29
“I found solace in the strangest place,
way in the back of my mind.
I saw my life in a stranger's face.
And it was mine.”
― Alive, Sia
▪︎
Mi paralizzai. Gli occhi incollati al pannello di controllo, il respiro fermo in gola. Se l'allarme anti-collisione fosse partito in quel momento non avrei saputo reagire. Il rombo del motore sfumò nel silenzio insieme ai ruggiti provenienti dall'esterno e le altre comunicazioni radio. Per qualche istante i miei sensi non colsero altro che la sua voce.
“Kaiden,” bisbigliai, o forse immaginai soltanto di farlo.
Il mio sguardo era aggrappato allo schermo delle comunicazioni nello stesso modo in cui avrei guardato lui negli occhi se ce l'avessi avuto di fronte.
“Ce la fai.”
La sua voce si propagò tutto attorno a me, in quel silenzio. Calma, ferma, ardente di un fuoco che soltanto il volo gli accendeva. Famigliare, rassicurante, tutto ciò che era sempre stato e di cui avevo bisogno. Mi stava parlando. Soltanto e indubbiamente a me. Una trasmissione privata tra il Novilunium e l'Alphard. C'era così tanto che gli volevo dire. Mi accigliai, consapevole di non avere molto tempo.
“Perchè sei qui?” riuscii a domandare, quasi fosse una supplica.
Dovevo saperlo. Tra tutte le cose, dovevo sapere perchè aveva scelto di tornare in guerra e di rischiare la vita, pur sapendo di star correndo tra le braccia del suo peggior demone. Rimasi in attesa in quell'istante fuori dal tempo, fissando il cielo grigio senza vederlo davvero.
“Ho retto una volta. Non riuscirei a reggere una seconda. Occhi aperti, Alphard.”
Un'ombra improvvisa oscurò il sole per un secondo e mi ripresi in tempo per vedere il Novilunium superarmi e sfrecciare di fronte a me, per poi mirare a un jet avversario che puntava verso di noi. Virai appena in tempo da sfiorare la nuvola di fuoco e solo allora mi resi conto di quanto mi fossi allontanata dal fulcro del campo aereo: in realtà molto meno di quello che avevo immaginato. Ero sicura che fosse passato un tempo lunghissimo da quando Kaiden si era collegato, invece era successo tutto nel giro di un minuto.
Guardai il Novilunium allontanarsi in velocità verso il campo di battaglia, poi un sorriso si allargò sul mio volto. Spinsi la manetta al massimo e mi ritrovai schiacciata contro il sedile mentre acceleravo verso la mischia. I rumori si riaccesero e questa volta riuscii a seguire le comunicazioni chiaramente.
“Eccoti Alphard, dov'eri finita?” la voce di Aryan si diffuse nel mio casco e dal radar lo trovai al mio fianco.
“Sono sempre stata qui, Falcon. Forza, abbiamo una guerra da vincere.”
“Gruppo di tre in avvicinamento a ore sei!” mi avvertì all'improvviso.
Sbirciai nello specchietto retrovisore e il mio sguardo si fermò su tre musi minacciosi che s'ingrandivano man mano. Strinsi la cloche.
“Pronto a evadere, al mio segnale.”
“Roger.”
Spostai lo sguardo sull'indicatore di velocità e sul radar, lanciando di tanto in tanto delle occhiate allo specchietto retrovisore. Un'immagine del Novilunium mi lampeggiò brevemente davanti agli occhi, sostituendo i tre avversari. Troppo lenta. Ti avrei presa. Riprova. Questa volta non avrei avuto altri tentativi. Accelerai appena, respirai.
“Ora!”
Tirai la cloche. Ricercai i caccia con lo sguardo e non li persi finchè non mi ritrovai in posizione d'attacco, al fianco di Aryan. A quel punto non ebbi esitazione. Il mio pollice affondò il tasto sulla cloche che liberava i missili e la struttura tremolò appena. Fu tutto molto veloce. Vidi di sfuggita un paio di testate - una proveniente da me e una dal Blue Falcon - collidere inevitabilmente con due dei caccia. Il primo esplose, al secondo si spezzò un'ala e di conseguenza collassò contro il terzo. Non seppi cos'accadde dopo, dovetti salire di quota per evitare la nuvola e i detriti.
“Sì!” gridammo all'unisono.
Ignorai un dolore allo stomaco, cercando di non pensare alle persone che occupavano quelle cabine di pilotaggio. Mi dissi che ad un certo punto si sarebbero arresi. Potevo solo cercare di far sì che tutto finisse il prima possibile.
“Storm One colpito, Storm One colpito!” gridò una voce allarmata. “Eiezione!”
Virai alla ricerca di quel C-18 dell'Arma finchè non lo trovai appena in tempo per vedere il tettuccio sparato via, seguito dal pilota legato al sedile eiettabile. Si allontanò dal velivolo per una decina di metri alla velocità di un proiettile, poi il paracadute si aprì di colpo e smorzò la corsa. Il jet fumante cadde a piombo verso la superficie, mentre il pilota oscillò più lentamente. Quando la foschia sotto di me si diradò per qualche istante notai una superficie blu increspata e, poco oltre, una riva, accanto a quella che sembrava una pista senza chiare segnalazioni. Doveva essere una diga, pensai vagamente, l'acqua sembrava troppo profonda per trattarsi di un lago naturale.
Fu un pensiero rapido, uno strano presentimento che abbandonai in fretta e tornai a concentrarmi sugli avversari, presto dimenticandomi dell'esistenza di una superficie.
“Ne arrivano altri quattro da Sud-Est!” avvertì il pilota del Windjet.
“Altri quattro?! Da dove saltano fuori?” esclamò una voce femminile.
“Hanno dei rinforzi,” osservò Kaiden. “Non lasciatevi intimidire dal numero, via via via!”
Virai verso Est finchè quattro C-18 dell'Arma non mi sfrecciarono di fronte, andando incontro ai nuovi arrivati. Li seguii a distanza per osservare l'attacco: due avversari vennero abbattuti, mentre uno dei missili centrò il quarto della nostra formazione. Trasalii appena e distolsi lo sguardo, mentre un'immagine di Rose Eadlyn mi balenava nella mente. Avevo incrociato il suo sguardo quando ci avevano chiamati, ricordavo chiaramente i suoi lunghi capelli ricci e il volto rotondo. Desiderai improvvisamente di non poter sentire.
“Nighthawk, mi ricevi? Passo,” chiamò qualcuno con urgenza, senza ricevere risposta, imprimendo quelle parole impregnate di emozione nel mio inconscio. “Nighthawk, mi ricevi? Rispondi! Rose.”
“Non ce l'ha fatta,” s'intromise Kaiden, freddo. “Restate concentrati, tutti quanti. Ne stanno arrivando altri!”
“Ancora? È impossibile, comandante!”
“Me ne rendo conto, Piper, ma per il momento pensa al tuo lavoro. Alphard, dove vai?!”
Avevo invertito la rotta e stavo accelerando in discesa, scendendo di quota con una larga spirale.
“Credo di avere un'idea, comandante, ma devo superare la nebbia e vedere la superficie. Ho il permesso?”
Esitò per qualche istante, poi si decise.
“Permesso accordato. Blue Falcon, seguila.”
“Ricevuto,” rispose Aryan, e presto il C-12 blu comparve al mio inseguimento.
Trafissi uno spesso strato di nuvole e il terreno divenne finalmente chiaro e dettagliato sotto di me. Il lago scuro e minaccioso era increspato dal vento e dalle carcasse dei caccia caduti senza controllo. Una di queste galleggiava ancora sul pelo dell'acqua e mi sforzai di non capire se fosse dell'Arma o meno. Vicino alla riva scorsi il termine di un bosco e l'inizio di una via asfaltata che si sperdeva nella distanza.
“Una diga,” osservò Aryan.
“Seguiamo la riva, voglio vedere una cosa.”
Accelerammo lungo la costa finchè la strada non si ramificò in più vie dall'aria famigliare. Quando intravidi dei bassi edifici squadrati non ebbi più dubbi.
“Cosa ti ricorda?”
“La Base,” rispose senza esitazione. “Potrebbero essere delle piste.”
“Credo che lo siano. Guarda un po'.”
Non dovetti specificare. Proprio in quel momento tre cacciabombardieri sconosciuti uscirono da un grosso hangar centrale e si posizionarono su una pista.
“Che bastardi,” ridacchiò Aryan, incredulo.
“Novilunium,” chiamai. “Abbiamo identificato una base segreta da cui decollano in continuazione. Richiedo rinforzi e il permesso di colpire, procedo a inviare la localizzazione.”
“Ricevuto, Alphard, aspetta i rinforzi per colpire.”
In quel momento notai sul radar l'avvicinamento di cinque caccia avversari contemporaneamente. Mi sentii impallidire.
“Ci hanno visti, non possiamo aspettare!” esortò Aryan.
Agii d'impulso e comunicai a Kaiden.
“Negativo, hanno capito le nostre intenzioni, non ci lasceranno avvicinare di nuovo. Ci prepariamo a sganciare.”
Guardai il radar, poi la base che si avvicinava rapida sotto di noi. Respirai, spostai la mano su un secondo tasto della cloche.
“Falcon, pronto?”
“Pronto.”
“Ora!”
Premetti.
“Attenzione!”
L'allarme anti-collisione scattò all'improvviso e mi capovolsi di lato, evitando un missile. Per un istante il terreno si trovò al posto del cielo poi accelerai girando in tondo e allontanandomi, cercando una visuale sulla base. Due alte colonne di fumo e fiamme circondavano il grosso hangar, senza averlo colpito, e gli aerei sulla pista decollarono comunque.
“Dovevate aspettare!” ringhiò Kaiden, rimproverante.
Non trovai il tempo di formulare una risposta: quattro caccia arrivarono al mio inseguimento. Li osservai nello specchietto retrovisore e inclinai leggermente la testa da un lato, pian piano rendendomi conto della situazione. Avevo quasi colpito il loro punto più debole, ora naturalmente volevano eliminarmi. Eravamo quattro contro uno. Strinsi la presa sui comandi.
“Merda.”
Spinsi la manetta e ancora una volta mi ritrovai premuta contro il sedile mentre acceleravo al massimo nella speranza di seminarli. Fu la prima pessima idea che mi venne in mente, mi ricordai poi infatti che tenere quella velocità era possibile a qualunque velivolo militare e seminarli non poteva essere un'opzione. Tutta un'altra serie di pessime idee mi passò nella mente, poi accettai il fatto di non avere scelta: potevo solo provare a evitare i colpi e sperare che qualcuno arrivasse in mio soccorso.
Cominciai a volare a serpentina, deviando i missili che non tardarono ad arrivare. Corsi in cerchio attorno al campo, salendo e scendendo con virate improvvise, ma senza riuscire a scoraggiare i quattro inseguitori. Mi arrivarono due missili contemporaneamente, uno dei quali mi passò vertiginosamente vicino al tettuccio.
“Qui Alphard, mi serve una mano!” comunicai a tutti, cercando di mascherare l'angoscia con un tono fermo.
“Ti seguiamo, Alphard, ma è difficile colpire. Non-” la voce di uno dei piloti venne all'improvviso interrotta da quella di Kaiden.
“Scendi in picchiata!”
Non esitai. Mi tuffai a testa bassa verso la diga, trascinandomi dietro i quattro jet nemici. Osservai l'altimetro abbassarsi pericolosamente e l'acqua diventare sempre più vicina, mentre pian piano si delineava nella mia mente quello che avrei dovuto fare. Strinsi la mano attorno alla cloche e mi concentrai sugli indicatori. Con la coda dell'occhio distinsi uno dei caccia staccarsi dalla formazione, poi una vampata di luce seguita da un'altra subito dopo. Stavo per sfiorare i cento piedi quando il terzo caccia virò lateralmente e si allontanò.
Tirai la cloche. A quella velocità, se avessi tardato di un solo istante, mi sarei trovata sott'acqua di diversi metri: fu ciò che accadde all'ultimo jet che era rimasto a seguirmi. Planai a pochi metri dalla superficie, per poi riprendere quota e tirare un sospiro di sollievo, accompagnata dalle acclamazioni dei miei compagni in cuffia.
“Alphard, sei la migliore!” esclamò Aryan e riuscii a immaginare il suo sorriso luminoso. “Questa manovra verrà tramandata nei secoli!”
“Puoi dirlo forte!” rise qualcun altro.
“La Base? L'avete colpita?” volli sapere.
“Sì, ce l'abbiamo fatta!” rispose ancora Aryan.
Sorrisi, riprendendo fiato e concedendomi un attimo per tornare in quota e rilassare i muscoli tesi, consapevole che ormai fossimo alla fine. Mi asciugai le mani sudate sui pantaloni e alzai lo sguardo al cielo sempre più blu oltre le nuvole. Forse verso Ovest sarei già riuscita a intravedere le prime luci del tramonto. Poi la voce di Aryan mi risuonò di nuovo nel casco, questa volta allarmata.
“Alphard, ore tre!”
Mi voltai di scatto a destra. Il caccia che era sopravvissuto al mio volo in picchiata ora puntava nella mia direzione, di nuovo all'attacco, ma questa volta trasversalmente. Mi sentii raggelare il sangue, il fiato mi si bloccò in gola. Tutt'a un tratto lo guardai avvicinarsi con un solo senso di impotenza. Quella geometria...
“Alphard, evadi! Cosa stai aspettando, evadi da lì!” gridò Aryan.
Tutti i rumori divennero ovattati, coperti dalla voce di Kaiden che riecheggiò dai miei ricordi. Devi aspettare, disse. Se vedi un nemico in posizione d'attacco laterale devi tenerlo d'occhio fino all'ultimo istante e lasciarlo avvicinare. Non proverà a colpirti da lontano a meno che tu non gliene dia motivo. Sentii soltanto i battiti del mio cuore.
Deglutii, “Non posso.”
Diventava sempre più grande, osservai i missili attaccati sotto le ali e pronti a essere sganciati. Nessuno poteva aiutarmi in quel momento: per raggiungere una qualsiasi posizione di attacco avrebbero impiegato troppo tempo.
“Che stai facendo?!” strepitò.
Ho retto una volta. Non riuscirei a reggere una seconda.
Respirai, “Devo solo lasciarlo avvicinare.”
“È un suicidio!”
Non riuscii a rispondere, strinsi la cloche, il caccia diventava sempre più dettagliato.
“Adesso!”
“Ancora... un...”
Ormai riuscivo a distinguere il casco del pilota oltre il vetro.
“Valyrie!”
Colsi un minimo movimento, un missile sulla sinistra si spostò leggermente più in basso. Fui sul punto di tirare la cloche.
“Mi dispiace, ma non posso permettertelo.”
Quelle parole si infiltrarono nella mia testa e invece che reagire mi voltai di scatto.
“Falcon!” colsi la voce di Kaiden.
“Cosa-”
Un'ombra blu sfrecciò davanti ai miei occhi, poi un lampo di luce abbagliante riempì la cabina. Qualcosa urtò con violenza la mia fusoliera e per lo strattone mi sfuggirono i comandi e ricaddi contro il pannello di controllo, un allarme prese a squillare assordante e quando riuscii a riaprire gli occhi vidi la terra vorticante avvicinarsi pericolosamente al vetro, un fumo denso aveva riempito la cabina.
Con l'ultimo barlume di lucidità che mi era rimasto, feci l'unica cosa che mi venne in mente per salvarmi la vita: premetti con forza un grosso pulsante vicino alla cloche. Un'esplosione mi schiacciò con violenza contro il sedile, scaraventandomi fuori dall'Alphard, poi una forza laterale mi soffocò contro le cinture di sicurezza. Quando le forze cessarono, un vento fresco mi accarezzò il volto e un profumo di pini in contrasto con la puzza di bruciato e carburante mi raggiunse le narici. Cercai di riaprire gli occhi e sollevare la visiera del casco e mi guardai attorno con urgenza, ancora respirando affannosamente. Tutto girava, vorticante, ribaltandomi lo stomaco, ma mi sforzai di concentrarmi. Riconobbi le montagne, vidi i boschi. Abbassai lo sguardo. L'acqua si stava avvicinando più velocemente del previsto.
Con le mani intorpidite riuscii a slacciarmi il casco e iniziai a cercare i due mochettoni che mi legavano al sedile e al paracadute, ma mi resi conto di non sentire le dita. Mi guardai le mani e le sbattei tra loro per risvegliarle, aprendole e chiudendole e tutt'a un tratto arrivò l'impatto con l'acqua gelida che mi tolse il respro. Come mi aspettavo, nonostante annaspassi per restare a galla, il pesante sedile cominciò ad affondare e, inevitabilmente, mi trascinò. Qualche schizzo mi andò di traverso, tossii, cercai di prendere fiato e poi il lago mi inghiottì. Non avrei mai avuto la forza di sostenere il sedile e il paracadute.
L'acqua era una morsa ghiacciata e dolorosa contro la pelle, ma con l'adrenalina nel sangue trovai la forza di reagire. Sganciai il primo moschettone ad occhi serrati e passai al secondo. Il metallo mi scivolò e sentii un bruciore tagliente, ma ci riprovai e questa volta riuscii. Mi dimenai dalle cinture per liberarmi da quella zavorra e mi spinsi con gambe e braccia verso la superficie, strigendo i denti per non bere.
Quando la mia testa superò il pelo dell'acqua, presi una boccata d'aria che mi bruciò nei polmoni e tossii fragorosamente. Mi passai una mano sugli occhi e intravidi la riva. Cominciai subito a nuotare, senza fermarmi, consapevole che a quelle temperature, se mi fossi fermata, si sarebbe fermato anche il mio cuore. Una manciata di bracciate più tardi le mie mani si aggrapparono alla sabbia sul fondo e allora mi trascinai fin sulla riva asciutta. Nella foga mi alzai in piedi sulle gambe tremanti e mi voltai indietro, guardandomi attorno con occhi spalancati e ansimando.
Parti del bosco erano in fiamme, tutto attorno a me giacevano detriti fumanti e infuocati, colonne nere che arrivavano a toccare il cielo. Il cielo. Il mio sguardo si ritrovò incollato a una nuvola scura e densa e la mia mente ripercorse in un istante tutto quello che era successo. Il lampo di luce mi lampeggiò davanti agli occhi.
Caddi sulle ginocchia.
Intravidi un grosso caccia nero scagliare tre missili e colpire tre aerei contemporaneamente, che collassarono al suolo e la terra tremò sotto di me. Doveva essere il Novilunium. Qualcosa di caldo mi velò la vista e mi colò lungo il viso. Forse stavamo vincendo. Percepii altre esplosioni, lontane o forse vicine. Non lo sapevo, non avevo la forza di muovermi, di pensare. Guardavo, ma non vedevo davvero. Ascoltavo, ma non sentivo nulla. Una vampata di calore improvviso mi travolse e anche allora non mi mossi. Alzai appena lo sguardo, in tempo per vedere un aereo in fiamme precipitare a pochi metri da me.
Il fumo mi accecò, la detonazione mi sollevò da terra.
Quando riaprii gli occhi non vidi altro che il cielo, umido e offuscato. Sbattei debolmente le palpebre brucianti, ogni fibra del mio corpo bruciava. Sentii delle voci superare il fischio nelle mie orecchie, forse qualcuno stava chiamando il mio nome. Delle ombre scure si agitavano davanti alla mia visuale, ma a me non importava di loro.
Io volevo guardare il cielo.
Arancione, rosso, viola.
Il cielo era davvero meraviglioso.
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