34.
Saliamo le scale in silenzio ma i sorrisi e gli sguardi che ci scambiamo parlano da soli.
Henri mi conduce all’ultimo piano, nella camera che più mi ha colpito la prima volta che sono venuta qui. La stanza è esattamente come la ricordavo: pareti bianche, tre ampie finestre, suppongo per far entrare luce in ogni momento della giornata e rendere l’ambiente molto luminoso, e un letto matrimoniale con testata grigio chiaro e un piumone bianco dall’aria sofficissima. Nonostante la sua essenzialità, questa camera mi è rimasta subito impressa, mi è sembrata quella che, più di tutte, si addicesse a lui.
Mi alzo sulle punte per baciarlo di nuovo, con il cuore che batte all’impazzata. Henri risponde al bacio con passione affondando le dita tra i miei capelli mentre io stringo la presa sui suoi avambracci. Voglio di più.
Lo accompagno lentamente, senza staccarmi dalla sua bocca, fino al bordo del letto e lo spingo giù per salire a cavalcioni su di lui. Un ghigno malizioso mi si forma spontaneamente mentre i suoi occhi mi osservano con soddisfazione e, allo stesso tempo, impazienza.
Saranno le sue labbra, a contatto con le mie, o il suo profumo che ha invaso le mie narici e la mia testa o forse saranno le sue mani che hanno preso ad accarezzarmi le cosce, la schiena e i capelli. Non lo so, ma non sono più in me e non mi sono mai sentita così bene prima d’ora.
Sento il suo amichetto ormai sveglio premere contro i jeans, così decido di stuzzicarlo ancora e spingerlo al limite. Infilo le mani sotto la sua felpa e faccio scorrere le dita su e giù lungo il suo torace mentre sposto le labbra lungo la sua mascella fino a raggiungere il collo, tanto per vedere che effetto gli fa, anzi, che effetto gli faccio io.
Henri butta la testa indietro permettendomi di raggiungere meglio il lobo, che mordicchio dolcemente, e gli altri punti sensibili attorno all’orecchio. Le mie attenzioni e il mio ondeggiare il bacino sopra di lui sembrano essere piuttosto graditi, visti il respiro affannato e la sua espressione estasiata. Proprio come quella sera di inizi agosto, dentro la doccia al piano terra. Sapere di essere io a mandarlo in estasi mi fa eccitare ancora di più.
Continuando a torturargli il collo, mi sposto di lato, faccio scendere una mano lungo gli addominali, oltre l’ombelico, fino al bottone dei suoi pantaloni. Lo faccio saltare facilmente e in un attimo tiro giù la cerniera per accarezzarlo da sopra i boxer. Quando mi insinuo oltre l’ultimo strato di stoffa e tocco direttamente la sua pelle, Henri si lascia sfuggire un verso gutturale dannatamente eccitante. Come se il suo sguardo colmo di desiderio e le sue mani che mi toccano ovunque non fossero già abbastanza.
Con una leggera spinta, Henri si posiziona sopra di me sfoderando un sorrisetto soddisfatto. «È il suo turno, signorina», mi avverte sfilandomi la maglietta. In risposta, afferro i suoi pantaloni sui fianchi e li spingo giù fin dove arrivano le mie braccia, non ho intenzione di alzare la schiena dal materasso né smettere di esplorare la sua bocca, voglio sentire ancora il suo peso su di me, i suoi respiri accelerati quanto i miei.
Ma Henri non si limita a baciarmi. Tocca, morde e succhia ogni parte del mio corpo partendo dal collo, passando per il seno, poi giù lungo la pancia. Il suo tocco è leggero, le sue mani morbide e delicate ma è come se le sue dita scottassero. Sto bruciando eppure vorrei non smettesse più. Sono sopraffatta dalla sua presenza, nella mia mente e nei miei occhi c’è solo lui, non vedo e non sento altro. Ho sempre pensato che niente al mondo avrebbe potuto farmi perdere la lucidità, indipendentemente dalla situazione in cui mi fossi trovata, ma forse mi sbagliavo. Ok senza forse. In questo momento mi sento persa, completamente abbandonata alle sue carezze e ai brividi che mi procurano. Si può essere ubriachi senza aver toccato alcol?
Henri alza lo sguardo su di me interrompendo la dolce tortura ma lo supplico con gli occhi di ricominciare, tenendo il labbro inferiore stretto tra i denti.
Mi sfila i jeans continuando a guardarmi in quel modo, così sexy che non riesco a restare ferma ad osservarlo. Mentre si allontana per togliersi del tutto i pantaloni che aveva ormai alle caviglie, mi alzo sulle ginocchia, afferro la felpa ai lati e gliela sfilo lentamente portandomi dietro anche la maglia sottostante. Dio, è così bello!
Mi fermo ad ammirare i suoi numerosi tatuaggi, fatti quasi tutti negli ultimi mesi, sul braccio sinistro e sulla parte alta del petto. Proseguo lungo l’addome, osservando i suoi addominali fino a raggiungere le due linee oblique che dai fianchi procedono verso il basso e spariscono oltre i boxer. Sono appena accennate ma bastano a rendere tutto l’insieme irresistibile.
Quando noto il suo sguardo famelico fisso su di me, mi rendo conto di essere stesa davanti a lui, con solo l’intimo addosso e un improvviso senso di vergogna si fa strada dentro di me. È abituato ad uscire con modelle e altre superstar dai fisici perfetti, come posso essere all’altezza delle sue aspettative?
«Dovevo fare impazzire te e invece sono io che non capisco più niente», sussurra al mio orecchio interrompendo i miei pensieri. Non mi dà tempo di ribattere o rimuginarci perché riprende a baciarmi e accarezzarmi ovunque finché, non so come, rimaniamo completamente nudi a rotolarci tra le lenzuola e darci piacere a vicenda.
Poi il mio cervello si spegne e l’unica cosa che sente sono i nostri gemiti che si fanno via via più frenetici.
Non i baci, gli sguardi, nemmeno il modo in cui Daniel mi sfiorava è paragonabile alle labbra, gli occhi e le mani di Henri. È come se dopo aver mangiato solo tofu per tutta la vita, avessi provato per la prima volta il cioccolato. Come si fa a non diventarne subito dipendenti? Maddie aveva ragione: quello che provavo con il mio ex non era abbastanza ma non ero io ad essere poco ricettiva o ad avere qualcosa di sbagliato, come mi era capitato di pensare.
Henri si sistema al mio fianco e ci copre entrambi con il piumone. Mentre i nostri respiri lentamente di regolarizzano, non posso fare a meno di sorridere e sentirmi schifosamente felice.
Rimaniamo in silenzio per un po’, a goderci il senso di pace finché lo stomaco brontolante di Henri ci fa scoppiare a ridere.
«Andiamo, la cena ci sta ancora aspettando in cucina», mi alzo e comincio lentamente a rivestirmi.
«No, resta qui», mi afferra per i fianchi e mi trascina di nuovo sul letto facendomi atterrare di schiena sul suo petto.
«Aspetta», lo blocco con una mano. «Torno subito», annuncio sorridente prima di correre giù per le scale, ancora a piedi nudi e con indosso solo gli slip e la maglia. Recupero il cibo dal bancone della cucina e ritorno al secondo piano incredibilmente senza far cadere nulla. Potrei avere un futuro come giocoliere/equilibrista.
Alla vista della pila di sacchetti che stringo tra le braccia tenendola ferma con il mento, gli occhi di Henri si illuminano di gioia, sembra un bambino appena entrato in un negozio di caramelle. Deve essere davvero affamato. Ci sistemiamo con la schiena contro i cuscini e iniziamo a gustarci quelle bombe caloriche ormai fredde ma nessuno si lamenta.
«Perché proprio questa stanza?» non mi trattengo dal chiedere tra un morso e l’altro al mio hamburger.
«È la mia camera, quella dove dormo le rarissime volte in cui non sono in viaggio», mi spiega voltandosi a guardarmi con la bocca ancora piena. Non è possibile che lo trovi sensuale anche mentre si ingozza di patatine, cosa diavolo mi sta succedendo? Dopo aver registrato le sue parole, non riesco a non provare un pizzico di soddisfazione sapendo di essere nel suo letto e non in uno di quelli per gli ospiti. Quanto vorrei che condividesse questo suo spazio solo con me. Ma probabilmente, non sono nemmeno la prima che fa entrare qui.
«Come mai l’hai scelta?» insisto scrollandomi di dosso quel pensiero fastidioso.
«Non c’è un motivo preciso. È quella che a pelle ho sentito più vicina a me».
Le mie labbra si aprono in un sorriso spontaneo e il cuore riprende a galopparmi nel petto perché essere riuscita a percepire così nitidamente le sue sensazioni senza che me ne parlasse direttamente, mi fa sentire estremamente vicina a lui. Più di quanto mi aspettassi, più di quanto dovrei.
Finiamo di mangiare tra smorfie, dispetti e risate e in un attimo di silenzio, decido di dargli il mio regalo di compleanno. Manca ancora qualche giorno, ma non so quando potremo rivederci quindi è meglio sfruttare l'occasione. Prendo un respiro profondo e sfilo l’astuccio da sotto il cuscino, dove l’avevo nascosto dopo essere salita con la cena. Sono più agitata della prima volta che sono entrata alla UCL.
«So che…» mi schiarisco la voce, uscita in un sussurro incerto «…non si fanno gli auguri in anticipo ma almeno posso darti questo», gli porgo la scatolina blu scuro.
Henri se la rigira tra le mani per qualche secondo con espressione incredula, poi la apre sorridendo felice prima ancora di aver visto cos’è.
«Tempo fa mi avevi detto che volevi comprartene una con la croce e quando l’ho vista in vetrina, ho pensato subito a te, così…» inizio a parlare tenendo lo sguardo fisso sulle sue mani mentre afferra la catenina e la sfila dalla custodia. Poi, con timore, alzo la testa ad osservare la sua reazione.
«Annie, grazie», resta a bocca aperta, gli occhi che brillano e le fossette ben visibili a rendere il sorriso ancora più ampio e radioso. «È proprio come la volevo», se la allaccia subito al collo e mi stringe forte tra le braccia. Sembra essere davvero contento, posso tirare un sospiro di sollievo e lasciare che il cuore mi esploda nel petto.
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Eccomiiiiii
Questa settimana sarò via per lavoro ma non volevo lasciarvi troppo in attesa così ho aggiornato dal cellulare in viaggio verso Milano. Che mal di testa a guardare fisso lo schermo!
Comunque, spero vi sia piaciuto. È stato incredibilmente difficile descrivere quel momento, l'ho scritto e modificato un milione di volte perché non veniva mai come volevo. La versione finale però mi ha soddisfatta (probabilmente rileggendola a distanza di tempo non sarà più così ma pazienza).
Che ne pensate?
Come sempre, se vi va, sono qui 🌟
See you,
Z.
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