Capitolo 58 - Cambiare il mondo un passo alla volta
Dopo quell'ultima uscita l'atteggiamento quasi scanzonato di Campbell si dissolse all'istante, venendo sostituito da un'espressione glaciale.
''Ti volevo soltanto dire la mia opinione esponendo dei fatti'' rimarcò asciutto, ''non ho intenzione di spronarti a prendere decisioni sciagurate e senza ritorno''
Sentendosi a disagio ad essere scrutato dallo sguardo penetrante del suo interlocutore, Alessandro interruppe il contatto visivo, e sforzandosi di mantenere la calma raddrizzò il coltello facendolo tornare com'era all'inizio.
''Parli di disgrazie imminenti, dipingi scenari distopici, ma non proponi soluzioni'' concluse in tono stizzito, ''e io non sono il tipo da stare seduto aspettando che si verifichi il peggio, se posso fare qualcosa per evitarlo''.
La fronte di Campbell si ridistese.
''Ti sbagli'' ribatté tranquillo, ''non ho alcuna intenzione di starmene seduto aspettando il peggio. Voglio impedire che un futuro simile si realizzi, ma intendo adoperare una strategia più sottile di quella che hai in mente tu. Meno diretta, forse. Se però andrà in porto, cambierà tutto''
''Il mio metodo è più semplice'' insistette Alessandro risoluto.
Campbell si sistemò gli occhiali sul naso.
''Un palazzo pericolante deve essere demolito, ma al suo interno vivono abusivamente decine di senzatetto nullatenenti, che rifiutano di andarsene, perché farlo comporterebbe tornare in strada''.
Spiazzato da quel brusco cambio d'argomento, Alessandro lo fissò con evidente perplessità, ma Campbell non parve farci caso e proseguì.
''A questo punto bisogna avviare una mediazione, cercare alloggi alternativi, convincere, stanziare fondi...''
Fece una pausa densa di significato.
''Oppure si può far saltare il palazzo con dentro tutti'' ipotizzò beffardo. ''Si risparmiano tempo, soldi e si evita la burocrazia''. Annuì simulando approvazione. ''È senza dubbio molto più semplice''
Alessandro contrasse le labbra in un ghigno.
''Sai essere irritante a volte, lo sai?''
Per nulla colpito dalla stilettata, Campbell si limitò ad accennare un sorriso.
''In questo caso lo prendo come un complimento''
Lasciando perdere il coltello, Alessandro afferrò senza tante cerimonie il blocchetto di Emmentaler svizzero e con un singolo morso se ne portò via metà.
''Abboa?'' domandò con la bocca piena. ''Che abbidendi imbembi fale?''
Visto che Campbell dava l'impressione di non aver compreso una sola parola, Alessandro inghiottì prima di proseguire.
''Quale sarebbe questo piano geniale così argutamente sottile?'' domandò sbrigativo.
''La democrazia così come è messa adesso non funziona'' esordì Campbell pacato.
Alessandro aprì la bocca per replicare, ma lui lo zittì alzando la mano.
''Non prendere a calci la porta, è già aperta''.
Alessandro si impose di attendere e sigillò le labbra, perlomeno fino a quando non venne il momento di mangiare il resto dell'Emmentaler, che masticò di malumore.
''Mi limito a dire quello che la gente pensa, e per quanto detesti ammetterlo, ha ragione. Non so di preciso quando accadrà, ma in futuro, un futuro ahimè non troppo lontano, arriverà il momento di scegliere tra una dittatura illuminata, che sembra portare benessere e risultati concreti e una democrazia corrotta e inconcludente''.
Gli scoccò un'occhiata inequivocabile.
''Non indorerò la pillola, Kama. Perderemo. Perderemo di brutto. Quello che i nostri padri hanno costruito in secoli di lotte e graduali conquiste, strappate col sudore e col sangue, verrà spazzato via. L'umanità ingranerà la retromarcia e riavvolgeremo le lancette della storia. Ci vorranno decenni per tornare al punto di partenza e non sta scritto da nessuna parte che ci riusciremo, perché noi umani siamo creature adattabili e dalla memoria cortissima. Ci abituiamo con gioia alle comodità, ma anche alle schifezze se le sopportiamo abbastanza a lungo. E questo non ce lo possiamo permettere''
''E quindi?'' chiese Alessandro secco.
''La democrazia attualmente in vigore è obsoleta e inadatta a gestire le sfide che è chiamata ad affrontare'' spiegò Campbell. ''Se vuole sopravvivere deve evolversi''
''Come i Pokemon?'' ipotizzò Alessandro alzando un sopracciglio.
Campbell lo guardò torvo.
''Non sto scherzando'' disse gelido.
''Non ti volevo prendere in giro'' lo rassicurò Alessandro alzando le mani, ''ma che vuol dire evolversi?''. Scrollò le spalle. ''La democrazia è democrazia, no? L'unica differenza è chi la gente vota''
''È proprio questo il punto!'' disse Campbell accalorandosi. ''Ormai la gente si limita a questo. Tracciare una X su una scheda e sperare che vada bene. I programmi dei partiti li leggono in pochissimi, e ancora meno riescono a distinguerli, tanto sono vaghi. Se oggi l'affluenza alle urne raggiunge a malapena il 30% un motivo ci sarà.''.
Si sporse leggermente sul tavolo.
''Un sistema del genere non invoglia le persone a partecipare attivamente alle decisioni, si limita a chiedere una delega in bianco. In questo modo chi governa si arrocca sulle posizioni a lui più favorevoli pur di mantenere il potere, finendo inevitabilmente col ridurre la platea ai minimi termini, e nel frattempo l'onere di governare si trasforma in privilegio riservato a poche famiglie''.
Scosse la testa con evidente disappunto.
''Tutto questo non c'entra niente con la democrazia. Questa è un'oligarchia sotto mentite spoglie'' sentenziò sprezzante. ''Per invertire la tendenza bisogna rimuovere gradualmente il potere degli intermediari, e far sì che siano i cittadini stessi a compiere le scelte che si rendono necessarie''
''Potresti essere un po' più chiaro?'' chiese Alessandro in tono conciliante. ''Rischio di perdermi''
''Da rappresentativa la democrazia diventerà diretta'' rivelò Campbell, ''e tutti i cittadini voteranno su ogni questione per cui valga la pena decidere tramite referendum popolari''
''Tipo le polis dell'antica Grecia?''
''Esatto'' confermò Campbell, ''solo senza schiavi e con le donne che partecipano''
Una volta che ebbe finito di parlare, Alessandro appoggiò entrambi i gomiti sul tavolo, e dopo aver intrecciato le dita a mezz'aria, assunse un'espressione pensierosa. Campbell si limitò a scrutarlo in silenzio.
''Beh'' esordì dopo qualche secondo di imperscrutabile riflessione, ''l'idea mi sembra buona, anzi, molto buona.''
Campbell accenno un sorriso, ma Alessandro provvide a farglielo sparire scoccandogli occhiata eloquente con le sopracciglia inarcate.
''Ma come intendi realizzarla di preciso?'' chiese sprizzando scetticismo. ''Dubito che convincerai Walker a cambiare la costituzione per assecondarti''
Le labbra di Campbell si piegarono in un ghigno.
''Ti sei fatto un'idea del personaggio, eh?''
''Dei suoi metodi di sicuro'' ammise sprezzante Alessandro, incrociando le braccia davanti al corpo.
''A che ti riferisci?'' gli chiese Campbell incuriosito.
Alessandro piegò le labbra in un sorriso sornione, prese uno degli ultimi cracker rimasti, e col coltello tagliò una grossa fetta dal tronchetto di capra.
''Quando sono tornato dalla Casa Bianca, in camera ho trovato ad attendermi una simpatica signorina in abiti succinti'' confessò in tono leggero, mentre versava mostarda sopra al cracker coperto di formaggio, ''tre milioni di dollari in un trolley, e la promessa di altri venticinque già versati su un conto intestato a mio nome''
Di fronte a quella rivelazione, Campbell aggrottò la fronte, chiaramente perplesso.
''E tu come hai reagito?''
''Accompagnandola alla porta insieme al suo trolley e augurandole la buona notte'' rispose Alessandro con nonchalance.
Stava per addentare il boccone, quando si accorse dell'espressione stupefatta di Campbell, e allora abbassò la mano.
''Se avessi voluto fare quel genere di vita, adesso non sarei qui con te a discutere di democrazia e diritti, non pensi?''
Si infilò in bocca il cracker e masticò compiaciuto, mentre l'espressione di Campbell tornava a farsi serena.
''Suppongo di no''
''Con uno che ragiona in quel modo non concluderai mai niente di positivo'' commentò Alessandro. ''Se vuoi ottenere dei risultati, fonda un partito e prova a convincere la gente''
''Non funzionerebbe'' ribatté Campbell scuotendo la testa.
''Perché no? Io ti voterei''
''Ti ringrazio, ma temo di avere opinioni...''
Inclinò la testa sfoggiando un sorriso forzato.
''Diciamo, un po' troppo impopolari tra la gente che conta''
''Per esempio?''
Campbell fece un gran respiro.
''Tassazione modello Roosevelt ai superricchi, separazione tra banche commerciali e d'investimento, scioglimento concordato della NATO, taglio del 95% del budget della difesa, sistema sanitario pubblico universale, riforma del sistema giudiziario, abolizione delle carceri private, welfare in stile nordeuropeo e tante altre cosette''
Dato che gli sembrava di sentir parlare suo padre, gli occhi di Alessandro si illuminarono.
''Sembrano idee interessanti'' commentò sforzandosi di apparire neutrale.
''Sembrano soprattutto il tipo di idee che causano una prematura dipartita a causa di misteriosi quanto inspiegabili incidenti'' precisò sarcastico Campbell.
Alessandro si curvò sul tavolo e ridusse la voce ad un sussurro.
''Magari potrei farti da bodyguard'' propose tra il serio e il faceto. ''Con Takeshi ha funzionato''
''Sei gentile, ma tralasciando quelli così disperati da farvi ricorso, da queste parti, per togliere di mezzo le persone scomode, ormai si utilizzano metodi più sofisticati delle cinture esplosive'' lo informò Campbell con sorprendente serenità, mentre si voltava a scrutare il lago. ''E comunque io non riuscirei mai a fare il presidente''
''Pensi di non esserne capace?'' chiese Alessandro incredulo. ''Dopotutto, gestivi una società importante''
Smettendo di fissare lo specchio d'acqua, Campbell tornò subito a guardarlo negli occhi.
''Con la Conall era tutto diverso'' ribatté scandalizzato. ''Gestire uno stato è ben diverso dal gestire una società. Un presidente degno di questo nome deve mediare, convincere, destreggiarsi in mezzo a giochi di palazzo e burocrazia. Un CEO invece ordina, e l'ordine viene eseguito''.
Soffiò sprezzante.
''Solo un pazzo si può illudere che non vi sia differenza tra le due cose. A meno che non abbia una passione segreta per il dispotismo''
''Quindi temi di trasformarti in un'autocrate'' scherzò Alessandro.
''Più che altro temo di impazzire'' precisò Campbell. ''Chiuso in quello studio, avendo in mano il potere di influenzare la vita di così tante persone, investito di una simile autorità...''
Abbassò lo sguardo sulla tovaglia e contrasse i muscoli del viso in una smorfia di disgusto.
''Al solo pensiero, mi viene la nausea'' confessò a disagio. ''Forse sono soltanto strano, ma per quanto mi sforzi non riesco proprio a vedermici in quel ruolo''.
Si strinse nelle spalle e rialzò la testa.
''Semplicemente, il potere non è nella mia natura, e l'amore che certi individui provano per esso sfugge del tutto alla mia comprensione''
''Sai, ti confesso che anch'io l'ho sempre trovato incomprensibile'' ammise Alessandro con semplicità. ''Tuttavia...''
Sbucando improvvisamente da sotto la tovaglia, un tentacolo nero come l'inchiostro strisciò con discrezione sul tavolo, finché non si trovò a fianco del tagliere.
Troppo sconvolto per parlare, Campbell si limitò ad osservare, con occhi sgranati, la punta dell'appendice sollevarsi silenziosamente a qualche centimetro sopra l'ultimo pezzo di formaggio sopravvissuto, e poi calare su di esso, trapassandolo con la punta aguzza. Un paio di secondi dopo Alessandro spalancava la bocca per permettere al boccone di passarci in mezzo, e non appena l'ebbe addentato, il tentacolo se ne tornò sotto al tavolo, silenzioso come era arrivato.
''A questo non potrei mai rinunciare'' confessò compiaciuto.
Ripresosi dallo shock del momento, Tommy sogghignò.
''Sembra che tu ti stia divertendo''.
''La mia condizione ha i suoi vantaggi'' ammise soddisfatto Alessandro, accomodandosi contro lo schienale della sedia. ''E quindi? Se non intendi candidarti come pensi di cambiare il sistema, chiedendoglielo per favore?''
''Voglio fondare una città'' rispose Tommy pacato, ''ma non una città qualunque. Un microstato indipendente dove poter mettere in pratica il modello di società di cui ti parlavo. Fungerà da vetrina per mostrare al mondo che dei cittadini consapevoli sono perfettamente in grado di governarsi da soli e prosperare''
''Potrebbe volerci parecchio'' gli fece notare Alessandro.
''Io non sono tipo da arrendermi facilmente'' insistette Tommy convinto. ''Cercheremo di influenzare l'opinione pubblica e smuoveremo le coscienze con una campagna di persuasione molto serrata. Ce la metteremo tutta, affinché la gente cominci a fare pressioni sui propri rappresentanti, e chieda la creazione di strumenti per la partecipazione diretta dei cittadini all'elaborazione dei progetti di legge e di ogni altra iniziativa governativa''.
Sollevò il pollice, e man mano che elencava i vari punti del programma, anche le altre dita.
''Più trasparenza e maggiore inclusione per cominciare, poi arriveranno le prime modifiche costituzionali, e a seguire tutto il resto. Cambieremo il mondo, e lo faremo un passo alla volta''
Mentre lo ascoltava parlare, Alessandro non poté non restare ammaliato dal modo in cui Campbell esponeva le sue idee. Senza dubbio era un ottimo oratore. Da come lo raccontava lui, sembrava quasi che il suo progetto fosse qualcosa di ovvio, eppure, da quanto ne sapeva, dall'antichità in poi non vi erano più stati tentativi di emulare quel sistema.
D'accordo che la storia umana non brillasse certo per l'amore incondizionato che riponeva nella sovranità popolare, ma quantomeno dopo il secondo dopoguerra, qualcuno avrebbe almeno dovuto avanzare delle proposte. Invece, niente. Tabula rasa. O forse era solo lui ad essere ignorante.
''Polis greche a parte, è possibile che a nessuno sia mai venuto in mente di fare una cosa simile?'' chiese dando voce ai propri dubbi.
''La Svizzera è senza dubbio il paese che ci si avvicina di più'' lo informò Campbell, ''ma la loro è una democrazia semi-diretta. Anche se svolgono molti più referendum di chiunque altro, resta il parlamento quello che prende la maggior parte delle decisioni. A Free World non ci saranno parlamenti, né parlamentari''
''Free World?''
Campbell levò gli occhi al cielo.
''Lo so, suona tanto guerra fredda'' ammise imbarazzato, ''ma ne ho discusso con i miei amici e ci sembrava il nome più adatto''
''Però, un presidente ci sarà''
''Si terrà l'elezione per decidere chi sarà presidente, sì'' confermò Campbell quasi a malincuore, ''tuttavia, nei fatti si tratterà di un ruolo perlopiù simbolico. Non avrà modo di influire nella gestione della città, e il suo voto conterà esattamente come quello di tutti gli altri cittadini. Le mansioni di sua competenza si limiteranno alla politica estera e a rappresentare il paese durante i vertici internazionali o all'ONU''
''E a te piacerebbe farlo?'' gli chiese Alessandro, scoccandogli uno sguardo pieno zeppo di sottintesi.
La battuta strappò a Campbell un sorriso.
''Ti ho già parlato dell'allergia che nutro per gli incarichi istituzionali'' gli ricordò tranquillo, ''però, in questo caso, ammetto che sarei tentato di fare un'eccezione. Se i ruoli di fondatore e presidente coincidessero, molte cose sarebbero più semplici, e la prospettiva di potermi togliere qualche sassolino dalla scarpa, parlando alla pari con tipi come Viktor, è terribilmente stuzzicante''.
Notando che l'espressione ironica sul volto di Alessandro non si decideva a dileguarsi, Campbell parve rendersi conto di essersi lasciato troppo trasportare, e allora alzò le mani in un gesto chiarificatore.
''A patto di essere eletto, ovviamente, altrimenti ci penserà qualcun altro. Nessuno è indispensabile''
''Per costruire una città serve molto spazio'' gli ricordò Alessandro tornando serio, ''e non credo che ci sia qualche paese disposto a concedertelo se gli dici di volerci fondare sopra uno stato autonomo''
''Quello in effetti è il punto più dolente'' confessò Campbell massaggiandosi il retro del collo. ''Attualmente siamo in trattativa col Messico per qualche centinaio di chilometri quadrati nel deserto del Chihuahua, ma le resistenze nel parlamento sono parecchie. Nonostante si tratti di terreni disabitati privi di risorse, la cessione di sovranità è sempre una faccenda spinosa''
''Mentre i soldi, suppongo non siano un problema'' scherzò Alessandro.
''Gli investitori disposti a metterci i capitali li ho trovati, sta tranquillo'' lo rassicurò Campbell.
Gli occhi di Alessandri si fecero enormi.
''Non li metti tu?'' chiese scandalizzato.
Campbell lo guardò come se l'avesse appena scambiato per la Federal Reserve.
''Devo gestire migliaia di sedi sparpagliate in centocinquanta paesi'' obiettò paziente, ''se dovessi prendere i soldi da lì non potrei più pagare il personale e i costi di mantenimento delle strutture. Tengo moltissimo a questo progetto, ma non mi posso permettere di lasciare la gente a spasso''
''Ma di sicuro avrai messo da parte qualcosa'' insistette Alessandro, sempre più incredulo.
''Il 90% di quello che ho ricavato vendendo la Conall l'ho usato per dare vita a The Last will be First e mantenerla attiva'' spiegò Campbell, ''mentre un altro 9,9% è legato ad un fondo di investimento, il cui ricavato viene interamente devoluto alla fondazione. In caso di emergenza sono in grado di liquidarne una parte in anticipo, ma se posso cerco di evitarlo. La prima volta in cui sono stato costretto a farlo è andata bene''.
Fece una smorfia al ricordo di un evento spiacevole.
''La seconda, molto meno'' ammise mesto.
''E lo 0,1% che avanza?'' indagò Alessandro.
Le labbra di Campbell si curvarono in un largo sorriso, che a lui ricordava moltissimo quello di un bambino intento a sgraffignare dolciumi.
''È il mio fondo egoista''.
Alessandro batté le palpebre, ma non disse nulla, permettendo a Campbell di proseguire.
''Detesto sprecare il denaro in cose inutili, se posso evitarlo, ma non sono un'asceta, e quando io e Rebecca non ci saremo più, voglio che i miei figli, i loro figli, e i figli dei loro figli, possano vivere al riparo da qualsiasi preoccupazione economica''.
La sua espressione si fece improvvisamente cupa.
''Libero di darmi dell'ipocrita, se preferisci, però anch'io ho le mie debolezze''
Anche senza considerare il fatto, che dare dell'avido a qualcuno che aveva donato la quasi totalità della sua fortuna solo per aiutare gli altri rasentava il delirio, in quel momento Alessandro era troppo impegnato a vagare con la mente per accusare Campbell di alcunché. Al pensiero della sacca di contanti, che aveva lasciato in pegno alla famiglia prima di partire, si sentì stringere il cuore in una morsa. Altro che ipocrita, in realtà lo capiva fin troppo.
''Voler provvedere ai propri cari non è una debolezza'' ribatté con decisione.
Piacevolmente sorpreso da quella risposta, l'ombra di un sorriso tornò ad affiorare sul volto di Campbell.
''Ti ringrazio per la comprensione''.
Alessandro avvicinò leggermente la sedia al tavolo.
''Spiegami una cosa''. Intrecciò le dita sulla tovaglia mentre Campbell restava in attesa, scrutandolo con evidente interesse. ''Perché mi stai dicendo tutto questo? Anche se faccio il tifo per te, ormai avrai capito da solo che il mio aiuto non può andare oltre il semplice supporto morale''
''Te l'ho già detto, volevo conoscerti'' rispose Campbell con semplicità. ''Mi piace incontrare persone che si battono per quello in cui credono, anche se hanno idee diverse dalle mie. Lo trovo stimolante e si impara sempre qualcosa di nuovo''.
Ridacchiò tra sé e sé.
''E poi, considerando che siedi praticamente attaccato a Guendalina dentro l'aula dell'Assemblea, Taniguchi avrebbe sicuramente fatto harakiri nel caso non avessi almeno tentato di procurarmi il tuo autografo''
''Tutto qui?'' domandò Alessandro sorpreso.
''Tutto qui'' confermò Campbell tranquillo. ''O forse preferivi la lista di morte e il relativo compenso? La valigia coi milioni in contanti la tiene Taniguchi''. Accennò col capo verso l'ingresso del ristorante. ''Se vuoi lo chiamo e te la mostra''
Entrambi risero, e non avevano ancora smesso quando arrivò Freddy a ritirare il vassoio.
''Il signore ha finito?'' domandò cortese ad Alessandro.
Sull'asse circolare di formaggio non ce n'era più traccia, anche se rimaneva ancora un cracker e un po' di confettura di zucca. Non volendo venir meno alla sua reputazione, Alessandro afferrò la galletta, e usandola come un cucchiaio, raccolse il resto della crema color arancio prima di schiaffarsela in bocca.
''Oba si''.
Freddy sorrise ammirato e ritirò il tagliere, ma Campbell attirò la sua attenzione mentre Alessandro stava ancora masticando.
''Freddy, il conto è già pronto?''
''Se vuole glielo faccio preparare subito'' propose lui affabile.
''Fa pure con calma'' lo rassicurò Campbell.
Cogliendo il significato nascosto dietro quelle parole, il cameriere gli rivolse un sorriso.
''Ma certamente''.
Se n'era appena andato, quando un'ombra calò sul viso di Alessandro, che dopo ancora qualche attimo di incertezza, ruppe il silenzio.
''Senti, mi dispiace molto doverlo fare'' esordì tormentandosi le mani, ''specie dopo il banchetto e il tavolo, ma...''.
Lo sforzo necessario per completare la frase gli provocò una smorfia involontaria.
''Ti posso chiedere un favore?''
''Attento, così mi scandalizzo'' lo rimproverò Campbell fingendosi offeso, ''sei troppo spigliato''
''Non è per me'' premise Alessandro, ignorando la battuta, ''è per un'altra persona. Una persona che ha bisogno d'aiuto. Forse la tua fondazione può fare qualcosa''
A quelle parole Campbell smise di sorridere e la sua espressione si fece seria.
''Qual è il suo nome?'' chiese secco.
''Chandra Akter''
''Dove si trova?''
''A Dubai'' rivelò Alessandro.
Le sopracciglia di Campbell si inarcarono pressoché all'istante, ma Alessandro proseguì prima che potesse interromperlo con qualche domanda a cui avrebbe preferito non rispondere.
''È una donna molto gentile, che ha perso praticamente tutto. Non ha più un marito, per colpa dei bombardamenti è diventata invalida, e uno dei suoi due figli...''.
Abbassò lo sguardo.
''È morto anche lui poco prima che finisse la guerra'' rivelò mesto. ''So che laggiù c'è sicuramente tanta gente che soffre e ha sofferto altrettanto, ma mi piacerebbe che avesse qualcosa. Un aiuto extra''.
Non sapendo se stesse osando troppo, Alessandro tornò ad incrociare lo sguardo con Campbell, che però si limitò a scrutarlo in silenzio, dandogli l'opportunità di continuare.
''Io non ho denaro. In realtà, non posso nemmeno permettermi nulla di quello che sto mangiando, però...''
''Non aggiungere altro'' lo interruppe Campbell.
Alessandro lo fissò con uno sguardo intriso di paura e speranza, a cui Thomas non tardò a rispondere.
''Abbiamo perso i contatti con la sede di Dubai dopo che questa è stata distrutta, ma ora che le ostilità sono cessate la stiamo ricostruendo, e nel frattempo facciamo arrivare aiuti da Abu Dhabi. Purtroppo la situazione è ancora parecchio incasinata, e ci vorrà del tempo prima di far tornare tutto alla normalità, tuttavia...''.
Sorrise.
''L'aiuterò'' promise risoluto, ''se si trova ancora lì e riesco a rintracciarla, farò come chiedi''
Prima ancora di dar voce ai suoi pensieri, Alessandro abbassò gli occhi sulla tovaglia ed emise un lungo sospiro.
''Grazie'' disse riconoscente, ''grazie mille''
''Finché si tratta di aiutare chi ne ha bisogno non mi devi ringraziare'' lo rassicurò Campbell, ''ma giusto per curiosità, perché l'hai chiesto proprio a me?''
Sorrise compiaciuto.
''È vero che tra la fondazione e tutto il resto mi sono fatto una certa nomea, però sono sicuro che, se avessi domandato la stessa cosa a chiunque altro con il potere di intervenire, l'avrebbe fatto senza problemi''
''Non voglio essere in debito con nessuno'' sibilò acido Alessandro, ''specie con certa gente''.
Come se un'entità invisibile l'avesse ricondotto a più miti consigli sussurrandogli all'orecchio, ogni traccia di acredine abbandonò improvvisamente sia il suo volto che in tono in cui si esprimeva.
''Ma con te sono disposto a fare un'eccezione''
''E come mai?'' chiese Campbell senza nascondere la curiosità.
Staccando gli occhi dalla tovaglia, Alessandro rialzò la testa ed incrociò lo sguardo con lui.
''Perché so che tu sei una brava persona''.
Mantenendo la stessa espressione che aveva esibito fino a pochi istanti prima, Campbell sostenne il suo sguardo senza dire nulla, e dopo ancora qualche attimo di silenziosa attesa, interruppe bruscamente il contatto. Forse non aveva visto bene, ma per una frazione di secondo, ad Alessandro era parso di scorgere un sorriso affiorargli sulle labbra.
''Ho sentito che sei alloggiato all'Horizon'' disse a bruciapelo, al termine di quella breve pausa. ''Ti trovi bene?''
Quel repentino cambio d'argomento lo spiazzò, anche se Alessandro riuscì a riprendersi in fretta.
''È una suite molto elegante'' confessò un po' a disagio, ''forse anche troppo in effetti. Comunque sia, non credo che ci rimarrò ancora molto''
Un'inequivocabile apprensione si fece largo sul volto di Campbell.
''Sta tranquillo, non farò cazzate'' lo rassicurò Alessandro intuendo i suoi pensieri, ''ma anche senza tirare in ballo il club del bottone rosso, i posti dove intervenire non mancano di certo. Mi serve solo qualche giorno per capire da dove sia meglio iniziare. Poi partirò''
''Per realizzare quel che hai in mente tu saranno necessari anni, forse decenni'' gli fece notare Campbell, ''e se tocchi certi interessi, non è affatto detto che qui sarai sempre il benvenuto''
''L'ho già messo in conto'' disse Alessandro con aria noncurante.
''Come farai con gli alloggi e il cibo?''
''Come ho fatto finora'' rispose Alessandro con semplicità, ''vivrò la giornata''
La sorpresa sul viso di Campbell lo spinse a proseguire.
''Quando ho scelto questa vita sapevo cosa mi aspettava. Non mi tirerò indietro solo perché non potrò più alloggiare in un hotel col servizio in camera''. Batté l'indice contro il tavolo. ''Porterò questa cosa fino in fondo. Fino a quando non sarà finita. Anche a costo di metterci cento anni''.
Il suo cipiglio risoluto svanì all'improvviso, mentre scoppiava in una risata soffocata a stento.
''Quel che si dice, cambiare il mondo un passo alla volta, eh?''
Campbell sorrise.
''Un sacrificio notevole'' commentò ammirato.
''I sacrifici veri sono altri'' ribatté Alessandro, ''e poi, non è affatto detto che sia tutto uno strazio. Questo pranzo, per esempio, è stata una piacevolissima parentesi''
''Spero di potertene offrire anche altri'' disse Campbell affabile.
Alessandro scrollò le spalle.
''Chi lo sa? Forse in futuro ci rincontreremo ancora. Magari in quella città di cui mi parlavi''
Per l'ennesima volta Campbell non rispose subito, preferendo restarsene in silenzio per un po', come se fosse assorto nei suoi pensieri.
''Resterai ancora qualche giorno, giusto?''
''Ho detto questo'' confermò Alessandro.
''Beh, probabilmente non sarà una cucina a tre stelle Michelin'' ammise Campbell in tono vago, ''e il servizio in camera non è compreso, però...''
Si spinse gli occhiali sul naso.
''Se mai ne avessi bisogno, nel mio attico c'è molto spazio''.
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