Capitolo 6 - Segreti
Le lezioni del pomeriggio scorsero via con la stessa lentezza di un fiume di marmellata.
Archiviata filosofia senza aver recepito nemmeno una singola parola su Hobbes e la sua ardente passione per l'assolutismo, si passò dunque a biologia, dove l'unica conclusione che riuscì a trarre dalla spiegazione data dalla professoressa Colombo sul sistema nervoso, fu che in quel momento lui avrebbe tanto voluto non averlo.
L'ultima lezione della giornata era storia, ma nonostante la Cominetti fosse incredibilmente abile a rendere entusiasmante persino la più banale delle successioni al trono, nemmeno il racconto della sconfitta di Napoleone a Lipsia e il suo esilio sull'isola d'Elba si rivelò sufficiente a distrarlo dal dolore che provava.
Nel breve intervallo di tempo che separava l'uscita di un'insegnante dall'arrivo del successivo, Marco tentò di interrogarlo in merito a quanto avvenuto durante la pausa pranzo, tuttavia, ogni volta Alessandro si limitò a rispondere scuotendo leggermente il capo.
Non si sentiva pronto ad affrontare l'argomento con i lividi freschi che pulsavano ancora. Forse non lo sarebbe stato mai.
Sebbene fosse seduto a solo pochi posti di distanza da loro, il suo sguardo non si posò nemmeno per un istante su nessuno dei membri del trio. In un certo senso era come se cedere ad una simile tentazione rappresentasse qualcosa di totalmente inconcepibile, al pari di un infrangibile tabù.
Il viaggio di ritorno da scuola fu qualcosa di atroce.
Uscire dall'aula.
Scendere le scale un gradino alla volta.
Cercare di star dietro ad Alice che lo spronava a far presto.
Salire sul pullman.
Sopportare con stoica rassegnazione i sobbalzi del mezzo dovuti alle curve o alle buche nella carreggiata.
Scendere dal pullman.
Chiacchierare con la sorella fingendo di stare benissimo, quando in realtà avrebbe volentieri ceduto un rene se questo gli avesse consentito di far passare il dolore.
Trasformare in una risata il rantolo che gli sfuggì dalle labbra quando un labrador senza guinzaglio spuntò a tradimento da dietro un angolo e iniziò a fargli le feste poggiandogli le zampe sulle gambe.
Entrare nel loro condominio al numero 53 di Via Turati.
Maledire dal più profondo del cuore il disgraziato che aveva appeso il cartello ''FUORI SERVIZIO'' sulla cabina dell'ascensore.
Salire i quattro piani di scale fino all'appartamento degli Olivieri.
E finalmente varcare la soglia di casa.
Trascorse il resto del pomeriggio standosene sdraiato a letto fingendo di studiare, ma si dovette però interrompere quando Umberto fece ritorno dall'ortofrutta reggendo un paio di grosse cassette contenenti gli invenduti del negozio, annunciando che in macchina ne erano rimaste altre tre stracariche di arance ormai prossime alla scadenza.
Dopo la sofferenza che gli era costata reggere la cartella stracarica per innumerevoli isolati e altrettante rampe di scale, dover subire pure quella tortura fu qualcosa di semplicemente nauseante.
Dodici minuti e centosessantotto scalini più tardi, Alessandro appoggiò la propria cassa sul tavolo della cucina (grazie al cielo suo padre era stato abbastanza gentile da sobbarcarsi il fardello più grande), ma non appena ebbe raddrizzato la schiena una fitta atroce gli trafisse il fianco destro, strappandogli un grido di dolore.
Alla richiesta di spiegazioni che ovviamente seguì, lui seppe dimostrarsi abbastanza abile da far passare tutto per un'esclamazione di stupore, convincendo la famiglia di essersi appena ricordato di dover eseguire un compito di geografia per il giorno successivo.
Al pari degli altri Alice non fece commenti in merito, dando l'impressione di credergli.
Ciononostante, nel corso della cena a base di rigatoni al pesto fantasia e insalata di mare scaduta da mezza giornata, entrambi frutto dell'impareggiabile attitudine di Elisa per il riciclo, Alessandro contò ben cinque occasioni in cui sorprese sua sorella a scrutarlo, anche se ogni volta che se ne accorgeva lei distoglieva lo sguardo con una tale disinvoltura da dare l'impressione che non fosse veramente così.
Finito di ricontrollare il compito di geografia che aveva già completato martedì sera, si attardò sul divano giusto una decina di minuti, ascoltando i suoi genitori che dibattevano su quale dei politici presenti ad un talk show gli facesse più schifo, e alla fine andò a letto.
Era appena entrato in camera dopo aver acceso la luce, quando la porta si chiuse all'improvviso dietro di lui.
''Il compito di geografia, eh?''
Colto di sorpresa Alessandro si voltò immediatamente, ritrovandosi a fissare Alice, che se ne stava appoggiata allo stipite con le braccia conserte.
''Di che parli?'' chiese lui, fingendo di cadere dalle nuvole.
Alice curvò le labbra in un sorriso sornione.
''La prossima volta ti consiglio di inventarti una scusa migliore'' gli suggerì in tono beffardo. ''Quel compito l'avevi già fatto. Non hai scritto niente sul quaderno stasera''
''Mi ero sbagliato'' spiegò Alessandro inventando sul momento.
''Certo'' confermò Alice annuendo sarcastica. ''Avanti, che ti è successo?''
''Niente'' rispose Alessandro deciso.
Il sorriso di Alice si spense.
''Non sono nata ieri''.
''E io non ho idea di quel che stai parlando'' insistette Alessandro sforzandosi di apparire convincente.
Per tutta risposta Alice prese ad avanzare verso di lui.
''Che vuoi fare?'' chiese Alessandro indietreggiando verso la finestra.
Alice non disse nulla, limitandosi a camminare finché non l'ebbe raggiunto. A quel punto sollevò la mano destra, e con uno scatto fulmineo gli premette l'indice sul costato.
''Cazz...''
Alessandro dovette mordersi la lingua per evitare di portare a termine l'imprecazione, e non appena si fu ripreso dallo shock iniziale, scoccò un'occhiataccia ad Alice.
''Ma che diavolo...''
Ignorando le sue proteste, lei gli afferrò un lembo dalla maglia che usava per pigiama e la sollevò bruscamente verso l'alto, così da rivelare la nuda pelle.
Alla vista degli inquietanti ematomi che gli ricoprivano gran parte del busto, Alice squittì atterrita, per poi fare un passo indietro portandosi la mano alla bocca.
''E lasciami in pace!'' sbottò Alessandro infilandosi la maglia dentro i pantaloni di tuta.
''Ti hanno pestato'' sussurrò sconvolta Alice.
''No!'' replicò Alessandro sulla difensiva. ''Sono caduto...dalle scale''
Alice sgranò gli occhi.
''Sei un coglione'' concluse asciutta.
Tirando un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo, Alessandro si infilò le mani in tasca, mentre cercava di assumere un tono più naturale.
''Sì, lo so, in effetti avrei dovuto...''
''Non quello'' lo interruppe Alice, ''la scusa è da coglioni''
E ti pareva
Furioso con sé stesso per non essere riuscito ad inventarsi niente di meglio, Alessandro distolse lo sguardo e si mise a fissare il pavimento mordendosi il labbro.
''Non lo dico a nessuno'' gli promise Alice in tono conciliante.
Alessandro prese un profondo respiro.
''Ho avuto un diverbio'' ammise vago.
''Chiamalo diverbio''.
''Le ho prese, contenta?'' confessò stizzito Alessandro.
''Chi è stato?'' lo incalzò Alice.
''Matteo''.
La reazione di Alice sembrava quella di uno spettatore che aveva appena assistito allo scontro tra un grizzly ed un barboncino, dove a spuntarla alla fine era stato il cane.
''Ti sei fatto mettere sotto da quella merdina?'' domandò incredula.
''Non era solo'' precisò Alessandro in tono piatto. ''Aveva portato anche i suoi due amichetti. Mi hanno fatto nero''
''Ma come sono riusciti a...''
Lui la interruppe alzando la mano e poi andò a prendere la lettera, che aveva riposto in una tasca dello zaino.
''Con questa'' annunciò porgendogliela.
Alice spiegò il foglietto e iniziò a leggere.
Seppur divorato dall'imbarazzo, Alessandro finse di non vedere le smorfie e le espressioni sbigottite che apparvero sul volto di sua sorella nel corso di gran parte della lettura.
Giunta alla fine in poco meno di un minuto Alice emise un sospiro e scosse la testa.
''È decisamente...''
''Troppo bella'' concluse Alessandro al suo posto. ''Lo so, sono stato un imbecille a cascarci''
Alice ripiegò la lettera e la gettò sulla scrivania di fronte al letto.
''Devi denunciarlo'' disse con decisione.
Un brivido gelido risalì lungo la schiena di Alessandro. A giudicare dalla rapidità con cui sgranò gli occhi, era evidente che reputasse quella proposta una totale assurdità.
''Non ci penso nemmeno'' ribatté distogliendo lo sguardo.
''Potrebbero espellerlo per una cosa simile'' gli fece notare Alice.
Alessandro soffiò sprezzante.
''Suo padre è amico del preside e pure del sindaco, se la caverebbe''. Scrollò le spalle. ''E comunque non voglio fare la spia andando a frignare dalla maestra come un bimbetto delle elementari''
''Questo non è fare la spia'' insistette Alice guardandolo dritto negli occhi. ''Questo è raccontare la verità''.
''Ti ho detto di lasciar perdere'' ripeté spazientito Alessandro incrociando le braccia. ''Non ne voglio parlare con nessuno''
Resasi conto che non sarebbe riuscita a convincerlo, Alice abbassò il capo.
''Fa molto male?'' domandò con semplicità dopo una breve pausa.
''Bene no di sicuro'' ammise Alessandro. ''Ma guarirò''
''Lo sai che queste cose si sentono di più il giorno dopo, vero?''
Le sopracciglia di Alessandro si inarcarono all'unisono.
''Sul serio?'' chiese preoccupato.
Alice annuì mestamente.
''Oh, cazzo'' commentò amareggiato Alessandro, prima di aggiungere in tono un po' più ottimista: ''Beh, se non altro domani non c'è scuola''.
Si avvicinò al suo letto, e pur stringendo i denti ad ogni più piccolo attrito, alla fine riuscì ad infilarsi sotto le coperte.
''Buona notte'' disse chiudendo gli occhi.
Nonostante la limpidezza di quel commiato, Alice non si mosse.
''Vuoi che ti prenda un'Aspirina?'' chiese disponibile.
''No, grazie'' rispose Alessandro con gli occhi chiusi. ''Però, se devi leggere, tieni la luce bassa, d'accordo?''
''D'accordo'' promise Alice.
***
Alessandro camminò lungo il corridoio dal pavimento in resina, finché non si trovò di fronte all'entrata del bagno delle femmine.
Sentendo di doversi sbrigare afferrò la maniglia, e una volta che ebbe spalancato la porta, varcò la soglia.
La ragazza con cui si era dato appuntamento lo aspettava di fronte alla finestra, in fondo alla fila di lavandini. Gli dava le spalle, ma qualcosa nei suoi lunghi capelli ambrati gli suggeriva che fosse dotata di un'impareggiabile bellezza.
Col cuore che batteva all'impazzata Alessandro avanzò di un paio di passi e socchiuse le labbra.
Tuttavia, proprio quando stava per rivolgerle la parola, la ragazza si voltò di scatto, rivelando che sotto quella lunga chioma si celava in realtà un muso da labrador con gli occhioni dolci e la lingua penzoloni.
Non aveva ancora fatto in tempo a riprendersi dallo shock di quella rivelazione, quando le fattezze del cane femmina (o almeno, credeva che lo fosse, dato il fiocco rosa che portava appeso al collo), si rimodellarono in quelle di un rottweiler maschio col collare borchiato, che dopo aver emesso un ringhio minaccioso, cominciò ad abbaiargli addosso con selvaggio furore.
Alla vista di quel raccapricciante ibrido uomo-cane che avanzava latrando nella sua direzione, Alessandro cacciò un urlo e fuggì via.
Correndo attraverso il corridoio inseguito dalla creatura, chiese aiuto gridando a squarciagola, ma non ottenne risposta. In realtà, non sembrava proprio possibile che qualcuno giungesse in suo aiuto. Sebbene si trovasse a scuola infatti, lungo il corridoio che stava percorrendo non si vedeva nessuna porta.
Nel frattempo, i latrati del mostro si facevano sempre più vicini.
Terrorizzato, Alessandro raddoppiò i propri sforzi, senza però osare mai voltarsi indietro. Ciononostante, gli abbai non smisero di aumentare d'intensità.
Dopo una fuga che gli parve durare ore, improvvisamente di fronte a lui si materializzò la fine di quel lunghissimo corridoio sotto forma di una piccola porta di legno.
Col cuore in gola e i nervi a fior di pelle Alessandro ci si fiondò addosso quando ormai temeva di essere raggiunto dalla creatura. Il vuoto.
Non appena ebbe varcato la soglia dall'altra non trovò niente ad accoglierlo. Né un altro corridoio, né una stanza, solo il nulla.
Mentre precipitava in quell'abisso di tenebra, che lui temeva essere la tromba dell'ascensore, Alessandro lanciò un grido di puro panico, soltanto per atterrare pochi istanti dopo nel salotto di casa sua.
Era sera e la sua famiglia sedeva sul divano lì vicino, assistendo al notiziario delle otto.
Il presentatore, che per qualche assurda ragione sembrava avere lo stesso aspetto del suo insegnante di matematica, stava effettuando un resoconto di quanto avvenuto nei giorni precedenti, servendosi delle immagini a schermo per rendere più appassionante la narrazione.
La Francia aveva invaso a sorpresa l'Italia circa una settimana prima, così da poter finalmente mettere le mani sulle sue immense scorte di matite.
Tutti i paesi sembravano disinteressarsi alla vicenda, ma per fortuna il Giappone aveva deciso di giungere in loro aiuto, inviando sul posto degli immensi mecha da combattimento.
Fiaccati dalle ripetute sconfitte i francesi però avevano risposto stringendo un'alleanza con i seguaci di Cthulhu, promettendo di spartirsi il paese a guerra finita.
Le matite sarebbero andate ai francesi, mentre gli abitanti sconfitti avrebbero dovuto unirsi alla chiesa del dio alieno, servendolo per l'eternità.
In alternativa però, gli veniva magnanimamente concessa la possibilità di essere divorati subito.
A quel punto il presentatore, (era davvero strano vedere Ronzini in quel ruolo), si mise in testa uno strano copricapo simile ad una mitra vescovile, sopra cui era riportata la scritta ''SERVI CTHULHU, È LUI IL TUO SIGNORE'', per poi annunciare in diretta la propria eterna fedeltà alla causa.
Opinione che a quanto pare sembrava condividere anche l'emittente, ribattezzatasi sul momento in RAI CTHULHU.
Di fronte a quello spettacolo surreale, Umberto scattò in piedi gridando a squarciagola contro la televisione.
''Carogna! zerbino! Lacchè di quarta categoria! Pagliaccio pennivendolo!''
La porta del soggiorno si spalancò con un boato, permettendo così ad una creatura assurdamente bizzarra di fare il proprio ingresso nel soggiorno.
Si trattava di un groviglio di lunghi e viscidi tentacoli color verde muschio, che si agitavano selvaggiamente attorno a quello che pareva un corpo centrale dalla forma vagamente umanoide.
Per nulla intimorita Elisa si alzò dal divano, e dopo aver recuperato una grossa mannaia da macellaio dal cassetto della cucina, tornò indietro, avventandosi contro il mostro-piovra menando fendenti a destra e manca.
''Coraggio ragazzi, venite a darmi una mano!'' urlò in tono incoraggiante. ''Non lo sapete quanto costa il polpo al chilo? Così risparmiamo un botto!''
''Al diavolo il risparmio, mamma!'' strillarono Alessandro ed Alice in contemporanea.
Troppo presa dalla frenesia del momento per sentirli, Elisa proseguì nel suo folle assalto, e dopo aver sferrato un micidiale fendente, mozzò di netto uno dei tentacoli della creatura.
Non sapendo che altro fare, Alessandro si limitò ad assistere alla scena restando immobile dov'era, ma non appena vide la piovra umanoide agitare il moncherino a mezz'aria schizzando sangue blu dappertutto, qualcosa nel suo cervello scattò come una molla, e lui abbandonò il sogno.
Quando riaprì gli occhi la prima cosa che vide fu il rivestimento inferiore del letto di sua sorella. La stanza era immersa nella penombra, anche se la luce che filtrava da sotto la porta e tra le tapparelle della finestra gli fece intuire che fosse ormai mattina.
Provò ad alzarsi, e a quel punto comprese quanto c'era di vero nelle parole pronunciate da Alice la sera prima. Tutto il suo corpo sembrava trafitto da migliaia di aghi invisibili, che gli scavavano nelle carni ad ogni più piccola sollecitazione o movimento.
Sforzandosi di non cedere al dolore Alessandro si liberò delle coperte, per poi mettersi seduto sulla sponda del materasso. Aspettandosi il peggio, prima di tornare in piedi prese un paio di respiri profondi, e dopo essersi morso il labbro per sicurezza si diede la spinta verso l'alto.
Alessandro non gridò, ma le stelle le vide comunque.
Quando entrò in soggiorno cinque minuti più tardi, Alessandro trovò sua madre seduta al tavolo da pranzo mentre scriveva qualcosa su un block notes a tema koala, interrompendosi ogni tanto per battere sui tasti della calcolatrice che teneva lì accanto.
''Ben svegliato, dormiglione'' lo salutò lei, senza alzare gli occhi dal blocchetto degli appunti.
''Ciao mamma'' disse Alessandro curvando le labbra in un sorriso. ''Posso fare colazione?''
''Ci mancherebbe''.
Gli scoccò uno sguardo eloquente attraverso le lenti degli occhiali.
''Ma niente gorgonzola'' precisò pacata. ''Non ce lo possiamo permettere, e comunque non ti fa bene mangiarlo a cucchiaiate''
''Non l'ho mangiato a cucchiaiate'' ribatté Alessandro indignato.
''Di certo l'ultima volta non si è finito da solo'' gli fece notare Elisa, tornando a concentrarsi sulla calcolatrice. ''Limitati al solito, ok?''
''D'accordo'' promise Alessandro avviandosi in direzione della credenza.
Una volta aperto lo sportello recuperò un grosso sacchetto di muesli da un chilo pieno per metà e anche una confezione di brioches da discount senza ripieno, per poi appoggiare tutto sul ripiano della cucina.
Si stava avviando verso il frigo per prendere anche il latte e la marmellata quando la voce di sua madre lo richiamò a metà del tragitto.
''Tesoro, perché cammini così?''
Alessandro comprese subito ciò a cui si riferiva.
Essendo la gamba destra quella messa peggio, da quando si era alzato dal letto trovava decisamente meno doloroso spostarsi poggiando gran parte del peso sulla sinistra, finendo però inevitabilmente per assumere un'andatura barcollante.
Non potendo permettersi di fornire spiegazioni, alzò le sopracciglia con aria stupefatta.
''Che dici mamma?'' disse simulando sorpresa. ''Io cammino normalmente''. E per confermare quella versione decise di compiere uno sforzo, coprendo gli ultimi passi che lo separavano dal frigo camminando come al solito.
Le fitte di dolore per poco non gli strapparono un gemito, ma lui seppe abilmente camuffarlo con un colpo di tosse.
''Che fai?'' chiese affabile, aprendo il frigo.
Elisa continuò a fissarlo dubbiosa ancora per qualche istante, ma alla fine tornò a concentrarsi sul block notes.
''I conti'' rispose lei con semplicità.
Alessandro cercò tra i vari ripiani stipati di frutta ammaccata e verdura appassita il barattolo di marmellata di arance fatta da Elisa, e sebbene il suo sguardo continuasse a convergere sulla vaschetta di gorgonzola già aperta, alla fine riuscì ad individuare ciò che gli serviva dietro un grosso cespo di verza.
''Come andiamo?''
Elisa digitò qualche tasto sulla calcolatrice, prima di aggiungere un appunto sul blocchetto.
''Pagate tutte le bollette e al netto delle spese siamo in attivo di...''.
Voltò pagina per ricontrollare un dato.
''Centoventi'' concluse con una punta di soddisfazione.
''Mila?'' scherzò Alessandro, mentre estraeva il barattolo di marmellata
Elisa scoppiò a ridere.
''Spiritoso'' commentò divertita.
Aveva appena finito di tirare fuori anche il cartone del latte, ma prima che potesse chiudere lo sportello Elisa parlò di nuovo.
''Ah, in frigo ci sono anche delle mele cotte, se le vuoi'' gli spiegò intanto che digitava sulla calcolatrice. ''Sono gli invenduti del negozio, ma erano solo un po' raggrinzite''
''Va bene, grazie'' disse Alessandro in tono gentile.
Recuperato anche il piatto con le mele cotte al microonde tornò quindi al piano lavoro della cucina, e dopo aver assemblato il muesli dentro una tazza decorata con immagini di animali in versione cartone animato, appoggiò tutto sul tavolo e prese posto di fronte a sua madre.
Nonostante fosse riuscito a sopportare il fastidio che gli provocava camminare distribuendo il peso su entrambe le gambe, una volta che si fu seduto il dolore divenne così intenso da impedirgli di nascondere una smorfia.
Per quanto fugace, la cosa non sfuggì ad Elisa, tuttavia, Alessandro parlò prima che potesse farlo lei.
''Dov'è Alice?'' domandò a bruciapelo in inglese.
Come sperava, sulle labbra di Elisa affiorò un accenno di sorriso.
Anche se erano anni che non insegnava più a scuola, adorava ancora poter parlare liberamente in quella lingua.
''È uscita circa venti minuti fa'' spiegò sempre in inglese, mentre riprendeva a scrivere sul block notes. ''Voleva andare a trovare le sue amiche''
Alessandro impugnò il cucchiaio e si mise a mischiare il muesli nella tazza con aria distratta.
''Quando tornerà papà?''
''Dovrebbe essere qui per le quattro e un quarto'' rispose Elisa. ''Scendiamo non appena citofona''
''Non è un po' presto?'' chiese Alessandro un attimo prima di infilarsi in bocca il cucchiaio.
''L'A4 in questo periodo è un disastro'' ribatté Elisa tranquilla. ''Se mi devo fare un'ora di coda preferisco che almeno serva a qualcosa, anziché arrivare in ritardo e mancare l'orario delle visite''
''Sì, hai ragione'' confermò Alessandro sorridendo.
Finiti i fiocchi d'avena e bevuto il latte, aprì la confezione di brioches su cui spiccava in bella mostra l'enorme bollino ''PROSSIMA SCADENZA – SCONTO DEL 50% ALLA CASSA'', e prese la prima che riuscì ad afferrare.
Non aveva ancora fatto in tempo a scartarla, quando l'occhio gli cadde sull'interno del sacco trasparente.
Per ancora qualche secondo Alessandro rimase immobile con la brioche tra le mani, perso nei propri pensieri, finché all'improvviso non cominciò a ridacchiare sommessamente, come se avesse appena sentito una barzelletta particolarmente spiritosa.
''Cosa c'è da ridere?'' chiese Elisa incuriosita.
Alessandro scosse la testa e smise di sghignazzare.
''No, è che...''. Indicò il piatto con le mele cotte. ''Hai cucinato quattro mele, papà torna alle quattro, noi viaggeremo sull'A4''.
Sollevò il sacchetto di brioches pieno per due terzi.
''E sono rimaste quattro brioches. È tipo una congiunzione astrale'' commentò affabile. ''Dovremmo giocarlo al superenalotto''.
E svitato il coperchio del barattolo di marmellata si preparò a farcirci il cornetto.
''Ne dimentichi uno'' precisò Elisa con nonchalance. ''Hai preso quattro in matematica''
Il coltello che Alessandro si lasciò sfuggire di mano atterrò sul piatto con le mele cotte, producendo un sonoro acciottolio.
Ignorando il fracasso Elisa chiuse il blocchetto degli appunti, e dopo aver intrecciato le dita sul tavolo, guardò il figlio dritto negli occhi.
''Giusto per curiosità, quando avevi intenzione di dirmelo, esattamente?''
Il suo tono era sorprendentemente tranquillo, ma nonostante ciò Alessandro non si sentì affatto rassicurato. In verità, trovava la cosa inquietante.
''Un po' più avanti'' rispose con una vocina.
Nonostante avrebbe preferito di gran lunga restare muto, si sforzò comunque di continuare ad esprimersi in inglese. In quel momento aveva bisogno che la madre fosse del miglior umore possibile.
''Tipo alla prossima pagella?'' lo incalzò Elisa aggiustandosi gli occhiali sul naso.
Evidentemente, la tattica non stava riscuotendo un grande successo. Alessandro non credeva di aver mai desiderato tanto sprofondare insieme alla sedia nel pavimento.
''Aspettavo il momento giusto'' disse vago, mentre cercava con assai scarso successo di farsi piccolo piccolo.
''Direi che ora è arrivato'' concluse Elisa con semplicità. ''Anche se avrei preferito che a dirmelo fossi tu, e non che lo dovessi scoprire io controllando online. Ho visto che hai cestinato l'e-mail della scuola''.
Annuì sprizzando sarcasmo.
''Un comportamento molto maturo''.
Non riuscendo a sostenere il suo sguardo, Alessandro chinò il capo, mettendosi a fissare il bordo del tavolo.
''Scusa'' sussurrò amareggiato.
Elisa continuò a mantenere gli occhi fissi su di lui e dopo qualche attimo di silenzio prese un profondo respiro. La sua espressione si fece gelida.
''Se ti bocciano...''
Alessandro rialzò di scatto la testa prima che potesse finire.
''Non succederà!'' sbottò in preda al panico.
L'espressione di Elisa non mutò.
''Se ti bocciano'' ripeté con calma. ''Allora...''
Temendo il peggio Alessandro non si azzardò a dire nulla, ma allo scoccare dei dieci secondi dalla fine dell'ultima battuta sua madre non aveva ancora concluso la minaccia, e lui decise di azzardarsi a rompere il silenzio.
''Allora?'' chiese cauto.
Elisa mantenne il contatto visivo ancora per qualche istante, poi distolse lo sguardo.
''Ci devo pensare'' rispose asciutta.
Rendendosi conto che in questo modo il suo avvertimento rischiava di perdere gran parte della propria efficacia, riprese quasi subito a guardare il figlio negli occhi.
''Ma non sarò affatto contenta'' aggiunse con decisione, sforzandosi di ostentare un cipiglio severo. ''E neanche tuo padre. Proprio per niente''
Alessandro abbassò lo sguardo e fece di sì con la testa.
L'espressione grave di Elisa si sciolse come un pupazzo di neve esposto al calore di un incendio estivo.
''Hai bisogno d'aiuto?'' gli chiese ammorbidendo di molto il tono.
''Come?'' chiese stupito Alessandro, rialzando gli occhi.
''Ti servono delle lezioni private?'' precisò lei.
''No'' rispose secco Alessandro scuotendo la testa, ''assolutamente no''
''Quindi studierai da solo'' concluse Elisa.
''Sì''
''Anche quest'estate l'avevi detto'' gli ricordò sua madre, ''ma non mi pare che si sia rivelata una strategia vincente''
''Mi impegnerò di più, molto di più'' insistette Alessandro annuendo vigorosamente. ''Prometto di riuscirci questa volta''
Elisa si limitò a fissarlo in silenzio, sebbene fosse chiaro che stava riflettendo.
Alla fine, abbassò le palpebre, e dopo aver emesso un lungo sospiro si sistemò gli occhiali sul naso.
''Facciamo così'' esordì pacata, ''da adesso tu inizierai a studiare a fondo per migliorare la tua media, ma se anche i prossimi due test andranno male, allora passeremo alle lezioni private''
Alessandro aprì la bocca per protestare, ma Elisa si dimostrò più rapida.
''Le farai con me'' annunciò con semplicità.
Avendo intuito il tipo di obiezioni che stessero frullando per la testa del figlio semplicemente guardando la sua espressione sbigottita, decise di affrontarle fin da subito, senza nemmeno dargli il tempo di esporle.
''L'algebra non era esattamente il mio forte, ma mi andrò a rivedere la teoria su internet e poi ti insegnerò'' spiegò pacata. ''Esercizio dopo esercizio ci faremo tutto il libro finché non lo saprai recitare a memoria, e non mi interessa se dovremo restarcene chiusi qui a studiare tutti i pomeriggi''.
Gli puntò l'indice contro, per poi annunciare con granitica determinazione:
''Tu strapperai quella sufficienza''.
Messo alle strette, e non venendogli in mente alcuna obiezione valida, Alessandro non poté far altro che ondeggiare docilmente il capo in segno d'assenso.
''D'accordo''.
Senza dire nulla Elisa si alzò dalla sedia e aggirò il tavolo.
Quando capì che fosse diretta verso di lui, Alessandro chinò la testa, mettendosi a fissare il piatto con le mele cotte, ma nel momento in cui sua madre gli appoggiò le mani sulle spalle fu scosso da un leggero sussulto.
Sebbene si trattasse di una reazione involontaria, dovuta essenzialmente al dolore provocato dalle contusioni, Elisa parve interpretare tutto come frutto della sorpresa, e perciò non si allarmò.
A quel punto avvicinò le labbra alla sua guancia, e tornando ad utilizzare l'italiano, si mise a sussurrargli nell'orecchio.
''E devi anche promettere che non mi nasconderai più le cose, ok?''
Sentendola rivolgersi a lui in quel tono così dolce, Alessandro avvertì un brivido di felicità attraversargli ogni muscolo del corpo. Seppur solo per poche frazioni di secondo, il dolore che provava un po' dappertutto sembrò dissolversi.
''Lo prometto'' disse docilmente.
Le labbra di Elisa si curvarono in un largo sorriso, mentre lei gli premeva la guancia sulla sua in un gesto affettuoso.
''Bravo il mio bambino'' bisbigliò con dolcezza.
Gli diede un bacio sulla tempia e tornò a sedersi al suo posto.
Forse a causa delle fitte che non la smettevano di assillarlo, o magari anche per via dell'agitazione che gli aveva messo addosso la recente conversazione con Elisa, Alessandro non protrasse la colazione troppo a lungo.
Al contrario di quello che era solito fare il sabato o negli altri giorni festivi infatti, decise di non esagerare, e si concesse pertanto una sola brioche con la marmellata, oltre ad un paio di quelle piccole mele aromatizzate alla cannella cucinate da sua madre.
Dover aggiungere pure un'indigestione a tutti i problemi che aveva già, gli sembrava decisamente troppo masochista.
Vedendolo chiudere il barattolo di confettura, Elisa alzò lo sguardo dalla calcolatrice.
''Hai già finito?'' chiese stupita.
''Sì, non ho molta fame adesso'' rispose lui.
''Ah, ok'' commentò Elisa alzandosi in piedi. ''Allora direi che posso anche iniziare a pulire''
''Pulire?'' ripeté Alessandro aggrottando la fronte.
''Pulire casa'' spiegò Elisa con semplicità. ''Visto che siete fuori ne approfitto per passare lo straccio e fare la polvere ai mobili. Nel frattempo preparo la marmellata''
''Ma io non sono fuori'' ribatté confuso Alessandro.
Elisa gli scoccò un largo sorriso.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top