Capitolo 61 - La famiglia Campbell

Non essendone rimasto molto, Alessandro ci mise poche manciate di secondi per finire tutto il cibo ancora presente sul vassoio, ma decise ugualmente di attendere un paio di minuti in più. Il fatto è che si sentiva leggermente a disagio.

Quando Tommy l'aveva invitato a stare nel suo attico, Rebecca e i loro due figli non erano presenti, perché ancora a San Diego in visita dai nonni paterni. Tommy era tornato a New York con qualche giorno d'anticipo, in modo da potersi incontrare con alcuni potenziali investitori di Free World, e nel frattempo, ne aveva approfittato per prendere appuntamento anche con lui. Quella, quindi, sarebbe stata la prima volta che si sarebbe trovato faccia a faccia con l'intera famiglia Campbell al completo. Una prospettiva che quasi gli faceva rimpiangere il fatto che Tommy non fosse uno scapolo incallito.

Da quando aveva abbandonato la sua, vedere le famiglie degli altri gli rammentava troppo ciò che si era lasciato alle spalle. Purtroppo per lui però, non poteva sfuggire all'inevitabile restandosene chiuso in camera per sempre. Se proprio doveva togliersi questo cerotto, era meglio farlo fretta.

Preso un profondo respiro nel tentativo di calmarsi, Alessandro scese dal letto, sostituì il pigiama con un paio di jeans e una felpa, e si avviò lentamente verso la porta.

La sua stanza era una delle cinque presenti al piano superiore, e l'unica adibita all'accoglienza degli ospiti. Le altre erano tutte camere da letto, ad eccezione della sala hobby, sebbene Tommy gli avesse confidato che presto avrebbero convertito quest'ultima in una stanza per il piccolo William, il quale, per il momento, dormiva ancora coi genitori. Al piano inferiore invece, si trovava l'ampio soggiorno con annessa sala da pranzo, la cucina, una biblioteca e uno studio.

Alessandro non se ne intendeva granché di case, ma quello gli sembrava proprio un bell'attico. Probabilmente, casa Olivieri ci sarebbe entrata agevolmente dentro almeno quattro o cinque volte, anche senza contare l'elegante terrazzo con vista su Central Park.

Varcata la soglia della sua stanza, Alessandro ebbe giusto il tempo di muovere qualche passo sul ballatoio prima di vederli. Rebecca parlava col marito in soggiorno, mentre un bambino di circa sei anni, che di sicuro doveva essere Bill, se ne stava seduto in poltrona guardando dei cartoni animati alla tv.

Cercando di non fare rumore, Alessandro si sporse dal parapetto affacciato sul piano inferiore, ma a quel punto Tommy non poté più non accorgersi della sua presenza.

''Ah, eccolo'' disse indicando Alessandro alla moglie, ''Rebecca, ti presento...''

Neppure lui seppe esattamente perché lo fece, ma senza nemmeno attendere che Tommy ultimasse la frase, Alessandro scavalcò il parapetto, per poi atterrare sul parquet quattro metri più in basso. Il tonfo dell'impatto fece sussultare Bill, che, infatti, si voltò subito per controllare l'origine del rumore, pur restandosene nascosto dietro lo schienale della poltrona.

''Kama'' concluse Tommy senza fare una piega.

Apparentemente non turbata da quell'entrata in scena così teatrale, Rebecca gli andò incontro sfoggiando un radioso sorriso. Era una donna bella, alta, dai capelli castano chiaro tenuti corti e due luminosi occhi verdi. Indossava un semplice maglioncino color bordeaux, pantaloni neri e niente tacchi. Non doveva avere superato di molto i trenta e la sua espressione trasmetteva intelligenza.

''Molto piacere, Kama'' lo salutò Rebecca porgendogli la mano.

''Piacere mio, signora Campbell'' rispose Alessandro ricambiando la stretta.

''Signora Campbell?'' chiese Rebecca alzando un sopracciglio.

Alessandro si strinse nelle spalle.

''Beh...''

''Chiamami pure Rebecca'' lo rassicurò lei.

''Certo, Rebecca'' confermò Alessandro annuendo, ''e tu chiamami pure, Kama, il dormiglione''

Rebecca rise e proprio in quel momento la testa di Bill fece capolino da dietro lo schienale della poltrona.

''Invece tu, chi saresti, piccolo?'' gli chiese Alessandro in tono affabile.

''Vieni a dirglielo, su'' lo spronò Rebecca.

Seppur con una certa lentezza, Bill scese dalla poltrona e raggiunse il gruppetto, nascondendosi dietro le gambe della madre. Era un bambino in età da prima elementare, con gli stessi capelli castano chiaro di Rebecca e gli occhi marroni di Tommy.

''Sono...'' borbottò a bassa voce. ''Mi chiamo Bill''

Alessandro si piegò sulle ginocchia, così da guardarlo negli occhi stando al suo stesso livello.

''Beh, ciao Bill'' disse rivolgendogli un sorriso rassicurante. ''È un piacere conoscerti. Io sono Kama''

Bill non rispose e nascose pure la testa dietro i pantaloni di Rebecca.

''È timido'' lo giustificò lei accarezzandogli la testa.

''Forse è colpa mia'' disse Alessandro tornando a stare in piedi. ''Conciato così sono un po' troppo minaccioso''

Un battito di ciglia, e il ragazzo con la felpa scomparve, lasciandosi dietro un bambino in pantaloncini, bretelle e cravattino, della stessa età di Bill. Avendoci ormai fatto l'abitudine, Tommy si limitò a curvare le labbra in un sorriso. Rebecca, invece, spalancò la bocca per lo stupore. Alessandro però non se ne accorse. La sua attenzione era tutta focalizzata su Bill.

''Riproviamo, allora'' annunciò con una simpatica voce da bambino. ''Piacere Bill, io sono Kama''. E gli porse la mano affinché gliela stringesse.

Quasi non credendo ai propri occhi, Bill uscì subito allo scoperto, e nonostante gli mancasse il coraggio di stringere la mano ad Alessandro, ciò non gli impedì di scrutarlo avidamente con gli occhi luccicanti.

''È fichissimo'' commentò ammirato.

Alessandro abbassò il braccio e scrollò le spalle.

''Niente di che, sul serio''

E sempre con la rapidità di uno schioccare di dita, il bambino si trasformò in un procione antropomorfo alto pressappoco come Bill.

''Ecco, questo è già meglio'' commentò Alessandro con semplicità, tirando verso il basso i lembi della giacchetta di pelle sbracciata che indossava.

Bill e Rebecca stavano trattenendo il fiato, ma lui non si fermò, e mutando ancora, divenne un tigrotto sempre della medesima stazza del bambino a cui si stava rivolgendo.

''Ma anche questo''

La pelliccia striata virò verso un grigio cenere, mentre due lunghe orecchie gli spuntavano dalla sommità della testa, e il tigrotto si fece coniglio.

''O questo''

Senza dare tempo agli spettatori di riprendersi, Alessandro copiò in tutto e per tutto le sembianze di Bill, diventandone il gemello.

''E ora siamo uguali'' annunciò Alessandro con la stessa voce del bambino.

Bill squittì per l'eccitazione saltellando sul posto, ma Alessandro non parve farci caso, e accostando le labbra al suo orecchio, gli sussurrò qualcosa. Un istante dopo, i due bambini si presero per mano e cominciarono a girare su sé stessi, finché non ebbero concluso almeno cinque giri. A quel punto, smisero di muoversi e guardarono in faccia Rebecca.

''Coraggio, trovate l'intruso'' dissero all'unisono, sovrapponendo le loro voci assolutamente indistinguibili.

Rebecca fissò incredula i due, spostando lo sguardo dall'uno all'altro senza sapere chi fosse chi, ma quando Tommy scoppiò a ridere, la sua preoccupazione si affievolì notevolmente.

''Me ne basta uno, grazie'' commentò sforzandosi di sorridere.

''Signora Campbell, ho...''

La tata Betty, che nel frattempo era scesa silenziosamente dalle scale fino al primo piano dell'attico, si stava dirigendo in direzione del gruppetto, anche se quando vide le sagome di due bambini diversi, inchiodò sul posto, interrompendosi a metà della frase.

Attirati dalla sua voce, tutti quanti si voltarono pressoché all'unisono, e quando venne a galla la verità, la donna cacciò un urlo. Nel tentativo di rimediare, Alessandro riassunse subito il suo aspetto da ragazzo, e avanzò cautamente verso di lei con le braccia distese.

''Stia tranquilla, è tutto a posto'' cercò di calmarla con voce pacata.

Per tutta risposta Betty fece diversi passi indietro, strillando ancora più forte. Rebecca superò Alessandro e le andò incontro.

''Non aver paura, Betty, è solo Kama'' la rassicurò lei. ''Te ne avevo parlato, ricordi?''

A quelle parole, la tata emise un lungo sospiro e annuì. Pur essendo leggermente più bassa, era una donna pressappoco della stessa età di Rebecca, dai lunghi capelli ricci e la pelle color cannella. Vestiva casual, con dei jeans accoppiati ad un semplice maglioncino beige.

''Mi scusi'' disse leggermente ansante, ''ma non sono abituata a queste cose''

''Non fa niente'' tagliò corto Rebecca. ''Hai messo William a letto?''

''Certo'' rispose subito Betty, contenta di cambiare argomento.

''Dorme ancora?''

Betty sfoggiò un largo sorriso.

''Sì, dorme'' disse compiaciuta.

Il pianto attutito di un bambino, proveniente dal piano di sopra, spense il suo sorriso all'istante.

''E ora si è svegliato'' commentò sconsolata.

Rebecca sospirò, mentre alzava gli occhi al cielo.

''Ci penso io''. E passando a fianco di Betty, si avviò verso le scale.

Non essendoci ormai più nessuno che le coprisse la visuale, la tata si ritrovò così a guardare Alessandro negli occhi. Trascorsi alcuni attimi di imbarazzato silenzio, Betty interruppe bruscamente il contatto visivo e andò dietro a Rebecca.

''L'aiuto!'' annunciò correndo su per le scale.

Alessandro la seguì con lo sguardo finché non scomparve all'interno della prima stanza affacciata sul ballatoio, ma quando la vide chiudersi la porta alle spalle con una rapidità palesemente eccessiva, voltò la testa e si rivolse a Tommy.

''Ho come il sospetto che non sia una mia grande fan''.

''A Betty non piace il soprannaturale'' gli spiegò Tommy.

''Io non sono un fantasma'' replicò Alessandro fingendosi offeso.

''Temo che i mutaforma rientrino nella sua definizione di insolito''.

Bill aggirò il padre e si piazzò davanti ad Alessandro, così da attirarne l'attenzione.

''Puoi diventare un fantasma?'' chiese emozionato.

Alessandro sorrise.

''Se intendi uno di quei tizi perlacei, che fluttuano mentre scuotono catene, no''. L'espressione delusa di Bill lo spinse ad aggiungere: ''Però, posso fare questo''

Un enorme lupo, dalla pelliccia candida come la neve, e gli occhi della stessa tonalità degli zaffiri, rimpiazzò il ragazzo e si sedette sul pavimento. Era così grande, che la punta delle sue orecchie arrivava all'ombelico di Tommy.

''Eh, che mi dici?'' domandò Alessandro nella sua forma lupesca. ''Per essere bianco, sono bianco''

Sprizzando felicità da ogni poro, Bill gli fu addosso all'istante, pronto ad accarezzargli il collo coperto di pelo.

''Bill, sii rispettoso, non è un vero cane'' lo rimproverò Tommy.

Chiaramente contrariato, Bill ritrasse le mani di malavoglia.

''No, lascialo fare'' lo rassicurò Alessandro, venendo in soccorso del bambino. ''Bill, fammi un favore, mi daresti una grattatina proprio qui, dietro l'orecchio''. Girò il muso di lato, esponendo la zona interessata. ''E in fretta''

Non facendoselo ripetere due volte, Bill grattò subito con le dita dietro l'orecchio destro di Alessandro, strappandogli un mugolio di piacere.

''Ahhh, molto meglio'' commentò lui riconoscente.

Una volta che Bill ebbe allontanato la mano, Alessandro fece un profondo sbadiglio che scoprì le lunghe zanne, e poi, curvando la schiena ad arco con la coda puntata in aria, si stiracchiò sul pavimento. Approfittando del fatto che tenesse gli occhi chiusi, Bill decise di cogliere l'occasione al volo, e proprio mentre Alessandro tornava in piedi sulle quattro zampe, gli montò in groppa con un balzo.

''Bill, scendi subito!'' lo apostrofò Tommy, allungando le braccia per tirarlo giù.

Per tutta risposta, il bambino si appiattì sulla pelliccia immacolata, e strinse le gambe attorno ai fianchi del lupo col doppio della forza.

''Tranquillo, Tommy, non c'è problema'' disse Alessandro tranquillo.

Tommy abbassò le mani.

''Sei sicuro?'' chiese incerto. ''Non ti crea fastidio?''

''Ma che fastidio, è divertente''. Si rivolse al passeggero sulla sua schiena. ''Ehi, Bill, ti va un giretto?''

''Sì!'' rispose eccitato Bill, drizzandosi in piedi.

''Allora reggiti'' lo avvertì Alessandro, ''si parteee!''

E con manifesta nonchalance, cominciò a zampettare sul parquet, avviandosi in direzione della biblioteca.

''Kama, sul serio...''

Anche se una parte di lui lo spronava ad intervenire, Tommy si bloccò a metà della frase. Le risatine di Bill erano troppo piacevoli da sentire perché lui trovasse il coraggio di interromperle.

Fu allora che si accorse della presenza di un altro rumore. O meglio, della sua assenza. William aveva smesso di piangere.

Era appena giunto a quella conclusione, quando vide Rebecca scendere le scale, il figlioletto in braccio e Betty alle calcagna.

''Tesoro, tutto bene?'' le chiese Tommy, mentre la moglie si trovava ancora a metà dei gradini.

''William è in fase capricci'' rispose Rebecca.

Quasi volesse confermare quella valutazione, William sputò il ciuccio che stava succhiando dritto sul pavimento, costringendo Betty a chinarsi per raccoglierlo.

''Vado a lavarlo'' annunciò prima di dirigersi in cucina.

''Cosa ti ha detto la mamma?'' chiese Rebecca guardando il piccolo negli occhi. ''Lo sai che non si fanno i dispetti''

William mormorò qualche parola in una lingua comprensibile a lui solo, e poi gettò le braccia attorno al collo della madre, in quello che, perlomeno a giudicare dall'espressione sul viso di Rebecca, pareva un inequivocabile tentativo di strangolamento.

''Lo tengo finché non gli torna sonno'' mormorò con voce soffocata.

Riuscita a liberarsi con qualche difficoltà dalla stretta del figlio, Rebecca si guardò attorno, e a quel punto la sua fronte si riempì di rughe.

''Dov'è Bill?'' domandò stupita.

Tommy si massaggiò istintivamente il retro del collo.

''Ehm...ecco...''

Delle urla euforiche, provenienti dall'ingresso, catalizzarono immediatamente l'attenzione di entrambi, che assai presto ne scoprirono anche la causa. Sbucando dal breve corridoio che conduceva alla libreria, un leone, grande quasi il doppio di uno normale, sfrecciò accanto al passeggino di William, sistemato vicino all'ascensore, per poi inchiodare a solo pochi metri da Tommy e Rebecca.

''Papà, mamma, guardate che fico!!!'' esclamò Bill reggendosi alla criniera dell'enorme felino.

Divenuta più bianca di un lenzuolo, Rebecca spalancò la bocca in un grido muto.

''Oh, mio Dio'' sussurrò terrorizzata.

Totalmente ignaro delle paure che affollavano la mente dei genitori, Bill si chinò sopra la spalla di Alessandro, cercando di incrociare lo sguardo con lui.

''Fa quella cosa!'' lo spronò con entusiasmo. ''La cosa che fa il leone!''

''Ruggire?'' chiese Alessandro inclinando la testona di lato.

''Si!'' urlò Bill.

Gonfiando il petto, Alessandro si drizzò sulle quattro zampe in tutta la sua impressionante stazza, per poi prorompere in un possente ruggito, che riecheggiò attraverso il soggiorno e per il resto dell'attico. Atterrito da quel verso spaventoso, William scoppiò subito a piangere, ma nemmeno Rebecca gli prestò troppa attenzione, poiché distratta dal tonfo sordo che sentì risuonare alle sue spalle.

Avendo assistito alla scena mentre tornava dalla cucina col ciuccio pulito, Betty era svenuta crollando di schianto sul parquet.

''Dannazione, Betty!'' esclamò Tommy inginocchiandosi al suo fianco insieme a Rebecca.

Andando nel panico, Alessandro mutò le proprie sembianze in quelle di un leoncino, e quando Bill fu atterrato in piedi sul pavimento, lo superò passandogli in mezzo alle gambe. Nel momento in cui raggiunse il corpo esanime di Betty, aveva già riacquistato forma umana.

''Posso...''

''Prendo uno strofinaccio'' annunciò Tommy scattando in piedi.

Mentre il marito correva in cucina, Rebecca appoggiò William sul parquet e cercò di far rinvenire Betty sollevandole le gambe. Tuttavia, il repentino cambiamento non parve piacere affatto al piccolo, che infatti si mise a piangere con ancora maggior foga di prima.

''Bill!'' ordinò Rebecca ad alta voce. ''Occupati di tuo fratello!''

Obbedendo alla madre, Bill si inginocchiò sul pavimento accanto al fratellino, e dopo esserselo messo in grembo, incominciò ad accarezzargli la testa sussurrandogli all'orecchio.

E così, ognuno aveva il suo compito da svolgere, con l'eccezione di Alessandro, che si sentiva persino più inutile di William, ancora impegnato a frignare a pieni polmoni.

Era stato un'imbecille. Dal riservato all'espansività spinta in meno di due minuti. Come diavolo aveva fatto ad arrivare fin lì?! Un tempo non si sarebbe mai comportato in quel modo. Certo, non si poteva negare che molte cose fossero diverse, e a lui erano sempre stati simpatici i bambini, ma per combinare un disastro simile bisognava impegnarsi parecchio.

Preso com'era a crogiolarsi nel senso di colpa, fissando contrito il pavimento, che nemmeno si accorse che il pianto di William era stato sostituito da dei deboli singhiozzi, né del ritorno di Tommy. In effetti, fu solo quando sentì l'amico mormorare sollevato, ''ah, meno male'', che rialzò lo sguardo dal parquet.

Seppur lentamente, Betty riprese conoscenza, e Tommy smise di tenerle premuto sulla fronte lo straccio umido che teneva in mano.

''Cos'è successo?'' chiese la tata mettendosi a sedere.

''Sei svenuta'' le spiegò Rebecca, mentre si faceva passare William dal figlio maggiore.

Un lampo di terrore illuminò il volto di Betty.

''Dov'è il leone?'' domandò preoccupata, guardandosi attorno come se temesse di venir aggredita da un momento all'altro.

Alessandro si inginocchiò davanti a lei.

''Signora, mi dispiace molto, non volevo spaventarla'' disse mortificato. ''Stavamo solo giocando''

Betty sbatté le palpebre più volte e annuì.

''Certo, giocando''. Deglutì. ''Col leone''.

''Diventalo ancora!'' propose entusiasta Bill.

''No!'' esplosero in simultanea Tommy e Rebecca, voltandosi verso di lui.

Colto alla sprovvista da quel rifiuto così tranchant, Bill ammutolì di colpo, e chinò il capo con aria offesa.

Nel frattempo, Tommy aiutò Betty a rialzarsi, e dato che la donna sembrava ancora parecchio scossa, l'accompagnò a sedersi su una delle poltrone del salotto.

''Mi scusi tanto'' le ripeté per la quinta volta Alessandro, ''non volevo, davvero''

''Tesoro'' disse Rebecca, rivolgendosi al marito.

Tommy era impegnato a parlare con Betty stando curvo sulla poltrona, ma al richiamo della moglie sollevò subito la testa.

''Sì?''

''Forse sarebbe il momento di dire a Kama quella cosa di cui mi hai parlato stamattina'' gli ricordò mentre asciugava il viso di William col fazzoletto.

''Sì, credo tu abbia ragione'' confermò Tommy con un cenno del capo.

''Quale cosa?'' chiese Alessandro cadendo dalle nuvole.

Ignorando la domanda, Tommy si limitò a indicare la porta che si apriva nella parete in fondo al soggiorno, a destra di un grande quadro di Mandela in stile pop.

''Kama, possiamo andare a parlare un attimo di là nello studio?'' propose con ostentata nonchalance. ''Dopo, se vuoi, ti faccio compagnia mentre pranzi''

Sebbene quella richiesta improvvisa lo avesse reso sospettoso, Alessandro si costrinse ad annuire.

''D'accordo'' rispose in tono leggermente incerto.

Tommy gli sorrise, e poi si avviò in direzione dello studio con Alessandro al seguito. Avevano quasi varcato la soglia, quando la voce di Rebecca risuonò alle loro spalle.

''Bill torna qui!''

Bill, che chiudeva la fila, camminando con l'aria di chi fosse in procinto di imbarcarsi per un viaggio interstellare, inchiodò sul posto e guardò la madre con aria perplessa.

''Tuo padre e Kama devono parlare da soli'' gli spiegò Rebecca senza smettere di dondolare William.

''Ma io sto zitto!'' promise Bill con enfasi.

''Niente storie'' insistette asciutta Rebecca, ''vieni, coraggio''

William emise un gemito e poi affondò la faccia nel maglioncino bordeaux della madre, ricominciando a piagnucolare.

''Su, su, stellina'' lo rassicurò Rebecca cullandolo con dolcezza, ''la mamma è qui, fa il bravo''

Approfittando della distrazione di Rebecca, Alessandro si curvò su Bill e gli sussurrò all'orecchio da dietro le spalle.

''Se vuoi dopo ti faccio vedere l'orso''.

Muovendosi con una rapidità quasi sovrumana, Bill girò subito sui tacchi, giusto in tempo per scorgere Alessandro fargli l'occhiolino, appena prima che seguisse Tommy all'interno dello studio. 

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