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"Just close your eyes
and hold your breath,
because it feels right."
― Lovers on the sun, David Guetta
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Quando raggiungemmo il quartier generale, tutti i nostri compagni erano già arrivati e ci attendevano in riga di fronte ad Allistor Feyre e Kaiden Westfall. Erano tutti ancora fradici e grondanti acqua sul pavimento, le espressioni confuse o nervose. Incontrai brevemente lo sguardo di Czarina Daw in mezzo a loro, intravidi Polaris, poi io e Aryan ci unimmo alla riga senza fiatare.
Mi stupì che Allistor non avesse avuto nulla da dire al nostro arrivo. Prese a camminare lentamente di fronte a tutti noi, con le mani dietro la schiena, mentre Kaiden si appoggiò alla parete dietro di lui e incrociò le braccia, lo sguardo come sempre perso in pensieri a cui nessuno aveva accesso.
«Dall'istante in cui è suonata la sirena,» esordì Allistor, «Nessuno di voi ha minimamente dubitato che si trattasse di un altro test.»
Strinsi le sopracciglia e lo guardai per capire se fosse ironico, ma la sua espressione di pietra mi suggerì il contrario. Quell'affermazione mi aveva turbata, ma mi obbligai a non reagire.
«Sono deluso, ma non sorpreso. Nonostante ciò, avete reagito in fretta e avete saggiamente scelto di trovare un riparo,» mi sembrò calcare la parola saggiamente con un po' più di enfasi, o forse fu solo una mia impressione. «Chi di voi ha cercato i bunker lontano dal centro, congratulazioni, avete superato il test. Per quanto riguarda tutti gli altri, invece, vi ritroverete un punteggio decisamente insufficiente.»
Si sollevarono alcuni mormorii di disappunto, ma la voce di Allistor impose nuovamente il silenzio.
«Troverete i vostri risultati appesi là fuori,» accennò alla porta opposta a quella da cui eravamo entrati. «È mio dovere informarvi che questo è stato l'ultimo dei test a sorpresa. Tra circa un mese affronterete l'esame teorico e, una volta passato, potrete cominciare l'addestramento pratico sui velivoli. La precedenza sarà data a chi nell'ultimo periodo ha accumulato più punti nelle varie prove, ma comunque riceverete ulteriori istruzioni a tempo debito. Questo è tutto. Adesso dimenticate e dormite, soldati, il programma di domani non cambia. Rompete la riga. Tutti, tranne voi due.»
Quando il suo indice si alzò su me e Aryan, mi sentii sbiancare. Per un solo attimo avevo sperato che ci avrebbe lasciati andare senza una parola, ma non avrei potuto essere più ingenua. Restammo con i piedi piantati al suolo finchè anche l'ultimo nostro compagno non fu scomparso dalla stanza e mi preparai psicologicamente a ricevere la tempesta in arrivo. La porta si chiuse lentamente e il clack si propagò nel silenzio.
«Come vi è saltato in mente?» gridò con forza all'improvviso e entrambi sussultammo, colti alla sprovvista. Si era fermato a un passo da noi. «Avete idea di quante regole avete infranto? Avete idea di quanto avete rischiato?» ruggì, aveva il volto paonazzo.
Mi intromisi all'improvviso, parlando il più velocemente possibile, «È stata una mia idea, Aryan Murph non c'entra nulla, mi prendo io tutta la responsabilità e-»
«Valyrie Wade, questo non è proprio il momento di interrompermi!» tuonò.
Abbassai la testa, remissiva, sapendo di aver osato troppo.
«Salire a bordo di un jet arrampicandosi su un'ala nel mezzo di un temporale! Rischiare di decollare con visibilità zero e tempo avverso, osare a mettere in moto una macchina che non avreste saputo controllare! Sareste potuti partire all'improvviso a Mach 3 senza l'equipaggiamento opportuno e vi sareste trasformati in brandelli di carne in una frazione di secondo!»
Mentre Allistor ci urlava in faccia, il mio sguardo vagò casualmente verso Kaiden alle sue spalle e qualcosa mi trattenne a osservarlo meglio. Mi resi conto che aveva un piccolo sorriso stampato sulle labbra. Se non mi fossi soffermata probabilmente non me ne sarei accorta. Provai l'improvviso bisogno di sapere che cosa stesse pensando. Perchè quel discorso lo faceva sorridere? Era divertente? Gli ricordava qualcosa? Oppure era perso nel suo mondo? Poi le parole di Allistor ricatturarono la mia attenzione.
«Secondo voi per quale motivo non avete ancora il permesso di salire su un aeroplano? Per quale motivo dovete studiare e superare gli esami prima di tutto?»
Non riuscii a trattenermi, «Allora per quale motivo avete lasciato un C-3 aperto e pronto a partire nel bel mezzo di un test?»
«Silenzio!» fu così improvviso che quasi indietreggiai.
Vidi Kaiden sorridere un po' di più e all'improvviso alzò lo sguardo su di me, ma distolsi il mio abbastanza in fretta da evitarlo. Deglutii il blocco che mi si era formato in gola. Tutt'a un tratto non ricordavo più cosa mi avesse portato a parlare. Anche Allistor non aggiunse altro e per un attimo il tempo sembrò arrestarsi. Sospirò, come per rimettere insieme le parole, e mosse un passo indietro.
«Detto questo,» riprese con tono più calmo e si voltò a scambiare uno sguardo con Kaiden, prima di tornare su di noi. «Siete gli unici ad aver capito che si trattava di un test. Nonostante la totale assenza di prudenza e mancato adempimento delle procedure di sicurezza pre-volo, siete riusciti ad avviare il motore in modo corretto, dando prova di conoscenza e capacità pratica al di sopra della media. Per quanto non sia ancora chiaro se il tuo sia coraggio o istinto suicida, Valyrie Wade, aiutare una compagna in difficoltà ti ha fatto onore. Vale lo stesso per te, Aryan Murph. Buona capacità di reazione, calcolo delle circostanze e presa di posizione. Ottimo lavoro, soldati.»
All'inizio rimasi interdetta, ripetendomi quelle parole nella testa fino a che non presero un vero significato. Forse, se non fossi stata fradicia ed esausta, mi sarei messa a saltare dall'euforia. Invece in quel momento mi limitai a chinare la testa con gratitudine, cercando di nascondere un sorriso che spingeva per comparirmi sulle labbra, mentre pian piano mi rendevo conto di quello che aveva detto.
Alla fine ci lasciò andare e io e Aryan ci affrettammo fuori dalla porta, dove trovammo il solito cartellone con i punteggi. Cercai il mio nome con lo sguardo, ma non ci volle molto perchè lo trovassi: era il primo della classifica e Aryan era subito sotto di me.
L'energia che si sprigionò dentro di me in quel momento annullò all'improvviso tutta la stanchezza. Sollevai i pugni in aria e non gridai di vittoria solo perchè Aryan fu abbastanza veloce da tapparmi la bocca con una mano. Scoppiammo a ridere entrambi, sottovoce. Era la prima volta che provavo così tanta felicità da quando avevo messo piede lì dentro.
Senza più alcun test a sorpresa o percorsi fatali nel fango, le settimane volarono rapide. Ci ritrovammo a dedicare la maggior parte del nostro tempo a studiare e memorizzare ogni singola definizione, diagramma e procedura presenti nei vari manuali che ci avevano fornito e le nostre vite precedenti ormai non restavano altro che un ricordo lontano che vedevamo svanire il lontananza. Quel lavoro si rivelò estremamemte pesante e noioso, ma se volevamo volare era inevitabile. E l'esame sarebbe arrivato a giorni.
Se da un lato imparavo rapidamente i comandi dei velivoli, dall'altro mi rivelai una frana completa con le armi da fuoco. In quanto soldati dell'Arma dovevamo essere in grado di maneggiarle e il programma prevedeva un esame anche su questo.
Avevamo iniziato l'addestramento sui fucili d'assalto da ormai una settimana e, mentre quasi tutti i miei compagni riuscivano già a smontare e rimontare le armi da soli, io mi sentivo costantemente ferma allo stesso punto.
Quel pomeriggio tardo, dopo il mio ennesimo tentativo di estrarre uno dei carrelli interni senza alcun successo, mi sentii tentata di buttarlo a terra e prenderlo a calci. Non importava quanto tirassi o spingessi o quali sicure alzassi o abbassassi. Non c'era verso che si muovesse e la mia frustrazione continuava a crescere.
Quando la luce del sole arancione all'orizzonte ci raggiunse sotto la veranda sul retro dell'armeria, Allistor annunciò che per quel giorno avevamo finito. Mollai di peso i pezzi rimanenti del mio fucile sul tavolo di lavoro e mi alzai dallo sgabello espirando pesantemente e maledicendolo in silenzio.
«Nessun miglioramento?» mi chiese Aryan, mentre andavamo a cena.
«No.»
Mi sentivo assolutamente incapace ed ero seriamente preoccupata per quell'esame, ma a differenza dello studio sui libri, non potevo portarmi un fucile nel letto per studiarlo con calma la sera. Sentii lo sguardo preoccupato di Aryan su di me, ma lo ignorai e spinsi la porta della mensa per entrare.
«Cos'è che non riesci a fare di preciso?» mi chiese ancora.
Roteai gli occhi, «Dobbiamo parlarne per forza? Ne ho avuto abbastanza per oggi.»
«Devi trovare una soluzione, Val. L'esame non sarà tra molto.»
Presi un vassoio, posate e bicchiere e procedetti oltre.
«Oh, davvero? Ma non dirmi,» risposi ironica. «Credi che non ci abbia pensato?»
«Non a sufficienza. Potresti cominciare con il darti una calmata.»
Uno dei camerieri dietro al banco mi consegnò un piatto con una bistecca ai ferri circondata da verdure lesse e una pagnotta. Ringraziai velocemente e andai a sedermi al primo tavolo libero che trovai, poco dopo Aryan mi fu di fronte con il mio stesso menù sul vassoio.
Sospirai, «Scusami. Sono incazzata.»
«Lo so, ma è una perdita di tempo.»
«Dio, non cominciare con questo discorso!» gli puntai minacciosa il coltello, poi incisi la mia bistecca.
«Dovresti chiedere aiuto a qualcuno.»
Risi per finta, «Oh, per esempio?»
«Ma non saprei, una persona a caso,» infilzò una carota con la forchetta e se la portò alla bocca con nonchalance. «Kaiden Westfall, per esempio.»
Mi scivolò il coltello di mano e cadendo sul piatto fece più rumore di quanto avrei voluto. Ignorai gli sguardi delle persone attorno a noi, lo raccolsi e continuai il mio lavoro senza tanti complimenti.
«Come, se posso sapere, ti è venuta in mente una cosa simile?»
«È bravo, saprebbe aiutarti.»
Deglutii, «Okay, ma non credo sia permesso. Voglio dire...»
«So che dei ragazzi hanno chiesto qualche consiglio ad Allistor. Quindi puoi farlo anche tu, con Kaiden. Così avresti anche la scusa perfetta per rivolgergli la parola.»
Aprii la bocca per rispondere, ma poi processai l'ultima frase che aveva pronunciato e la richiusi, alzando di scatto lo sguardo su di lui.
«Scusami?»
Ridacchiò, «Inutile che fai la finta tonta, ho visto come lo guardi, Val.»
«Guardo tutti nello stesso modo, Aryan.»
Una strana sensazione che non riuscii a spiegare mi prese allo stomaco. All'improvviso sentii il bisogno di restare da sola per rimettere a posto i pensieri, ma cercai di non darlo a vedere.
«Ti assicuro di aver visto benissimo che guardi Kaiden Westfall più spesso e più a lungo.»
Alzai gli occhi al cielo, «Se sei così geloso posso cominciare a fissare te, ti farebbe sentire meglio?»
Rise e scosse la testa. Io abbassai lo sguardo sul mio pasto, per qualche motivo mi era passata la fame.
La lavanderia era vuota e fresca e, come al solito, perfetta per i miei panni sporchi e i miei pensieri. Mi rifugiai sopra la mia lavatrice nell'angolo più remoto e attesi che la mia uniforme fosse pronta.
Aryan era mio amico, ma arrivava a conclusioni troppo affrettate. Cosa voleva insinuare con quelle frecciatine a cena? Lui non sapeva nulla di Sean, non sapeva cosa avevo dentro. In effetti... nemmeno io lo sapevo con certezza. L'unica cosa che sapevo era che alla sola idea di provare sentimenti verso qualcuno mi veniva la nausea. Fino ad allora ero riuscita ad affogare il ricordo di Sean nello studio e nel lavoro e avrei continuato così, al sicuro da qualunque emozione troppo forte. Non mi sarei mai permessa altre debolezze simili. Me lo promisi.
Tutt'a un tratto sentii dei passi varcare la soglia della lavanderia e con un balzo felino saltai giù dalla lavatrice. Non vidi chi fosse finchè non girò attorno uno dei muri di lavatrici e si fermò a qualche metro da me, sembrava inizialmente diretto verso la mia postazione. Per un secondo non mi parve reale. Come se i miei pensieri lo avessero chiamato, mi ritrovai di fronte Kaiden Westfall in persona.
Restammo immobili per un istante, come calcolando chi avessimo di fronte, forse ugualmente sorpresi. Io indossavo la t-shirt e i pantaloni morbidi al ginocchio come al solito, ma all'improvviso sentii fosse assolutamente inappropriato. Lui portava l'uniforme grigio scuro e ne aveva un'altra dello stesso colore piegata sul braccio.
«Usi spesso quella lavatrice?» chiese poi con il suo caratteristico tono calmo.
Mi colse di sorpresa, era l'ultima domanda che mi sarei aspettata.
«Questa uhm, sì, in effetti scelgo sempre questa,» mi spostai una ciocca di capelli dietro un orecchio. «C'è qualche problema?»
Allora si voltò verso la prima lavatrice che gli si trovava di fronte e aprì lo sportello per buttare nel cesto l'uniforme che aveva in mano.
«Nessun problema.»
Rimasi in silenzio a osservarlo perchè non trovai altro da fare. Stimai fosse poco più alto di me, più o meno quanto Allistor, ma decisamente molto più magro. Aveva la carnagione pallida, in netto contrasto con il colore capelli.
Quando ebbe finito si voltò di nuovo verso di me. Sembrò studiarmi in silenzio per qualche istante, poi abbassò lo sguardo ai miei piedi. Solo allora mi ricordai di non avere nemmeno i calzini addosso e ricominciai a percepire le mattonelle gelate.
«Riconosco che la lavanderia sia un buon posto per rimettere insieme i propri pensieri,» lo disse come fosse perfettamente normale. «Ma ti consiglio di sederti sopra la lavatrice mentre aspetti, non credo che questo pavimento sia molto piacevole.»
Nonostante avesse parlato con sicurezza, notai sul nascere il suo solito sorriso timido. Quelle parole mi stupirono così tanto che subito non risposi, poi riuscii ad accennare un «Certo,» e un «Grazie,» forse fin troppo seriamente.
Alla fine si voltò per andarsene senza un'altra parola. Rimasi a fissarmi i piedi per un secondo, il mio cervello che cercava di assorbire tutto quanto. Lo richiamai d'impulso prima che potesse sparire alla mia vista.
«Kaiden?»
Stavo trattenendo il fiato. Non ero nemmeno del tutto sicura di poterlo chiamare per nome, essendo uno dei miei istruttori, ma quando si girò non parve turbato. Per qualche motivo la cosa non mi stupì.
«Sì?»
«Ho un problema con i fucili d'assalto,» cominciai, ma lui non mi lasciò aggiungere altro.
«Posso darti una mano, se mi stai chiedendo questo.»
«Credo mi sarebbe utile.»
«Domani appena finisci lezione, all'hangar dodici.»
Annuii una volta, «Ricevuto.»
A quella parola mi parve sorridere un po' di più e per un secondo mi sentii incredibilmente simpatica.
«Grazie,» aggiunsi.
«Prego. A domani.»
«A domani,» risposi mentre si voltava per andarsene.
Mi ritrovai nuovamente sola e, in silenzio, mi arrampicai sopra la mia lavatrice. Mi domandai se inizialmente si fosse diretto verso di me perchè di solito la utilizzava anche lui. Magari mi aveva dato quel consiglio perchè anche lui trascorreva del tempo quassù a riflettere. Mi abbracciai le ginocchia e mi dondolai leggermente.
La lavatrice aveva finito da un pezzo di centrifugare la mia uniforme, ma io avevo ancora molto a cui pensare.
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