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"I must stay conscious
through the madness and chaos
so I call on my angels."
― Rise, Katy Perry
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Ci riversammo tutti nel corridoio, spettralmente illuminato da una serie di pannelli rossi d'emergenza, mentre la sirena continuava a sbraitare nell'intero edificio. Eravamo talmente abituati a vestirci nel modo più rapido possibile che ci ritrovammo tutti con le uniformi addosso e gli stivali ai piedi.
«Quando suona l'allarme significa che abbiamo dieci minuti prima che siano sulle nostre teste!» gridò la voce di un ragazzo, superando il caos.
Mi sollevai sulle punte per guardarmi attorno, facendomi strada nel corridoio gremito, finchè il mio sguardo non trovò quello di Aryan e riuscimmo a raggiungerci. Non dissi nulla, ma la sua presenza mi diede immediatamente più sicurezza.
«Dobbiamo nasconderci!» gridò qualcun altro.
«Dove?»
«Nei bunker!» fu la voce di Polaris a rispondere questa volta.
«Dove sono?»
«Non ne ho idea, ma stando qui stiamo perdendo tempo!»
Nel marasma mi giunse la voce di qualcuno che esortava a uscire fuori e presto tutta la massa di persone si spinse di corsa giù per le scale, trascinando me e Aryan.
Appena prima di essere catapultata oltre la porta dell'edificio, colsi un movimento con la coda dell'occhio che catturò la mia attenzione. Mi voltai a guardare, una ragazza si era staccata dalla folla premendosi contro una parete, il volto segnato dal terrore. Le gambe sembrarono cederle all'improvviso e strisciò lungo il muro fino a sedersi a terra, il viso nascosto nelle mani. Per qualche motivo mi bloccai sui miei piedi, mentre gli ultimi mi giravano attorno per uscire.
«Cosa fai?» mi chiese forte Aryan.
«Non aspettarmi!»
Lo vidi fermarsi sull'uscio, mentre tutti gli altri erano già fuori. Nel frattempo la sirena si era arrestata, ma le luci rosse continuavano a lampeggiare. Solo allora mi accorsi della pioggia scrosciante che batteva sull'asfalto appena oltre la porta.
Aryan guardò fuori e poi me.
«Dannazione, Valyrie!» imprecò, ma lo ignorai e mi accucciai in ginocchio di fronte alla ragazza con le spalle al muro.
La riconobbi, occupava la brandina alla mia sinistra nel dormitorio. Era in preda ai singhiozzi.
«Hey,» cominciai con quanta più cautela possibile. «Ti chiami Czarina Daw, vero?»
Tra un singhiozzo e l'altro mi parve annuire.
«Guardami. Io sono Valyrie, ma tu mi conosci.»
Alzò brevemente lo sguardo bronzeo su di me e si asciugò le lacrime, stringendo le ginocchia al petto.
«Ascoltami, Czarina. Andrà tutto bene. Ti fidi di me?»
Mi guardò ancora e scosse la testa. Strinsi brevemente le mani a pugno, cercando di trattenere ogni istinto a esprimere la mia frustrazione. Respirai e decisi di provare un approccio diverso.
«Okay. Hai paura?»
Annuì.
«Ne ho anche io. E sappiamo entrambe che restare qui è pericoloso, vero?»
Annuì ancora una volta, i singhiozzi erano diminuiti e mi sentii più vicina alla vittoria.
«E sappiamo che se raggiungeremo gli altri nel posto sicuro non ci accadrà nulla, giusto? Vogliamo andare?»
Le porsi una mano. La osservò con esitazione, ma alla fine sembrò cedere al mio ragionamento logico e la afferrò. Raggiungemmo Aryan sull'uscio e scrutai attraverso la pioggia.
«Dove sono andati?»
«Si sono separati, alcuni verso il quartier generale, altri verso gli hangar e le piste laterali.»
«Credo sia nell'interesse dei bunker trovarsi il più lontano possibile dall'obiettivo da colpire,» fu Czarina Daw a parlare, la voce ancora impregnata dal pianto.
Guardai lei, poi Aryan, «Ha ragione.»
Annuimmo una volta per confermare che fossimo d'accordo e ci buttammo a capofitto sotto la pioggia, dirigendoci verso gli hangar più lontani dal centro. Ci volle poco perchè fossi completamente fradicia, l'acqua mi annebbiava la vista e mi allagava gli stivali. L'acquazone era così fitto che quasi non avrei distinto gli edifici dal nero nella notte se non fosse stato per i fulmini occasionali e le luci di segnalazione per gli aerei.
Le piste erano deserte, il che mi parve subito strano vista l'emergenza, ma non ebbi il tempo di darci troppo peso. Continuammo a correre cercando di capire dove si fossero rifugiati tutti gli altri finchè, attraversando una delle tante piste, non vidi qualcosa di decisamente insolito.
Un caccia era sistemato sulla rincorsa di decollo, come fosse pronto a partire, ma ogni motore e luce erano spenti. Correndo, ci ritrovammo a passargli di fianco e obbligai Aryan a fermarsi. Czarina non potè che imitarci.
«È un C-3 da combattimento aereo,» affermai subito dopo aver letto il codice sulla fiancata. Cominciai a girarci attorno, la cabina di pilotaggio era vuota e il tettuccio aperto, ma posizionato in modo che l'acqua non colasse all'interno. «L'abbiamo studiato nell'ultima settimana.»
Era lungo quasi dodici metri e alto quattro. Utilizzava un motore a doppia turboventola e richiedeva un comandante e un copilota. Avevo letto tutto riguardo quel veicolo.
Aryan si trascinava dietro di me, «Ti sembra il momento?» sbraitò.
«Che cosa ci fa un C-3 vuoto e spento su una pista di decollo nel mezzo di un attacco aereo in arrivo?» continuai.
«Valyrie!» Aryan gridò il mio nome con fermezza e allora mi voltai a guardarlo. «Andiamo via!»
Solo in quel momento mi accorsi che Czarina non era più con noi, probabilmente era andata avanti da sola.
«Questa è una base militare e sulle piste non c'è nessuno!» risposi mantenendo la mia posizione.
Aryan mi guardò con aria confusa, aveva i capelli bagnati incollati alla fronte. Un fulmine si diramò nel cielo sopra di noi per un breve istante, seguito da un tuono che mi riverberò nello stomaco.
«Dove sono le nostre forze armate?» continuai imperterrita. «Perchè nessuno decolla per contrattaccare? Perchè, casualmente, troviamo proprio un C-3 ad aspettarci?»
Aryan strinse le sopracciglia, «Arriva al punto.»
«Il punto è...» esitai, «Perchè ho come l'impressione che quella sirena sia suonata soltanto nel nostro edificio?»
Rimase a fissarmi per qualche secondo, poi si guardò attorno. La pioggia batteva su ogni superficie, ma nel complesso regnava la quiete. Lasciai che ci arrivasse da solo.
«Un altro test,» concluse. Poi mi guardò. «Che cosa hai intenzione di fare?»
Fui contenta di quella domanda. Appoggiai una mano all'ala liscia e bagnata del C-3 e, tastando quel metallo freddo che aveva volato a più della velocità del suono, mi ritrovai a pensare che tutto fosse possibile.
Gli sorrisi, «Vuoi essere il mio copilota?»
Aryan strabuzzò gli occhi, «Non starai parlando sul serio? Tu non... non sai pilotare.»
Feci spallucce, «Non si sa.»
«Dimmi, sei pazza o non hai idea di cosa stia succedendo?»
Sorrisi più ampiamente.
«È possibile che io sia pazza. Oppure un genio.»
Vidi i suoi occhi brillare attraverso la pioggia, il suo sorriso ricambiato fu una conferma.
Aggrappandomi a una maniglia sporgente dalla cabina, riuscii a balzare sull'ala come avevo visto fare ad altri piloti. Cercando di non scivolare, sollevai il tettuccio del tutto e, senza pensarci due volte, mi infilai nel sedile anteriore, Aryan mi imitò, calandosi alle mie spalle. Abbassammo la copertura, il rumore della pioggia divenne piacevolmente ovattato. Levai il velo protettivo dalla pulsantiera davanti a me e osservai la cloche con un filo di timore.
«Merda,» mi scappò una risatina isterica, mi sentivo percorsa dall'adrenalina e da una strana euforia.
«Valyrie,» Aryan mi chiamò dal sedile posteriore, non aveva un tono molto convinto. «E se ti sbagliassi? Se non fosse un test?»
Il mio sorriso si spense lentamente. Mi fermai a riflettere, immaginando quel possibile scenario che effettivamente non avevo ancora considerato. Alzai lo sguardo al cielo nero con un po' meno coraggio. Deglutii.
«Be', se mi sbagliassi... Non avrei nulla da perdere.» Il tamburellare della pioggia sul vetro tornò ad essere l'unico suono udibile per un momento. «Adesso o dopo, qui oppure in guerra. Che differenza fa? È questo il nostro destino.»
Mi infilai la cintura e lo schiocco del gancio si propagò nel silenzio. Poco dopo udii anche quello di Aryan.
«Facciamolo.»
Un ghigno mi si stampò sulle labbra e abbassai lo sguardo a studiare la miriade di pulsanti di fronte a me.
«Okay,» in realtà nulla era okay, perchè non avevo la minima idea di come muovermi tra tutti quei tasti, ma all'improvviso iniziai a vederla come una sfida con me stessa.
Avevo letto tutto sulla cabina di pilotaggio dei C-3 e avevo seguito le lezioni con attenzione. Sapevo come funzionava quella macchina. Ora dovevo solo farla funzionare.
«Ehm, Val?»
«Sì?»
«Sai cosa fare o...?»
«Dovrei avviare i motori.»
«Mi sembra un ottimo inizio.»
«Insomma, devo trovare il modo di attivare le APU, queste spingono un po' di aria nel compressore dei motori per portarli a un numero sufficiente di giri prima che possiamo darci dentro di carburante. Oh, aspetta un secondo...»
Avevo visto una piccola aletta sporgente dal pannello di controllo che assomigliava molto a una chiave. Provai a girarla e all'improvviso tutti i comandi di fronte a me si illuminarono, così come l'intera cabina.
«Wow!»
«Wow,» sentii ripetere Aryan dietro di me. «Non dovremmo essere qui.»
«Shhh, guarda come funziona bene, ho tutto sotto controllo,» non avevo niente sotto controllo.
«Per attivare le APU dovresti seguire quella sequenza a cui avevano accennato a lezione,» consigliò Aryan, ormai indeciso se persuadermi a lasciar perdere oppure aiutarmi a partire.
«Immagino di sì,» ero totalmente immersa nei miei pensieri e concentrata sulla pulsantiera.
Ricordavo quella sequenza, ma non ero sicura di aver individuato i tasti giusti. Decisi di provare. Prima uno, poi un altro, e gli ultimi due insieme. Non accadde nulla. Respirai, e provai in modo diverso, cambiando il tasto che premevo per primo. Il veicolo vibrò di vita all'improvviso.
«Ah ah!» esclamai. «Ora serve aspettare qualche minuto. Mettiamoci le cuffie, dobbiamo comunicare con la Torre.»
«Spero che tu sappia quello che fai.»
Presi il mio paio e me lo infilai sulla testa, poi mi posizionai bene il microfono di fronte alla bocca, mentre tenevo d'occhio l'indicatore dei giri del motore. Quando superò una tacca rossa, mi sentii percorrere da un brivido.
«Se non fosse un test avrebbero già attaccato, non trovi? Sono passati ben più di dieci minuti dall'allarme,» risposi. «Voglio vedere fino a che punto ci lasciano spingere.»
Aryan sospirò silenzioso. Non stavo sfidando solo me stessa, ma l'intero sistema, rilasciando una rabbia repressa che avevo nascosto dal momento in cui mi avevano presa. E me ne stavo rendendo conto solo ora.
Alzai lo sguardo sulla pista. Il primo tratto era illuminato dai fari dell'aereo, dopo di che si sperdeva in lontananza, fino a scomparire nell'oscurità.
«Merda,» sussurrai.
Impugnai la cloche con la mano destra quasi tremante. Con l'altra premetti il pulsante delle comunicazioni radio sulla console, sperando fosse già impostata sulla frequenza di comunicazione con la Torre perchè altrimenti non sarei stata in grado di modificarla. Lessi il nome completo di quel C-3 su una targhetta in cima alla pulsantiera e in fine parlai, cercando di mantenere la voce il più ferma possibile.
«Torre di Controllo, Red Knight Quattro Uno Sette pronto al decollo.»
La risposta dall'altro capo giunse non appena terminai la comunicazione, così inaspettatamente che per poco non sussultai sul sedile. Sentii anche Aryan agitarsi dietro di me.
«Red Knight Quattro Uno Sette non autorizzato al decollo a meno che tu non voglia andare incontro a morte certa, Valyrie Wade, eppure ancora un volta sembra che tu non aspetti altro,» era la voce spaccona di Allistor Feyre, avrei potuto riconoscerla in mezzo a decine.
Sospirai rumorosamente, anche se non poteva sentirmi, e mi rilassai contro lo schienale del sedile. Ero sollevata e terrorizzata allo stesso tempo.
«Non ho mai amato Allistor Feyre così tanto come in questo momento,» sentii Aryan tirare un sospiro di sollievo.
«Credi che siamo fottuti?» gli chiesi.
«Dipende, ma-»
La voce di Allistor in cuffia lo interruppe.
«Spegnete i motori, smontate da quell'aeroplano e raggiungete i vostri compagni al quartier generale. E nel farlo vi consiglio di non infrangere altre regole perchè state per affogare in un mare di merda.»
Mi sbrigai a premere ancora una volta il tasto delle comunicazioni. «Ricevuto, agli ordini,» risposi mantenendo un tono piatto, poi chiusi il collegamento.
Mi tolsi le cuffie e mi nascosi il viso tra le mani, appoggiando la testa al sedile. Aryan parlò.
«Sì, siamo fottuti.»
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