Capitolo 73 - Satira e realtà
Senza staccare gli occhi dallo schermo, Alessandro invertì la posizione delle gambe sul pouf, mentre Tommy, seduto al suo fianco sul divano, gli passava l'ennesima tavoletta di cioccolato.
''Grazie'' disse distrattamente, con lo sguardo sempre puntato sulla tv.
Scartata la tavoletta, ne staccò quasi metà con un singolo morso, per poi iniziare a masticarla cercando di fare meno rumore possibile. Fame o non fame, non voleva perdersi neppure un secondo del programma.
Tramite la funzione restart del telecomando, Tommy aveva riavviato un programma andato in onda un paio di sere prima, e che, ovviamente, Alessandro si era perso. Principalmente si trattava di interviste con celebrità o altri personaggi dello spettacolo, inframmezzate ogni tanto da comparsate a sorpresa e sketch comici. La prima mezz'ora era stata piacevole da guardare, ma la parte più interessante iniziava adesso. Conclusa l'intervista a Keanu Reeves, reduce dal suo secondo Oscar, si era passati alla satira vera e propria, incentrata quasi tutta su Kama e la sua ultima incursione in Uzbekistan.
Un uomo, truccato per apparire pressoché identico all'ormai ex presidente Hasanov, stava tenendo un comizio all'interno di una sala sontuosamente arredata, dove gli elementi fondamentali erano rappresentati dal podio, da cui parlava l'oratore, e dall'enorme missile, piazzato a un paio di metri di distanza. Quest'ultimo era stato colorato di azzurro, bianco e verde, affinché assomigliasse alla bandiera uzbeka, e la sua sommità aguzza puntava verso una finestra tenuta aperta per l'occasione.
Davanti al despota era riunita una piccola folla di spettatori, mentre alle sue spalle si poteva scorgere un'ampia vetrata, affacciata su un cortile a ridosso di un fiume. Se non fossero bastati i baffetti a spazzolino e il mento prominente ostentato con fierezza, ci pensavano i toni ampollosi a rendere un'idea del personaggio di Hasanov che, a dirla tutta, non risultava neppure troppo lontano dalla versione originale.
''Ed è per questo che dobbiamo resistere al ricatto che ci viene imposto'' annunciò il falso dittatore agitando le braccia con enfasi. ''Un attacco a me è un attacco a tutto l'Uzbekistan! Perché io sono l'Uzbekistan e l'Uzbekistan è me!''. Si portò le mani al petto. ''Non è forse così?!''
Il gruppetto di spettatori, avvolto nella penombra e di cui si scorgevano soltanto le sagome nere, cominciò ad agitarsi. Era chiaro che nessuno sembrava troppo convinto di quell'affermazione, ma quando si sentì riecheggiare l'eco di diversi otturatori che scattavano all'unisono, cambiarono idea alla svelta.
''Certo, certo che è così!'' dichiarò con convinzione un tipo a sinistra.
''Sicuro!'' gli fece eco un altro. ''Non c'è nessun dubbio!''
''Signor presidente, lei è tutti noi!''
''Grazie, grazie mille'' disse Hasanov, sorridendo con falsa modestia, ''sono davvero commosso da tutta questa fedeltà incondizionata''
Una mano tra il pubblicò si alzò.
''Veramente...''
Non poté finire la frase perché un altro uomo, comparso all'improvviso dietro di lui, iniziò a strangolarlo stringendo attorno al suo collo una corda sottile. Tra versi soffocati, e vani tentativi di resistenza, l'oppositore venne trascinato fuori dall'inquadratura. Gli spettatori, che avevano voltato la testa per assistere alla macabra scenetta, tornarono subito a guardare in direzione di Hasanov.
''Come stavo dicendo'' proseguì lui in tono tranquillo, ''il missile di cui adesso ordinerò il lancio è dotato di una testata da trenta chilotoni. Mi sono assunto l'onere di battezzarlo Spada della Libertà, perché ci libererà dalla piaga di Kama''. Ammiccò alla platea. ''Geniale, vero?''
Questa volta non ci fu bisogno di alcun convincimento esterno, e le ovazioni accompagnate dagli applausi partirono spontaneamente fin da subito.
''Sì, geniale!'' gridò entusiasta uno degli spettatori nelle ultime file. ''Genialissimo!''
''Super geniale!''
''Geniale al quadrato!''
''Presidente, lei è il nuovo Leonardo!''
''Troppo buoni, troppo buoni'' commentò Hasanov sornione, facendogli segno di calmarsi.
Quando ottenne il silenzio richiesto, infilò la mano da qualche parte sotto la sommità del podio, per poi appoggiarvi sopra un grosso pulsante rosso.
''Ora però è tempo di passare dalle parole ai fatti'' disse risoluto, ''perciò, bando alle ciance e...''
Aveva appena sollevato il pugno in aria, pronto a calarlo sul bottone, quando un clone di Hasanov sbucò dal lato sinistro dell'inquadratura, irrompendo sulla scena con un tempismo impeccabile. Di fronte a quel colpo di scena, tutti quanti i presenti restarono senza fiato o emisero dei versi di puro sbigottimento.
''Non date ascolto quest'uomo!'' li avvertì il nuovo arrivato puntando il dito verso l'Hasanov dietro il podio. ''È soltanto un impostore!''. Si portò la mano al petto con fierezza. ''Sono io il vero Umid Hasanov!''
''Non è vero!'' sbottò l'altro andandogli incontro. ''Sono io Hasanov!'
''Invece no!'' insistette il nuovo Hasanov.
''Invece sì!'' ribatté il vecchio Hasanov.
''Invece no!''
''Invece sì!''
''Le sue parole mendaci sono leggere quanto l'aria di cui è gonfio'' accusò il nuovo Hasanov. E mettendo una mano dietro la schiena del presidente rivale, lo sollevò di peso per il colletto.
''Ma che diavolo fai?!'' sbraitò il vecchio Hasanov cercando di liberarsi.
''Ti metto dove è giusto che tu stia'' rispose il nuovo Hasanov asciutto.
Tenendolo sollevato, come fosse una giacca su un appendiabiti, raggiunse la zona davanti alla finestra, e appese l'ostaggio ad un gancio che sporgeva dalla fiancata del missile.
''Ecco qua'' commentò compiaciuto il nuovo Hasanov, ammirando il risultato. ''Sai, ora che ti ci vedo, devo ammettere che sei di sicuro molto migliore come alettone, che come presidente''
''Tirami giù subito!'' ordinò furente il dittatore agitandosi appeso al razzo. ''Ti ho detto di tirarmi giù!''
''È inutile che strilli'' obiettò il sosia con noncuranza, intanto che raggiungeva il podio e vi prendeva posto sopra. ''Tanto ormai l'hanno capito tutti che sono io quello vero''
Mentre sorrideva affabile alla platea la punta di un tentacolo da piovra gli fuoriuscì dalla manica della giacca, cominciando ad ondeggiare da tutte le parti. Accorgendosi della cosa il Kama-Hasanov nascose in tutta fretta il braccio sotto il podio e scoccò agli spettatori un sorriso rassicurante.
''Allora'' disse tutto pimpante, ''dov'eravamo rimasti?''
''Alla Spada della Libertà?'' chiese una voce in mezzo al pubblico.
''Giusto, la Spada della Libertà''. Diede una rapida occhiata al razzo e scrollò le spalle. ''Beh, i piani sono cambiati. In qualità di presidente, dichiaro ufficialmente conclusa l'epoca delle bombe aviotrasportate. Da oggi diventeremo una nazione controcorrente''.
Fece il segno della V con le dita.
''Pace e amore per tutti'' annunciò affabile. ''Questo sarà il nostro motto. Quindi, noi non lanceremo più la Spada della Libertà''. Schioccò le dita rivolto ai militari. ''Anzi, visto che ci siete, portate via tutto''
Facendosi largo in mezzo agli spettatori, i soldati nascosti nel backstage entrarono in scena, per poi avviarsi in direzione del missile.
''E dove lo mettiamo?'' chiese uno degli uomini, non appena ebbe raggiunto il razzo a cui stava appeso Hasanov.
''In garage a prender polvere, ovviamente'' rispose Kama con semplicità. ''Il miglior uso che si possa fare di un missile''
Nonostante le dimensioni certamente non indifferenti, il razzo poggiava su un piedistallo dotato di ruote, e quindi i soldati non ebbero problemi ad obbedire all'ordine, tant'è che cominciarono subito a spingerlo via.
''Che state facendo?!'' ringhiò Hasanov furibondo. ''Sono Umid Hasanov, il vostro presidente!''
''Certo Umid'' gli confermò Kama in tono accondiscendente, ''solo tu sei l'originale''
Guardò gli astanti e roteò il dito accanto alla tempia destra con fare eloquente. Uscito di scena Hasanov e il razzo, tornò a rivolgersi alla platea.
''Dunque, cosa fate di solito da queste parti per divertirvi?'' chiese gioviale.
''Andiamo al bar'' rispose uno degli spettatori.
''Questa è davvero un'ottima idea'' commentò Kama indicando l'autore della risposta. ''Talmente buona che la metteremo subito in pratica''. Si erse in tutta la sua altezza. ''E sapete che vi dico? Il primo giro lo offro io. Pago da bere a tutti gli uzbeki!''
''Sì!'' gridarono in coro i presenti saltando sul posto. ''Fantastico!''
Nel frattempo, dalla vetrata affacciata sul cortile esterno, si poteva ora scorgere il gruppetto di soldati intento a spingere il missile, con Hasanov appeso alla fiancata che scalciava furibondo.
''Credete che questo sia fantastico?'' domandò Kama sporgendosi sopra al podio. ''Posso fare di meglio''. Alzò entrambe le braccia al cielo. ''Per decreto presidenziale, stabilisco che la soglia minima degli stipendi sia di dieci milioni di sum a settimana!''
''Grande!!!'' urlarono gli spettatori in delirio.
''Pensioni a cinquant'anni!'' proseguì Kama, ormai senza freni.
''Urrà!!!''
''Abolizione delle tasse!''
''Mitico!!!''
Lo scrosciare di applausi divenne quasi assordante.
''Carcere a vita per i funzionari corrotti!''
''Sììì!!!''
''E sarà tre volte Natale!''
La platea ammutolì e pure gli applausi cessarono di colpo.
''Ma noi non festeggiamo il Natale'' fece notare una voce solitaria.
Kama sgranò gli occhi.
''Ah no?'' chiese inclinando la testa di lato.
Nessuno rispose, ma Kama ruppe quel silenzio imbarazzante quasi subito.
''Beh, allora ci inventeremo qualcos'altro. E lo festeggeremo tre volte!''. Mostrò la mano destra, con pollice, indice e medio sollevati. ''Tre volte al mese!''
''Evviva!!!'' esclamarono in coro gli spettatori saltando sui posti. ''Presidente!!! Presidente!!! Presidente!!!''
''Suvvia, non c'è bisogno che mi ringraziate'' tagliò corto Kama. ''Coraggio, e ora andiamo tutti a bere!''. Sollevò il braccio in aria e calò il pugno sul podio, centrando in pieno in pulsante rosso.
All'interno della sala riecheggiò un potente rombo proveniente dal cortile esterno, dove il missile era ormai sul punto di decollare. Di fronte dalla nuvola di fumo creata dai propulsori, i soldati si dispersero, e pochi istanti dopo il razzo schizzò dritto verso il cielo, con Hasanov ancora appeso alla fiancata che urlava a squarciagola.
Pur rendendosi conto di quanto appena accaduto, in un primo momento Kama rimase immobile al suo posto, limitandosi a tenere lo sguardo fisso in avanti, e un sorriso innocente stampato in faccia. Alla fine, però, quando divenne impossibile ignorare la situazione, decise di voltarsi, scese dal podio e una volta raggiunta la vetrata, guardò l'interminabile colonna di fumo dalla forma ad arco, che partendo dal cortile sorvolava il fiume, per poi scomparire all'orizzonte.
''Forse...'' Si prese il mento tra le mani con aria pensierosa. ''Questo potrebbe essere un problema''
Si girò di scatto per rivolgersi al pubblico.
''Giusto per curiosità, qualcuno di voi sa dove fosse diretto di preciso quel missile?'' chiese fingendosi disinteressato.
''A New York'' rispose uno dei presenti.
La bocca di Kama si spalancò all'istante.
''Oh''.
Fatta sparire l'espressione preoccupata sul suo volto, scrollò le spalle con aria noncurante.
''Ma, in fondo, non è che a New York ci sia poi molto da vedere, giusto?''. Dato che nessuno rispondeva, cominciò a spostare lo sguardo da uno spettatore all'altro. ''Giusto?''
Quel silenzio glaciale proseguì per altri cinque secondi, prima che un colpo di tosse pensasse a porvi fine.
''Va bene, facciamo così'' disse Kama facendo un gesto eloquente con entrambe le mani. ''Voi andate pure al bar. Io vi raggiungo tra poco''. Cominciò lentamente ad arretrare verso il margine sinistro dell'inquadratura. ''Prima devo fare...qualche telefonata''
Scoccò un ultimo sorriso rassicurante al pubblico e poi scomparve oltre il bordo dello schermo.
''Tommy!'' gridò in sottofondo. ''Codice marrone! Codice marrone!''
''Che vuol dire codice marrone?!'' domandò una voce straordinariamente simile a quella del Thomas Campbell originale.
''Allarme cazzata! Allarme cazzata!'' rispose Kama terrorizzato.
Tommy scoppiò a ridere, mentre Alessandro crollò direttamente sul pavimento tenendosi la pancia, e spargendo confezioni di cioccolata dappertutto. Ci vollero quasi due minuti prima che smettesse, ma alla fine, seppur a fatica, riuscì a trascinarsi fin sul divano e a tornare seduto composto.
''Quando è uscito questo...''. Un singhiozzò lo costrinse ad interrompersi. ''Lo spettacolo?'' chiese indicando il televisore col braccio.
''L'altro ieri sera sul tardi'' rispose Tommy con semplicità.
''Sono troppo forti sti tizi'' singhiozzò Alessandro mentre recuperava un grosso pezzo di cioccolato caduto sul tappeto. ''Devo assolutamente farlo vedere a Violet''. E addentò ciò che restava della tavoletta.
''A proposito di questo'' disse Tommy incrociando le braccia, ''non mi hai ancora detto dove siete andati l'ultima volta''
Alessandro inghiottì il boccone.
''Allo zoo del Bronx'' rivelò senza incrociare il suo sguardo.
Tommy sgranò gli occhi.
''L'hai portata allo zoo?!" sbottò sconvolto.
''Senti, non sono particolarmente ferrato sui gusti delle ragazze'' si difese Alessandro tornando a guardare l'amico, ''e comunque mi sembrava un posto carino''
L'espressione di Tommy si ammorbidì.
''Beh, tutto sommato, direi che come primo appuntamento ci può anche stare'' commentò scrollando le spalle.
''Ti ho già detto che non era un appuntamento'' ribatté Alessandro, ''ma una semplice uscita tra amici''
Tommy levò gli occhi al cielo.
''Vi siete divertiti?''
Alessandro prese una scatola vuota di confetti, che si trovava accanto a lui sul divano, e se la rigirò tra le mani.
''Sì, direi di sì'' rispose fissando con sguardo assordo la confezione. ''C'erano gorilla, grizzly, giraffe...''. Rialzò la testa di scatto. ''Ah, e anche i leoni''
''Non ti sarai mica gettato nel recinto, vero?'' gli domando Tommy, aggrottando le sopracciglia con aria sospettosa.
''Perché devi sempre andare a pensar male?!'' sbottò Alessandro indignato.
Campbell non disse nulla e, per qualche secondo, tra i due calò un silenzio imbarazzante, che venne però infranto dallo stesso Alessandro.
''Solo in quello dei lemuri'' confessò con nonchalance.
Tommy ridacchiò scuotendo la testa.
''È stato proprio un bel giro'' rivelò Alessandro, appoggiando le gambe sul pouf. ''Ci siamo fatti il tour completo, e per pranzo abbiamo mangiato degli hot dog''. Si voltò a guardare Tommy. ''Lo sapevi che li fanno anche con le carote arrosto?''
''Eccome'' confermò lui annuendo, ''li ho pure provati''
''E che sapore hanno?'' chiese curioso Alessandro.
''Dipende cosa ci metti sopra'' rispose Tommy, ''se usi parecchia senape e ketchup quasi non noti la differenza''
''Allora Violet aveva ragione. Io non ci credevo'' ammise accennando un sorriso. ''Devo dirglielo la prossima volta''
''Quando vi rincontrerete?''
Il sorriso sul volto di Alessandro scomparve.
''Non lo so'' confessò mesto, mentre rimetteva la scatola sul divano. ''Ci eravamo ripromessi di sentirci non appena fossi tornato da Tashkent''. Prese l'ultima barretta al caramello e burro d'arachidi rimasta e iniziò a scartarla. ''Subito dopo che mi sono svegliato le ho inviato un messaggio, ma non ha ancora risposto''
Intanto che mangiava guardando la televisione, dove nel frattempo lo show stava volgendo al termine, Alessandro si accorse che Tommy non sembrava affatto intenzionato a smettere di fissarlo, e perciò voltò la testa verso di lui.
''Coba fè?'' bofonchiò con la bocca piena.
''Niente'' rispose Tommy con semplicità, ''sono solo contento di vederti così interessato''
Alessandro buttò giù il boccone.
''Violet è mia amica''.
Scoccò a Tommy un'occhiata eloquente.
''Amica'' ripeté sottolineando per bene l'aggettivo, ''ma nient'altro''. E tornando a guardare lo schermo, si schiaffò in bocca ciò che restava della barretta.
''Le cose possono cambiare'' gli fece notare Tommy, appoggiando a sua volta le gambe sul pouf, ''niente è immutabile. Specialmente in questo campo''
''Non c'è nessun campo'' ribatté Alessandro stizzito.
Capendo di essere stato troppo duro, decise di ammorbidire il tono.
''Non credo di essere la persona adatta, ok? Tra le incursioni e tutto il resto ho una vita complicata, e io sono un tipo incasinato. Un'amicizia è qualcosa che posso gestire''.
Guardò Tommy dritto negli occhi.
''Una relazione no'' affermò risoluto, facendo con la testa un singolo cenno di diniego. ''Di certo non adesso''
''E lei che ne pensa in merito?'' lo incalzò Tommy.
La risposta corretta a quella domanda avrebbe dovuto essere, ''esattamente il contrario'', ma Alessandro non ebbe il coraggio di confessarlo.
''La vede come me'' mentì abbozzando un sorriso.
L'espressione scettica di Tommy gelò le sue speranze di farla franca.
''Va bene, forse punta anche a qualcos'altro'' ammise di malavoglia, ''ma io saprò mantenere le dovute distanze''. Incrociò le braccia davanti al corpo. ''Rimarremo amici. Solo buoni amici''
''In saecula saeculorum?'' scherzò Tommy con voce tanto profonda da apparire comica.
''Ah, ah'' commentò Alessandro in tono di sufficienza, ''che mattacchione''
Visto che lo show era finito, e il televisore aveva ripreso a mostrare il menù con i vari programmi da rivedere, Alessandro afferrò il telecomando e selezionò un canale a caso. La signora paffutella al centro dell'inquadratura, intenta ad infilare una teglia nel forno, gli fece capire di essere finito su una trasmissione di culinaria.
Facendo zapping, passò da una partita di football ad una competizione di motocross, e poi cartoni animati, reality show, sitcom, televendite, altra cucina, e una marea di pubblicità. Dopo che ebbe superato il trentesimo, senza essere riuscito ad incrociare qualcosa di vagamente serio, Alessandro cominciò a spazientirsi.
''Dove accidenti sono andati a cacciarsi i canali di notizie?!'' brontolò frustrato, continuando ad avanzare tra i programmi.
''Da qua'' si offrì Tommy, mostrandogli il palmo aperto.
Consegnato il telecomando all'amico, Tommy rintracciò per lui un dibattito politico in onda sulla MSNBC. Parlavano principalmente di economia e aliquota fiscale. In ogni caso, niente che gli interessasse.
''Non c'è qualcosa che parli dell'estero?'' chiese Alessandro asciutto.
Obbedendo alla richiesta, Tommy cambiò ancora canale.
Un giornalista della CNN, con i capelli intrisi di lacca, stava parlando da uno studio completamente tinteggiato di bianco, in quello che doveva essere una sorta di programma di approfondimento. Seduti accanto a lui, dietro al tavolo dalla forma a J, c'erano tre persone. Un uomo sulla settantina con gli occhiali dalla montatura spessa, una donna di mezz'età dai corti capelli color cenere, e un signore calvo dalla pelle scura. La didascalia in basso riportava il logo del programma, Uno sguardo sul mondo, e una scritta relativa all'argomento che si sarebbe andati a trattare nel corso della trasmissione.
L'ERA DI KAMA: TRA IDEALI, PAURA DELL'IGNOTO E SPERANZE PER L'AVVENIRE
''Questo va bene'' disse Alessandro levando la mano, ''alza un po', per favore''
Tommy aumentò il volume di cinque tacche.
''...ormai gli spontanei cortei di protesta si contano a migliaia in giro per il mondo'' rivelò il presentatore rivolgendosi al pubblico a casa. ''Sull'onda dell'entusiasmo per i recenti interventi in Etiopia e Uzbekistan, popolazioni oppresse da governi autoritari, scendono in strada per manifestare il proprio malcontento e chiedere diritti e libertà democratiche. Il movimento ha ormai raggiunto una dimensione globale e alcuni l'hanno già denominato Freedom or Kama''.
Sentendosi stranamente a disagio, Alessandro deglutì.
''Per molti osservatori, l'avvento del mutaforma combattente ha rappresentato l'inizio di un nuovo rinascimento democratico, mentre per altri, invece, la discesa verso una pericolosa fase di instabilità. Quale di queste due opposte visioni si trovi nel giusto non lo possiamo ancora sapere, ma di una cosa però siamo assolutamente certi. Quello in cui stiamo vivendo è un periodo senza precedenti, destinato a cambiare radicalmente la politica mondiale e i rapporti tra gli stati. Data la complessità dell'argomento oggi discuteremo di tutto questo insieme a ben tre ospiti illustri''.
Indicò l'uomo anziano seduto alla sua sinistra.
''Edward Polak, docente di geopolitica e relazioni internazionali, presso il Massachusetts Institute of Technology''
''Grazie mille James'' rispose Polak affabile. ''è sempre un piacere essere qui''
James sorrise e si rivolse alla donna, che occupava la sedia subito dopo quella di Polak.
''La dottoressa Green, professoressa di biologia organismica ed evolutiva alla Harvard University''. Allentò in maniera quasi impercettibile il nodo della propria cravatta. ''Che speriamo ci possa aiutare a comprendere meglio la natura di Kama''
''Vi ringrazio per l'invito'' disse lei annuendo.
''E dato che la scienza da sola non sempre può fornire tutte le risposte, abbiamo deciso di invitare anche qualcuno in grado di commentare la situazione da un punto di vista alternativo''.
James fece un cenno col braccio verso l'ultimo occupante del tavolo.
''Il reverendo Donald McLaggen, della congregazione di Tremonia, Alabama''
''Farò del mio meglio'' promise McLaggen in tono umile.
Incapace di credere a quanto appena visto, Alessandro ruotò lentamente la testa verso Tommy, che per tutta risposta si limitò ad abbozzare un sorriso scrollando le spalle. Alessandro era tentato di dire qualcosa, ma visto che il presentatore aveva già ripreso a parlare, la sua reazione non andò oltre un semplice scuotimento di capo.
''...sotto la spinta dell'opinione pubblica, diversi governi accusati di autoritarismo hanno annunciato imminenti riforme'' spiegò James, guardando dritto nell'obiettivo della telecamera, ''ma molti altri rimangono trincerati dietro le loro posizioni, da questi ritenute legittime, oltre che tutelate dal principio di non ingerenza''.
Intrecciò le dita sul tavolo.
''L'ultranovantenne presidente del Togo, Yendountien Agbo è uno dei più ferventi sostenitori di questa linea. Al potere dall'inizio degli anni 70', il suo regime è stato accusato da diverse organizzazioni umanitarie di sistematiche violazioni dei diritti umani, corruzione, nepotismo, sottrazione di denaro pubblico, oltre ad aver promosso un culto della personalità, volto a dipingerlo come un uomo della provvidenza, a cui è stato affidato il governo del paese direttamente da Dio''
La parete bianca alle spalle del tavolo si colorò all'improvviso, rivelando uno schermo che ne copriva quasi per intero la superficie. Il primo piano di una giovane donna, dal viso leggermente incavato, si trovava al centro dell'inquadratura, occupata per il resto da un affollato corteo, intento a sfilare lungo una strada illuminata dai lampioni.
''Prima di dare la parola al professor Polak, ci terrei a collegarci con la nostra corrispondente da Lomé, dove sta avvenendo una manifestazione pacifica pro-democrazia''. Pur guardando verso il pubblico a casa, James si rivolse all'inviata in collegamento. ''Allora Sarah, com'è la situazione lì da voi?''
''Grazie James'' esordì la ragazza avvicinando il microfono alle labbra. ''Come dicevate in studio, qui a Lomé la situazione rimane movimentata, nonostante sia ormai tarda sera. Questo è il terzo giorno di proteste, ma le richieste dei manifestanti non sono cambiate. Dimissioni dell'esecutivo, elezioni anticipate, e introduzione di riforme democratiche''
''Come ha reagito finora il governo?'' domandò James da studio. ''Hai assistito ad episodi di violenze?''
''Per il momento no'' rispose Sarah, ''e di per sé, questo semplice elemento rappresenta una novità senza precedenti''
Indicò col braccio la processione, in modo che il cameraman mostrasse la via lungo cui scorreva la gente. Si trattava di una strada a due corsie fiancheggiata su ambo i lati da edifici fatiscenti, e che una cinquantina di metri più avanti era tagliata a metà da un incrocio. Una camionetta dell'esercito se ne stava parcheggiata sul bordo della rotonda, al centro dell'intersezione, mentre il soldato in tenuta mimetica, in piedi sul retro del mezzo, assisteva agli eventi col braccio appoggiato al calcio della propria mitragliatrice.
''Come potete vedere, è chiaro che alla polizia sia stato dato ordine di non intervenire'' proseguì Sarah, intanto che la telecamera tornava a riprenderla, ''e anche se non sono mancati momenti di tensione, pare che questa tregua tra società civile e forze dell'ordine continui''
''Però il presidente Agbo continua a non voler accogliere le richieste dei manifestanti, giusto?'' domandò il presentatore.
Nel frattempo, alle spalle di Sarah, la folla continuava a scorrere. Uomini e donne di tutte le età, anche se soprattutto giovani e giovanissimi, sfilavano intonando slogan, o reggendo striscioni e cartelli. Uno di questi ultimi passò proprio in quel momento dietro la reporter, sorretto da un ragazzo in t-shirt. Su di esso era dipinto un ippopotamo antropomorfo nell'atto di inghiottire intero un terrorizzato presidente Agbo.
''Esatto, James'' rispose Sarah annuendo, ''il presidente continua a mostrare su questo punto una totale chiusura. Stesso discorso per le denunce da lui rivolte alla comunità internazionale, che rinfaccia di codardia, per il fatto di essersi ormai rassegnata ad assecondare quelli che lui definisce, i capricci di un demone''
''Niente elezioni all'orizzonte quindi'' concluse James.
''Attualmente pare uno scenario decisamente improbabile'' confermò Sararh.
''Grazie per il tuo collegamento Sarah'' disse James, mentre la telecamera tornava a focalizzarsi unicamente su quanto avveniva in studio, ''e adesso, diamo la parola al prof...''
''Aspettate!'' esclamò la reporter all'improvviso. L'inquadratura tornò subito ad essere occupata da un primo piano della giornalista in collegamento.
''Cosa succede, Sarah?'' chiese perplesso James.
''Sembra che ci sia del movimento laggiù'' spiegò Sarah, indicando col braccio la rotonda al centro dell'incrocio poco distante, ''credo che la polizia stia cercando di convincere un manifestante a consegnargli un cartello''
Aveva ragione. Lo stesso ragazzo in t-shirt, che era passato poco prima reggendo il cartello anti-Agbo, adesso stava discutendo con un gruppo di soldati proprio davanti alla camionetta. Dal modo in cui i militari gli urlavano addosso indicando la caricatura, era evidente che quel genere di satira, non potesse venir tollerata.
''Puoi avvicinarti Sarah?'' domandò la voce di James da studio.
''Adesso ci proviamo'' rispose lei facendosi largo in mezzo alla folla, seguita dal cameraman.
Nel frattempo, la situazione all'incrocio sembrava essersi aggravata. Dopo che gli era stato strappato il cartello di mano, il ragazzo aveva protestato con tale veemenza da attirare l'attenzione degli altri manifestanti, che quindi avevano cominciato a stringersi attorno al gruppetto di soldati con fare minaccioso. Udendo le grida di avvertimento dei militari crescere rapidamente d'intensità, Alessandro tolse i piedi dal pouf e si mise seduto con la schiena curva in avanti.
''Come potete vedere, c'è molto movimento'' spiegò Sarah passando sotto un lampione dalla luce sifula. ''Non so se riusciamo ad inquadrare bene la scena, ma forse...''
Messo alle strette dall'incedere della folla, un ufficiale estrasse la pistola dalla fondina, e aprì il fuoco puntando la volata dell'arma verso l'alto. Tre colpi esplosi in rapida successione fecero arretrare la calca.
''Spari in aria!'' esclamò Sarah puntando il braccio verso il fulcro dell'azione, ''i soldati stanno sparando in aria per disperdere i manifestanti!''
''Sarah, forse è meglio se ti allontani'' le consigliò James.
La reporter però non parve aver sentito, perché continuò imperterrita a farsi largo in mezzo al corteo che, nonostante tutto, aveva già ripreso a procedere.
''La gente non intende lasciarsi intimorire'' annunciò in tono concitato.
E in effetti, dopo l'iniziale shock, i manifestanti avevano ricominciato ad urlare contro i soldati, agitando i pugni in aria. Ormai Sarah si trovava ad appena dieci metri dal ragazzo col cartello da cui era partito tutto, e da quella distanza era possibile vedere distintamente le espressioni preoccupate sui volti dei soldati. Soverchiati nel numero in un rapporto di cento a uno, i militari si erano stretti attorno al veicolo, tenendo le armi puntate sulla folla.
''È evidente che...'' Sarah venne interrotta da una raffica di mitra.
Uno dei soldati aveva sparato nuovamente in aria col proprio fucile per costringere la folla ad allontanarsi. Tuttavia, il risultato che ottenne non fu quello sperato. Come degli atleti in attesa a cui fosse stato appena dato il via libera dallo starter, la gente calò sui militari nel tentativo di strappargli di mano le armi. A quel punto, scoppiò il caos.
Gli spari che seguirono furono accompagnati da innumerevoli grida e gemiti di dolore, mentre i manifestanti cadevano riversi sulla strada. Il corteo si disperse subito, ma ormai gli attaccanti non sembravano intenzionati a fermarsi. Tenendo il dito premuto sul grilletto, falciarono coloro che erano stati tanto incauti da accerchiarli, e poi passarono a quelli in seconda e terza fila. Il ragazzo col cartello fu uno dei primi a crollare esanime dopo essere stato raggiunto da almeno tre proiettili diversi.
Nel frattempo, l'uomo in piedi sul retro della camionetta, cominciò a far fuoco usando la mitragliatrice pesante. Nell'arco di pochissimi istanti le vittime furono così numerose che i loro corpi formarono dei cumoli sull'asfalto.
''Via, via, via!!!''
Voltandosi con uno scatto fulmineo, Sarah e il cameraman si diedero subito alla fuga, mentre la marea umana che scappava insieme a lei, la sospingeva lungo la strada. Ogni tanto l'obiettivo della telecamera tornava brevemente a focalizzarsi sulla carneficina ancora in corso alle loro spalle, ma era chiaro che la camionetta, e i soldati salitici sopra, avesse ormai deciso di avviarsi nella direzione opposta a quella dei due giornalisti.
Le brevi ma frequenti raffiche della mitragliatrice continuarono a riecheggiare nella notte, mischiandosi alle urla terrorizzate delle persone, e a quelle di James, che da studio spronava Sarah a mettersi al riparo.
Seduto sul bordo del divano, Alessandro fissava pietrificato lo schermo del televisore, lottando contro sé stesso per respingere quella che sapeva essere la verità.
Quanto appena accaduto era colpa sua. Solo colpa sua.
Tutti quei morti non ci sarebbero stati se soltanto fosse stato lì per impedirlo. Quella gente aveva manifestato per giorni interi, sperando in un suo intervento, ma lui non aveva mosso un dito. Il fatto che fosse tornato da Tashkent solamente il giorno prima non lo giustificava.
Tommy aveva insistito affinché valutasse ogni singolo intervento con calma, prima di metterlo in pratica, eppure, dopo ciò a cui aveva assistito, pareva evidente che si trattasse di una strategia fallace. Spostarsi da un paese all'altro senza mai fare ritorno a New York, probabilmente sarebbe risultato snervante, ma perlomeno avrebbe potuto ridurre al minimo episodi simili.
Nel frattempo, nonostante la diretta da Lomé si fosse interrotta, nella testa di Alessandro continuavano a rimbombare gli spari uditi poco prima. Ogni proiettile, una vittima. Innocenti a cui era stata tolta la vita, mentre lui se la rideva sul divano guardando sketch comici, e parlando di ragazze.
Man mano che la collera prendeva rapidamente il sopravvento, Alessandro strinse i pugni, e poi cominciò a parlare con voce cavernosa attraverso le labbra tenute socchiuse.
''Quello stronzo è morto''
Conclusa la sua macabra profezia, scattò in piedi e si diresse a passo deciso in direzione della portafinestra.
''Aspetta un momento!'' esclamò Tommy, alzandosi a sua volta.
''Non c'è niente da aspettare'' ribatté Alessandro asciutto.
''Fammi fare un tentativo'' instette Tommy.
''Hai già provato'' gli ricordò Alessandro acido, ''non funziona!''
Accelerando il passo, Tommy lo superò, sbarrandogli la strada prima che potesse raggiungere la porta che conduceva al terrazzo.
''Invece sì!' disse con convinzione alzando le mani.
Alessandro gli scoccò un'occhiataccia prima di indicare il televisore ancora acceso.
''Quanta altra gente deve morire prima che ti convinca a lasciar perdere con queste puttanate?!'' sbraitò furente.
''Pensi sul serio che il Togo sia l'unico posto dove avvengono fatti del genere?'' lo incalzò Tommy guardandolo negli occhi. ''Di manifestazioni con esiti simili il mondo ormai è pieno. Anche se ti fiondassi laggiù seduta stante, per quella gente non farebbe alcuna differenza''.
Gli appoggiò una mano sulla spalla, quasi temesse di vederlo scomparire da un momento all'altro.
''Io voglio ottenere la stessa cosa che vuoi anche tu, ma non sarebbe meglio raggiungere l'obiettivo risparmiando settimane di ricerche inutili?''
''Se parto adesso forse faccio ancora in tempo a beccarlo, mentre se lo chiami si nasconderà di sicuro!'' ringhiò Alessandro, il volto contratto in una maschera di rabbia.
''Con Hasanov era diverso'' obiettò Tommy pacato, ''Agbo è un bastardo, ma è vecchio, e la sua principale preoccupazione al momento è far sì che il figlio erediti il patrimonio di famiglia. Se l'alternativa è fuggire all'estero con l'argenteria o perdere tutto, sceglierà la prima''
''Io non voglio che fugga con l'argenteria'' sibilò Alessandro a denti stretti, prima di indicare ancora il televisore. ''Quel bastardo deve pagare per tutto ciò che ha causato''
''Capisco il tuo desiderio di giustizia'' premise Tommy con voce tranquilla, ''ma adesso la cosa che conta più di tutto il resto è dare ai togolesi un futuro''. Scosse la testa. ''Non punire un vecchio autocrate sulla sedia a rotelle''
''Scusami tanto se non provo pena per un tizio che ha fatto uccidere, torturare e negato ogni diritto al suo stesso popolo per sessant'anni'' disse Alessandro sprezzante.
La fronte di Tommy si aggrottò.
''Quelle persone non torneranno in vita se lo uccidi'' ribadì asciutto, ''però possiamo evitare che altri muoiano nel caso decidessi di mettere Agbo con le spalle al muro''. Gli rivolse un'occhiata eloquente. ''Un uomo che non ha più niente da perdere è molto pericoloso, e ti lascio immaginare verso chi rivolgerà il suo odio se non è in grado di colpire te''
Il ragionamento di Tommy era senz'altro logico, eppure, Alessandro non riusciva a convincersene fino in fondo. D'altronde, il desiderio di volare fino a Lomé e uccidere Agbo risultava così intenso che pareva impossibile resistergli. Tuttavia, si trattava pur sempre di un viaggio lungo. Anche procedendo al massimo della velocità ci avrebbe comunque impiegato quasi quattro ore a raggiungere il Togo, e in un lasso di tempo del genere poteva accadere di tutto.
Permettendo a Tommy di chiamare subito invece, esisteva la possibilità di rendere le cose enormemente più semplici. Sempre che Agbo accettasse, e non stava scritto da nessuna parte che sarebbe stato così. Farid non si era piegato, e se per questo nemmeno Hasanov. Un po' come nella roulette, poteva andare bene, o andare male.
Che fare dunque? Credere a Tommy, che sembrava così convinto delle proprie parole, oppure giocarsi il tutto per tutto?
Per quanto tentato, lo sguardo penetrante con cui l'amico lo stava trafiggendo, convinse Alessandro ad interrompere il contatto visivo.
''Hai un'ora'' concesse di malavoglia. E senza aggiungere altro, tornò a sedersi sul divano.
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