Capitolo 85 - Il Brooks Plaza
Seduta sulla moquette in un angolo della sala riunioni, Margaret stringeva sua figlia Julia al proprio petto, accarezzandole la testa con cadenza regolare. Era da circa dieci minuti che la piccola aveva smesso di piangere, anche se ogni tanto qualche singhiozzo soffocato sfuggiva ancora attraverso il maglione della madre.
Accanto a lei sedeva una giovane ragazza dai capelli scuri di nome Jennifer, che come il resto dei presenti se ne stava rannicchiata con la schiena contro la parete, le mani strette attorno alle ginocchia piegate a mo' di scudo. Pur avendo a disposizione il lungo tavolo al centro della stanza, nessuno aveva osato prendervi posto. Il semplice pensiero di trovarsi così in bella vista, rispetto a chiunque fosse giunto dalla porta, era bastato a persuaderli a sistemarsi per terra, nascosti dietro le sedie e le gambe del mobile.
In ogni caso, nonostante la distanza estremamente ridotta che li separava, e l'ora di convivenza forzata che avevano trascorso insieme, pareva che il desiderio di avviare una conversazione fosse drammaticamente basso, per non dire inesistente.
A tenerli occupati ci pensava la paura.
''Tranquilla tesoro'' disse Margaret con voce rassicurante, dopo che Julia ebbe emesso un singhiozzo particolarmente intenso, ''andrà tutto bene''. Le accarezzò i corti capelli castani. ''Tutto bene''
Noah, il ragazzo dai capelli rossicci che sedeva a due posti di distanza da lei, si morse il labbro inferiore con tale forza che per poco non lo fece sanguinare. Quando finalmente allentò la presa, emise un sospiro quasi impercettibile, ed inclinò la testa fino a sfiorare le ginocchia con la fronte.
''Ci uccideranno, lo so'' sussurrò sconsolato.
Atterrita da quelle parole, Margaret coprì subito le orecchie della figlia con le mani. Se esisteva una cosa di cui non aveva alcun bisogno in quel momento, era proprio qualche battuta fatalista.
''Non dire queste cose'' sbottò con voce soffocata.
''È la verità'' insistette Noah asciutto.
''No invece!'' ribatté Margaret.
Dal modo in cui lo disse non pareva molto sicura di sé. Era come se la sua fosse più che altro una speranza in cui voleva credere, piuttosto che qualcosa di cui si sentiva sinceramente convinta. Notando l'insicurezza nel suo tono Noah si preparò a replicare, ma Benjamin, il signore anziano che sedeva alla destra del ragazzo, lo anticipò.
''Ha ragione'' disse pacato, ''se avessero voluto semplicemente ucciderci a quest'ora l'avrebbero già fatto''. Annuì con gravità. ''Hanno bisogno di ostaggi. Gli servono per trattare''
''Qui dentro ci saranno quattromila persone'' fece notare Noah con palese scetticismo, ''credete sul serio che gliene freghi qualcosa di ammazzarne cinque o sette in più?''
''Non possono farlo'' disse Margaret scandalizzata.
''E non avrebbe senso'' aggiunse Benjamin in tono tranquillo.
''Vallo a dire a quello che è stato buttato di sotto'' sibilò Noah sprezzante.
A tali parole seguì qualche istante di silenzio. Nella mente di tutti rimbombava ancora quel grido terribile che avevano sentito circa un'ora prima. Anche se la breve discussione avvenuta subito dopo era stata stroncata sul nascere per evitare di diffondere il panico, negare ciò che avevano pensato in merito risultava impossibile. Noah si era limitato a dirlo ad alta voce, e visto che a tutti loro erano stati sequestrati gli Smartphone, nessuno poteva smentirlo.
''Quella è solo un'ipotesi'' tagliò corto Margaret scuotendo la testa, ''non abbiamo alcuna certezza''
''Certo come no'' disse sarcastico Noah, ''probabilmente sarà andato a fare base jumping scordandosi la corda''
Nonostante fosse uno dei pochi ad essere rimasto in silenzio fino a quel momento, Michael, il quarantenne con gli occhiali, che chiudeva la fila stando seduto accanto a Benjamin, non riuscì a trattenersi oltre.
''Smettila di parlare in questo modo!'' sbottò spazientito.
''E come accidenti dovrei parlare?'' chiese stizzito Noah.
''Forse non dovresti farlo e basta'' rispose Michael secco.
''Il silenzio mi rende nervoso'' ribatté Noah arricciando il naso.
''E a me le chiacchiere inutili'' lo incalzò acido, scoccandogli un'occhiataccia. ''Come la mettiamo?''
Messo con le spalle al muro, Noah distolse lo sguardo, chiaramente offeso, e un silenzio assordante tornò a regnare nella stanza. La situazione, tuttavia, non migliorò, anzi. Sebbene non osarono dirlo con le parole, molti dovettero convenire che almeno su quel punto Noah aveva ragione.
Non ascoltare altro che i singhiozzi di Julia, o i respiri dei vicini, metteva l'ansia. In effetti, quando alla fine Noah cedette alla tensione e ruppe il silenzio, tutti, con l'ovvia esclusione di Michael, ne furono notevolmente sollevati.
''Sentite, non voglio crear rogna per il gusto di farlo'' premise in tono pacato. ''Dico solo che forse dovremmo...'' Strinse i pugni e li riaprì mentre pronunciava il resto della frase. ''Pensare a qualcosa''
''Tipo?'' chiese Benjamin con semplicità.
''Non mi sembra siano in molti'' disse Noah abbassando la voce, ''magari dieci o giù di lì. Se solo riuscissimo a raggiungere quelli ai piani alti magari potremmo organizzare un assalto''
''Armati di sedie ed estintori contro degli AR-15?'' domandò Michael ironico.
''Siamo in rapporto di cento a uno e loro non hanno proiettili infiniti'' ribatté Noah.
Michael soffiò sprezzante.
''Ottimo piano'' commentò con evidente sarcasmo, ''facciamo che tu stai nell'avanguardia. Io ti copro le spalle''
Noah serrò la mascella per la rabbia.
''Se hai un'idea migliore del restare passivo, mentre ci uccidono come animali, prego, sono tutt'orecchi'' ringhiò furente.
Michael tentò di intervenire, ma proprio in quel momento Julia ricominciò a piangere, costringendo sua madre a tapparle nuovamente le orecchie.
''Qui non morirà nessuno!'' sbottò Margaret con decisione. Accertatasi che nessuno avesse qualcosa da ridire in proposito, si rimise ad accarezzare i capelli di Julia nel tentativo di consolarla. ''E smettetela di discutere. Tanto non serve a niente''
Né Michael, né Noah aprirono bocca, anche se era chiaro, che se fosse stato per loro avrebbero volentieri portato avanti la discussione. Come già successo nell'occasione precedente, un imbarazzato silenzio seguì la brusca interruzione della lite, ma questa volta fu Jennifer che prese l'iniziativa di porvi fine. Il rischio che il diverbio congelato tra i due litiganti si riaccendesse ancora le pareva troppo alto.
''Quanti anni ha?'' chiese sottovoce a Margaret, rivolgendo un cenno verso Julia.
''Ne compie quattro il prossimo mese'' rispose la donna accarezzando la testa della piccola.
''Posso sapere il suo nome?''
''Julia'' rispose Margaret tranquilla.
Jennifer si scostò una ciocca di capelli dalla fronte, e scrutò la piccola con occhi adoranti.
''È proprio una bellissima bambina'' commentò ammirata.
''L'hai capito guardandole i capelli?'' chiese Noah beffardo.
Colta alla sprovvista, Jennifer arrossì.
''L'ho vista prima'' si giustificò con un fil di voce.
Noah emise un lungo sospiro e scrollò le spalle.
''Carina o no, non fa alcuna differenza'' disse gelido. ''Tanto a quelli non gliene frega un cazzo''
''Potrebbe cortesemente moderare il linguaggio?'' si intromise Benjamin, senza abbandonare il solito atteggiamento pacato. ''ci sono delle signore qui''
Noah sollevò gli occhi al cielo.
''Grazie della dritta, capitan bacchettoni'' ribatté sarcastico.
''Vuoi chiudere quella bocca?!'' sbraitò Michael furioso.
''E tu vuoi farti gli affaracci tuoi?!'' ringhiò Noah di rimando. ''In ogni caso, saremo tutti morti entro stasera''
Michael scattò in piedi, gli occhi iniettati di sangue e i pugni serrati.
''Sei proprio un...''
''Zitti!'' sibilò Margaret stringendo Julia a sé. ''Sta arrivando qualcuno''
Aveva ragione. Nel corridoio al di là della porta cominciavano a sentirsi dei passi, che diventavano sempre più distinti ad ogni secondo che passava. Con una velocità ancora maggiore di quella spesa per alzarsi, Michael tornò a sedersi al proprio posto accanto a Benjamin.
All'interno della stanza nessuno osò fiatare, e persino i singhiozzi di Julia si fecero molto meno intensi. Pochi secondi dopo la maniglia calò verso il basso, e la porta scivolò sui cardini quasi senza far rumore. L'uomo che varcò la soglia aveva la carnagione olivastra e una chioma di folti capelli neri, perfettamente intonati con la giacca leggera che indossava sopra la felpa. A giudicare dalla calma con cui aggirò il mobile, era evidente che non si aspettasse di trovarli seduti al tavolo, e infatti la sua espressione non mutò di una virgola quando scoprì il gruppetto rannicchiato per terra.
Alla vista del fucile mitragliatore stretto tra le sue mani, un brivido gelido percorse le schiene dei presenti. Mantenendosi a circa cinque metri di distanza, l'attentatore indugiò con lo sguardo su ognuno dei cinque ostaggi, intanto che questi fissavano atterriti la volata dell'arma. Michael, Benjamin, Noah, Jennifer, e per ultime, Margaret e la piccola Julia, tutti furono passati in rassegna, e alla fine, dopo quelli che a loro parvero secoli, l'uomo stese il braccio sinistro, puntando l'indice contro Jennifer.
''Tu'' disse asciutto.
Con lo occhi sbarrati per il terrore, Jennifer guardò prima Margaret e poi Noah, ma dalle espressioni sui loro volti capì subito che nessuno dei due avesse interpretato il gesto in maniera diversa. Era lei quella ad essere stata chiamata.
''Io?'' chiese con voce tremante indicandosi il petto.
L'uomo annuì.
''Vieni qui'' ordinò indicando il pavimento ai suoi piedi, ''subito''
Jennifer scosse la testa con vigore e si appiattì contro la parete alle sue spalle.
''Non ho fatto niente'' farfugliò terrorizzata, mentre il respiro le diventava affannoso, ''giuro che non ho...''
''Muoviti!'' sbottò l'uomo con rabbia.
Jennifer non obbedì, anche se cominciò ad essere scossa da un violento tremore. Aggrottando la fronte in un cipiglio ostile, l'uomo prese ad avanzare sulla moquette con passo deciso.
''Posso venire io al suo posto'' si offrì Benjamin scattando in piedi con sorprendente agilità.
Gli occhi di tutti i presenti conversero immediatamente su di lui. Dal modo in cui lo fissavano, era chiaro che lo credessero impazzito.
''Ma che dici?'' chiese acido l'attentatore, fermandosi a metà strada.
''Insomma'' esordì Benjamin grattandosi la barba nervoso, ''se si tratta soltanto di scegliere uno a caso, per...'' Abbassò lo sguardo e scrollò le spalle. ''Per quello che dovete fare, posso venire io al suo posto''. Riprese a guardare l'interlocutore negli occhi, intanto che accennava a Jennifer col braccio. ''Lasciate che lei rimanga, basta che...''
Senza attendere che finisse, l'attentatore spostò il braccio e puntò la canna del fucile dritto verso il petto di Benjamin. L'anziano ammutolì all'istante.
''Siediti, vecchio'' ordinò gelido l'uomo armato.
Come se gli avessero appena dato uno schiaffo in piena faccia, Benjamin tornò a sedersi al suo posto e si mise a fissare il pavimento con occhi vacui. Nessun'altro tentò di intervenire in difesa di Jennifer.
''E tu sbrigati'' la rimbrottò l'attentatore.
Rannicchiata tra Noah e Margaret, Jennifer continuò a stringersi le ginocchia al corpo, cercando di rendersi ancora più irrilevante di quanto già non fosse. Sembrava quasi che il suo obiettivo fosse quello di scomparire all'interno del muro.
L'attentatore tolse la sicura dal fucile e fece un passo avanti. Un brusio terrorizzato percorse il gruppetto di ostaggi.
''Non te lo chiederò più'' disse asciutto.
Nel tentativo di convincerla ad alzarsi Noah si curvò su di lei e le sussurrò qualche parola all'orecchio. Inizialmente Jennifer reagì scuotendo la testa con vigore, ma dopo che anche Margaret ebbe fatto lo stesso, parve cambiare idea. Con gli occhi inondati dalle lacrime si alzò in piedi appoggiandosi al muro, e poi cominciò lentamente ad avanzare in direzione del sequestratore.
''Dove la portate?'' domandò Margaret in tono preoccupato.
''La cosa non ti riguarda'' tagliò corto l'attentatore.
''Ma...'' Michael non ebbe l'occasione di concludere la frase.
''Silenzio!'' sbottò l'attentatore.
Nel frattempo, Jennifer aveva camminato sulla moquette senza smettere di tenere gli occhi bassi, per poi fermarsi a circa un metro di distanza dall'uomo.
''Ti prego non farmi del mal...'' sussurrò tra i singhiozzi.
Con un movimento fulmineo l'attentatore scattò in avanti e l'afferrò bruscamente per il braccio. Jennifer cacciò un grido di spavento, ma di fronte all'occhiataccia scoccatale dall'uomo si zittì all'istante. Trascinatala fino alla porta, la spinse dunque oltre la soglia, che varcò anche lui subito dopo.
''Ricordate'' disse rivolgendosi agli ostaggi, mentre afferrava la maniglia, ''se uno solo esce, tutti gli altri sono morti''. E con un colpo secco, chiuse sbattendo la porta.
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