Capitolo 4 - Sorprese inaspettate
Il pixie femmina dai lunghi capelli blu elettrico continuò a tenere sollevata l'asse di legno finché il compagno, che al contrario sfoggiava una corta chioma arancio carico, non finì di attraversare lo stretto passaggio ostruito dalle travi di legno.
Una volta all'esterno del cunicolo i due si guardarono intorno, scoprendo di essere finiti all'interno di una dispensa umana.
Lattine di fagioli in scatola, bottiglie di salsa, confezioni di biscotti e barattoli colmi dei più svariati ingredienti, si alternavano davanti ai due minuscoli folletti, torreggiando sopra le loro teste come minacciosi grattacieli.
Servendosi della lampada ad olio sorretta dalla pixie femmina per illuminare il percorso, la coppia cominciò quindi ad avanzare cautamente in mezzo a quei giganteschi contenitori, finché non si ritrovò di fronte ad un gigantesco barattolo di latta avvolto da un'elegante etichetta illustrata a tema natalizio.
Giunti ai piedi del contenitore, il folletto maschio posizionò le mani a coppa attorno alla bocca e levò la testa verso l'alto.
''Allora?'' gridò a pieni polmoni.
''Siamo ricchi ragazzi!'' rispose una voce che sembrava provenire dall'interno del barattolo. ''Qua dentro è così pieno di sugar plums che non ci bastano i sacchi!''
''Per fortuna dovevamo essere discreti!'' sbottò una seconda voce non troppo distante.
Tempo pochi secondi e la luce di una lanterna illuminò la sommità del contenitore, mentre un pixie dai capelli verde smeraldo faceva capolino oltre il bordo.
''Ve la siete presa comoda, eh?'' chiese sfoggiando un ghigno beffardo.
''Abbiamo avuto da fare'' rispose la pixie femmina. E per giustificare quell'affermazione gli mostrò la spilla color argento che conservava dentro lo zaino.
''Carina'' commentò il pixie dai capelli smeraldini. ''Coraggio voi due, salite a darci una mano''
Diede un calcio alla matassa appoggiata sul bordo del barattolo, facendo così srotolare fino a terra una lunga corda di fili intrecciati.
Il folletto maschio salì per primo, ma non appena la sua compagna ebbe afferrato la corda tutto si fece improvvisamente nero, e a quel punto partì una breve sequenza di clip particolarmente spettacolari, in cui scene di gameplay si alternavano a spezzoni di filmati dallo stile cinematografico.
La comparsa al centro del display del logo di The Hidden Kingdom segnò la fine della carrellata, al termine della quale Marco uscì dalla modalità a schermo intero per tornare alla home di YouTube.
''Bello'' ammise Alessandro, mentre faceva di sì con la testa. ''Molto bello''
''Se vuoi lo possiamo provare insieme'' gli propose Marco. ''Dico a mamma di lasciarti venire questo week-end e ci facciamo una partita''
''Grazie, ma credo che mi accontenterò di guardare il gameplay'' disse Alessandro accavallando le gambe sulla panchina. ''Giocarci mi farebbe solo venire voglia di comprarlo''
''E anche fosse?'' ribatté Marco in tono pratico. ''Se lo vuoi, compratelo''
Alessandro rise.
''Ottima idea'' commentò divertito. ''Così butto via la paghetta di due mesi per godermi la lucentezza della copertina''
''Potresti prenderne una usata'' ipotizzò Marco.
''L'ultimo curry di mamma era alle bucce di banana'' gli confessò Alessandro.
Al termine di quella rivelazione calò un silenzio imbarazzante, che si protrasse per diversi secondi prima che Marco riuscisse a trovare il coraggio d'infrangerlo.
''Almeno era buono?''
''Sì, non era male'' rispose Alessandro con semplicità.
Per caso l'occhio gli cadde sul display dello Smartphone di Marco, e a quel punto non poté fare a meno di notare come tra i video che comparivano nella lista dei preferiti, ce ne fossero molti inerenti viaggi in bici ripresi tramite videocamere indossabili.
''Cosa sono questi?'' chiese Alessandro, indicandogli una finestra intitolata: La Via Francigena: Da Pavia a Roma con la scatto fisso.
''Oh, niente'' tagliò corto Marco rimettendo in tasca il cellulare, 'era solo un'idea stupida''
''No, dimmi, invece'' insistette Alessandro. ''Che avevi in mente?''
Marco incrociò il suo sguardo, come se si volesse sincerare che nello sguardo dell'amico non fosse presente alcuna traccia di ironia o sarcasmo, e solo quando ne ebbe la ragionevole certezza decise di parlare liberamente.
''Beh, ecco...'' farfugliò incerto. ''Pensavo che una volta preso il diploma mi sarebbe piaciuto fare un viaggio. Niente macchina o autostop, solo bici. In questo modo si apprezza molto di più il paesaggio''
''E volevi andare fino a Roma?'' domandò Alessandro con una punta di sorpresa.
Marco parve incupirsi.
''Dici che ho esagerato come prima esperienza?'' chiese preoccupato.
''Non lo so, credo di no, ma...''. Si strinse nelle spalle con aria impotente. ''Senti, io con la bici al massimo vado al parco di Monza'' confessò imbarazzato. ''Da qui a Roma quanti saranno, seicento chilometri?''
''Seicentocinquantaquattro'' precisò Marco.
''Ecco, appunto'' confermò Alessandro. ''Come vedi è un po' difficile fare paragoni''
Prima di parlare ancora, Marco lasciò trascorrere qualche secondo.
''Ti piacerebbe venire?'' chiese cauto.
''A Roma?''
''Sì, dopo il diploma''
Alessandro sospirò.
''Dipende da come vanno gli esami'' rispose ironico. ''Se non vengo ammesso, giuro che farò a gara con te su chi arriva prima''
''E se passi?'' gli domandò Marco scoccandogli un sorriso incoraggiante.
Sul volto di Alessandro calò un'ombra.
''Ci credi se ti dico che non so cosa fare dopo?'' disse alla fine.
''La Cominetti ti ha consigliato di prendere la laurea in storia'' gli ricordò Marco.
''Entrerò all'università senza uscirne più'' gemette Alessandro passandosi una mano sulla faccia. ''E se non mi assumono loro, sarò un disoccupato a vita''
''Potresti sempre tentare con la politica'' aggiunse Marco.
Alessandro lo guardò come se gli avesse appena proposto di buttarsi da un aereo in volo sprovvisto di paracadute.
''Sei pazzo?'' sbottò indignato, per poi distogliere lo sguardo. ''Non ci penso nemmeno''
''A te piace quello'' notò Marco tranquillo.
''Un conto è parlarne con te, o con papà, ma non riuscirei mai a trasformarlo in un mestiere a tempo pieno'' ribatté Alessandro con impazienza. ''Mi viene la nausea al solo pensiero''
''Se vuoi cambiare le cose devi anche essere disposto a metterti in gioco''
''Non farebbe alcuna differenza comunque'' tagliò corto Alessandro. ''Ciò che vorrei cambiare non si limita a noi''
''In attesa che nasca il parlamento mondiale potresti fare comunque qualcosa'' insistette Marco. ''Perché non cerchi di entrare in Amnesty International o a The Last will be First ?''
''Per lavorare in quei posti devi essere un esperto di diritto o comunque bravo in qualcosa di utile, tipo il medico'' gli fece notare Alessandro. ''Mentre io sono solo un povero deficiente che spreca tempo a parlare di cose troppo grandi per lui''.
Si curvò in avanti, mettendosi a fissare il terreno brullo del campetto con sguardo cupo.
''E che non ha alcuna speranza di poterle cambiare''.
Marco si morse il labbro mentre cercava di farsi venire in mente qualcosa per motivarlo.
''In inglese sei bravissimo però'' disse in un'illuminazione improvvisa. ''E i traduttori vanno forte''
''Per mamma dovrei, ma io...''.
Si interruppe di colpo e dopo una breve pausa scosse la testa.
''Non lo so'' ammise incerto. ''anche se credo che in fondo abbia ragione. Probabilmente alla fine punterò su quello''
''Io pensavo di aprire un vivaio'' gli rivelò Marco con nonchalance.
Alessandro sgranò gli occhi.
''Un vivaio?'' domandò sbigottito.
''Sai, quelli che vendono piante a privati e agricoltori. Aspetta ti faccio vedere''.
Recuperò lo Smartphone dalla tasca della giacca, e dopo essere ritornato alla home di YouTube, selezionò uno dei video dalla propria raccolta dei preferiti.
''Ecco, tipo una cosa così''.
E gli mostrò un video intitolato: Come avviare un garden center - Gli step fondamentali e gli errori da non fare, durante il quale un esperto del settore (il suo canale si chiamava GigiOrtensia), effettuava un tour di quella che pareva essere una fiera dedicata al giardinaggio.
Concluso il primo minuto di visione degli oltre trentacinque di durata complessiva, Alessandro credette di essersi fatto un'idea abbastanza chiara, e distolto lo sguardo dal display si rivolse all'amico.
''Lo faresti davvero?'' chiese alzando un sopracciglio.
''Perché no?'' rispose Marco scrollando le spalle. ''A me piacciono le piante''
''E...''.
Si guardò attorno, così da sincerarsi che non vi fosse nessuno in ascolto.
''Tu mi assumeresti?'' chiese a bassa voce.
''Se participi anche tu, allora prometto che diventiamo soci'' gli assicurò Marco in tono affabile. ''Cinquanta e cinquanta''
''Grazie'' disse Alessandro abbozzando un sorriso. ''Credo proprio che ci farò un pensierino''
Nel frattempo, sul display dello Smartphone, l'esperto in vivaistica continuava a passare in rassegna i vari stand presenti alla fiera.
Si era appena fermato davanti ad un gazebo specializzato in ficus benjamin, quando una coppia intenta a sospingere un passeggino irruppe all'interno dell'inquadratura passando davanti alla telecamera.
''Tu li vorresti?'' chiese Marco a bruciapelo.
''Cosa?''
''Dei figli'' chiarì Marco.
Alessandro storse la bocca in una smorfia di assoluto sconcerto.
''Beh, prima dovrei discuterne con mia...'' farfugliò confuso. ''ma perché stiamo parlando di figli?''
''Tu rispondi e basta'' insistette Marco.
''Se mia moglie fosse d'accordo...''. Scrollò le spalle. ''Sì, certo''
''E quanti?'' lo incalzò Marco curioso. ''Uno o due?''
''Io pensavo tipo sei o sette'' rispose Alessandro con semplicità
Marco lo scrutò cercando di capire se stesse scherzando, ma quando capì che fosse serio, aggrottò la fronte.
''Ma ti sei fumato il cervello?'' gli domandò sconvolto.
''Che ci posso fare, mi sono sempre piaciute le famiglie numerose'' si giustificò Alessandro mentre un sorriso gli affiorava sulle labbra.
''Usciresti fuori di testa prima ancora di essere arrivato a cinque'' gli fece notare Marco tracimando scetticismo. ''Sempre di non finire in bancarotta al terzo''
''Dimentichi però i lati positivi'' ribatté Alessandro.
''A parte fondare un circo itinerante?''
Alessandro ignorò la battuta e si mise a contare sulle dita, mentre nel frattempo elencava i presunti vantaggi della sua strategia.
''L'impossibilità di annoiarsi, avere tanti nipotini che vengono a farti visita da vecchio, e la soddisfazione di aver appianato il gap demografico da soli''
''Tu sei tutto scemo'' commentò Marco scuotendo la testa.
''Uno scemo che ripopolerà il paese'' precisò Alessandro.
Entrambi scoppiarono a ridere, facendo risuonare le loro risate nel campetto deserto.
''In ogni caso è un problema che non si pone'' esordì Alessandro non appena si fu calmato. ''Tanto non troverò mai nessuna così pazza da mettersi con me''
''Quella roba sparirà prima o poi'' tentò di spronarlo Marco, mentre rimetteva in tasca lo Smartphone.
Alessandro si portò istintivamente la mano alla faccia deturpata.
La sensazione delle croste e delle pustole che avvertì sotto polpastrelli pensò a dissolvere la flebile speranza fatta balenare dall'amico.
''Anche fosse non credo che le mie chance aumenterebbero poi molto'' confessò mesto.
''Sei troppo pessimista'' ribatté Marco. ''Non lo sai che la vita è piena di sorprese?''
Il sorrisetto sornione che gli era improvvisamente affiorato sulle labbra non passò inosservato. Dietro quell'affermazione doveva esserci anche dell'altro.
''Di che parli?'' chiese Alessandro aggrottando la fronte.
''Ho un appuntamento'' ammise Marco gioviale.
''Mentre io domani ho un incontro col presidente della repubblica'' scherzò Alessandro distogliendo lo sguardo.
''Non sto scherzando'' insistette Marco, abbandonando il tono scanzonato. ''Dico sul serio''
Alessandro tornò a voltarsi verso di lui.
''E con chi, sentiamo''
''Maria'' rivelò Marco con semplicità.
L'espressione di Alessandro non sarebbe stata differente neppure se gli avesse confessato di essersi fidanzato con Bellatrix Lestrange.
''Perché fai quella faccia?'' domandò stupito Marco.
''È orribile'' sentenziò Alessandro.
''Non è brutta'' ribatté offeso Marco.
''Non ho detto che è brutta, ho detto che è orribile'' precisò Alessandro spazientito. ''Dal primo anno ad oggi avrà avuto una dozzina di relazioni e sono finite tutte perché ha sempre tradito quello con cui stava''
''Magari è la volta buona che cambia'' gli fece notare Marco,
''E forse i lupi inizieranno a brucare erba'' ironizzò Alessandro.
''Me l'ha offerto lei, non sono stato io''
''Un motivo in più per dire di no'' insistette Alessandro. ''Ti prenderà, ti userà e quando avrà finito getterà quel che resterà di tè nel cassonetto. È così che fa, l'ha sempre fatto. Credi sul serio di essere un'eccezione? Lo pensavano tutti quelli che ti hanno preceduto''.
Soffiò sprezzante.
''Perlomeno all'inizio. Quelli che sono venuti in seguito hanno accettato di stare al gioco soltanto per portarsela a letto''
L'espressione di Marco si fece gelida.
''Smettila'' disse asciutto. ''Stai diventando cinico''
''Scusami tanto se non ho gli occhi foderati di prosciutto''
''Sei troppo duro con lei'' lo accusò Marco, ''è stata molto dolce quando mi ha parlato''
''Una volta l'ho vista mandare affanculo un tipo sorridendo'' gli confessò Alessandro senza scomporsi.
Marco sbatté le palpebre un paio di volte e si morse il labbro, ma alla fine si limitò a replicare con: ''Tutti hanno una giornata no''
''Va bene, ho capito'' disse Alessandro in tono leggero. ''Gli ormoni ti hanno fritto il cervello''
''Questa conversazione è conclusa'' sbottò acido Marco. ''Non citare più Maria o me ne vado''
Alessandro incrociò le braccia e distolse lo sguardo.
''Ognuno è libero di scegliersi le illusioni che preferisce'' commentò scrollando le spalle.
Senza dire nulla Marco si alzò in piedi e fece in tempo a muovere un paio di passi avanti prima che Alessandro lo richiamasse.
''Non dovevo dirlo, sono un idiota''.
Smettendo di avanzare Marco si voltò a guardarlo, e fu allora che Alessandro appoggiò il palmo della mano sopra il posto occupato dall'amico solo pochi istanti prima.
''Ti prego, siedi'' chiese gentilmente.
Marco emise un sospiro, ma alla fine fece quanto richiesto e tornò a sedersi al suo fianco.
''È una mia scelta, non tua'' disse asciutto.
''Lo so'' confermò Alessandro tenendo lo sguardo fisso sul terreno.
''Non voglio essere giudicato per questo'' proseguì Marco.
''Hai ragione'' disse Alessandro annuendo.
''Finalmente ho l'occasione di andare ad un appuntamento con una ragazza e non rifiuterò solo a causa dei suoi trascorsi non propriamente impeccabili'' sibilò Marco stizzito. ''Per una volta tanto chissenefrega''
''Hai ragione''
''E smettila di darmi ragione!'' sbottò Marco assestandogli una gomitata.
''D'acc...''
L'occhiataccia con cui lo fulminò Marco gli fece comprendere che fosse meglio non proseguire.
''Sto zitto'' disse Alessandro abbassando lo sguardo.
Aveva appena incominciato a chiedersi per quanto a lungo l'amico gli avrebbe portato il muso, quando una voce femminile alle sue spalle lo strappò bruscamente a quei pensieri.
''Sei tu Alessandro?''
Colti alla sprovvista sia Marco che Alessandro sobbalzarono sulla panchina, per poi voltarsi pressoché all'unisono.
L'inattesa visitatrice si rivelò essere una ragazza in età da seconda superiore, coi capelli castani raccolti in una lunga coda di cavallo. Non la conoscevano personalmente, ma dal modo in cui fissava Alessandro sembrava sapere già la risposta alla domanda che aveva appena fatto.
''Allora, sei tu?'' ripeté rivolgendoglisi direttamente.
Alessandro si alzò in piedi.
''Sì, sono io'' rispose cauto.
La ragazza estrasse la mano destra dalla tasca del giaccone e gli porse un foglietto di carta ripiegato più volte.
''Ecco, tieni''
Aggirata la panchina Alessandro andò a recuperare il foglietto, ma fu solo quando se lo ritrovò tra le mani che parve rendersi conto dell'assurdità della situazione.
''Cos'è?'' chiese
''Un messaggio'' rispose asciutta.
''Da parte di chi?''
''Non lo so'' rispose spazientita. ''A me hanno detto solo di consegnartelo per conto di un'altra persona''
Fece per voltarsi, ma lui la richiamò.
''Che cosa...''
''La vuoi smettere di farmi domande?!'' sbottò irritata. ''Se ti va di scoprire che c'è scritto leggitelo da solo e poi arriva alle conclusioni che preferisci. Basta che dopo non vieni a rompere a me. La lettera non l'ho scritta io, ok?''
E senza dargli nemmeno il tempo di ribattere, si voltò di scatto per poi camminare attraverso il campo di calcio deserto.
Divorato dalla curiosità Alessandro spiegò il foglio e cominciò subito a leggerne il contenuto, rivelatosi essere non più lungo di una ventina di righe. Non era ancora arrivato a metà quando Marco lo raggiunse.
''Che c'è scritto?'' gli chiese portandosi al suo fianco.
Alessandro inclinò immediatamente il foglio verso sinistra per evitare che l'amico riuscisse a leggere la lettera.
''Roba personale...''. Deglutì. ''E imbarazzante'' concluse con un fil di voce.
''Una lettera d'amore?'' ipotizzò Marco incuriosito.
''Più probabilmente uno scherzo'' ribatté Alessandro abbozzando un sorriso.
Starnutì due volte in rapida successione e si asciugò il naso sulla manica della giacca.
''Perché devi sempre essere così negativo?''
''Forse perché so riconoscere una dichiarazione realistica da una semplicemente troppo bella per essere vera?''. Sollevò la lettera e la sventolò a mezz'aria. ''Già dopo la prima riga ho sentito scattare centinaia di campanelli d'allarme''
''Non sapevo fossi un esperto'' gli fece notare Marco. ''Quante ne hai ricevute finora di lettere simili?''
Alessandro sbatté le palpebre, palesemente a disagio.
''Questo è un dettaglio del tutto irrilevante'' commentò mentre distoglieva lo sguardo.
''Allora dammela'' disse Marco stendendo il braccio verso la lettera. ''Le do un'occhiata e poi la butto nell'immondizia''
''No!'' esclamò Alessandro, allontanando il foglio fuori dalla sua portata con un gesto fulmineo.
Rendendosi conto di aver esagerato, finse di schiarirsi la gola, per poi riassumere una posa più naturale.
''Sarebbe scorretto da parte mia farti leggere una cosa simile'' spiegò in tono leggero. ''È pur sempre riservata a me dopotutto''
Marco gli scoccò un'occhiata che sapeva tanto di ma per favore, che però Alessandro finse di non vedere.
''Facciamo che la tengo, ok?''. E ripiegato il foglio, lo ripose nella tasca della giacca. ''Ma solo per educazione, sia chiaro''
''Certo, chiarissimo'' confermò Marco sarcastico.
Alessandro volse lo sguardo in direzione del cortile della scuola, dove alcuni ragazzi del quinto anno stavano tenendo una mini-partita a basket.
''Credo che andrò da Alice'' annunciò con nonchalance.
''Perché?''
''Devo chiederle una cosa'' rispose vago. ''Ci vediamo in classe, ok?''
Quando Alessandro ebbe raggiunto il cortile interno, delimitato sui tre lati dalla struttura a ferro di cavallo dell'edificio principale, divenne presto chiaro che di ragazzi di terza in giro non ce n'erano molti, e tra quei pochi che avevano deciso di sfidare il freddo per trascorrere la ricreazione all'aperto, Alice non si vedeva da nessuna parte.
Convinto che la sorella avesse deciso di rimanere al chiuso, Alessandro passò sotto il porticato e si preparò a varcare uno degli ingressi che conduceva al corridoio del primo piano.
Era ormai giunto in prossimità della porta quando questa si spalancò di colpo e ne uscì un piccolo gruppetto composto da quattro ragazze di terza, tutte prese ad armeggiare coi propri Smartphone.
Riconoscendo tra di esse una delle migliori amiche di Alice, Alessandro si affrettò subito a richiamarla.
''Ludovica, aspetta un secondo!''
La ragazza si voltò, ed alzati gli occhi dal cellulare, incrociò il suo sguardo.
''Che c'è?'' chiese seccata.
''Sai dov'è Alice?''
''No'' rispose asciutta Ludovica. ''ma prima l'ho vista che entrava nel vicolo''
E rivolse un cenno in direzione del lato ovest dell'edificio. A quanto pare, Alice si trovava ancora all'esterno.
''Ah'' commentò Alessandro stupito. ''Ok, grazie''
Abbandonato il porticato Alessandro aggirò il braccio ovest dell'edificio, finché non si ritrovò nel vicolo che confinava su un lato con la struttura in mattoni della scuola e sull'altro col muro di cinta. Essendo adiacente all'aula mensa si trattava di una zona che restava deserta per la maggior parte del tempo, e anche in quel momento non sembrava esserci nessuno in vista.
D'altronde, gli unici elementi che occupavano l'asfalto del vicolo erano i cassonetti per la raccolta differenziata, le auto delle cuoche e una cabina elettrica.
Non era possibile non essere visti. Tuttavia, per quanto improbabile, restava pur sempre il parcheggio sul retro.
Visto che aggirarsi in quella zona non era esattamente consentito agli studenti, Alessandro cominciò ad incamminarsi lungo la stradina cercando di fare meno rumore possibile.
La curva che conduceva sul lato opposto della struttura non distava più di sessanta metri, e mentre ci si avviava utilizzò il tempo necessario per riflettere su come affrontare la conversazione con la sorella.
Tenendo conto dell'età dell'emissaria che gliela aveva consegnata, la lettera doveva averla scritta quasi sicuramente una di terza. Molto probabilmente si trattava di una compagna di classe di Alice.
Di mostrargli il contenuto non ci pensava nemmeno. Gli venivano i brividi al solo pensiero. Se però le avesse spiegato la faccenda, forse lei sarebbe riuscita a capire chi si celava dietro.
Prima di recarsi all'appuntamento a cui la misteriosa ammiratrice faceva riferimento nel messaggio infatti, voleva avere almeno qualche indizio su chi si sarebbe ritrovato davanti.
La conosceva di vista?
Ci aveva parlato per caso in passato?
Per quale ragione gli aveva improvvisamente scritto una lettera tanto dolce e zuccherosa, che sembrava essere stata immersa nello sciroppo?
Non che a lui la cosa dispiacesse, anzi, voleva solo capire il motivo che spingeva una ragazza ad interessarsi a qualcuno la cui avvenenza era in grado di rivaleggiare con uno scoglio infestato dalle cozze.
A meno che...oh, no.
Non è che era quella ragazzina della terza C alta uno e quaranta con gli occhiali spessi e i denti storti?
Beh, probabilmente non era esattamente il suo ideale di bellezza, ma nemmeno lui poteva permettersi di stare troppo a sindacare in materia. E poi gli aveva scritto una lettera molto gentile.
Quando ti vedo mi sento impazzire.
Forse non era così male in fondo. Magari l'aveva solo guardata nel momento sbagliato. A proposito, quand'era l'ultima volta che l'aveva vista?
Avendo ormai raggiunto la curva al termine del vicolo, Alessandro si avvicinò alla facciata della scuola, e quando ne ebbe raggiunto l'estremità, sporse la testa oltre il bordo.
Nessuno. Ad eccezione delle auto degli insegnanti il parcheggio appariva deserto, mentre gli unici rumori udibili restavano quelli provenienti dalla strada al di là del cancello, e lo sbatacchiare delle pentole all'interno delle cucine.
Era evidente che Ludovica si fosse sbagliata. Dopotutto Alice non aveva alcun motivo di venire fin lì. In effetti, era stato stupido da parte sua perdere tempo a seguire quella pista così palesemente assurda.
Preparandosi a tornare sui propri passi Alessandro ritrasse la testa dietro il bordo e si voltò dall'altra parte, quando lo sguardo finì per cadergli sullo stretto passaggio che divideva la cabina elettrica dalle tre centraline piazzate davanti a quest'ultima.
Alice si nascondeva lì in mezzo, ma non era sola. Con lei infatti c'era una giovane ragazza dai lunghi capelli ricci, che Alessandro riconobbe all'istante.
Era Vanessa.
La migliore amica di Alice fin dai tempi delle medie le stava di fronte, e con un trasporto che pareva essere apertamente condiviso da entrambe, premeva le labbra sulle sue, mentre nel frattempo si stringevano le mani a vicenda.
In preda al panico più totale, Alessandro divenne rigido come una lastra di marmo. Lo shock della scoperta per poco non lo fece urlare, ma la consapevolezza di cosa questo avrebbe comportato, gli impedì di lasciarsi sfuggire persino un seppur minuscolo sussulto.
Tuttavia, la voce nella sua testa, non accennava affatto a restarsene zitta, ed anzi gridava i propri appelli con forza via via crescente.
Fuggire. Scappare il più velocemente possibile. Non farsi beccare. E giusto per sicurezza, cancellare pure dalla mente l'accaduto.
Cercando di non emettere il benché minimo rumore, Alessandro cominciò lentamente ad allontanarsi, muovendosi col massimo della discrezione consentitagli dalla sua stazza decisamente poco discreta.
Aveva appena sollevato la scarpa dall'asfalto, quando un fracasso terribile esplose alle sue spalle, seguito a brevissima distanza da diverse imprecazioni. Una delle cuoche all'interno delle cucine doveva aver fatto cadere parecchie pentole.
Manco a dirlo sia Alice che Vanessa interruppero immediatamente il bacio per voltarsi in direzione dell'origine di quel clangore metallico, ritrovandosi inevitabilmente ad incrociare lo sguardo con Alessandro.
Dapprima fu lo stupore, poi venne la paura, e senza che gli fosse nemmeno data l'occasione di biascicare una singola parola di giustificazione, Vanessa si nascose la faccia tra le mani e fuggì via, correndo lungo il vicolo che sbucava nel cortile della scuola.
Per tutto il tempo Alessandro rimase immobile al suo posto, le labbra socchiuse da cui non usciva assolutamente niente di intellegibile, finché Alice non si decise finalmente a rompere lo stallo.
Vedendola avanzare nella sua direzione con passo risoluto, Alessandro incominciò subito ad indietreggiare in direzione del muro dell'edificio, e non appena sentì la schiena toccare il duro cemento, vi si appiattì contro.
Alice lo raggiunse pochissimi istanti dopo. Gli occhi con cui lo fissò erano freddi e segnati da una collera a stento repressa.
''Io...'' farfugliò Alessandro ansimando. ''Io...''
Non riuscì a finire la frase, e comunque Alice lo interruppe prima che potesse anche solo provarci.
''Se lo dici a qualcuno...''
Nonostante avesse cercato di mantenere un tono minaccioso, la voce le si incrinò.
''Te ne pentirai''
E senza aggiungere altro, si avviò lungo il vicolo.
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