Capitolo 19 - Problemi di cuore
Sospinta dalla spirale metallica, la barretta al cioccolato e cereali soffiati scivolò giù dal proprio ripiano, cadendo dentro al box di raccolta del distributore automatico. Senza perdere un solo secondo Alessandro ficcò subito la mano attraverso lo sportello e recuperò lo snack, per poi allontanarsi insieme a Marco, lasciando così il posto agli altri studenti in fila.
''Grazie'' disse Alessandro riconoscente.
''Figurati'' si schernì Marco.
Scartata in fretta e furia la confezione Alessandro si preparò ad addentare la barretta, ma prima che potesse farlo l'amico gli parlò di nuovo.
''Senti, la crema che hai usato, dici che funziona anche per le irritazioni?''
''Ti ho già detto che non ho usato nessuna crema'' ribatté Alessandro con impazienza.
''Sì, lo so, ma me la potresti prestare comunque?'' insistette Marco, ignorando la sua obiezione.
''Non posso darti qualcosa che non ho'' disse Alessandro esasperato,''e in ogni caso a che ti serve?''
''Mi è venuto uno sfogo'' confessò Marco a bassa voce.
''E perché non chiedi a tua madre di...''
''Non posso chiedere a mia madre di comprarmi una cosa simile!'' sbottò indignato Marco. ''Mi domanderebbe subito il motivo e...ah, lasciamo stare''
Dato che erano diretti al cortile esterno iniziarono a scendere le scale che conducevano al piano terra, tuttavia, proprio quando si apprestavano a raggiungere il primo pianerottolo, Alessandro incrociò lo sguardo con le tre persone al mondo che in quel momento aveva meno voglia di incontrare.
Matteo, Giovanni e Andrea stavano salendo i gradini di pietra procedendo nella direzione opposta alla loro, e ormai mancavano solo un paio di metri prima che si trovassero faccia a faccia.
Con un guizzo tanto improvviso quanto inaspettato la barretta di Alessandro schizzò fuori dalla confezione, e compiendo un ampio arco a mezz'aria atterrò sul pianerottolo, dove si spezzò in quattro frammenti diversi.
Il trio smise immediatamente di salire le scale, e per qualche secondo nessuno disse né fece nulla, ma fu sufficiente che Alessandro abbassasse lo sguardo sulla confezione ormai vuota che continuava a stringere in mano, perché Matteo e Giovanni scoppiassero in una fragorosa risata.
Andrea invece rimase in silenzio. Dal modo in cui lo osservava con gli occhi spalancati, sembrava quasi che temesse di vederlo saltargli addosso da un momento all'altro. Pensiero che in effetti, anche Marco dava l'impressione di condividere.
Ribaltando completamente i loro pronostici, Alessandro si limitò però a scendere le scale senza degnare di uno sguardo i tre, per poi chinarsi a raccogliere dal pavimento i pezzi del suo snack.
Riavutosi dallo sbigottimento iniziale Marco lo raggiunse sul pianerottolo, giusto in tempo per assistere incredulo all'amico mentre soffiava sopra ciò che restava della barretta, e si cacciava tutto quanto in bocca.
''Non è che dopo andrai in bagno a vomitare, vero?'' chiese tra l'ironico e il disgustato.
Con le guance gonfie di riso soffiato e cioccolato al latte, Alessandro lo guardò come se avesse appena proposto di accendere un falò usando banconote da cinquanta Euro.
''Sbai sghergando?'' farfuglio con la bocca piena. ''Non boffo sbregare gibo''
E poiché Marco non sembrava aver capito una sola parola, inghiottì il gigantesco boccone.
''Ho rispettato la regola dei venti secondi e il pavimento mi sembra abbastanza pulito'' commentò Alessandro a mo' di giustificazione.
''In realtà sarebbero cinque i secondi'' gli fece notare Marco, ''e comunque quella regola non funziona''
''Ok, sono spacciato'' ammise Alessandro sarcastico. ''Quindi possiamo andare adesso?''
Marco alzò gli occhi al cielo, ma poi gli fece cenno di precederlo. Raggiunto il piano terra, uscirono nel cortile esterno e si misero a passeggiare attorno al campo da basket, dove in quel momento alcuni ragazzi di quinta stavano disputando una partita quattro contro quattro.
Non erano ancora arrivati ai confini del campetto dal calcio, quando Alessandro si fermò di colpo.
''Lo senti quest'odore?'' chiese eccitato, ruotando la testa da una parte all'altra.
''Quale odore?'' domandò perplesso Marco.
''Questo'' rispose Alessandro con semplicità, ''sembra...''.
Diede qualche annusata all'aria, per poi emettere un lungo sospiro.
''Confettura di albicocche'' concluse sognante.
''Non credo sia il periodo delle albicocche, ma magari qualcuno sta facendo una marmellata'' ipotizzò Marco scrollando le spalle.
''Già'' confermò annuendo Alessandro.
Il suo sguardo si fece improvvisamente vacuo, come se fosse stato rapito da un pensiero inconfessabile. Marco lo fissò preoccupato, ma prima che potesse dire alcunché Alessandro sembrò riacquistare lucidità.
''Quando aprirai quel vivaio ricordati di prendere tanti alberi da frutto'' gli consigliò in tono pratico. ''Sono importanti gli alberi da frutto''. Puntò lo sguardo verso il cielo, mentre le sue labbra si curvavano in un sorriso. ''Specie le albicocche''
Archiviato quel bizzarro siparietto ripresero a camminare, costeggiando il campetto all'ombra dei tigli. Mentre procedevano sull'erba umida emettendo dense nuvolette di condensa dopo ogni respiro, Marco non smise di scrutare l'amico con la coda dell'occhio. Sebbene dubitasse di poter incappare in un'occasione migliore, la paura di scoprire quale sarebbe stata la sua reazione gli fece attendere diversi secondi in più del necessario.
''Hai sete?'' chiese subito prima di aggirare il bordo del campo da gioco.
''Sete, no'' rispose Alessandro tranquillo.
''Ultimamente ti senti più stanco del solito?'' proseguì Marco.
''No''
''Ti sembra di andare in bagno più di quanto facevi una volta?''
Alessandro inchiodò sul posto.
''Ma che stai dicendo?!'' sbottò fulminandolo con un'occhiataccia.
Intimorito da quello scatto improvviso Marco abbassò la testa.
''No, ecco...''. Si massaggiò nervosamente il retro del collo. ''Ieri stavo pensando a quello che ti è successo la settimana scorsa, e così ho fatto qualche ricerca su internet per cercare di vederci meglio''. Tornò ad incrociare il suo sguardo. ''Capire la ragione di questa fame assurda che hai negli ultimi tempi, insomma, e così...'
Mentre un brivido gelido gli risaliva lungo la schiena, Alessandro deglutì. Nonostante il suo primo impulso fosse stato quello di scappare, sperare di riuscire a muovere persino un singolo passo rasentava l'utopia. A causa del panico che gli attraversava ogni fibra del corpo, sembrava quasi che si fosse trasformato in una trave di quercia e i muscoli non rispondevano ai comandi.
''Non è che hai il diabete?'' chiese Marco alla fine.
Alessandro sgranò gli occhi.
''Il diabete?'' ripeté incredulo.
''Causa anche irritabilità improvvisa'' lo informò Marco.
''Ho solo fame, ok?'' tagliò corto Alessandro, nonostante fosse palesemente sollevato.
''Dovresti comunque farti visitare'' insistette Marco paziente. ''Cambiamenti così improvvisi non sono mai un buon segno. Potrebbe anche essere ipertiroidismo''
''Secondo te la Bianchi oggi interroga?'' domandò Alessandro a bruciapelo.
''N-non lo so'' balbettò Marco, completamente spiazzato da quel brusco cambio d'argomento. ''Perché, non hai studiato?''
''A casa ho avuto da fare'' confessò Alessandro evasivo.
''Nel caso venissi estratto, ti consiglio di optare per qualcosa di più convincente''
Alessandro sorrise.
''Sì, lo credo anch'io''
Notando dei funghi dall'intenso color crema, che crescevano alla base di uno dei tigli lì accanto, si sentì venire l'acquolina. Chissà se erano commestibili. Doveva subito controllare sullo Smartphone. Prima ancora che potesse infilare la mano in tasca, il ricordo di quanto accaduto al cellulare gli risparmiò quel gesto inutile.
Stava per chiedere a Marco se gli poteva prestare il suo, quando dall'amico si levò un brivido.
''Hai freddo?''
''Oggi è peggio di una ghiacciaia'' disse Marco soffiandosi sulle mani a coppa. ''Si può sapere perché diavolo siamo usciti?!''
''Per fare due passi?'' ipotizzò Alessandro ironico.
''Ti dispiace se li facciamo dentro?''
Alessandro scrollò le spalle con noncuranza, e Marco accolse quel gesto con tale soddisfazione che senza perdere un solo secondo fece subito marcia indietro, avviandosi in direzione della scuola.
Data un'ultima occhiata ai funghi giallo carico che spuntavano alla base del tronco, e giurando a sé stesso di controllare alla prima occasione a quale genere appartenessero, Alessandro gli andò dietro.
Anche se lui si sentiva a suo agio come durante una tiepida giornata primaverile, Marco non sembrava essere il solo a sentire freddo, dato che a parte i giocatori impegnati nella partita a basket, fuori dall'edificio principale si vedevano ben pochi studenti.
Tra questo sparuto gruppetto Alessandro distinse un ragazzo basso e anche un po' grassottello, che riconobbe all'istante come Niccolò, uno dei suoi compagni di classe. La cosa più sorprendente però non era che si trovasse all'aperto nonostante il tempo inclemente, bensì l'identità della sua accompagnatrice.
Si trattava della stessa ragazzina cogli occhiali a fondo di bottiglia e i denti storti della terza C, che lui aveva sospettato in passato essere la mandante della falsa lettera d'amore.
Camminando mano nella mano i due procedevano nella loro direzione parlottando a bassa voce e scambiandosi sguardi ammiccanti, finché, quando ormai si trovarono a metà strada, la ragazzina scoppiò a ridere come se avesse appena sentito una battuta particolarmente spassosa.
Per un folle e assolutamente irripetibile istante, Alessandro si sentì avvampare da una stranissima sensazione che lui stesso fece molto fatica ad identificare, e quando finalmente ci riuscì, fu quasi sconvolto nell'apprendere che si trattava di invidia.
Costernato, confuso, oltre che imbarazzato a livelli difficilmente concepibili, continuò a proseguire insieme a Marco verso la scuola, e quando passò accanto alla coppia finse di non averla nemmeno vista. Temendo di impazzire se non avesse detto qualcosa alla svelta, Alessandro si voltò verso l'amico e diede voce al primo pensiero che gli venne in mente.
''Come va con Maria?'' chiese con nonchalance.
Aveva appena finito di pronunciare la domanda e già si sentiva un totale idiota per averlo fatto. Tra tutti gli argomenti che avrebbe potuto sollevare, quello era senza dubbio l'ultimo di cui desiderava discutere.
Marco si incupì.
''Abbiamo litigato'' rivelò mesto.
Pur non essendo affatto sbalordito, Alessandro si sforzò comunque di adoperare un tono di vaga sorpresa.
''Davvero, e perché?''
''Ieri siamo stati a fare un giro su a Monza'' gli raccontò Marco, infilandosi le mani nelle tasche del giaccone. ''Abbiamo visto qualche negozio, mangiato un kebab, e poi siamo andati al parco per...''.
Ammutolì di botto, come se si fosse reso conto di non poter concludere la frase nel modo che immaginava all'inizio.
''Per passeggiare''
Anche se la sua voce tradiva l'imbarazzo di uno che era stato costretto ad inventare sul momento, Alessandro finse di non accorgersene.
''All'inizio è filato tutto normale, ma dopo un po' abbiamo cominciato a chiacchierare del più e del meno e...''
''E...'' ripeté Alessandro paziente.
''Dannazione, ragiona in maniera assurda!'' sbottò Marco guardandolo negli occhi.
''Assurda in che cosa?''
''In tutto'' rispose stizzito Marco. ''Specialmente la politica''
Stavano per salire i cinque gradini che conducevano al porticato dell'edificio, quando un trio di ragazze immerse in un'appassionata conversazione sbucò davanti a loro, preparandosi a scendere la breve scalinata.
Alla vista del gruppetto Marco si interruppe. Trattandosi di alcune delle migliori amiche di Maria, la prudenza gli suggerì di attendere di averle superate prima di parlare di nuovo.
''Fa discorsi senza senso, propone soluzioni fuori di testa'' gli sussurrò dopo che si furono riparati dietro ad una delle colonne del porticato. ''Sembra quasi che viva in un universo alternativo. Hai presente I Griffin? Ecco, uguale, solo meno realistico''
''Magari hai semplicemente frainteso'' ipotizzò cauto Alessandro.
Marco lo guardò di traverso con aria palesemente scettica.
''Sto solo cercando di essere incoraggiante'' si difese Alessandro alzando le mani.
''Temo ci sia poco da incoraggiare'' ribatté Marco appoggiandosi al parapetto che dava sul cortile.
A quanto pareva, l'agitazione indotta dalla discussione gli aveva fatto dimenticare il freddo pungente.
''Almeno le sono piaciuti i braccialetti?'' chiese Alessandro, mentre prendeva posto accanto a lui.
''Quelli sì'' ammise Marco, curvando le labbra in un sorriso amaro. ''In effetti, era una delle poche cose su cui non eravamo in disaccordo''.
Si voltò a controllare che non ci fosse nessuno alle sue spalle, e quando se ne fu sincerato, riprese a parlare a voce molto più bassa.
''Lo so che non ti consideri un esperto, ma onestamente, tre minuti e mezzo secondo te possono essere considerati eiac...''
''Internet!'' esclamò Alessandro, interrompendolo all'istante. ''Puoi farmi tutte le domande che vuoi, ma per queste cose devi chiedere a zio Intenet''. Lo fissò dritto negli occhi e scandì le parole successive con decisione. ''Non-ne voglio-discutere-ok?''
Marco sospirò e dopo essersi voltato appoggiò la schiena contro il parapetto in cemento.
''Dio, quanto sei bigotto a volte'' commentò roteando gli occhi al cielo.
Scattando con una prontezza che sarebbe stata giustificata solo da un colpo di pistola nelle natiche, Alessandro afferrò Marco per le spalle, e dopo averlo sollevato a mezz'aria come se si trattasse di una bambola di pezza, gli diede un brusco scossone.
''Io non sono bigotto!'' sbottò indignato.
Colto di sorpresa da quell'azione improvvisa, ed impossibilitato a muoversi a causa della stretta che lo tratteneva, per diversi secondi Marco si limitò a fissarlo con un'espressione sbigottita stampata in faccia.
Trascorsi quegli istanti di sorpresa iniziale però, il ragazzo abbassò lo sguardo verso terra, ed imitato dall'amico si mise a fissare il pavimento distante cinquanta centimetri. Raggiunto subito dopo da un'occhiata eloquente, Alessandro lo rimise giù con delicatezza.
''Aho'' commentò Marco massaggiandosi la spalla sinistra.
''Scusa'' disse Alessandro imbarazzato. ''Vedi, è che...''. Si chinò su di lui e gli sussurrò in tono confidenziale. ''Non sono bigotto, davvero. È solo che mi vergogno a parlarne''
Marco gli rivolse uno sguardo accondiscendente, che però non ottenne altro effetto se non quello di incrementare ulteriormente il suo disagio. Nel tentativo di sottrarvisi Alessandro tornò ad appoggiarsi al parapetto, ma non appena l'ebbe fatto il suo volto si illuminò.
''Ehi, guarda là'' disse rivolgendo un cenno verso il lato opposto del cortile. ''Parli del diavolo''
A differenza dell'amico, per capire a cosa si stesse riferendo Alessandro, Marco dovette strizzare gli occhi. A giudicare dalla sua reazione di assoluto stupore, scorgere Maria seminascosta dietro le colonne del porticato era l'ultima cosa che si aspettava di vedere.
''Cosa ci fa lì?'' chiese aggrottando la fronte. ''Mi aveva detto che doveva ripassare per il compito di fisica''
Alessandro scrollò le spalle.
''Boh'' ammise con semplicità, ''vuoi andarci a parlare?''
''Credo di sì'' confermò Marco. ''Mi aspetti un minut...''
Non aveva ancora finito la frase quando una delle porte che davano sul porticato si aprì all'improvviso, facendone uscire un ragazzo alto dai capelli scuri che doveva essere almeno di quarta. Maria gli andò incontro non appena lo vide, finché i due non si trovarono faccia a faccia.
Immobile con le mani strette sul bordo del parapetto in cemento, Marco osservava la scena in silenzio. Alessandro non ebbe certo bisogno di chiederglielo per sapere quello che gli passava per la testa.
''Forse non è come sembra'' gli sussurrò nel tentativo di rassicurarlo. ''Mi pare di ricordare che Maria avesse un fratello più grande''
Colmando in un passetto i pochi centimetri che li separavano, Maria afferrò il bavero del giaccone del ragazzo, e dopo averlo spronato a chinarsi su di lei, gli scoccò un lungo bacio sulle labbra.
Nonostante la verità fosse ormai inconfutabile, Marco non disse nulla, reagendo alla scena come se avesse appena assistito al siparietto romantico di due perfetti sconosciuti. Paradossalmente, fu proprio l'amico quello che recepì peggio la notizia. Mentre fissava la coppia profondersi in quella manifestazione di affetto, Alessandro cominciò a valutare seriamente l'ipotesi di cambiare forma in qualcosa di molto piccolo, per poi far perdere le proprie tracce. Possibilmente a tempo indefinito.
''Magari la loro è una famiglia particolarmente espansiva'' ipotizzò disperato.
Marco accennò un sorriso.
''Lo senti questo rumore?'' domandò con la massima tranquillità.
Alessandro lo fissò confuso, ma lui continuò a tenere gli occhi puntati in avanti, senza distogliere lo sguardo dalla coppia.
''È il suono di due gigantesche corna che crescono'' rivelò pacato Marco.
Il bacio durò ancora per pochi, lunghi, sgradevolissimi secondi, e anche se Alessandro trovò l'esibizione al limite della tortura, allo stesso tempo non fu neanche in grado di distogliere lo sguardo. L'ostinazione con cui Marco continuava a fissare la coppia da lontano, quasi stesse cercando di trasmettere una sorta di messaggio mentale alla fidanzata, sembrava averlo contagiato.
In ogni caso, quando finalmente l'effusione ebbe termine, e Maria si decise ad allontanare le labbra da quelle del compagno, la prima cosa che fece fu anche l'ultima a cui lui avrebbe voluto assistere. Per ragioni che andavano al di là di ogni speranza di comprensione, la ragazza voltò la testa proprio verso di loro.
Data la distanza l'amico ovviamente non se ne accorse, ma Alessandro distinse chiaramente le guance di Maria tingersi di un acceso rosso peperone, nell'istante stesso in cui il suo sguardo si incrociò con quello di Marco.
Seguì qualche attimo di tormentosa incertezza, durante i quali entrambi i diretti interessati si limitarono a fissarsi senza fare altro, poi Marco si allontanò dal parapetto, dirigendosi verso il primo ingresso disponibile.
Alessandro lo seguì.
Essendo il pianterreno riservato agli alunni delle medie, mentre andava dietro all'amico Alessandro fu costretto a farsi strada attraverso frotte di ragazzini, che per la maggior parte gli arrivavano appena all'ombelico.
A causa della calca che c'era in quella zona dell'edificio, prima di raggiungere la scalinata che conduceva al piano superiore ci misero tre minuti buoni. Proprio quando ormai si stavano apprestando a mettere piede sui gradini di pietra, Maria sbucò dal corridoio opposto a quello da cui erano venuti.
Marco inchiodò all'istante.
Dal modo in cui si fissavano senza parlare, appariva fin troppo lampante che nessuno dei due spasimanti avesse il coraggio di compiere il primo passo, anche se alla fine fu Maria a farsi carico di quell'onere.
Emesso un sospiro come per farsi coraggio, si infilò una mano nella tasca del giubbotto, mentre con l'altra si scostava una ciocca color caramello dalla fronte.
''Senti...''
Non lasciandole il tempo di finire Alessandro fece un passo avanti, e stendendo il braccio in un gesto plateale, assunse una posa che ricordava in maniera sorprendente quella di un prete nel bel mezzo di un esorcismo.
''Vade retro, creatura delle tenebre!'' declamò con voce imperiosa.
Nonostante non avessero la più pallida idea di quale fosse la ragione alla base della battuta, molti ragazzini nelle vicinanze scoppiarono subito a ridere.
Il volto di Maria si fece livido.
''Vuoi un calcio nelle palle?'' sibilò furente.
Per nulla intimorito Alessandro incrociò le braccia davanti al corpo, per poi curvare le labbra in un ghigno beffardo.
''Puoi provarci'' la provocò in tono strafottente.
A giudicare dalla sua espressione Maria sembrava assolutamente pronta a raccogliere la sfida, ma Marco riuscì ad impedire che la situazione degenerasse poggiando una mano sul braccio dell'amico.
''Ritirati in pace, guerriero della luce'' disse conciliante mentre si frapponeva tra lei ed Alessandro. ''Ci penso io''
Maria parve calmarsi, anche se prima di salire le scale Alessandro fece in tempo a scambiare con lei un'occhiata, con cui entrambi si dichiararono a vicenda tutto il proprio reciproco disprezzo.
Quando suonò la campanella che annunciava la fine della ricreazione Alessandro si trovava già seduto al proprio banco, in attesa che iniziasse la prima lezione del pomeriggio. Trattandosi di matematica era ovvio che sarebbe stato un totale disastro, ma perlomeno avrebbe potuto rifarsi nell'ora successiva.
A quel punto infatti c'era storia, e lui si era preparato per bene. Se la Cominetti avesse interrogato, si sarebbe offerto subito volontario. Dato che non aveva alcun senso perdere tempo con trigonometria, decise perciò di concentrarsi fin da subito su questo compito.
Marco prese posto nel banco accanto al suo, mentre Alessandro stava ancora ripassando il paragrafo sulla battaglia di Lipsia dalla propria copia di La storia sotto la lente. Nel momento in cui si accorse dell'arrivo dell'amico, chiuse il libro con un colpo secco.
''Allora?'' gli chiese incuriosito.
Marco abbassò lo sguardo sul banco e scrollò le spalle.
''È andata'' confessò in tono piatto. ''Siamo liberi come fringuelli di bosco''
''Credo sia la cosa migliore per entrambi'' commentò pacato Alessandro, cercando di mostrarsi il più delicato possibile.
''Non posso darti torto'' ammise Marco, accennando un sorriso amaro. ''Bentornata solitudine''
Compiendo uno scatto improvviso Alessandro si sporse verso l'amico e gli cinse la spalla col braccio, avvicinandolo a sé in un gesto espansivo.
''Bentornato nel club, fratello'' lo corresse affabile lui, e stese il braccio in avanti come a voler indicare l'orizzonte. ''Noi, scapoli involontari in un mondo ostile''
Marco scosse la testa, ma rise comunque.
Visto che Ronzini sarebbe arrivato da un momento all'altro, Alessandro mise via il libro di storia e lo sostituì con quello di trigonometria.
Marco fece subito altrettanto, ma mentre stava tirando fuori il proprio Fondamenti di matematica, nella fretta finì per estrarre pure un grosso tomo dalla copertina nera, che quindi cadde sul pavimento con un tonfo.
Prima di quel momento Alessandro non l'aveva mai visto, anche se a giudicare dall'aspetto era evidente che non si trattasse di un libro di testo.
''Che hai lì?'' gli chiese accennando al volume.
''Niente, un regalo di papà che stamattina per sbaglio ho messo nello zaino'' rispose con noncuranza mentre lo raccoglieva da terra. ''In effetti, capita proprio a fagiolo. Ora credo di essere abbastanza depresso per iniziarlo''
Fece per riporlo nella cartella, ma Alessandro lo anticipò.
''Fa un po' vedere''
Marco voltò verso di lui la copertina dallo sfondo nero, al cui centro svolazzava un palloncino rosso, proprio sotto le grosse scritte bianche che riportavano l'autore e il titolo del libro.
STEPHEN KING – IT
''Uhm, interessante'' commentò Alessandro.
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