22

"I had a dream,
I got everything I wanted.
But when I wake up, I see
you with me."
― everything i wanted, Billie Eilish

Superato l'ingresso del quartier generale ci ritrovammo accalcati a un centinaio di giovani in divisa, non diversi da noi. Tutti quanti ci guardavamo attorno, i volti di pietra e gli occhi colmi di parole silenziose. Mentre anche gli ultimi entravano, le sirene smisero di suonare e le luci rosse si spensero.

Mi sollevai sulle punte e scandagliai la stanza gremita finchè il mio sguardo non si posò su una familiare ombra dall'uniforme grigio ardesia. Mi illuminai un pizzico. Afferrai un braccio di Aryan e, senza pensarci due volte, partii a tavoletta in mezzo alla folla.

"Che stai facendo?" strillò lui, nel frattempo acciuffando Polaris.

"Venite con me," dissi soltanto.

Era dall'altra parte della stanza, accanto a un'uscita libera dall'ingorgo di persone, e lo raggiunsi trascinandomi dietro i miei due amici.

"Kaiden!" esclamai.

Si voltò a guardarmi e un misto di sorpresa, sollievo e timore gli attraversarono lo sguardo.

"Valyrie."

Aryan comparve al mio fianco, "Aryan! Polaris. Sì, ci siamo tutti."

Mi voltai di colpo come improvvisamente ricordandomi della sua presenza. Poi guardai di nuovo Kaiden e lo ritrovai nascosto dietro la sua solita maschera impassibile. Lanciai in fine un altro sguardo ad Aryan, che nel frattempo ci studiava entrambi.

"Quello è il generale Dagen," commentò Polaris all'improvviso e tutti e tre ci voltammo.

Lasciai andare l'aria che avevo trattenuto e intravidi l'uomo farsi strada in mezzo alla folla, riconobbi subito la cicatrice. Reggeva un megafono in una mano ed era seguito da altri due uomini e una donna che indossavano un'uniforme che non riconobbi.

"Chi sono?" mi affiancai a Kaiden.

"Strateghi."

La sua risposta fu una ventata d'aria gelida. Mi voltai a cercare il suo sguardo, ma lui non si mosse, gli occhi vuoti e fissi su quel che accadeva. Provai a immaginare cosa volesse dire per lui rivivere tutto quello e per un solo istante pensai di prendergli la mano e stringerla, ma prima che riuscissi a trovare il coraggio, il generale Dagen decise di sbraitare nel megafono.

"Tutti i piloti escano fuori!" ordinò, "I cadetti restino dentro. Ripeto, tutti i piloti fuori!"

La folla cominciò a smuoversi e, nel momento in cui mi accorsi che Kaiden si stava allontanando, un brivido mi corse lungo la schiena e la paura minacciò di prendere il sopravvento. Lo chiamai e allora si voltò.

"Cosa sta succedendo? Cosa dobbiamo fare?"

Lo vidi spostare lo sguardo su Aryan e Polaris, per poi di tornare su di me.

"Esegui gli ordini, Wade."

Le tre parole che mi ero sentita ripetere fin dall'inizio. Un modo per dirmi: non farti ammazzare. Lo persi tra i piloti diretti verso l'uscita e mi ritrovai a domandarmi se quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrei visto. Il dolore che mi strinse lo stomaco a quell'idea mi inumidì gli occhi. Mi ritrovai a stringere i denti e ripetermi che non poteva essere così. E che sarebbe andato tutto bene.

Le persone nella stanza si dimezzarono. Ora tutti i presenti indossavano uniformi rosso amaranto come la nostra. Mi passai le mani sul volto, cercando di tornare in me, finchè non mi sentii stringere le spalle.

Mi ritrovai immersa in un paio di occhi verdi circondati da riccioli castani scompigliati, di fronte a me. Era serio. Non mi disse nulla. Dopo avermi studiato a sufficienza, sollevò le sopracciglia, come a chiedermi silenziosamente se stessi bene. Risposi annuendo e allora mi lasciò andare.

"Cadetti, sull'attenti!" chiamò una nuova voce nel megafono.

Era la donna che aveva seguito il generale Dagen. Ci avvicinammo in fretta, dispondendoci su due righe. Il suo sguardo da vipera non la rendeva più simpatica di lui.

"Il generale Dagen sta per annunciare la formazione della squadriglia d'attacco che partirà domani mattina. Sarà formata esclusivamente da piloti esperti e piloti cadetti che hanno completato il numero minimo di ore di volo in addestramento, due gruppi da otto velivoli che decolleranno prima dell'alba. Questo significa che, per il momento, voi siete esclusi dalla chiamata. In passato, infatti, non è mai accaduto che dei cadetti incompleti fossero chiamati alle armi, ma questo non toglie la possibilità che ciò accada in caso di necessità. La guerra non risparmia nessuno e l'Arma non è da meno. Tornate ai vostri dormitori e non spostatevi fino a ordini differenti. Rompete le righe."

Avevo i nervi a fior di pelle. Mentre attraversavamo le piste per tornare indietro, mi ritrovai a stringere i denti.

"C'è una guerra in corso e si aspettano che ce ne stiamo buoni a letto," ringhiai.

"Siamo al sicuro, Val," mi rispose Aryan. "È l'unica cosa che conta."

Mi sfiorò il pensiero di Kaiden e chiusi le mani a pugno.

"No," dissi. "No, non lo è."

Accelerai il passo e mi allontanai, decisa a restare da sola.

Mi intrufolai sul tetto senza farmi vedere da occhi ostili - cioè di chiunque che non fosse Aryan - e presi a camminare avanti e indietro, cercando di dar sfogo al rapido battere del mio cuore. Il mio sguardo continuava a viaggiare tutto attorno a me sulle piste, alla ricerca di qualche aereo in movimento in lontananza. Se solo avessi riconosciuto un C-18 nero...

Qualcosa catturò il mio sguardo sul pavimento, mi fermai davanti a un sassolino bianco. Lo osservai per qualche istante, poi lo calciai con forza. Percorse una parabola nel cielo fino a volare giù dal tetto.

"Al diavolo," sussurrai tra i denti.

Ripresi a camminare. Era ingiusto. Tutte le poche certezze che ero riuscita a mettere in piedi erano di nuovo a rischio, ora così fragili che avrei potuto spazzarle via con un soffio. Mi sentivo in bilico, con un piede avevo già superato il bordo. E mentre qualche folle decideva il mio destino, si aspettavano che me ne stessi ad aspettarlo a letto. Come facevano tutti gli altri a mantenere la calma?

Mi accovacciai e raccolsi un altro sassolino bianco. Ce n'erano parecchi sparsi per il tetto. Questa volta lo osservai attentamente, concentrandomi sulle minuscole superfici cristalline che brillavano alla luce del sole. Notai delle infinitesime venature rosee e bluastre, dei punti più scuri e delle increspature. Solo per qualche istante non pensai ad altro che al sassolino, poi tornai in piedi e ripresi a camminare, lentamente, rigirandomelo tra le dita.

La guerra sta arrivando, gli avevo detto. E al ricordo del suo sguardo rassegnato mi si strinse lo stomaco. Mi diedi la spinta e lanciai il sassolino con forza. Un proiettile che scagliavo contro l'Arma. Volò oltre il bordo e non lo sentii mai cadere. Volevo scappare da tutto quello. Volevo scappare dalla paura, dai miei sentimenti, dal dolore allo stomaco.

Così come per l'arrivo dei miei genitori, anche per l'arrivo della guerra avevo trascorso molto tempo a immaginare come avrei reagito. Mi ero convinta che avrei eseguito gli ordini in silenzio. Che non avrei provato nulla e che avrei semplicemente fatto il mio dovere e che se la fine doveva arrivare non me ne sarebbe importato, perchè in fondo non avrei avuto nulla da perdere.

Sarebbe stato tutto molto più semplice. Ma adesso ne avevo da perdere. Eccome se ne avevo.

Mi sedetti pesantemente sul bordo del tetto, con le gambe a penzoloni e le mani appoggiate a terra dietro di me. Alzai lo sguardo al cielo bianco e, nel profondo, chiesi aiuto a mio nonno. Se c'era qualcuno lassù ad ascoltarmi, poteva soltanto essere il pilota che mi aveva voluto bene più di chiunque altro.

Pian piano persi la concezione dello scorrere del tempo. Erano passati minuti o forse ore quando la testa di Aryan comparve dalla scaletta che portava lassù.

"Valyrie!" mi chiamò, e nel suo tono colsi una nota di urgenza. "Possiamo uscire, hanno affisso i nomi della squadriglia al quartier generale."

Scattai in piedi senza una parola e seguii Aryan oltre la finestra e poi fuori dall'edificio, dove mi ritrovai quasi a correre. La Base era ora silenziosa, l'aria pareva ferma. All'orizzonte il cielo uggioso si confondeva con la bruma dei campi. Sembrava non esserci nessuno in giro a parte me, e Aryan al mio inseguimento. Il cuore mi pulsava nelle orecchie, la bocca mi si era prosciugata. Non riuscii a pensare a nulla finchè non varcai la soglia del quartier generale una seconda volta e mi ritrovai di fronte a una lista sulla bacheca.

Appoggiai le mani ai lati del foglio e scorsi lo sguardo rapidamente, su e giù. Non lo trovai. Ricontrollai da capo, lessi ognuno di quei sedici nomi, ma nessuno corrispose a Kaiden Westfall. Non notai nemmeno Allistor Feyre. Per sicurezza, lo ripercorsi tutto ancora una volta. In fine mossi un passo indietro e chiusi gli occhi.

Mi sentii posare una mano sulla spalla, "Non c'è. Respira."

Respirai profondamente. Mi passai una mano sulla fronte e riaprii gli occhi, ora umidi, mentre l'adrenalina che avevo accumulato si scaricava tutta d'un colpo.

"Merda," imprecai.

Mi voltai verso Aryan e lo abbracciai.

"Va tutto bene," mi sussurrò. "È al sicuro. Va tutto bene."

Mi ripetei quelle parole, cercando di convincermene. Kaiden era al sicuro. Aryan era al sicuro. Andava tutto bene.

Quando fui sicura di essere tornata completamente in me, uscimmo all'aria aperta e tornammo sui nostri passi, con più calma.

"Scusami per prima," mi uscì tutt'a un tratto. Aryan si fermò e io lo imitai. "Ti ho risposto male e..." mi leccai le labbra secche guardandomi attorno. "Non so cosa mi è preso, è solo che per un attimo ho avuto paura di..." sospirai, non sapendo come continuare, e tornai su di lui. "Insomma, ho reagito male. Ho sbagliato. Abbiamo tutti paura, in fondo ci siamo dentro tutti."

Si infilò le mani nelle tasche con nonchalance.

"Non ti devi scusare. Nulla di tutto questo è colpa nostra," si strinse nelle spalle. "L'unica cosa che possiamo fare è supportarci l'un l'altro e andare avanti."

"Credo di essermi comportata da egoista prima, tutto qua."

Abbassò lo sguardo e scosse la testa. "No."

Mi parve pensieroso, ma subito decisi di non darci peso e mi passai una mano tra i capelli, "D'accordo."

Ripresi a camminare. Ma per qualche motivo Aryan non mi seguì.

"Val," mi chiamò.

Mi voltai. Erano state rare le occasioni in cui avevo visto Aryan Murph così serio e quella volta mi allarmò particolarmente.

"Glielo devi dire," esordì.

Non capii e strinsi le sopracciglia.

"Ho pensato," continuò. "Gli devi dire quello che provi. A Kaiden."

Strabuzzai gli occhi, "Che cosa?! Io non... non è vero che-"

"Non provare a dirmi che non è vero, Valyrie. La sola idea di perderlo ti stava letteralmente distruggendo e io non ho intenzione di rivederti in quello stato!"

Non obiettai più e accolsi le sue parole in silenzio. Mi resi conto che negare, a quel punto, non sarebbe più servito.

"Non è ancora il momento," proferii.

"Invece sì," ribattè. "E devi farlo prima che sia troppo tardi."

"Voglio aspettare che sia tutto finito."

"Tutto finito? E se al traguardo non ci foste entrambi?"

"Io sono un cadetto e lui non è sulla lista," risposi con ormai poca fiducia.

"Per ora."

Per ora. Presi un respiro. Aryan continuò.

"Val, ogni minuto che passa e che non siamo su quella lista è prezioso. Le carte in tavola potrebbero variare da un momento all'altro e nulla è veramente certo. Quel ragazzo merita di sapere cosa provi per lui prima che sia troppo tardi. E tu meriti di essere felice."

Incontrai il suo sguardo.

"Come fai ad essere sicuro che sia la cosa giusta?"

"Una dichiarazione dal cuore di ghiaccio di Valyrie Wade non potrebbe mai essere una cosa sbagliata."

Mi sentii arrossire e scossi la testa, nascondendo un sorriso.

"Aryan, per favore."

"Lo farai domani. Lo cerchi e gli dici che gli devi parlare."

Riprendemmo a camminare con passo rilassato e allacciai le mani dietro la schiena.

"Fosse semplice."

"Non mi sembra che abbiate problemi a parlare."

"No, anzi."

"Puoi cominciare chiedendogli del nemico, della missione, per capire contro chi stiamo andando. Lui lo saprà sicuramente."

"Hmm."

"E poi, be'..."

Pian piano smisi di ascoltarlo. Aryan non conosceva la storia di Kaiden. Non ero sicura che parlare della guerra fosse una buona idea. Non ero sicura che confessare i miei sentimenti fosse effettivamente la cosa giusta. Non avevo idea se e quanto fosse ancora legato a quella ragazza. Gli aveva lasciato una profonda ferita, senz'altro. Un vuoto doloroso con cui conviveva da tempo. Avevo scoperto molto eppure sapevo ancora così poco. Soltanto di una cosa ero certa, Aryan aveva ragione: il tempo non era più scontato e la fine poteva presentarsi in qualunque istante.

Ascoltai i battiti del mio cuore, rapidi rintocchi di un conto alla rovescia.

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