Capitolo 40 - Seguire le tracce
Una delle molte gocce di sudore che imperlavano la fronte di Jamal scivolò lungo il viso del ragazzo, e dopo aver raggiunto il mento ricadde sulla sua t-shirt color kaki. Aveva il respiro affannoso e i suoi occhi spalancati erano puntati in avanti, verso il paio di pinze che si stavano avvicinando minacciose alla sua mano sinistra.
Essendo rimasta integra solamente l'unghia del mignolo non vi erano dubbi in merito a dove le tenaglie sarebbero andate a stringersi. Quando Idris gli afferrò il polso con una mano mentre con l'altra serrava la presa sull'estremità dell'unghia, Jamal non poté far altro che adottare la stessa tattica utilizzata fino ad allora; mordersi il labbro e pensare a qualcosa di piacevole, nella speranza che ciò lo aiutasse a sentire meno il dolore.
Lo strappo fu lento e come al solito mise seriamente alla prova la sua sanità mentale. Si trattava di un dolore atroce, straziante, semplicemente incommensurabile. Un supplizio che non avrebbe augurato neppure al suo peggior nemico per quanto risultava crudele. Quando finalmente l'unghia venne via, Jamal gridò con la bocca chiusa e i suoi occhi si fecero lucidi.
Rimirata per un istante l'unghia appena strappata, Idris la lasciò cadere insieme alle altre nel piattino tesogli dal compagno che lo stava assistendo, e poi tornò a concentrarsi su Jamal.
Dato che le spesse tende scure erano tirate, l'unica fonte di luce all'interno della stanza proveniva dalla torcia elettrica appoggiata su un piccolo scrittoio di legno poco distante. In origine doveva essere stato un hotel di almeno tre stelle, ma adesso che era occupato dai soldati di Dahir sembrava di trovarsi dentro ad uno squallido motel di terza categoria.
Nonostante non fosse più presente il letto matrimoniale, di cui restava solo l'impronta sul pavimento, la camera era di dimensioni estremamente contenute, oltre a versare in uno stato pietoso. Le pareti si presentavano sporche e coperte di ragnatele agli angoli, uno spesso strato di polvere ricopriva i pochi mobili presenti, la moquette era sudicia, mentre l'aria puzzava di chiuso e abbandono.
Volendo guardare Jamal negli occhi, Idris lo costrinse a sollevare la testa spingendo le pinze contro la sua fronte.
Era un giovane di appena vent'anni, dai capelli ricci molto corti e i baffi appena accennati. Oltre alla t-shirt color kaki indossava solamente i pantaloni mimetici. In confronto a lui, i due uomini con cui condivideva la stanza davano l'impressione di essere decisamente più sani. Di sicuro, erano meglio nutriti.
''E così siamo a dieci'' annunciò Idris, scoccandogli un sorrisetto beffardo. ''Vuoi deciderti a parlare oppure preferisci che proseguiamo con i piedi?''
Ritrasse le pinze di scatto e la testa di Jamal tornò a ciondolare verso il basso. Per un po' il ragazzo si limitò a fissare la moquette sotto i suoi piedi, ma non appena trovò la forza di rialzare lo sguardo, la sua espressione era una maschera di odio.
''Siete soltanto degli stupidi stronzi'' sibilò sprezzante. ''Come accidenti posso dirvi qualcosa che non so?!''
Era assolutamente vero e da quando era stato catturato doveva averlo ripetuto almeno un centinaio di volte, ma per qualche ragione che lui poteva solo immaginare, nessuno gli voleva credere.
Il cazzotto che lo raggiunse allo stomaco gli fece capire di essersi spinto troppo oltre, ed essendo legato per i polsi e le caviglie non poté far nulla per evitare di finire gambe all'aria con tutta la sedia.
Warsame, il corpulento assistente di Idris autore del pugno, lo rimise bruscamente in piedi così da consentire il proseguimento dell'interrogatorio. Jamal dubitava di poter resistere ancora a lungo nel caso avessero proseguito così. Oltre al bruciore insopportabile all'estremità delle dita, adesso si era aggiunta pure la fitta alla pancia.
''Attento, le parole sono pietre'' lo avvertì Idris in tono strafottente.
E per sottolineare maggiormente il concetto fece scattare le tenaglie davanti alla faccia del ragazzo. Pur essendo sconvolto dal dolore e dalla collera, Jamal si limitò ad emettere un profondo sospiro. In quella situazione non poteva permettersi di lasciarsi sopraffare dalla rabbia.
''Non so dove sia quella maledetta base'' ripeté a denti stretti. ''Quante volte ve lo devo dire?! Anche strapparmi tutte le unghie non cambierà le cose!''
Idris si curvò su di lui e dopo avergli afferrato saldamente la mano sinistra, serrò le pinze attorno all'estremità del suo dito indice. Colto alla sprovvista Jamal cacciò un urlo.
''Dicci allora quali sono i vostri piani per la difesa di Dooxada'' lo incalzò spazientito Idris, fissandolo negli occhi.
''Ma come faccio a saperlo?'' bofonchiò Jamal con voce tremante. ''La mia squadra era stanziata ad Isha non a Dooxada''
''Però ci stavate andando'' gli fece notare Idris.
La pressione sul dito di Jamal aumentò. Il ragazzo vedeva le stelle.
''E quindi la dovrei conoscere a menadito?!'' ribatté ansante. ''Non sono nemmeno mai stato in quella città!''
Era chiaro che non fosse la risposta che Idris sperasse di sentire. La sua espressione si fece torva.
''Non sai dove sia la vostra base principale nel Sanaag, non conosci quali siano le difese a Dooxada, e nemmeno se Geesi stia ancora al quartier generale ad Hargheisa'' sintetizzò gelido. ''Ho conosciuto capre che sapevano fornire molte più informazioni''
Strinse ancora più forte con le pinze sul letto dell'unghia e Jamal svuotò i polmoni in un lungo straziante grido. Quando finalmente lo lasciò andare, il ragazzo ci mise parecchi secondi per riprendersi, anche se il suo respiro rimase comunque affannoso, come se fosse reduce da una lunga corsa.
''Sono solo un semplice caporale'' confessò tenendo gli occhi bassi. ''Quello che sapeva queste cose era il sergente. Non è colpa mia se l'avete fatto saltare in aria!''
Idris si limitò a scrutarlo in silenzio, finché il respiro di Jamal non fu tornato ad una parvenza di normalità. A quel punto gettò la pinza sullo scrittorio.
''Magari le unghie non sono abbastanza'' ipotizzò simulando incertezza. ''Forse hai soltanto bisogno di un incentivo maggiore''
Estrasse un grosso coltello dal fodero che portava alla cintura e cominciò ad avvicinarlo alla faccia del ragazzo.
''Non servirebbe a niente!'' strillò Jamal cercando di allontanare il volto dalla punta della lama. ''Ti ho detto che non lo so!''
''È inutile Idris'' disse Warsame pulendosi le mani su uno strofinaccio. ''Tanto questo non sa un cazzo''. E gettò il canovaccio sporco di sangue sullo scrittoio.
Quando ormai il coltello si trovava a pochi centimetri dal naso di Jamal, Idris ritrasse il coltello e scrollò le spalle.
''Beh, se non sa un cazzo, allora è inutile lasciarglielo'' concluse in tono noncurante.
Jamal sgranò gli occhi per il terrore.
''Devi proprio farlo davanti a me?'' domandò acido Warsame. ''Per una volta tanto non puoi sparargli e basta?''
''Se non ti va di assistere puoi anche uscire'' obiettò tranquillo Idris.
Warsame roteò gli occhi e sospirò.
''Tu hai problemi con quella testa'' commentò scuotendo il capo.
Quando Warsame uscì dalla stanza la luce che illuminava il corridoio accecò Jamal. Dopo oltre due giorni di prigionia i suoi occhi si erano ormai talmente abituati alla penombra, che persino quel semplice bagliore lo costrinse a chiuderli. Solo dopo che ebbe sentito la porta chiudersi alle spalle del soldato, il ragazzo si azzardò a sollevare le palpebre.
''Allora, dov'è che eravamo rimasti?'' chiese pensieroso Idris, mentre agitava il coltello a mezz'aria con aria pensierosa. ''Ah, già''
E puntò la lama del coltello in direzione dell'inguine di Jamal. Preso dal panico il ragazzo incominciò ad agitarsi sulla sedia nel disperato tentativo di liberarsi.
''Non so niente!'' urlò in preda al panico. ''Lo giuro su Allah!''
''Lo so'' ammise beffardo Idris, ''ma non ti rammaricare troppo, l'avrei fatto comunque''. Increspò le labbra in un ghigno perfido. ''Adoro vedere come vi dissanguate urlando''
''No, no, ti supplico!'' strillò Jamal, cercando di allontanare la sedia facendola rimbalzare sulla moquette.
Per bloccarlo Idris gli strinse la clavicola in una morsa talmente salda che riuscì a strappargli un gemito, e a quel punto alzò il braccio, pronto a calare il lungo coltello. Jamal chiuse gli occhi e strinse i denti, pregando di morire in fretta.
Una breve successione di colpi secchi bloccò il braccio di Idris a mezz'aria. Qualcuno stava bussando alla porta.
''Che c'è?'' chiese Idris voltandosi, il coltello ancora levato.
Nessuno rispose, ma dietro la porta si sentì bussare ancora.
''Che c'è, hai cambiato idea?'' domandò ironico Idris. ''Avanti, entra''
La porta non si aprì e nella stanza calò il silenzio. Idris sbuffò, chiaramente spazientito.
''E poi sarei io quello con la testa strana'' sbottò irritato.
Ripose il coltello nel fodero appeso alla cintura e andò ad aprire la porta. La luce proveniente dal corridoio investì Jamal in pieno volto, obbligandolo ad abbassare la testa serrando le palpebre.
''Allora, si può sapere che...''
La voce di Idris si spense all'improvviso e un istante dopo un tonfo sordo riecheggiò per la stanza. Incuriosito dal rumore inatteso Jamal si sforzò di aprire gli occhi, e quando finalmente ci fu riuscito la prima cosa che vide fu il corpo steso a terra ad appena un metro dai suoi piedi.
Idris fissava il soffitto con sguardo vacuo, anche se in realtà non poteva più vederlo. Il foro aperto al centro della sua fronte lasciava ben pochi dubbi in merito a quale fosse la condizione in cui versava. Era morto.
Sconvolto da quanto appena visto, Jamal provò subito a rivolgere lo sguardo verso la porta, ma la luce gli impedì di tenere gli occhi aperti per più di una frazione di secondo. In quel brevissimo lasso temporale l'unica cosa che riuscì a scorgere fu la sagoma di un uomo dalla stazza impressionante, che in piedi di fronte all'ingresso sembrava puntare l'indice davanti a sé, come se stesse indicando qualcuno all'interno della stanza.
Bruciando di curiosità e apprensione il ragazzo dischiuse le palpebre quel tanto che bastava da poter osservare di nuovo la misteriosa figura. Con sua enorme sorpresa però, questa volta vide qualcosa di profondamente diverso.
L'uomo c'era ancora, però non era così alto come aveva creduto inizialmente, e il braccio che prima puntava in avanti adesso ricadeva lungo il fianco, proprio accanto alla fondina che portava appesa alla cintura.
Non aveva la più pallida idea di chi fosse, l'unica cosa certa era che lo avesse appena salvato da un destino orribile. Tuttavia, quando scorse quella sagoma scura venirgli incontro, i nervi ancora sovraeccitati per lo shock gli fecero tremare i muscoli in maniera incontrollabile, e quando poi lo sconosciuto lo ebbe raggiunto, abbassò la testa e chiuse completamente gli occhi.
''Tranquillo, ora è tutto finito'' lo rassicurò in inglese una profonda voce maschile. ''So che non capisci una parola di quello che dico, ma cerca di non fare sciocchezze quando ti libero, ok?''
Jamal però capì perfettamente quello che diceva. Forse a parlarlo non era esattamente il massimo, ma l'inglese lo conosceva abbastanza da riuscire a comprendere una frase come quella senza alcuna difficoltà.
''Ma io capire'' confessò riaprendo gli occhi.
La luce lo abbagliò ancora, ma adesso riusciva a tollerarla abbastanza da non dover ridurre gli occhi a fessure. Il volto dello sconosciuto, appartenente ad un trentenne dalla pelle chiara e i corti capelli neri, si trovava ad appena un paio di spanne dal suo. L'espressione che aveva in faccia era di assoluta incredulità.
''Tu parli inglese?'' chiese stupito.
''Sì, io parlo'' confermò Jamal annuendo.
Lo sconosciuto lo fissò con gli occhi sgranati, come se non credesse al colpo di fortuna di cui era appena stato testimone.
''Bene, allora mi puoi aiutare'' commentò in un tono che lasciava trapelare una palese eccitazione.
Gli afferrò il braccio, e con sommo stupore di Jamal, lo aiutò a rialzarsi. Nonostante non se ne fosse nemmeno accorto, le fascette di plastica che lo tenevano legato alla sedia erano state tagliate. Pur essendo colpito dalla cosa, dato che non scorse nessun coltello appeso alla cintura dello sconosciuto, il ragazzo decise di concentrarsi unicamente sulla questione principale.
''A fare cosa?'' chiese massaggiandosi i polsi doloranti.
''A trovare Dahir'' rispose subito lo sconosciuto.
''Perché?''
Lo sconosciuto aggrottò la fronte.
''Per far finire la guerra, mi pare ovvio'' rivelò scrollando le spalle.
Jamal non avrebbe potuto essere più scioccato.
E quindi quell'uomo voleva uccidere Dahir. Ma come sperava di riuscirci? E soprattutto, perché voleva farlo? Che fosse anche lui un affiliato dello SMUR?
Ma allora perché non indossava l'uniforme? D'altronde, la maglietta nera senza maniche che aveva addosso non faceva certamente parte della divisa.
Magari si trattava di un mercenario. Anzi, l'ipotesi era estremamente probabile. Altrimenti perché mai un gaal avrebbe dovuto trovarsi lì? Dall'inizio della guerra, gli stranieri che Jamal aveva incrociato sulla sua strada si contavano agevolmente sulle dita di una mano.
''Chi sei tu?'' domandò cauto.
''Uno che vuole aiutarvi'' rispose con semplicità lo sconosciuto.
Ecco, adesso ne aveva la conferma. Come si era immaginato quel gaal lavorava per lo SMUR. Perlomeno, finché avrebbero continuato a pagarlo.
''Mercenario'' concluse con una minuscola sfumatura di delusione nella voce. ''Con quale battaglione...''
''Non sono un mercenario e non sto con nessun battaglione'' lo interruppe bruscamente lo sconosciuto. ''Diciamo... diciamo che sono un semplice simpatizzante della vostra causa''
Sopraffatto da un misto di euforia e meraviglia, Jamal piegò le labbra in un largo sorriso.
''Io contento di questo'' confessò gioviale, prima che un'ombra calasse sul suo viso, ''ma non so dove è Dahir. Sono mesi che cerchiamo di capire dove sta, però è molto difficile. Lui sposta spesso ed è molto attento''
Lo sconosciuto annuì, anche se era chiaro che fosse deluso.
''Capisco''
Un'illuminazione improvvisa risvegliò l'entusiasmo di Jamal.
''Ma forse qua dentro ci sono informazioni per trovarlo'' ipotizzò con aria determinata. ''Io posso aiutare''
Aveva fatto centro. Il bagliore che vide accendersi negli occhi dello sconosciuto brillava di un genuino interesse.
''Te ne sarei estremamente grato''
''Tu salvato mia vita'' gli ricordò Jamal, mentre con la mano destra si toccava l'inguine, ''e mia virilità. Sono io in debito. Debito per sempre''
''Aiutami a trovare Dahir e il debito sarà saldato'' promise lo sconosciuto incrociando il suo sguardo.
Jamal fece di sì con la testa.
''Ok''. E gettando un'ultima occhiata al cadavere di Idris mentre ci passava accanto, Jamal abbandonò la stanza insieme allo sconosciuto.
Nonostante la luce non fosse più così forte adesso che aveva cominciato ad abituarcisi, tenere gli occhi completamente aperti risultava una sfida che non si sentiva ancora pronto ad affrontare. Tuttavia, anche con le palpebre socchiuse, non ebbe problemi a scorgere la sagoma scura, che notò con la coda dell'occhio non appena fu uscito dalla porta.
Sobbalzando per lo spavento Jamal si voltò di scatto verso sinistra, soltanto per scoprire che quella che aveva creduto una minaccia in realtà non era più.
Il corpo senza vita di Warsame giaceva sul pavimento con la schiena appoggiata alla parete del corridoio, gli occhi spalancati e un'espressione di sorpresa stampata in faccia. Proprio come Idris anche lui aveva un foro al centro della fronte, da cui sgorgava un sottile rigolo di sangue.
''Tutto bene?'' chiese lo sconosciuto, mentre Jamal era ancora impegnato a scrutare il cadavere del soldato.
Il ragazzo si girò verso di lui e annuì.
''Sì''
''Da questa parte'' disse lo sconosciuto, rivolgendo un cenno del capo verso la parte destra del corridoio. ''C'è una cosa che ti devo mostrare''
Jamal gli andò dietro senza fare domande. Essendo sprovvisto di scarpe o calze, camminava a piedi nudi, ma per fortuna la moquette soffice non rendeva l'esperienza spiacevole. Il problema si sarebbe ripresentato al momento di uscire. Chissà che fine avevano fatto i suoi scarponi?
''Quelle ferite che hai alle dita sono parecchio brutte'' notò lo sconosciuto riferendosi alle unghie strappate. ''Vuoi che cerchiamo una valigetta del pronto soccorso?''
''Grazie, ma posso resistere'' lo rassicurò Jamal. ''Mi farò curare a Dooxada''
''Come preferisci''
Passarono di fronte ad una camera con la porta aperta e Jamal fece in tempo a scorgere un letto dalle lenzuola sfatte ingombro di diverse scatole di metallo. Al pensiero della quantità di munizioni che doveva contenere si sentì pervadere dalla tristezza. Chissà cosa sarebbe accaduto se tre giorni prima avesse avuto quelle scatole a portata. Forse i suoi compagni avrebbero potuto salvarsi.
Volendo smettere di pensarci, decise di riavviare la conversazione appena interrotta.
''Mi chiamo Jamal'' rivelò a bruciapelo, ''e tu?''
''Kama'' rispose lo sconosciuto in tono noncurante.
Le sopracciglia di Jamal si sollevarono di qualche millimetro.
''Un bel nome''
''Grazie''. Giunsero ad un angolo e Kama gli fece cenno di svoltare. ''Da questa parte Jamal''
Il corridoio finiva poco più avanti, di fronte ad una grande porta di legno tenuta socchiusa. Precedendo il suo accompagnatore, Kama la spinse e varcò la soglia.
Una volta che l'ebbe oltrepassata anche lui, Jamal vide una piccola sala, che l'albergo doveva aver utilizzato in passato come area svago. C'era un biliardo e diversi tavolini per giocare a carte, oltre a qualche poltrona ed un paio di divani. La televisione appesa alla parete in fondo era ancora accesa e trasmetteva una partita di calcio raccontata da un commentatore arabo.
Ciò che saltava subito all'occhio però, non aveva niente a che fare con l'arredamento.
I corpi dei soldati di Dahir giacevano sparpagliati un po' ovunque per la sala. Uno stava disteso a terra davanti al tavolo da biliardo, mentre altri due erano crollati direttamente su quest'ultimo, le stecche ancora strette nelle mani. Il resto della squadra, una dozzina di uomini in tutto, si dividevano tra le poltrone, i divani e i tavolini da gioco, dove quattro militari sembravano essere crollati nel bel mezzo della partita a poker, spargendo carte e bottiglie di birra sul pavimento.
Da quello che poteva vedere sembravano spirati all'improvviso, come se l'angelo della morte fosse calato su di loro con la rapidità del vento, raccogliendo le loro anime in simultanea. L'immagine mentale dell'episodio fece correre un brivido gelido lungo la schiena di Jamal.
''Chi è stato?'' chiese sconvolto, tenendo gli occhi sempre fissi sulla scena.
Kama lo guardò sollevando un sopracciglio, ma quando capì che non stava scherzando la sua espressione si ridistese.
''Credo che l'ipotesi più probabile sia infarto'' rispose sarcastico, ''ma anche il diabete è una spiegazione plausibile''
''Dov'è tua squadra?'' lo incalzò Jamal, ignorando la battuta.
''Quale squadra?'' chiese perplesso Kama.
Gli occhi di Jamal sembravano uscire dalle orbite.
''Li hai uccisi solo?!''
''Si sono fatti cogliere alla sprovvista'' tagliò corto Kama. ''Coraggio, diamoci da fare''
Senza attendere un'eventuale replica, si mise a camminare attraverso la sala. Jamal lo seguì fino ad uno dei tavolini da gioco, a cui era seduto solo un ufficiale.
La sua fronte poggiava sul panno verde che sormontava il mobile, e come quasi tutti i presenti nella stanza era stato ucciso da un singolo colpo alla testa, solo che nel suo caso il proiettile sembrava essere giunto da dietro. Lo spruzzo di sangue, che lordava il tavolino e i fascicoli a cui stava lavorando al momento della morte, lo dimostrava chiaramente.
Kama raccolse il meno sporco e lo porse a Jamal. Nel momento in cui i suoi polpastrelli premettero sulla carta un dolore atroce gli trafisse le estremità delle dita, ma il ragazzo riuscì a resistere abbastanza a lungo da poggiare il fascicolo sul tavolino senza lasciarsi sfuggire neppure un gemito.
Mentre lo sfogliava il suo entusiasmo aumentò drasticamente, accrescendosi di pagina in pagina. Per ottenere informazioni di tale rilevanza i suoi superiori sarebbero stati ben felici di sacrificare almeno un battaglione.
''Ma questi...'' disse in un sussurro carico di eccitazione. ''Questi rapporti''
''Lo so'' confermò Kama. ''Il problema è che sono tutti in somalo e arabo. Io non ci capisco niente''
''Lascia pure a me, aiuto io'' lo rassicurò Jamal annuendo con vigore.
''Grazie''
Jamal andò avanti a sfogliare il fascicolo, e una volta che lo ebbe finito passò al secondo. Fu quando si trovò a metà del terzo che cominciò a sospettare di star seguendo la pista sbagliata. Quei rapporti contenevano senz'altro dati sensibili, ma nulla che interessasse al suo salvatore.
''Mi dispiace, ma qui scritte informazioni utili solo per noi esercito'' ammise in tono contrito, intanto che finiva di sfogliare il quarto rapporto. ''Parlano di strategie su abbattere difese Dooxada e punti deboli per attacco. Non dicono niente su posizione Dahir''
Anche se dalla sua reazione era intuibile una certa sfumatura di dispiacere, Kama si limitò ad infilare la mano nella tasca dei pantaloni per poi estrarne uno Smartphone.
''E questo ci potrebbe aiutare?'' chiese mostrando il cellulare a Jamal.
Intuendo che appartenesse all'ufficiale defunto, il ragazzo aprì le mani a coppa e se lo fece consegnare. Ciononostante, si guardò bene dal cantare vittoria fin da subito. Se fosse stata necessaria una password per accedervi infatti, quello Smartphone non si sarebbe dimostrato più utile dell'interrogare direttamente il soldato morto.
''Non lo so''.
Premette il pulsante di accensione e lo schermo si illuminò all'istante, mostrando il menu principale. Le labbra di Jamal si curvarono in un sorrisetto speranzoso.
''Forse''
Kama annuì in segno d'approvazione, ma già dopo pochi secondi dall'inizio dell'indagine Jamal si incupì.
''Oh''
''Cosa c'è?'' chiese Kama incuriosito.
''Tanti messaggi e mio arabo non molto buono'' confessò amareggiato. ''Credo mi ci vorrà un po' ''
''Fa pure con calma'' lo tranquillizzò Kama infilando le mani nelle tasche. ''Io ho tutta la notte''.
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