parola.

''Scusami'' sussurrò in tono contrito, ''scusami tanto''

Nel tentativo di confortarlo lei gli appoggiò una mano sulla schiena.

''C'è qualcosa che non va?'' domandò con gentilezza.

Alessandro strinse i denti e chiuse gli occhi.

''È che...ho un problema'' confessò a fatica, ''e c'entra con...''

Non riuscì a finire la frase e così si limitò ad indicarsi le labbra.

''Con la tua bocca?'' concluse Violet per lui.

Alessandro annuì.

''È una cosa orribile''. Storse la bocca in una smorfia di disgusto. ''E mi fa schifo''

Le rivolse uno sguardo furtivo con la coda dell'occhio, ma dovette smettere praticamente subito. La vergogna che provava era troppo grande.

''Scusami, faccio molta fatica a dirlo'' confessò con la voce incrinata.

Violet si avvicinò ancora di più e gli afferrò il braccio con un gesto affettuoso.

''Non sei costretto a farlo se non te la senti''

Una volta che ebbe finalmente trovato il coraggio di guardarla, Alessandro voltò la testa verso di lei. Il sorriso d'incoraggiamento che Violet gli rivolse riuscì a sciogliere le sue ultime resistenze.

''Lo so che finora non è successo niente, ma potrebbe essere stata solo fortuna'' rivelò con la voce tremante per l'apprensione, ''e io non voglio farti correre rischi inutili''

''Davvero un bacio è così pericoloso?'' chiese Violet ironica.

Alessandro si rabbuiò.

''Non puoi nemmeno immaginare'' disse atterrito, ''sono stato un pazzo a permettere che succedesse''

Le sopracciglia di Violet si sollevarono di diversi centimetri, mentre un'ombra di paura offuscava il suo sorriso. Alessandro sospirò e distolse lo sguardo.

''Hai ragione'' concluse amareggiato. ''Sono ripugnante, mi dispiace''

''Ehi''. Presogli il mento tra le dita Violet lo costrinse a guardarla nuovamente negli occhi. ''Non dire queste cose. Tu non sei ripugnante, proprio per niente''.

Gli accarezzò la guancia.

''Non importa se hai qualche piccolo difetto, la sola cosa che conta è quello che hai dentro'' sussurrò con dolcezza. ''È questo che mi piace di te''.

Alessandro sentì lo stomaco contorcersi come se ci fosse finito dentro un carbone incandescente. Era evidente che Violet si aspettasse una risposta, ma per quanto lui volesse dargliela, dalle labbra non gli uscì nemmeno una sillaba.

Tutto il suo corpo era paralizzato e immobile, vittima del terrore. Tuttavia, non poteva restare in silenzio per sempre, e se per questo nemmeno lo desiderava. Paura o meno, era suo compito andare fino in fondo.

Nel tentativo di mettere a tacere l'ansia che provava, Alessandro strinse i pugni e si morse l'interno della guancia. Un leggero tremore aveva cominciato a scuotergli le gambe.

''Violet''. Deglutì, e al termine di una breve pausa, volta a recuperare tutto il proprio coraggio, sussurrò: ''ti amo''

Ecco, l'aveva detto. Alla fine si rivelò anche più facile del previsto. Ormai libero da angosce o altre inutili fobie, le parole gli uscirono di bocca praticamente da sole. Era stato naturale quasi come un respiro, e sebbene le avesse pronunciate sottovoce, il cuore gli esplodeva di gioia al punto che sarebbe stato tentato di urlarle al mondo intero.

Violet non disse nulla, ma l'adorabile sorriso che gli era affiorato sulle labbra non aveva bisogno di spiegazioni. Restando in silenzio sollevò le gambe da terra, e una volta preso posto sulle sue ginocchia, si liberò degli occhiali lanciandoli sul cuscino.

Senza schiodare dal parquet, Martin emise un altro sommesso miagolio, ma nessuno gli prestò attenzione. Nel frattempo, Violet si passò le mani tra i capelli, e li gettò all'indietro in un unico movimento fluido.

Era bellissima, ma Alessandro non riuscì a dirglielo. Le corde vocali non rispondevano ai comandi. Con gli occhi spalancati e un'espressione adorante stampata in faccia, la osservò mentre si sbottonava la camicetta, gli afferrava la mano, e dopo avergli rivolto un sorrisetto malizioso, cominciava a guidarla lentamente verso il proprio petto.

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