51.

Maddie

Sono tre giorni che non parlo con Annie. Settantadue ore e dodici minuti.

È tutta la mattina che le mando messaggi e provo a chiamarla ma il cellulare risulta ancora staccato.

Non siamo mai state senza vederci o sentirci così a lungo. Nemmeno quando a sei anni abbiamo preso entrambe la varicella e, non potendo uscire di casa per più di una settimana, abbiamo costretto mia madre e sua zia a chiamarsi una volta al giorno in modo da farci stare insieme anche solo per telefono. Le abbiamo anche costrette a farci incontrare dopo giorni di lontananza nonostante avessimo ancora i residui del virus. Ho una foto in camera che ci ritrae sedute vicine su un divano, entrambe con indosso un pigiama, sorridenti nonostante i rimasugli di bolle che avevamo anche sul viso.

Le discussioni tra noi hanno sempre avuto vita breve perché, anche se in disaccordo, Annie ha sempre avuto la pazienza di lasciarmi sproloquiare senza troppe interruzioni per poi distrarmi con qualcos'altro e rimanere ognuna della propria opinione.

Non siamo mai state arrabbiate l'una con l'altra per più di mezza giornata.

Tranne questa volta.

Ammetto di aver esagerato, di essere eccessivamente insistente riguardo alla sua storia con Henri ma davvero mi sembra di vedere un film bellissimo che però nessun'altro vede, nemmeno gli stessi protagonisti. Tuttavia, se fingere che gli ultimi tre anni della sua vita non siano mai esistiti è ciò di cui lei ha bisogno, sono disposta a farlo e a tacere per sempre, anche perché ormai dico sempre le stesse cose, peggio di un pappagallo.

Per questo sorrido mentre attraverso la strada e raggiungo casa di Annie, perché sono pronta a chiederle scusa e a fare battute stupide pur di farla ridere di nuovo.

Suono il campanello con due pigiate brevi per farmi riconoscere subito ma alla porta mi ritrovo nonna Eloise.

«Ciao Maddie», mi sorride debolmente spostandosi di lato per invitarmi ad entrare. Sembra meno radiosa del solito, spero non le stia per venire l'influenza.

«Vieni», mi fa cenno di seguirla prima di dirigersi in cucina. Lancio un'occhiata alle scale che portano al piano di sopra e alla camera di Annie, non si sente neanche un rumore provenire da lì.

«Ti va un po' di tè?» mi domanda dandomi le spalle mentre mette il bollitore sul fornello.

«No, grazie. Ho solo bisogno di parlare con Annie», spero di non risultare scortese ma devo chiarire le cose il prima possibile.

«Lo so, ma non è qui», alza velocemente lo sguardo per poi riportarlo alle tazze e i cucchiaini appena sistemati su un vassoio.

«Ah, è vero! A quest'ora di solito è in negozio. Allora la raggiungo là», mi affretto a dire spostandomi di qualche passo verso l'uscita.

«Maddie», mi richiama in tono gentile ma serio, «siediti».

Ho una strana sensazione. Mi sembra che tutta la casa si sia congelata. Tutto è al suo posto: le lancette dell'orologio appeso alla parete continuano a scandire il tempo, il profumo di biscotti e tè è sempre pronto ad accogliere chiunque entri in casa, i volti ritratti nelle foto attaccate al frigo sono sorridenti come al solito. Eppure, c'è qualcosa che stona.

«Annie, se n'è andata», pronuncia la nonna sedendosi di fronte a me dopo aver appoggiato sul tavolinetto lì accanto il vassoio. «È partita con il primo volo due giorni fa».

«Cosa?» boccheggiò confusa.

«Ci ha lasciato un biglietto, se ne è andata mentre noi eravamo in pasticceria».

Mi alzo di scatto per estrarre il cellulare dalla tasca e con pochi tocchi faccio partire la chiamata. Ma altrettanto velocemente parte la segreteria.

«Ha lasciato qui il telefono», mi informa senza attendere che glielo chieda. «Ci ha mandato un messaggio da un numero privato per dirci che era arrivata a destinazione e che si sarebbe fatta risentire presto».

«Dov'è andata?» riesco a scegliere tra le mille domande che si susseguono nella mia testa.

«Non l'ha detto ma sono convinta che sia andata in Italia», versa il tè in entrambe le tazze, nonostante le abbia detto di non volerlo.

«In Italia», ripeto sotto shock. Non credevo l'avrebbe mai fatto e di sicuro non di nascosto.

«Era inevitabile», riprende la nonna. «Non poteva continuare a scappare dal suo passato», aggiunge un po' di zucchero nella sua tazza e comincia a mescolarlo, non sembra per nulla sorpresa o turbata.

«Però non ha smesso di scappare dal suo presente», ribatto piccata.

«A volte bisogna fermarsi e sistemare le cose in sospeso per poter andare avanti». Non sono proprio in vena di soffermarmi sulle sue parole.

«Ci ha chiusi fuori invece di appoggiarsi a noi», la frase mi esce con più rabbia di quanto vorrei ma, in fondo, rispecchia quello che sento.

«Con tutto quello che è successo ultimamente, era l'unico modo per staccare e riprendere a respirare», la difende. «Dopo anni passati a sentire i consigli e l'opinione di tutti, era finalmente il momento di trovare e ascoltare solo la propria voce», comincia a sorseggiare la bevanda ancora fumante.

Se non fossi così arrabbiata forse riconoscerei che un briciolo di ragione ce l'abbia ma sono incazzata col mondo intero e ragionare non è mai stato il mio forte, soprattutto in questo stato.

«È un'incosciente!» sbotto. «Andarsene senza dire niente, senza nemmeno portarsi il cellulare. E se le fosse successo qualcosa?» sono fuori di me.

«Non le è successo nulla», ribatte dopo aver preso un altro sorso.

«Non è questo il punto!»

«Non è colpa tua se è partita. Certo, la tua insistenza non ha favorito il suo stato d'animo ma l'avrebbe fatto anche se non aveste litigato». La sua schiettezza è disarmante. Ora capisco cosa si prova quando qualcuno ti sbatte in faccia la realtà senza tanti giri di parole.

«Dalle tempo, Maddie. Tornerà», continua a parlare con dolcezza per rassicurarmi mentre io vorrei solo correre via e prendere a pugni qualsiasi cosa.

Tempo. Non poteva prendersi tempo stando qua? Io cosa dovrei fare in attesa del suo ritorno? Avevamo programmato di passare l'estate insieme prima di riprendere le lezioni e invece mi ritrovo qui sola, senza sapere dove sia, cosa stia facendo, e senza avere la minima idea di come contattarla per chiarire le cose.

Mi dirigo verso il portone d'ingresso con la testa bassa e il cuore in agonia. Non mi resta che tornarmene a casa e magari affogare il dolore nel cibo. Sarebbe meglio l'alcool ma sbronzarmi di pomeriggio in casa mi farebbe sentire ancora più squallida e sola.

Il telefono comincia a vibrarmi nella tasca posteriore degli shorts. Lo estraggo meccanicamente, senza dar peso al gesto. Non conosco il numero che mi sta chiamando, probabilmente sarà una pubblicità di qualcosa.

Sto per rifiutare la chiamata ma all'ultimo istante il mio pollice devia verso la cornetta verde.

«Se è l'ennesimo call center che cerca di rifilarmi una delle solite promozioni, questo cellulare si autodistruggerà tra tre, due, u...»

«No, Maddie aspetta. Sono Henri», la sua voce roca è inconfondibile.

Non può essere vero. Più volte, nel corso degli ultimi tre anni, ho pensato di rubare il suo numero dal cellulare di Annie per chiamarlo e riempirlo di insulti ma mi sono trattenuta solo per lei, perché sapevo che l'avrei ferita. Ora, viste le circostanze, questo rischio non c'è più e non posso proprio perdere l'occasione.

«Henri, chi? Il re degli idioti? Quello che si è lasciato sfuggire una delle persone migliori di questo mondo? Forse era meglio il call center», esordisco il più acidamente possibile. «Aspetta, come hai avuto il mio numero?» chiedo subito dopo.

«Non vuoi veramente saperlo», mi mette in guardia.

«Sei pure uno stalker oltre che un idiota, perfetto!» alzo gli occhi al cielo.

«Senti, so che probabilmente mi odi ma...»

«Odiarti?» lo interrompo, «no, stavo giusto pensando di creare una bambolina vodoo con la tua faccia e di infilzarla con uno spillo fino a sfigurarla completamente», urlo incurante di nonna Eloise che sicuramente starà ascoltando dalla stanza a fianco.

Lo sento ridacchiare appena, poi cala il silenzio. Mi siedo sui gradini che portano al piano di sopra. La moquette contro la pelle nuda delle gambe comincia a farmi sudare e l'agitazione che sento dentro di certo non migliora la situazione.

«Mi serve il tuo aiuto», pronuncia qualche attimo dopo.

«Aiuto? Perché mai dovrei dopo tutto quello che hai fatto?»

«Perché io la amo», ribatte senza esitazioni, spiazzandomi. Ero convinta che le mie orecchie non avrebbero mai avuto il privilegio di udire queste parole uscire dalle labbra di nessuno dei due e invece...

«Congratulazioni per averlo capito, ce ne hai messo di tempo. Comunque, non posso aiutarti», ripeto arrabbiata. Perché le persone devono accorgersi di ciò che hanno perso sempre quando è troppo tardi?

«Ti prego Maddie, ho solo bisogno di incontrarla». Anche io, dannazione! Ma non posso far altro che aspettare, per colpa tua.

«Lascia stare», riprende a parlare prima che replichi. «Sono stato uno stupido a pensare che tu potessi essere dalla mia parte». Fa pure la vittima, incredibile!

«Sei stato uno stupido e basta. Tu non hai idea di quello che ho fatto per te, per evitare che Annie ti mandasse al diavolo dal primo giorno. Ho giustificato l'ingiustificabile, ho insistito perché continuasse a frequentarti nonostante tutto quello che vedeva e sentiva ogni giorno nella speranza che tu aprissi gli occhi e ti accorgessi di cosa avevi tra le mani», gli rinfaccio senza pietà. È ora che si renda conto sul serio di avere rovinato tutto.

«L'ho fatto, dal giorno in cui ho messo piede nella sua pasticceria ho capito che lei era speciale ma non sapevo come combinare la mia vita con la sua e, nel tentativo di non farle del male, gliene ho fatto ancora di più», prova a spiegare. Ma ormai è inutile. «Voglio rimediare».

«Mi dispiace, non posso aiutarti», ripeto, questa volta dispiaciuta.

«Ok, ho capito», pronuncia abbattuto.

«No, non hai capito. Non ho detto che non voglio, ho detto che non posso».

«Che vuoi dire?»

«Abbiamo litigato, per te. Perché io ho provato a giustificare la tua vacanza d'amore con Krystal e a dirle di tornare da te. Lei se n'è andata in Italia e non ci parliamo né sentiamo da tre giorni. Assurdo, eh? Al massimo siamo state lontane ventiquattro ore, poi arrivi tu e va tutto a rotoli. Ecco un'altra cosa da aggiungere alla lista delle tue cazzate», giocherello con i filamenti che penzolano dal bordo dei miei shorts tentando di placare l'agitazione che sento dentro. Ho paura di non riuscire più a sistemare le cose con Annie e, in quel caso, non riuscirei proprio a perdonarmelo.

«Mi dispiace», sospira Henri.

«Non so davvero cosa fare, questa volta», bisbiglio rassegnata riferendomi sia a lui che a me.

Eloise si avvicina sorridendomi.

«Metti il vivavoce e torniamo in salotto, voglio fare quattro chiacchiere con la popstar».

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-3 ❤️

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