44.

Attraversiamo le lunghe distese verdi della campagna a nord-ovest di Londra per una buona mezz'ora, poi Henri accosta in una piazzola non asfaltata.

Non c'è niente intorno a noi, a parte prati ovunque, una lunga fila di alberi bassi ma dalla folta chioma a delimitarne la lunghezza e qualche casa in lontananza. Eppure, trovo il posto bellissimo. Tutto quel verde mi ricorda i suoi occhi e beh, non c'è niente di più bello degli occhi di Henri.

Rimango incantata a guardare il paesaggio girando su me stessa, inspirando a fondo l'aria fresca finché, dopo aver sistemato la moto sul cavalletto, Henri si libera del casco e cerca di aggiustarsi i capelli riavviandoli più volte. E a quel punto, è lui che cattura e tiene incatenato il mio sguardo. Non so come sia possibile ma sembra diventare più bello ogni giorno che passa e mi domando se smetterà mai di farmi questo effetto.

Dovrei decisamente fare in modo che smetta.

Camminiamo per il prato in silenzio, allontanandoci dal ciglio della strada e, nonostante il senso di pace ispirato da quel luogo, una vocina prende a ronzarmi in testa.

«Perché sei venuto al mio dormitorio?» gli chiedo con un po' troppa irruenza, facendolo sussultare appena.

A volte vorrei non essere così razionale, vorrei godermi con spensieratezza i miei vent'anni senza farmi troppe paranoie, vorrei saper prendere quello che viene senza farmi domande.

Per un periodo, in parte, ci sono anche riuscita, con Henri. Per Henri.

Ma ora, ho bisogno di capire cosa significhi tutto questo.

«Per vederti», dice semplicemente. Non si volta a guardarmi.

«Mi sembra di essere stata chiara al riguardo», impossibile dimenticare la nostra ultima telefonata e i toni che entrambi abbiamo utilizzato.

«Oh, sì. Chiarissima», conferma prima di sedersi a terra ed incrociare le gambe.

«Quindi?»

«Quindi cosa?» finge di non capire. L'hanno istruito davvero bene su come rimanere vago ed eludere le domande scomode. Ma questa non è un'intervista, non può liquidarmi in due parole come un qualsiasi giornalista invadente.

«Perché sei qui?» ripeto, restando in piedi a fissarlo impaziente.

«Te l'ho detto che non ero d'accordo», si porta la mano alla fronte per ripararsi dal sole e potermi guardare dal basso.

«Non è questione di essere d'accordo o meno. È una mia scelta. E comunque, ci sono cose su cui anche io non sono d'accordo ma non sono cambiate quindi non c'entra», ribatto frustrata. Perché deve essere sempre tutto così poco chiaro? Perché lui deve essere sempre così enigmatico?

«Annie, puoi per favore smettere di parlare e sederti qui vicino a me?» mi invita battendo la mano alla sua destra.

«Non puoi semplicemente venire qui e far finta di niente», insisto ignorando la sua richiesta. Incrocio le braccia al petto, arrabbiata, mentre lui si mette a ridacchiare.

«Non è divertente», lo ammonisco.

Lui torna serio, si alza e si avvicina fino ad appoggiare le sue mani calde sulle mie braccia.

Se continua a guardarmi così, sarò io a dovermi aggrappare a lui per non cadere.

«Annie, puoi mettere da parte per un attimo le tue ragioni? Per favore», quasi mi supplica, gli occhi che ardono di intensità.

Mi prende per il polso e mi fa sedere accanto a lui sull'erba morbida.

Mi metto a giocherellare con uno stelo, non sapendo cosa dire o fare.

«Voglio solo stare un po' con te», mormora a bassa voce tenendo lo sguardo basso, quasi non volesse ammettere a se stesso di essersi lasciato andare a questa confessione.

Nascondo in malo modo un sorriso. Lui è così bello e dolce e io non so davvero come stargli lontano. Razionalmente, so che è la cosa giusta, che non posso andare avanti a vederlo di nascosto una volta ogni paio di mesi, a passare il pochissimo tempo a disposizione chiusi in una stanza d'albergo e, soprattutto, a stare sempre all'erta, sempre con la paura di vedere nuove foto e leggere articoli sulla sua vita sentimentale di cui solo io dovrei, anzi vorrei, far parte.

Vorrei davvero riuscire a fregarmene di tutto e concentrarmi solo su di lui ma che senso ha buttarsi a capofitto in una situazione da cui non tornerà indietro mai niente di buono?

Guardo di sottecchi il profilo del suo viso. Dalla fronte coperta dalle solite indomabili ciocche, rese ancora più ribelli da una leggera brezza, scendo lungo il naso a patata che mi sono divertita a mordicchiare durante alcuni dei nostri rari momenti da soli, fino ad arrivare alle labbra rosso corallo, leggermente schiuse ma immobili. Quando, inconsapevolmente, ci passa la lingua sopra per inumidirle, il tempo si ferma per un'insignificante frazione di secondo e Dio, soffoco l'istinto di saltargli addosso e fare l'amore lì su quel prato, incurante di chi potrebbe vederci.

Così, dopo aver ritrovato la concentrazione, piego la testa di lato e mi appoggio alla sua spalla senza dire niente, sforzandomi di lasciar perdere i rimproveri che la mia mente continua a lanciarmi contro.

Henri allunga il braccio intorno alla mia spalla e lentamente mi fa stendere insieme a lui sul prato.

Anche se l'estate è ormai alle porte e non piove da diversi giorni, il terreno è ancora umido e, senza rendercene conto, ci stringiamo uno contro l'altro creando una bolla di calore che ci ripara dal freddo e dal vento.

Henri giocherella con i miei capelli mentre i suoi riccioli, mossi da una folata più forte, finiscono sui nostri volti.

«Dovresti legarli», suggerisco tirandogli indietro i capelli.

«Sono troppo lunghi. Forse dovrei tagliarli».

«Aspetta, fammi provare una cosa».

Mi tiro su a sedere e, allungandogli la mano, lo invito a fare altrettanto prima di posizionarmi alle sue spalle.

Passo ripetutamente le dita tra i suoi capelli per raccogliere ogni ciuffo, li tiro all'indietro e lentamente comincio ad arrotolarli su loro stessi fino a formare una specie di chignon che poi fermo con l'elastico che porto sempre al polso. Quando si volta per mostrarmi il risultato, rimango a bocca aperta.

Non mi aspettavo che stesse così bene anche con i capelli legati e, invece, sembra un modello. Un modello decisamente molto sexy.

Non basta essere l'idolo ed il soggetto preferito dei poster in camera delle ragazzine di tutto il mondo, di questo passo diventerà anche il sogno erotico di tutte le mamme che sfogliano le riviste di moda.

«Come sto?»

«Bene», balbetto, colta in flagrante a guardarlo quasi con adorazione.

In uno scatto, Henri mi trascina giù con lui e prende a farmi il solletico.

«Solo bene?» finge di essersi offeso.

Io non riesco a rispondere, sovrastata dalle sue mani e dalle risate che non riesco a trattenere.

«Scusa», dice di punto in bianco smettendo di torturarmi.

«Un po' di solletico non ha mai fatto male a nessuno», rispondo confusa dal suo repentino cambio di umore.

«Mi riferisco a come ti ho trattata al telefono. Non è da me aggredire in quel modo una persona, tanto meno se ci tengo come tengo a te».

«Perché, come tieni a me?» gli domando mentre non riesco a togliere gli occhi dalle sue labbra. Il bisogno di abbracciarlo mi sta uccidendo.

«Come a nessun altro all'infuori della mia famiglia», non esita a dire.

Appoggio la fronte alla sua e chiudo gli occhi cercando di riprendere il controllo del mio cuore che non accenna a diminuire il battito.

«Henri, non...» protesto debolmente prendendo il suo viso tra le mani per allontanarlo e, allo stesso tempo, tenerlo stretto.

«Passa la notte con me», mi sussurra sulle labbra. Il suo respiro che mi solletica la pelle, le mani che fremono dalla voglia di toccarlo.

«Solo per stanotte. Poi se non vorrai più vedermi...», lascia la frase in sospeso, forse incapace di accettare fino in fondo questa opzione. Quasi quanto me.

Se non vorrò più vederti, tu cosa farai? Accetterai la mia decisione?

«Mi stai proponendo del sesso d'addio?» domando con un pizzico di delusione.

Il nostro rapporto è sempre andato oltre il semplice contatto fisico. Beh, almeno per me.

«Non intendevo quello», precisa subito, allontanandosi per guardarmi meglio. Spesso, i nostri occhi riescono a parlarsi e a capirsi molto meglio di quanto non facciamo urlandoci addosso parole. Forse è per questo che mi fissa per qualche istante senza proferire parola.

Anche io non riesco a dire nulla, ipnotizzata dal suo sguardo, dal verde delle sue iridi che mi entra dentro, si fa strada dentro la mia testa, i miei pensieri, il mio cuore.

Dio, quanto amo i suoi occhi!

«E comunque, non sarebbe sesso», aggiunge risvegliandosi dallo stato di trance in cui era caduto insieme a me.

«Cosa sarebbe, allora?»

Restiamo così, entrambi in attesa di una risposta che io ho paura di sentire e lui non ha il coraggio di pronunciare ad alta voce.

Poi, un tuono assordante ci fa sobbalzare interrompendo i nostri sguardi roventi.

«Credo sia meglio andarsene prima che scoppi un temporale», suggerisco dopo aver dato un'occhiata al cielo ormai ricoperto di nubi grigio scuro.

«C'è solo un problema», annuncia serio.

«Oltre al fatto che siamo in moto e se non ci sbrighiamo ci bagniamo dalla testa ai piedi?»

«Sì, non ho intenzione di riportarti in dormitorio», mi informa con un sorriso soddisfatto.

Con uno sbuffo, fingo di essere esasperata dalle sue alzate di testa ma, in realtà, dentro di me sto saltando di gioia. E ho come l'impressione che anche lui ne sia al corrente.

«Fammi almeno mandare un messaggio a Maddie in modo che possa avvisare Vic della mia assenza» chiedo, rivolgendo il palmo della mano destra all'insù e restando in attesa.

Lui guarda prima me poi la mia mano con aria interrogativa.

«Ho dimenticato il cellulare in camera e quello di Maddie è l'unico numero che ricordo a memoria», rendo quindi chiara la richiesta di prestarmi il suo.

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