49.

«Chi è?» Lucas trova il coraggio di aprire bocca dopo aver ricevuto uno scossone da Nick.

«Lucas, apri subito questa porta», quella voce roca e bassa potrei riconoscerla tra mille.

Alla certezza di chi ci sia là fuori in attesa di entrare ne corrisponde un'altra: non ho via di fuga. A meno che non decida di lanciarmi dalla finestra, non ho possibilità di scappare senza doverlo affrontare. Di nuovo e per le ragioni sbagliate.

«Cosa facciamo?» chiedo muovendo solo le labbra, la voce bloccata in fondo alla gola così come le braccia ai lati del busto.

Lucas non ha ulteriori esitazioni, afferra me e Nick per un braccio, ci trascina entrambi verso il bagno e ci spinge dentro facendoci segno di non ribellarci.

«Non emettere neanche un suono, fidati di me», si raccomanda a bassa voce, l'espressione dura e lo sguardo teso ma sicuro. «E tu, folletto, non fare casini», ammonisce poi Nick.

«Cos'ha in mente?» domando al mio compagno di disavventure in un bisbiglio mentre Lucas richiude la porta dietro di sé.

«Sta improvvisando», alza le spalle confuso quanto me.

Davvero molto rassicurante. Mi sembra di essere sull'orlo di un precipizio, la paura anche solo di respirare che ti paralizza e ti riempie lo stomaco.

«Con chi stavi parlando?» non l'ho sentito neanche entrare e già la sua voce riecheggia per tutta la stanza. O forse sono le mie orecchie che non hanno ancora ripreso a funzionare correttamente e lo riconoscono d'istinto.

«Con Nick, è in bagno», alza appena la voce per farsi sentire da lui.

«Ciao H, ne avrò per un po' qui ma voi fate come se io non ci fossi», urla verso la porta del bagno come se fosse davvero intento ad utilizzare il wc. Bravo, con questa scusa, escludo che Henri abbia il coraggio di varcare la soglia.

«Hai di nuovo intasato il bagno in camera tua? Dio, come fa il tuo stomaco a sopportare tutte quelle schifezze», borbotta inorridito provocandomi un sorriso che subito reprimo mordendomi un labbro.

«Se sei qui perché non ritrovi i tuoi adorati stivaletti marroni, non sono stato io a nasconderteli, prenditela col folletto», si discolpa subito Lucas mentre Nick sghignazza accanto a me.

«Sai benissimo che non sono qui per questo».

Mi fiondo a poggiare l'orecchio contro il legno bianco della porta in modo da sentire meglio il loro botta e risposta. Perché mi sento come se da questo incontro dipendesse la mia intera vita?

«Puoi spiegarmi perché l'hashtag #lucasmysteriousgirl sta scalando i trend topic di twitter accompagnato da due foto di te e Annie che vi abbracciate?» la finta gentilezza nella voce di Henri sembra nascondere tutt'altro sentimento.

«Non credo siano affari tuoi», ribatte Lucas con la solita arroganza che utilizza per difendersi. Atteggiamento del tutto immotivato visto che i "colpevoli" siamo io e lui.

«L'ho cercata per tutta la sera perché nessuno l'aveva accompagnata da qualche parte né l'aveva vista uscire dall'hotel. Ho temuto le fosse successo qualcosa e, invece, poco fa, dopo aver passato la notte in bianco a pregare che stesse bene, scopro che era con te in un locale e siete stati pure beccati in atteggiamenti intimi così tutto il mondo pensa che stiate insieme. Credo che siano decisamente affari miei», butta fuori tutto d'un fiato lasciandomi di sasso. La frustrazione che trapela dalle sue parole e l'apprensione che l'ha tenuto sveglio, mi colpiscono come una pallonata in pieno volto. Mi sento improvvisamente in colpa per essermi lasciata andare, per averlo fatto preoccupare e...no, non ho fatto niente di male, non può essere sbagliato fare qualcosa che mi fa stare bene e, per una volta, pensare a me prima che a chiunque altro.

«No, la mia vita privata non ti riguarda», ripete Lucas con una freddezza tale da sembrare presunzione.

Mi volto verso Nick, anche lui premuto contro il legno della porta, con le sopracciglia aggrottate come a chiedergli che intenzioni abbia Lucas ma anche lui non ne ha idea.

«Non fare questi giochetti con me, Lucas. Non ho intenzione di... questa cosa ci fa qui?» la voce di Henri si alza di un tono, sembra sorpreso e turbato allo stesso tempo.

«Cosa?»

«Questa è la tuta che ho prestato ad Annie. Perché è in camera tua?»

«Ha rimesso i suoi vestiti prima di andarsene», risponde scocciato. È così strafottente che mi è venuta voglia di uscire da qui e prenderlo a calci. Cosa diavolo pensa di fare?

«E quando si sarebbe cambiata visto che dalle foto si vede che ha ancora addosso la...Aspetta, ha passato la notte qui?» gli trema la voce.

Posso sentire, anche senza vedere il suo volto, la sorpresa trasformarsi in delusione e poi in dolore di fronte a quella che sembra l'evidenza di essere stato tradito da colui che ha sempre, almeno fino ad un attimo fa, considerato quasi un fratello.

«Cosa te ne importa? Non stavate insieme, no?» Lucas continua la farsa, incurante del male che gli sta infliggendo. Comincio ad agitarmi, la testa che continua a pulsare per i postumi della sbronza e per il comportamento assurdo di Lucas.

«A che razza di gioco stai giocando? Io e lei ci lasciamo in malomodo e tu ti senti in diritto di provarci cinque minuti dopo?»

«Lei non è la tua ragazza», conciso ma vago. Lucas sa di non poter entrare nei dettagli, non riuscirebbe a tenere in piedi l'enorme bugia che sta dicendo, anzi, che sta lasciando intendere.

«Sarebbe la tua, ora? Tutti quei bei discorsi che mi hai fatto sul non lasciarla andare, sul darci una possibilità vera cos'erano, solo un modo per capire se avessi campo libero e potessi portartela a letto?»

Sento lo stomaco rivoltarmisi come un calzino. Mi ferisce sapere che Henri ci creda davvero capaci di fargli una cosa simile. Conosce tutto di me eppure non esita a credere possibile questa storia.

«Forse quello che c'era tra voi non era poi così importante», continua a provocarlo. Ma perché? Cosa spera di ottenere?

«Non dire cazzate», grida.

«Del resto, l'hai frequentata per tre anni di nascosto, come fosse una prostituta».

«Smettila», gli intima trattenendo a stento la rabbia.

Io mi pietrifico con l'orecchio ancora incollato alla porta e vado in apnea senza neanche accorgermene.

«Sei uscito con decine di altre ragazze incurante di quello che lei provasse ogni volta», continua ad accusarlo con fermezza.

«Stai zitto», ripete Henri più forte.

«E alla fine te ne sei liberato come una scarpa vecchia».

Nessuna risposta. Solo il rumore di uno schiaffo che fa sussultare sia me che Nick e mi fa schizzare il cuore in gola. Non posso sopportare altri colpi bassi, altre bugie senza senso. Come può Lucas dire queste assurdità solo per ferirlo? Come può Henri credere a tutto questo?

Poso la mano sulla maniglia, pronta ad uscire allo scoperto e mettere fine a questa messinscena ma Henri riprende a parlare.

«Tu non sai niente di me e di lei», sibila con così tanta disperazione da farmi star male.

«Ti importa di lei solo ora che l'hai persa?»

«Sei un bastardo. Hai sempre saputo quali fossero i miei sentimenti per lei e te ne sei approfittato alla prima occasione».

«Sei tu che l'hai lasciata», insiste imperterrito.

«L'ho fatto per lei, per tenerla lontana da paparazzate come questa, e tu la dai in pasto agli squali senza il minimo riguardo. Che schifo! Ho sbagliato a non lasciare la band come volevo fare tempo fa. Forse a quest'ora sarei ancora con lei e tu non mi avresti pugnalato alle spalle. Porterò a termine la questione il prima possibile così non dovrò più vedere la tua faccia. Spero solo che lei si accorga dello stronzo che sei».

La porta d'ingresso sbatte violentemente e cala il silenzio più assoluto.

Mi tremano le gambe ma ancor di più il cuore. Mi ci vuole qualche minuto per convincere il mio stomaco a non farmi rigettare tutto l'alcol della sera prima e per capire la portata gigantesca di quello che è appena successo.

«Ma che diavolo ti è preso? Dovevi tranquillizzarlo ed evitare che entrasse in bagno non farlo uscire dalla band», sbotta Nick.

«Non lo farà, l'unico motivo per cui voleva mollare era Annie ma adesso crede che lei abbia voltato pagina e non avrebbe senso rinunciare alla sua carriera, non gli resterebbe più nulla», sembra così tranquillo.

Fatico a metabolizzare le sue parole. «Lui cosa?» balbetto.

«Volevo che tu sapessi la verità e che la sentissi uscire dalla sua bocca», si rivolge a me, «ora la sai».

Ho bisogno di sedermi un attimo e riordinare le idee mentre mi massaggio le tempie.

«A che serve una verità indotta da una bugia così grande? E a che prezzo poi? Ora lui odia sia te che me», gli faccio notare.

«Non hai sentito quello che ha detto? Lui non potrebbe mai odiarti, non ha fatto che difenderti invece che incolparti. Non odia neanche me».

Alzo un sopracciglio poco convinta e Nick scuote la testa.

«Ok, un pochino forse mi odia ma è solo accecato dalla rabbia per averti perso. Visto che con le buone non ho ottenuto niente, ho dovuto usare le maniere forti. Capirà da solo come sono davvero andate le cose». Vorrei essere altrettanto ottimista ma questo enorme malinteso, insieme a tutte le provocazioni di Lucas non erano necessari. Non mi piace causare dispiacere, men che meno far stare male Henri. Per quanto le cose tra noi possano essere andate male, non si merita questo.

«Spero per te che lo capisca presto perché se davvero lascia la band io... non voglio neanche pensarci!» interviene Nick portandosi le mani ai capelli.

«Voglio andare a casa», riesco solo a borbottare.

***

Il viaggio di ritorno è uno dei più lunghi e tormentati della mia vita. Prima di poter raggiungere la mia famiglia, sono costretta a passare al dormitorio a recuperare il mio cellulare e qualche vestito, cosa che mi fa allungare il viaggio di diverse ore e mi permette di ripensare a tutto ciò che è successo nelle ultime ventiquattro ore. A rendermi conto delle pessime condizioni in cui sono, sia fisicamente che interiormente.

Arrivo a casa che è quasi ora di cena, con lo stomaco ancora sottosopra e il viso pallido e stanco. I segni del mio stato d'animo sarebbero stati evidenti perfino a mia cugina che, di solito, non alza neanche il volto dallo schermo del cellulare ma, per mia enorme fortuna, ad accogliermi a casa è nonna Eloise e con lei, oltre ai segni visibili, è impossibile nascondere anche quelli invisibili agli occhi.

Neanche il tempo di entrare in casa che lei sa già tutto, lo capisco dal modo in cui mi guarda, restando in attesa che io crolli davanti a lei. Mi limito a guardarla, vorrei dirle tutto, ma non so da dove cominciare. Vorrei urlarle: l'ho fatto, nonna! Mi sono buttata dalla scogliera e per un po' è stato bello, anzi bellissimo. Mi sono goduta ogni attimo, ogni sferzata d'aria tra i capelli mentre il blu del mare si avvicinava sempre più velocemente. Mi sono sentita libera come mai prima di allora e per qualche istante ho provato cosa significa volare. L'ingresso in acqua sembrava essere filato liscio come l'olio, la freschezza dell'acqua sulla pelle mi rinvigoriva e la corrente mi cullava dolcemente. Finché, improvvisamente e senza motivo, ho cominciato ad andare a fondo. E ora sono lì, in mezzo al mare, ad annaspare per non affogare. Per quanto io muova gambe e braccia, non mi sposto di un millimetro e non riesco a vedere la riva. I polmoni bruciano alla spasmodica ricerca di ossigeno, ogni muscolo e osso del mio corpo mi invia scariche di dolore. Come si fa a restare a galla quando l'unica soluzione sembra essere mollare e lasciarsi portare giù dalla corrente? Ci ho provato, nonna, ce l'ho messa tutta e non è servito a niente se non a frantumarmi in mille pezzi. Non mi sono neanche mai piaciuti i puzzle, come faccio a ricomporre la mia vita dopo che un uragano l'ha distrutta?

Eppure, non c'è bisogno di dire una sola parola. Lei allarga le braccia e mi invita a rifugiarmici. Nessuna frase fatta, nessun aneddoto o storia da cui trarre insegnamenti, solo un abbraccio a riscaldare quello che resta di me dopo essere caduta.

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Le cose si fanno movimentate, eh?
Non so ancora quanti di preciso, ma mancano pochi capitoli alla fine...

Curiosi?

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