Capitolo 100 - La dura realtà

Completamente sbalorditi dalla metamorfosi improvvisa, Yoshi, Daisuke e Saito sobbalzarono sulla sedia. In effetti, lo shock si rivelò talmente intenso, che persino Jiro reagì come se non fosse davvero a conoscenza della sua reale identità. L'ultimo ad accorgersi della trasformazione fu quindi Keita, che essendo ancora impegnato a bere dal boccale, impiegò qualche secondo in più degli altri per rendersene conto.

Nell'istante in cui vide una testa di volpe, lì dove fino a pochi istanti se ne trovava una umana, i suoi occhi si fecero enormi, e poi spruzzò tutto ciò che aveva in bocca fuori dal naso. A quel punto ogni briciolo di attenzione converse ovviamente su di lui, ma anche se Daisuke e gli altri si offrirono subito di aiutarlo, dandogli alcune pacche sulla schiena, asciugando la birra dal tavolo, oppure offrendogli dei panni umidi con cui pulirsi la faccia, prima che Keita smettesse di tossire fu necessario quasi un minuto.

Non meno scioccato del resto della comitiva, Alessandro fece nel frattempo riacquistare al suo viso forma umana, e poi si mise ad asciugare la zona bagnata col tovagliolo.

''Scusami tantissimo'' disse in tono contrito, ''non volevo andasse a finire così''

Alla vista della sua mano così vicina a lui, Keita si lasciò sfuggire un versetto stridulo, ma riuscì a nasconderlo almeno in parte dando un ultimo colpo di tosse.

''Cosa sta succedendo?'' chiese con la voce ridotta quasi ad un sussurro.

''Non è stato uno scherzo'' rispose Alessandro dando un'ultima passata col tovagliolo ormai zuppo, ''prima Jiro-san ha detto la verità''

Keita aprì e chiuse la bocca per diverse volte, trovando il coraggio di parlare solamente quando tutti furono tornati a sedersi ai propri posti.

''Ma questo significa...che lei è...''

''Sì, Suzuki-senpai, proprio lui'' lo interruppe Saito.

Daisuke curvò le labbra in un sorriso scherzoso.

''A meno che non sia una kitsune in incognito'' ipotizzò ironico.

''Una cosa?'' domandò Alessandro inclinando la testa di lato.

''È veramente l'amico di tastiera di Jiro-san?'' domandò Keita, che stava lentamente cominciando a riaversi dallo shock.

''No, è una scusa che si è inventato per giustificare la mia presenza qui'' gli spiegò Alessandro, incrociando lo sguardo con Jiro.

Il ragazzo arrossì.

''Come mai allora conosce Jiro-san?'' si fece avanti Saito.

''Mentre venivo da voi mi ha aiutato a liberarmi da un gruppo di Mirai Nashi'' confessò Jiro prima che Alessandro potesse rispondere. ''Dovevate vederlo. È stato incredibile!''

''Hai detto tu stesso che non rischiavi nulla'' gli ricordò Alessandro.

''Kama-sama è molto modesto'' disse Jiro ammirato.

''Sul serio viene dall'Australia?'' chiese Daisuke a bruciapelo.

Alessandro sorrise.

''Di sicuro non gestisco un import-export''

Capendo che quella battuta era un modo per schivare l'argomento, Daisuke non insistette.

''Perché diavolo non ci hai detto niente?'' sbottò Keita rivolgendosi a Jiro. ''Stiamo cenando con Kama-sama da più un quarto d'ora e tu hai permesso che dicessimo tutte quelle cose senza nemmeno cercare di fermarci. Che figura ci fai fare?!''

Jiro divenne paonazzo per la vergogna, e anche se non era stato neppure citato, pure Yoshi abbassò la testa.

''Non prendetevela con lui, sono stato io che gli ho chiesto di non rivelare chi fossi veramente'' ribatté Alessandro mettendosi in mezzo. ''Vi chiedo perdono se così facendo vi ho mancato di rispetto''. A quel punto si inchinò, e lo fece così profondamente, che giunse a sfiorare il bordo del proprio bicchiere con la fronte

Di fronte a quello spettacolo, tutti coloro che sedevano al tavolo sbarrarono gli occhi all'unisono.

''No, no, no non lo dica neanche'' si affrettò a dire Keita, agitando le mani nel tentativo di farlo smettere, ''noi capiamo''

''Sì, infatti'' gli fece eco Saito, mentre il resto dei commensali annuiva vigorosamente in segno d'assenso. ''Considerata la sua posizione, deve essere normale viaggiare in incognito''

Alessandro raddrizzò la schiena e poi gettò una rapida occhiata in direzione del tavolo dei vicini. Dal modo in cui ridevano tra una battuta e l'altra, non sembravano essersi accorti di nulla.

''Di solito è così'' ammise mentre tornava a guardare Saito, ''tuttavia, non mi dispiace affatto essere trattato come una persona qualunque. Detesto che la gente mi guardi come se fossi una specie di alieno''

Fu allora che si rese conto della veridicità di quelle parole. Ad eccezione di Jiro e Yoshi, le cui espressioni trasmettevano un'incondizionata ammirazione nel primo caso, e una timorosa titubanza nel secondo, gli sguardi dei commensali non avrebbero potuto calzare meglio alla definizione da lui fornita.

''Ecco, è questo a cui mi riferivo'' disse Alessandro amareggiato.

Come se li avesse appena colpiti con una sferzata, tutti e cinque i ragazzi si inchinarono all'unisono.

''Sumimasen deshita, Kama-sama'' dissero in coro.

Quelle parole sancirono la pietra tombale sulla speranza di trascorrere una serata tranquilla. Dire la verità era stato un errore.

''Sentite, voi siete stati tutti gentilissimi con me'' esordì pacato, ''ma credo sia meglio che adesso vada''

Jiro spalancò la bocca per ribattere, ma Alessandro rispose alla sua obiezione prima ancora che potesse esprimerla.

''È evidente che sono di troppo e non voglio rovinarvi la serata''. Guardò il punto del tavolo ancora umido in cui Keita aveva versato la birra. ''Anche se ho già fatto abbastanza''

Si alzò in piedi, per poi inchinarsi per l'ennesima volta.

''Sumimasen deshita e arigato Gozaimasu''

''No, la prego non se ne vada!'' lo supplicò Jiro disperato. ''Resti pure con noi, lei non ci crea alcun fastidio, anzi è un onore averla qui''. Si voltò a guardare gli amici in cerca di sostegno. ''Vero?''

''Certo!'' esclamò Saito con trasporto. ''Assolutamente!''

''La prego, rimanga'' si aggiunse Keita, ''ci farebbe molto piacere''

''Sicuro'' confermò Daisuke.

Yoshi non parlò, ma annuì più volte in segno d'assenso.

Sentendosi con le spalle al muro Alessandro emise un silenzioso sospiro di frustrazione, ma alla fine tornò a sedersi.

''D'accordo'' disse subito dopo che ebbe preso posto. Il sorriso da orecchio a orecchio che sfoggiò Jiro, lo convinse ad aggiungere: ''Però, vi prego, non guardatemi più in quel modo, mi mette l'ansia''

''Come desidera, Kama-sama'' promisero tutti in coro, chinando simultaneamente la testa.

A voler essere onesti, di commenti da fare su quell'ultima frase ve ne sarebbero stati parecchi, ma non volendo polemizzare inutilmente decise di lasciar perdere.

''E potete anche smetterla di chiamarmi Kama-sama'' li incoraggiò lui, sorridendo conciliante, ''basta san, oppure niente, ma anche chan mi va bene''

L'intera tavolata sbarrò gli occhi come se avesse appena bestemmiato.

''Ma chan si usa per i bambini'' ribatté sconvolto Keita.

Alessandro scrollò le spalle.

''In fondo, bambino un po' lo sono'' confessò con noncuranza.

A dispetto dell'espressione sbigottita con cui reagirono i suoi amici, Jiro non esitò un solo istante a venirgli in soccorso.

''È incredibile, vero?'' chiese sorridendo in preda all'eccitazione. ''Persino nel fare battute Kama-sama è insuperabile''

''Ci dispiace molto di averla fatta assistere ai nostri ridicoli battibecchi'' disse Keita sinceramente dispiaciuto, ''se avessimo saputo che era lei...''

''Ci mancherebbe pure che vi scusiate!'' sbottò Alessandro non riuscendo a trattenersi. ''Qui l'ospite sono io''. Non sapendo come replicare, Keita tenne la bocca chiusa. ''E comunque, trovo sempre molto interessante poter ascoltare delle opinioni che non siano state influenzate dalla mia presenza in veste ufficiale. Si impara sempre qualcosa di nuovo''

''E cosa ha imparato da noi?'' domandò incuriosito Daisuke.

''Che mi piacete'' rispose Alessandro affabile, ''siete tipi a posto''

Gli occhi di Saito si illuminarono.

''Veramente?'' chiese speranzoso.

''Certo'' rispose subito Alessandro.

All'inizio fu abbastanza sorpreso da tutto quell'interessamento per ciò che pensava in merito, ma poi si ricordò il discorso che aveva fatto poco prima il ragazzo, e l'espressione sul volto di Alessandro si fece improvvisamente seria.

''Ho detto che siete tipi a posto'' ribadì pacato, ''non che fossi d'accordo su tutto tutto''

Il sorriso di Saito si spense mentre le sue guance si tingevano di rosso.

''Te l'avevo detto di piantarla con quelle teorie idiote'' lo rimproverò Keita.

''Non sono idiote!'' esclamò Saito offeso. ''E non sono il solo a pensarla così''

''Chissà perché, ma la cosa non mi rassicura per niente'' ribatté sarcastico Keita.

''I cinesi...''

''Ancora con questi cinesi, la vuoi piantare?!'' sbottò esasperato Daisuke. ''Tu sei ossessionato!''

''Forse'' ammise beffardo, ''ma perlomeno non mi farò cogliere impreparato nel caso dovesse capitare il peggio. In fondo, basta saper leggere i segnali per capirlo''.

Si rivolse direttamente ad Alessandro.

''Dovrebbe vedere cosa trasmettono alla loro tv. Io l'ho fatto un paio di volte. Film di guerra, chi interpreta i cattivi? Giapponesi. Spy movie, di che nazionalità sono i sabotatori? Ovviamente giapponesi. Serie tv poliziesca, chi gestisce il traffico di droga a Taipei? Sempre Giapponesi. D'altronde, la mafia autoctona in Cina mica esiste''.

A Daisuke scappò una risata, mentre gli altri si limitarono a sorridere. Lieto di aver azzeccato la battuta Saito proseguì.

''Telenovela romantica, provi a indovinare da dove viene il viscido truffatore senza scrupoli, che cerca di mettersi in mezzo alla coppietta felice, pur di approfittare della di lei innocenza?''

''Polacco?'' ipotizzò ironico Alessandro.

Questa volta fu Jiro a ridere, ma Saito lo ignorò.

''Vede quanto è ridicola la cosa'' disse prima di tornare a rivolgersi a Daisuke. ''E poi sarei io l'ossessionato. Sono loro che ci infilano dappertutto!''

Sebbene l'espressione di Alessandro fosse rimasta cordiale per tutto il tempo, un timore improvviso convinse Saito ad ammorbidire il tono.

''Non voglio essere frainteso, io non sono un'estremista'' puntualizzò portandosi le mani al petto, ''non ho niente da spartire con quei pazzi degli Uyoku dantai, che se ne vanno in giro a sventolare la bandiera del sol nascente urlando a squarciagola l'inno nazionale''.

Chinò la testa e si mise a fissare il tavolo.

''Dico soltanto che abbiamo subito molte ingiustizie, e penso che bisognerebbe fare qualcosa in proposito, ecco''. Dato che Alessandro non dava segno di voler ribattere, Saito ristabilì il contatto visivo. ''Per esempio, lo sa come ci sono state sottratte le isole Chishima? Dopo che l'Unione Sovietica di Stalin ci ha dichiarato guerra l'otto agosto del quarantacinque. Due giorni dopo Hiroshima. Ci hanno accoltellato alla schiena mentre eravamo sanguinanti e stesi a terra''.

Strinse i pugni in preda alla rabbia, gli occhi che lanciavano fulmini.

''Dico, si può essere più meschini e vigliacchi di così?!''

Nonostante lo sfogo avesse spinto Keita a scoccare un'occhiataccia all'amico, Alessandro non sembrava a disagio, e anzi continuò a mantenere lo stesso atteggiamento imperturbabile.

''Hinode-san, io comprendo la tua indignazione'' premise con voce calma, ''ma quello che mi chiedi purtroppo va al di là delle mie capacità''

''Lei può fare tutto'' affermò Saito, senza fare nulla per nascondere la propria ammirazione.

Alessandro sorrise.

''Io posso fare molte cose, però il mondo non è abitato solo da me'' ribatté paziente. ''Nel caso agissi seguendo unicamente l'istinto presto o tardi vi sarebbero delle conseguenze da affrontare''. Gli rivolse uno sguardo eloquente. ''E non saranno belle. Se quello che temi è che il Giappone possa finire nelle mire di qualcuno, hai la mia parola che questo non succederà. Non finché ci sarò io ad impedirlo. Se però mi chiedi di aiutarvi a recuperare territori che legittimamente ritenete essere vostri''.

Scosse la testa.

''Mi dispiace, ma in questo non posso seguirti. Il mio obiettivo è far sparire le guerre, non provocarle''

''Pensavo che il suo obiettivo fosse anche quello di abbattere le dittature'' insistette Saito. ''Cina e Russia sono dittature''

''Certo, lo sono'' confermò Alessandro con semplicità.

''E per quale ragione allora non fa niente in proposito?''

''Così su due piedi, di ragioni me ne vengono in mente circa undicimila'' rispose Alessandro abbozzando un sorriso amaro.

Con l'ovvia esclusione degli altri avventori che affollavano il locale, per diversi secondi nessuno aprì bocca, perlomeno finché Saito, che nel frattempo era tornato a fissare il bordo del tavolo con sguardo vacuo, non riacquistò improvvisamente il desiderio di parlare, e ruppe il silenzio.

''Non lo farebbero solo per poche isole'' sussurrò tutto d'un fiato.

''Hinode-san!'' sbottò Keita scandalizzato.

Profondamente turbato da quel rimprovero Saito ammutolì, ma Alessandro non sembrava condividere lo sdegno di Keita, e l'espressione comprensiva sul suo volto lo dimostrava chiaramente.

''Sai, anch'io la pensavo diversamente all'inizio'' gli confessò tranquillo, ''poi qualcuno mi ha raccontato una metafora molto interessante''.

Sciolse l'intreccio in cui erano legate le sue dita e, dopo aver sollevato le mani a mezz'aria, mimò due rette parallele disposte in verticale.

''Ora, immaginati un mobile con diversi scaffali, sopra cui sono riposte delle statuette di cristallo. Il mio obiettivo è sbarazzarmi degli scaffali e ci sono due modi per farlo''.

Strinse il pugno destro.

''Il primo è prendere un martello bello grosso, e menare un fendente che li spezzi tutti a metà. A quel punto addio scaffali, ma addio anche alle statuette''.

Fece finta di afferrare qualcosa di invisibile sospeso nel vuoto e lo appoggiò sul tavolo.

''Il secondo è togliere tutte le statuette dal mobile, lasciando gli scaffali sgombri, e poi...''

''Prendere il martello?'' lo anticipò Saito.

''A quel punto non sarà più necessario'' disse sornione Alessandro, ''gli scaffali si smonteranno da soli''

''E quanto ci vorrà per togliere tutte le statuette?''

''Il tempo necessario'' rispose Alessandro paziente, ''ma fidati, quel momento arriverà''

''Ma se...''

''Hinode-san, adesso basta!'' lo stoppò Keita. ''Abbiamo importunato Kama-sama anche troppo''

''Figurarsi'' li rassicurò Alessandro in tono gioviale, ''è stato un piacere''. Adocchiato un piattino di gyoza dall'altra parte del tavolo, si rivolse a colui che gli sedeva proprio di fronte, ovvero Daisuke. ''Hayashi-san, mi passi cortesemente i ravioli?'

''Certo, tenga pure'' rispose subito il ragazzo porgendogli il piattino.

''Grazie''

Alessandro si era appena infilato in bocca il primo gyoza quando Daisuke parlò di nuovo.

''Kama-sama, solo per curiosità, ma dov'è che alloggia esattamente?''

Nell'arco di un istante la faccia di Keita divenne rossa come la luce di stop di un semaforo.

''Non avevamo detto di smettere di importunare?!'' esclamò stizzito.

Alessandro rise.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top