Capitolo 28 - La verità
Nonostante fossero da poco passate le otto, il cielo che si scorgeva fuori dalla finestra della cucina era plumbeo come in piena notte. Non pioveva, anche se ogni tanto l'ululato del vento riusciva a penetrare per qualche secondo attraverso gli infissi.
In ogni caso, a parte il tintinnio delle posate o il rumore delle mandibole al lavoro, il suono che dominava incontrastato all'interno del soggiorno di casa Olivieri era quello della televisione accesa, a cui in quel momento veniva trasmessa una televendita.
Mentre ascoltava la voce del conduttore in sottofondo, Alessandro prese un'altra cucchiaiata di minestrone e la inghiottì quasi senza masticare. Tanto per cambiare, aveva fame, e purtroppo per lui né la confezione di crostatine al cioccolato, né i due sfilatini che aveva rimediato quello stesso pomeriggio al supermercato l'avevano aiutato a porvi rimedio.
Se non voleva trascinarsi sempre dietro quell'insopportabile senso di vuoto allo stomaco, era chiaro che dovesse aumentare le quantità di cibo acquistato. Tuttavia, pur potendoselo ormai permettere, non voleva spendere troppo. In un certo senso, era come se dilapidare il denaro contenuto nel borsone rappresentasse quasi un intollerabile mancanza di rispetto verso coloro che avevano perso la vita nel tentativo di non consegnarglielo.
I contanti che teneva nascosti in camera cominciavano a scarseggiare, e in concomitanza con l'aumento della fame il richiamo della sacca ancora gonfia di banconote si faceva più intenso di giorno in giorno, ma ciononostante lui voleva resistere finché non fosse stato assolutamente sicuro di non avere altra scelta.
Due giorni, forse tre al massimo, e poi avrebbe posto fine a quel supplizio silenzioso andando a rifornirsi alla buca scavata accanto al capannone. Di farlo prima non se la sentiva.
''...quindi, che aspettate a comprare il nuovo set di coltelli PurePower?'' chiese retoricamente lo chef, che stava conducendo la televendita. ''Fidatevi, non ve ne pentirete, perché una volta a casa vostra, anche voi ne potrete sperimentare di persona l'impareggiabile qualità. Non siete ancora convinti? E allora rivediamo insieme quali sono i principali vantaggi rispetto alle versioni tradizionali''.
E partì una sequenza video, che serviva a sottolineare le caratteristiche enunciate sia dal presentatore che dalle scritte a schermo.
''Potenza! Lasciate perdere le lame economiche da discount, i coltelli PurePower tagliano facilmente qualsiasi materiale senza scheggiarsi o subire danni.
''Durata! I coltelli PurePower non sanno cosa sia l'obsolescenza programmata. La loro garanzia non scade mai''
''Versatilità! I coltelli PurePower ti permetteranno di tagliare, tritare e sminuzzare come i migliori chef. Non sprecate tempo prezioso a cercare la lama giusta per ogni occasione. Il nostro set di coltelli contiene già tutto ciò di cui avrete bisogno. Compratelo oggi e non dovrete farlo mai più''
Pur non smettendo di infilarsi in bocca cucchiaiate di minestra, Alessandro sollevò gli occhi dal piatto per guardare la tv.
La voce dello chef-presentatore aveva un non so che di ipnotico, e la sequenza di immagini che accompagnava la sua parlantina contribuiva a rendere l'insieme ancora più coinvolgente di quanto già non fosse. Una volta che ci si azzardava a posare lo sguardo sullo schermo, risultava difficile smettere di fissare rapiti la mano del cuoco mentre tagliava fette di roastbeef o sminuzzava le verdure.
Anche Alice ed Elisa sembravano cadute vittima dello stesso incantesimo, mentre Umberto era il solo a non mostrare alcun tipo di interesse per la televendita. I suoi occhi continuavano a scrutare vacui il piatto di minestra che aveva davanti, in cui immergeva il cucchiaio con aria svogliata.
Alessandro era convinto di conoscere il motivo che si celava dietro quell'atteggiamento apatico. A seguito dell'ultima sfuriata contro il televisore della settimana precedente, Elisa aveva vietato categoricamente la visione del tg durante la cena, notizia che Umberto non aveva preso affatto bene.
Da allora trascorreva il quarto d'ora dedicato al pasto serale chiuso in un silenzio malinconico e anche un po' malmostoso, volto a convincere la moglie a desistere da quella sua imposizione draconiana. Strategia che per il momento però non aveva riscosso alcun successo.
''...ormai non avete più scuse!'' annunciò euforico lo chef in televisione, mentre la telecamera abbandonava i primi piani dei coltelli al lavoro per tornare a concentrarsi su di lui.
''Non lasciatevi sfuggire quest'incredibile offerta e approfittatene subito anche voi. Migliorate la qualità della vostra cucina a partire da oggi, acquistando un set di coltelli PurePower che vi durerà per sempre. E tutto questo a soli 59 Euro e 99. Non un centesimo di più, non un centesimo di meno''.
Recuperò dal tavolo che gli stava davanti un set di portachiavi a forma di vari animali e lo sollevò a mezz'aria, mostrandolo alla telecamera.
''Inoltre, ai fortunati che rientreranno tra le prime cinquanta telefonate, verranno offerti in omaggio non uno, non due, ma ben tre splendidi portachiavi argentati, in altrettante simpatiche versioni: cane, gatto e tartaruga''.
Mise giù i portachiavi e puntò l'indice verso i telespettatori al di là dell'obiettivo.
''Avanti, cosa state aspettando?! Non perdete altro tempo e portate a casa anche voi il vero potere delle lame PurePower! Coraggio, telefonate subito!''
Lo spot si era appena concluso quando Alice incrociò lo sguardo col fratello.
''Possibile che facciano ancora queste cose?'' chiese abbozzando un sorrisetto beffardo.
Alessandro scrollò le spalle e riprese a mangiare la minestra.
Seguirono alcune pubblicità di auto ibride, e un paio che promuovevano due catene concorrenti di cibo a domicilio, ma prima ancora che quest'ultima fosse finita, Alessandro aveva già ripulito il piatto facendo la scarpetta con gli ultimi rimasugli di minestra.
Lieta che avesse apprezzato, Elisa acconsentì senza problemi alla sua richiesta di bis.
Lo spot che venne dopo iniziò mostrando un ragazzo dalla pelle color ebano intento a scavare una buca in un terreno sabbioso, armato di un semplice badile mezzo arrugginito.
Il sole alto nel cielo picchiava sopra di lui con implacabile spietatezza, senza che a riparlarlo dai raggi roventi vi fosse nemmeno un semplice cappello. Essendo inzuppato di sudore si passò un fazzoletto sulla fronte per asciugarsi, ma proprio mentre si apprestava a riprendere il lavoro una gigantesca sagoma oscurò il sole, facendo piombare la buca nell'ombra.
Il ragazzo si voltò subito, e schermandosi gli occhi con la mano, rivolse lo sguardo verso l'alto. Un enorme trivella pronta all'azione si affacciava adesso sul bordo della piccola fossa, attorniata da almeno una dozzina di uomini in tenuta da lavoro e coi caschetti da operaio.
Quello più vicino di tutti al tizio dentro la buca, si sporse in avanti e gli tese il braccio.
''Serve aiuto?'' chiese rivolgendogli un caloroso sorriso.
Il ragazzo gli sorrise di rimando, e una volta che ebbe afferrato la sua mano si issò fuori dalla buca. Mentre lo schermo diventava completamente bianco, un uomo con gli occhiali sulla quarantina e dalla pelle chiara comparve al centro dell'inquadratura, lo sguardo puntato sui telespettatori al di là dell'obiettivo.
Alessandro lo riconobbe subito. Si trattava di Thomas Campbell, fondatore di The Last will be First, e il più grande filantropo del mondo.
''Da quando ha avviato il progetto ''Acqua della vita'', The Last will be First ha scavato oltre centomila pozzi in tutto il continente africano e dissetato oltre ottantatré milioni di persone'' esordì Campbell in tono conciliante.
''L'acqua è vita, aiutaci a donarla a chi non ce l'ha. Per saperne di più su questo e sugli altri progetti che stiamo portando avanti, visita il nostro sito e diventa anche tu un donatore regolare''.
Un indirizzo e-mail comparve in sovrimpressione nella parte bassa dello schermo e Campbell scoccò un sorriso verso la telecamera.
''Non limitarti a sperare nel cambiamento, sii tu il cambiamento''
L'immagine di Campbell sparì e al suo posto apparve il logo dell'associazione, seguito a ruota dall'immancabile motto.
The Last will be First
Al servizio degli ultimi per un mondo migliore
''Quello sì che è un grand'uomo'' commentò ammirato Umberto, annuendo in segno d'approvazione. ''Avercene di tipi così al governo''.
Elisa, che aveva appena finito la minestra, mise giù il cucchiaio e si alzò in piedi.
''Scusatemi un secondo, devo andare in bagno'' disse con una punta di imbarazzo.
''Fa pure con calma, tesoro'' la rassicurò Umberto con gentilezza.
Lei gli sorrise e poi si avviò verso il bagno. La porta si era appena chiusa alle sue spalle quando Umberto fece scattare il braccio sul tavolo con una rapidità sorprendente, e dopo aver afferrato il telecomando cambiò canale sintonizzandosi su RaiNews.
''Papà, così la mamma s'arrabbia'' lo avvertì comprensiva Alice.
''No, se non lo viene a scoprire'' ribatté Umberto in un sussurro. ''Perciò...''
Si portò l'indice alle labbra emettendo un'eloquente shh.
Alice levò gli occhi al cielo, ma decise di non protestare.
Essendo trascorsi ormai quindici minuti abbondanti dall'inizio del tg, le notizie principali erano già state date, anche se non sembravano ancora arrivati alla cronaca nera o alle vicende di gossip.
Il servizio che stavano trasmettendo in quel momento dava l'impressione di essere un approfondimento legato in qualche modo all'estremo oriente. Le strade affollate di persone dagli occhi a mandorla mostrate a schermo potevano essere state riprese a Seoul, così come a Tokyo o Shangai.
''...il nome con cui si tende a definire questo nuovo gruppo è Mirai Nashi, traducibile come Senza futuro'' spiegò in sottofondo la voce femminile della giornalista. ''Tuttavia, a parte un generale e poco costruttivo disfattismo, non sembra che vi siano molti altri elementi aggregatori che possano aiutare a definire meglio quello che per il momento sembra circoscritto ad un fenomeno di nicchia''.
Vi fu uno stacco e le immagini delle strade affollate vennero sostituite da accesi scontri tra ragazzi a volto coperto e agenti in tenuta antisommossa.
''Rifiuto dell'ordine sociale vigente, amoralità dichiarata e disprezzo per ogni forma di autorità. Anche se si è inizialmente creduto che vi potessero essere dei collegamenti con altri gruppi estremisti legati al mondo anarchico o dell'eco-terrorismo, quest'ipotesi è stata presto smentita dalle rare interviste rilasciate in forma anonima da alcuni appartenenti al gruppo''.
''I Mirai Nashi infatti non si battono per la salvaguardia ambientale, né paiono interessati alla sopravvivenza del pianeta o all'eventuale estinzione della stessa umanità, al punto da ritenere quest'ultima possibilità un'ipotesi auspicabile''.
I tafferugli tra ragazzi incappucciati e poliziotti sparirono. Adesso al centro dello schermo c'era un signore anziano con gli occhiali, seduto in poltrona all'interno di una saletta privata.
''Secondo Yoshikawa Taro, docente di antropologia socio-culturale all'università di Tokyo, il fenomeno dei Mirai Nashi andrebbe perciò accostato ad alcune recenti tendenze diffuse prevalentemente tra le giovani generazioni dei paesi in crisi demografica, ispirate da posizioni fortemente nichiliste e misantrope, come quelle sostenute dai Die Letzten tedeschi, i Los Muertos Andantes spagnoli o i Fratelli dell'Apocalisse nostrani''.
''Se tale visione disfattista continuerà a rimanere confinata all'interno di un gruppo minoritario, oppure si espanderà fino a coinvolgere fette sempre più larghe dell'opinione pubblica, questo però nessuno può ancora dirlo''.
Il servizio finì e la telecamera tornò ad inquadrare lo studio da cui la giornalista, una bella donna sui trent'anni, i cui capelli biondi le ricadevano perfettamente lisci ai lati del viso, stava conducendo la diretta.
''E ora torniamo alle notizie di cronaca locale per parlare di una terribile vicenda avvenuta in Lombardia, più precisamente alle porte di Milano'' annunciò con voce calma.
Non appena avvenne lo stacco che diede inizio al servizio, Alessandro si sentì raggelare il sangue. La palazzina mostrata a schermo era la stessa in cui aveva recuperato il borsone.
''Strage, mattanza, brutale e spietata macelleria. Queste sono le parole con cui gli agenti della pattuglia mobile hanno definito lo spettacolo che si sono trovati di fronte, dopo essere entrati in un appartamento alla periferia sud-est di Monza'' spiegò la voce della giornalista in sottofondo.
''Il sopralluogo è avvenuto a seguito di alcune segnalazioni per rumori sospetti, e sebbene il quartiere di San Silvestro non possa dirsi certamente nuovo ad episodi di cronaca nera, nessuno degli agenti arrivati sul posto si sarebbe mai aspettato un tale livello di efferatezza. Interrogato in merito alla vicenda, il procuratore capo Ugo Bramieri ha confessato che in quarant'anni di carriera questa è la prima volta che assiste a qualcosa di tanto atroce''.
Alessandro dovette compiere un enorme sforzo di volontà per non cedere al panico che minacciava di investirlo. Il timore di guardare suo padre o Alice gli impedì persino di staccare gli occhi dallo schermo, su cui nel frattempo cominciarono a sfilare le foto degli uomini che aveva ucciso.
''Sebbene due delle quattro vittime fossero impossibili da identificare a causa dell'entità delle lesioni riportate, una volta effettuati gli opportuni controlli si è potuto risalirne all'identità. Sono tutti noti spacciatori della zona con a carico numerosi precedenti per aggressione, rapina e traffico di droga, oltre ad essere già stati attenzionati in passato dalle forze dell'ordine per presunti rapporti col mondo della criminalità organizzata milanese''
''Un uomo legato alle quattro vittime si trova attualmente in stato di fermo, anche se gli inquirenti...''
La sirena di un'autopompa risuonò fuori dalla finestra, provocando un tale baccano che finì per sovrastare completamente la voce della giornalista.
Alessandro si morse il labbro in preda alla frustrazione mentre lanciava imprecazioni nella mente, ma non poté fare altro se non attendere che tornasse il silenzio. Per sua sfortuna però, prima che ciò avvenisse dovette trascorrere quasi un minuto, e a quel punto il servizio stava già volgendo alla conclusione.
''...la pista continua dunque a rimanere quella del regolamento di conti tra bande per il controllo del mercato di spaccio della zona, tuttavia, almeno per il momento, non sembrano esserci sospettati e si indaga per omicidio plurimo a carico di ignoti''.
''Che schifezza'' commentò disgustato Umberto.
Alessandro non fece nemmeno in tempo a sbirciare il volto di suo padre con la coda dell'occhio, quando la voce di Elisa riecheggiò per la stanza.
''Quale schifezza?'' domandò perplessa dall'interno del corridoio.
Sobbalzando sulla la sedia come se fosse appena stato punto da un'ape, Umberto allungò la mano verso il telecomando lasciato al centro del tavolo, per poi comporre in tutta fretta il canale precedente. Nella foga del momento però, finì per schiacciare il tasto sbagliato.
In mezzo ad un prato fiorito sotto un cielo terso due animali di peluche si abbracciavano, e a giudicare dalle lacrime che scorrevano copiose sui loro musetti paffuti, sembravano anche evidentemente commossi.
''Ti voglio tanto bene Teddy Boo!'' esclamò il diplodoco piangendo emozionato.
''Anch'io te ne voglio Dino Boo!'' rispose l'orsetto con altrettanta enfasi.
Umberto deglutì, ma seppe comunque mantenere il sangue freddo nel momento in cui sentì Elisa varcare la soglia del soggiorno. Quando riprese a parlare il suo tono era tranquillissimo.
''Una volta i cartoni animati li facevano più belli'' disse rivolgendo un gesto sprezzante verso la tv. ''Guarda che roba, decisamente troppo sdolcinati''.
Volendo sincerarsi della riuscita di quello stratagemma raffazzonato si voltò verso la moglie, che però non sembrava molto convinta. I suoi occhi erano due sfere di ghiaccio.
Nel tentativo di allentare la tensione Alice aprì la bocca come per parlare, ma Alessandro la batté sul tempo.
''Vi devo dire una cosa'' annunciò deciso.
Tutta la famiglia si voltò a fissarlo, ma anche se lui abbassò la testa per non incrociare il loro sguardo, Alessandro decise di non desistere.
Ormai era giunto il momento di confessare la verità.
Non aveva idea del perché l'avesse fatto proprio ora, né conosceva il motivo alla base di quell'improvvisa sferzata di coraggio, sapeva solo che se non ci fosse riuscito adesso non ci sarebbe riuscito mai più.
Forse perché aveva intuito dal suo tono risoluto che stesse per comunicargli una notizia particolarmente grave, Elisa andò a sedersi al proprio posto, dove rimase in paziente attesa che il figlio proseguisse.
''Io ho trovato una cosa'' ammise Alessandro in un sussurro.
Dato che la sua voce si udiva a malapena, Umberto premette il tasto muto sul telecomando, e nel soggiorno calò il silenzio.
''Hai trovato una cosa?'' chiese Elisa perplessa.
''Sì'' confermò Alessandro, tenendo gli occhi bassi.
Il vento ululò fuori dalla finestra mentre i tre ascoltatori aspettavano il seguito, ma dopo oltre dieci secondi di speranze frustrate Alessandro non aveva ancora spiccicato parola, ed Elisa decise di intervenire.
''E ci puoi dire di che si tratta?'' chiese conciliante.
''Ecco...''.
Alessandro rialzò cautamente lo sguardo e stirò le labbra in un sorriso imbarazzato.
''È una cosa un po' strana'' confessò a disagio.
''Mi raccomando, non esagerare coi particolari'' scherzò Alice sprizzando sarcasmo.
In preda alla vergogna Alessandro tornò ad abbassare la testa. Elisa scoccò ad Alice un'occhiata torva e poi si rivolse nuovamente al figlio.
''Tranquillo tesoro'' lo incoraggiò con dolcezza.
Rinfrancato da quelle parole, Alessandro proseguì.
''Ho trovato una cosa che è...''. Strinse i pugni sotto al tavolo. ''Venuta dallo spazio''
Le sopracciglia di Elisa, Alice e Umberto si sollevarono pressoché all'unisono.
''Tipo un meteorite?'' domandò cauta Elisa.
''Una specie'' confermò Alessandro vago.
''Dov'è caduto?''
''Al parco qua vicino''
''Quanto tempo fa?''
''Qualche settimana''
Elisa parve sorpresa.
''E come mai non ci hai detto niente?''
Alessandro si mise a fissare il proprio piatto. Era stato ripulito così bene, che sembrava appena uscito dalla lavastoviglie.
''Perché mi vergognavo'' ammise con una vocetta infantile.
''Ti vergognavi di aver trovato una scheggia di meteorite?'' lo incalzò divertita Alice.
''No'' ribatté Alessandro, ''mi vergognavo per quello che è successo dopo''
Gli Olivieri si scambiarono occhiate perplesse. Fingendo di non accorgersene Alessandro prese un profondo respiro, e dopo aver rialzato la testa si buttò.
''Possiedo dei superpoteri'' confessò asciutto.
Elisa, Umberto e Alice si limitarono a scrutarlo imbambolati per qualche secondo, finché quest'ultima non interruppe il contatto visivo col fratello, così da incrociare lo sguardo con entrambi i genitori.
A quel punto, tutti e tre scoppiarono a ridere.
Per quanto si fosse preparato ad una simile reazione, Alessandro non riuscì comunque a trattenersi dal rivolgere una muta preghiera al pavimento, affinché diventasse improvvisamente fluido come l'acqua e lo inghiottisse per intero insieme alla sedia su cui stava.
''Non sto scherzando'' bofonchiò in preda alla vergogna, non appena le risate cominciarono ad affievolirsi.
''Ma è ovvio che non stai scherzando'' commentò Alice, cercando di nascondere il ghigno beffardo che minacciava di risalirgli alle labbra da un momento all'altro. ''Anzi, ti dirò, anch'io ho un potere nascosto. Riesco a percepire le cazzate''
''Alice!'' sbottò Elisa.
Lei abbassò gli occhi.
''Scusa'' disse desolata.
''Vi giuro che è la verità'' insistette Alessandro col cuore in mano, ''non è strategia per attirare l'attenzione, o chissà che altro. Questa cosa mi sta succedendo davvero, e mi spaventa''
Elisa gli rivolse un sorriso comprensivo.
''E quali poteri avresti, amore?''
Dal tono affettuoso con cui gli porse la domanda, era di tutta evidenza che lo stesse assecondando solo per cortesia. Una consapevolezza che lo fece sentire ancora peggio delle risate di poco prima.
''Ce l'hai la superforza?'' chiese Alice a bruciapelo, prima ancora che potesse abbozzare una risposta.
''Sì'' disse Alessandro mesto.
''Supervelocità?''
''Abbastanza da star dietro agli aerei''
Alice sogghignò.
''Puoi volare?'' domandò mentre si sforzava di restare seria.
''Non come pensi tu''
''Che vorrebbe dire?'' chiese Alice aggrottando la fronte.
Alessandro emise un profondo sospiro.
''Non posso fluttuare a mezz'aria come per magia'' spiegò paziente. ''Prima mi devo trasformare in qualcosa con le ali''.
''Trasformare in qualcosa con le...''
Alice non riuscì nemmeno a completare la frase e scoppiò di nuovo in una fragorosa risata.
Ormai convinto che non potesse andare peggio, Alessandro cominciò a valutare seriamente la possibilità di trasformarsi in mosca, per poi andare a nascondersi da qualche parte dentro la dispensa.
''Tesoro, se hai delle idee così interessanti, perché non ci scrivi sopra una storia?'' propose Elisa sfoggiando un'espressione conciliante. ''La leggerò volentieri non appena l'avrai finita''
''Smettetela di trattarmi come un bambino delle elementari!'' latrò Alessandro sbattendo i pugni sul tavolo.
Nonostante si fosse dovuto trattenere molto per evitare di ridurre in briciole il mobile, le vibrazioni provocate dall'urto fecero comunque tintinnare violentemente posate, piatti e bicchieri, oltre a far scivolare un kiwi giù dalla fruttiera al centro del tavolo.
Il resto della famiglia ammutolì mentre l'ironia abbandonava i loro volti, lasciando il posto ad espressioni di assoluto sconcerto.
''Se avessi voluto semplicemente attirare l'attenzione c'erano un migliaio di altri modi molto meno idioti di fingermi pazzo''.
Alessandro sentì che gli occhi gli diventavano lucidi ma non si fermò, anche se l'incrinatura nella sua voce era ormai impossibile da nascondere.
''Vi sto dicendo che questa cosa è vera! Perché non mi volete credere?!''
Riavutasi dallo shock iniziale Alice si prese il mento tra le dita, per poi scrutare un punto a mezz'aria con aria meditabonda.
''Uhm, fammici pensare...''.
Spalancò gli occhi come se avesse appena ricevuto un'illuminazione improvvisa e tornò a concentrarsi sul fratello.
''Ok, la butto lì, perché è un delirio?''
''Lo so che può sembrarlo'' ammise Alessandro ammorbidendo il tono, ''ma vi assicuro che è tutto vero''
Umberto intrecciò le dita sul tavolo e guardò il figlio che stava seduto all'altro capo del mobile.
''E allora provalo'' disse con semplicità.
Alessandro incrociò lo sguardo col padre, e prima ancora che con le parole cercò di trasmettergli tutta la propria perplessità tramite quel semplice scambio d'occhiate.
''Provare cosa?'' domandò confuso.
''Quello che dici di saper fare'' spiegò Umberto tranquillo. ''Vediamo un po' questi poteri''
Gli sguardi avidi con cui i familiari presero a bersagliarlo dopo quell'invito, lo fecero sentire terribilmente a disagio, spingendolo a deglutire.
Quando aveva deciso di confessare alla famiglia la verità, Alessandro ovviamente sapeva che si sarebbe giunti a quel punto, tuttavia, adesso che era finalmente arrivato il momento di mostrar loro le prove delle sue affermazioni, una paura folle lo investì da capo a piedi.
Come avrebbero reagito? Di sicuro avrebbero urlato, forse sua madre sarebbe svenuta, ma se fosse andata peggio? E se si fossero rifiutati di accettare quel nuovo lui per poi fuggire, rinnegandolo come un bieco impostore, o peggio ancora, come un mostro?
Il rischio senz'altro esisteva, e non era affatto indifferente, ma sarebbe stato assurdo rifiutarsi di accondiscendere a quella richiesta proprio adesso. Che lo volesse oppure no, non poteva più tornare indietro.
Chinato leggermente il capo Alessandro abbassò le palpebre e si concentrò a fondo su ciò che voleva ottenere. Niente trasformazioni troppo impressionanti. Non voleva spaventarli, e assumere fin da subito le sembianze di un animale probabilmente li avrebbe scioccati al punto da rendergli poi impossibile fornire spiegazioni.
Alla fine decise di farsi spuntare qualche tentacolo dalla schiena, in modo da fornire una prova più che sufficiente senza il rischio di provocargli un coccolone.
Uno, due, tre.
Alessandro riaprì gli occhi, ma quando vide le espressioni confuse sui volti dei familiari capì subito che qualcosa non andava. Istintivamente si guardò alle spalle senza però riuscire a vedere altro che il muro accanto alla porta d'ingresso. La sua schiena era identica al solito senza alcunché di strano o eccezionale.
Stupito e deluso fece allora un secondo tentativo, e a seguire un terzo, un quarto, un quinto...niente. Per qualche ragione a lui ignota, il suo corpo non rispondeva ai comandi.
Nel frattempo, il resto della famiglia lo fissava impassibile, in attesa di qualcosa che lui non era più in grado di realizzare. Alessandro si sentì divorare dalla vergogna. Dopo una défaillance del genere crederlo un mitomane mezzo pazzo sarebbe stato il minimo sindacale.
''Io non...non capisco'' bofonchiò confuso. ''Ha sempre funzionato prima''
Nello stesso istante in cui finì la frase quattro tentacoli lunghi almeno un metro e mezzo spuntarono dalla schiena di suo padre, per poi restarsene fermi a mezz'aria, le estremità affilate puntate dritte verso di lui.
''Intendevi questi?'' chiese Umberto con nonchalance mentre alzava un sopracciglio.
Di fronte a quella sconcertante rivelazione Alessandro non parlò, né fece altro. Il terrore gli aveva paralizzato i muscoli, impedendogli di compiere persino le azioni più semplici.
L'unica cosa che riuscì a fare fu tenere gli occhi fissi sulle estremità serpentine che spuntavano dalla schiena di suo padre. Dal modo in cui se ne stavano erette in alto ondeggiando in maniera quasi impercettibile, ad Alessandro ricordavano dei cobra reali pronti ad attaccare.
''Che succede, tesoro?'' chiese Elisa con dolcezza.
Distolto lo sguardo dalle estremità dei tentacoli Alessandro concentrò la propria attenzione verso la madre, e a quel punto la paura che provava raggiunse vette semplicemente inconcepibili. Il volto di Elisa era stato rimpiazzato da un grosso muso da leonessa.
''Ti senti male?'' domandò preoccupata, aggrottando la fronte coperta di pelo fulvo.
''È soltanto sconvolto'' le spiegò Alice in tono pratico.
Alessandro sbirciò subito verso la sorella, che al pari di Elisa, aveva assunto anche lei fattezze bestiali. Sia la sua faccia, che le mani, erano quelle di una lupa dal folto manto grigio cenere.
Alessandro deglutì, mentre un tremore incontrollabile cominciava ad agitargli le gambe.
''Povero Alex'' commentò Alice, scrutandolo con la stessa espressione che di solito si riservava ad un passerotto gravemente ferito. ''Credeva di essere l'unico e adesso non riesce più nemmeno a trasformarsi''.
Elisa abbassò gli occhi, delusa.
''Oh, che peccato'' disse amareggiata. ''Avrei tanto voluto che potesse unirsi a noi, ma ora...''
''È diventato impossibile'' concluse Alice per lei.
Stese il braccio sul tavolo finché non si trovò sopra il kiwi che era scivolato giù dalla fruttiera poco prima, e dopo averlo infilzato con l'artiglio del dito indice se lo cacciò tra le fauci. Mentre lo masticava le sue mascelle si muovevano su e giù con voracità ferina, esattamente come avrebbe fatto un cane.
Apparentemente incurante del comportamento o delle sembianze della figlia, Elisa si appoggiò contro lo schienale della sedia ed emise un profondo respiro.
''Purtroppo hai ragione'' ammise in tono mesto, ''le regole sono regole''
Finito di masticare Alice inghiottì il kiwi ormai ridotto in poltiglia, e si passò la lingua sulle labbra coperte di pelo.
''E le regole vanno rispettate'' disse con aria saputa, quasi stesse recitando una formula matematica durante un'interrogazione. ''Giusto, mamma?''
''Ma certo, tesoro'' confermò sorridendo Elisa prima di tornare a guardare Alessandro. ''Sempre''
''Senza eccezioni'' aggiunse divertita Alice.
Fraintendendo il panico che trasudava dall'espressione attonita del figlio come una reazione dovuta al fatto di non aver capito, Elisa cercò di venirgli incontro. Le iridi che spiccavano sul suo muso da felino erano di un intenso color ambra.
''Concedi uno sgarro e presto dovrai accettarne cento'' spiegò paziente, ''e se consenti cento sgarri...''
''La regola finisce col perdere di significato'' concluse pacato Umberto.
A differenza di Elisa e della figlia, da quando aveva rivelato la sua vera natura Umberto non sembrava essersi mai mosso. Continuava a restarsene immobile come una statua di marmo, le mani intrecciate sul tavolo, e i minacciosi tentacoli sospesi alle proprie spalle.
Anche se aveva mantenuto sembianze umane, per Alessandro non era meno estraneo di un alieno.
''Dite che dovremmo farlo ora?'' domandò impaziente Alice, fissando entrambi i genitori.
''Credo proprio di sì'' rispose sua madre in tono gioviale.
Alice sfoderò un sorriso che mise in mostra la chiostra di zanne scintillanti, spingendo Elisa a fare una precisazione.
''Ma la decisione finale spetta sempre a tuo padre''. Si voltò verso il marito ed inclinò la testa di lato con aria interrogativa. ''Che ne pensi, amore?'
Umberto però non incrociò lo sguardo della moglie, preferendo invece concentrarsi subito su Alessandro. Mentre il vento ululava fuori dalla finestra padre e figlio si scrutarono in silenzio senza spiccicare parola, finché sulle labbra del capofamiglia degli Olivieri non affiorò un accenno di sorriso.
Alessandro se ne accorse, ed aggrappandosi a quel gesto come un naufrago ad un salvagente sperò che Umberto dicesse qualcosa, ed intercedendo per lui ponesse fine a quella situazione inquietante e surreale. Purtroppo per lui però, quella pia illusione si infranse dopo appena una manciata di secondi.
Con la stessa rapidità con cui era apparso, il sorriso sul volto di Umberto si spense, e la sua espressione tornò a farsi impassibile, gelida come una statua di ghiaccio.
''Uccidetelo'' ordinò asciutto.
Alessandro aprì la bocca senza che da essa ne uscisse fuori alcun suono, mentre nel frattempo sua madre e sua sorella si voltavano verso di lui.
La pelle coperta di pelliccia sui loro musi si increspò in innumerevoli pieghe quando misero in mostra le file di zanne bianco splendente che celavano all'interno delle fauci, socchiuse in quella che doveva essere la raccapricciante parodia di un sorriso.
A quel punto avvenne tutto molto in fretta.
Alice ed Elisa scattarono in piedi con una velocità innaturale, e compiendo un fulmineo balzo in avanti gli piombarono dunque addosso, mandandolo a gambe all'aria senza nemmeno dargli la possibilità di reagire. Nel momento in cui sentì le zanne penetrargli nella carne Alessandro gridò.
Non appena ebbe aperto gli occhi, Alessandro capì di trovarsi nel proprio letto. La stanza che condivideva con Alice era illuminata dalla luce del mattino, anche se i raggi del sole che filtravano dalle tende color arancio avrebbero potuto trarre in inganno, dando l'impressione che fosse l'ora del tramonto.
Sua madre sedeva sul bordo del materasso e lo guardava stando china su di lui. A giudicare dall'espressione che aveva in volto sembrava preoccupata.
''Tesoro'' disse in tono affettuoso, ''tutto bene?''
''Sì, tutto bene'' rispose Alessandro, ondeggiando nervosamente il capo in segno d'assenso.
Nonostante avesse cercato di nasconderlo, il tremore nella sua voce era troppo evidente perché Elisa potesse ignorarlo.
''Hai avuto un incubo?''
Rendendosi conto che fosse inutile mentire, Alessandro si limitò a far di sì con la testa.
''Mi dispiace'' disse sua madre accarezzandogli la guancia. ''Ne vuoi parlare?''
''No, grazie'' rispose subito Alessandro. ''Ora sto bene''.
Nel tentativo di rassicurarla si sforzò di abbozzare un sorriso conciliante. Lei lo scrutò, apparentemente incerta se insistere sull'argomento o meno, ma alla fine decise di passare oltre.
''La colazione è pronta'' gli rivelò tranquilla.
''Ok, adesso arrivo''
''E un'altra cosa''
Recuperò qualcosa che teneva appoggiato sul materasso, nascosto alla vista dietro il suo corpo, e glielo piazzò sul petto coperto dalle lenzuola. Alessandro afferrò la piccola scatola bianca e se la rigirò tra le dita.
Era la confezione di uno Smartphone nuovo, il sostituito di quello che aveva distrutto. Una fitta di gratitudine gli trafisse lo stomaco.
''Grazie'' disse in un sussurro.
Elisa curvò le labbra in un radioso sorriso, e dopo essersi chinata in avanti, gli diede anche un caldo bacio sulla fronte.
''Non c'è di che''.
Accarezzatogli la guancia un'ultima volta si alzò quindi in piedi e fece ritorno in soggiorno, ma anche dopo che fu scomparsa oltre la soglia della camera, Alessandro continuò a tenere gli occhi puntati verso il telaio della porta.
Quando finalmente riuscì a distogliere lo sguardo per rivolgerlo alla confezione del cellulare, i ricordi del sogno da poco abbandonato avevano già cominciato a dissiparsi, come i colori di un affresco sbiadito ormai divorato dal tempo.
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