31.

«Dove hai trovato l'indirizzo di casa mia?»

«Ehm, diciamo che ho avuto fortuna», mi mente spudoratamente. Sta cercando di tenermi nascosto il modo in cui si è procurato il mio indirizzo e forse è meglio non approfondire, probabilmente la risposta non mi piacerebbe.

«Come facevi a sapere che ero sveglia?» almeno questo può dirmelo.

«Una volta mi hai detto che la tua camera è l'unica ad avere la finestra che affaccia sulla strada. Ho visto la luce accendersi mentre ero macchina e ho pensato che potevi essere solo tu». Non posso credere che se lo sia ricordato.

Torno indietro con la memoria a quel giorno: ero rientrata a casa per il weekend mentre lui era a Stoccolma per registrare il nuovo album e stavamo parlando allegramente quando Henri, facendosi più serio, mi aveva chiesto quale fosse la visuale dalla mia stanza e io mi ero lamentata per il fatto che fossi l'unica con la camera che dava sulla strada anziché sul giardino sul retro come quelle di mia cugina e mia zia. Non che la loro vista sia tanto meglio, in realtà. Il pezzettino di terra dietro casa nostra confina con quello dei vicini su tutti e tre i lati e se non fosse per le siepi piantate anni fa da zio John lungo tutto il perimetro di ogni giardino, tutti potrebbero ancora vedersi e farsi gli affari degli altri. Tuttavia, dalle finestre del secondo piano, non ci sono siepi che tengano e più volte abbiamo accidentalmente assistito a strane scene e curiosi atteggiamenti dei nostri dirimpettai. Quindi, tutto sommato, la posizione della mia camera ha i suoi vantaggi.

«Vedi che quando vuoi il cervello lo sai usare», mi diverto a sfotterlo. È un piacere vederlo e sentirlo ridere.

«Mi sei davvero mancata», mi spiazza pronunciando queste quattro semplici parole. La sua voce profonda mi fa perdere un battito. Stupido cuore che non fa mai la cosa giusta. Gran bel modo di dimostrare che gli sono mancata.

L'espressione della mia faccia deve aver reso il mio commento silenzioso piuttosto palese perché Henri si affretta ad aggiungere: «Capisco che io sia poco credibile ma ti giuro che è vero», per poi sporgersi leggermente verso di me facendomi irrigidire.

«Eri in vacanza con lei fino a quando, dieci ore fa? Non trattarmi come una stupida», lo ammonisco contrariata. Non sopporto essere presa in giro, soprattutto da Henri. Non ho mai preteso nulla da lui ma le bugie non le accetto, non me le merito.

«Tutto quello che è successo non era previsto, io...» sembrano mancargli le parole.

«Tu ti sei innamorato, l'abbiamo capito. Sei qui per sbattermelo in faccia?» alzo gli occhi al cielo scocciata. E ferita. Ma non posso soffermarmi su questa seconda parte, non ora, non con lui così vicino.

«Cosa?» esclama con voce stridula. «No!» Si allunga a toccare la mia mano ma io mi ritraggo e scatto di nuovo in piedi allontanandomi. Non importa se sento freddo, la sua vicinanza mi confonde e devo essere più lucida che mai per affrontare questo discorso.

«Non capisco cosa ti aspetti da me, un applauso, delle congratulazioni?» mi metto sulla difensiva incrociando le braccia.

«Annie, ti prego, concedimi solo qualche minuto», mi supplica anche con gli occhi.

Ci rifletto un attimo: siamo qui a notte fonda, anzi quasi all'alba, si è fatto un viaggio di diverse ore solo per vedermi e respingerlo a cosa mi servirebbe? Tanto vale farlo parlare così se ne andrà via alla svelta.

Continuo a guardarlo accigliata ma gli faccio intendere di proseguire.

«Doveva essere una semplice uscita. Una passeggiata al parco e quattro chiacchiere. C'erano anche Lou e sua figlia proprio per rendere la situazione meno ufficiale e più leggera. Non mi aspettavo che ci seguissero e che fotografassero ogni istante».

«Ti sei ricordato solo in quel momento di essere famoso?» ribatto sarcastica.

«Certo che no, mi aspettavo i paparazzi ma non credevo che la nostra uscita diventasse un caso internazionale».

«Farvi beccare in giro insieme ogni giorno di sicuro non ha aiutato a mantenere l'anonimato. Stai davvero cercando di rifilarmi questa stronzata?» non so nemmeno io perché me la stia prendendo tanto con lui. O meglio, lo so, e non va per niente bene.

«Voglio solo farti capire che è partito tutto come una semplice conoscenza ma le cose si sono ingigantite e in pochi giorni mi sono ritrovato involontariamente coinvolto in una presunta storia sbattuta in prima pagina nei giornali di tutto il mondo».

«Fammi capire cosa c'è stato di involontario e presunto», calzo volutamente sulle ultime due parole. Mi porto l'indice alle labbra e alzo lo sguardo come se ci stessi pensando seriamente, «mmm...passare la notte l'uno nell'hotel dell'altro, o passeggiare mano nella mano per le vie di New York o forse la vostra vacanza in montagna... Ah no, sicuramente ti riferivi al bacio che vi siete dati a mezzanotte di capodanno a Trafalgar Square in mezzo ad una folla di gente che vi osservava e incitava. Sì, sicuramente è stato quello». Non posso guardarmi allo specchio ma sono sicura che la mia espressione da se-davvero-pensi-che-io-me-la-beva-ti-stai-sbagliando-di-grosso-quindi-non-offendere-la-mia-intelligenza sia inequivocabile.

«Una volta circolate le prime foto, le cose ci sono sfuggite di mano e a quel punto tanto valeva dare alla stampa quello che si aspettava», spiega con un'alzata di spalle. Questo dovrebbe essere sufficiente per me? Non riuscirò mai a condividere questo ragionamento. Nessuno dovrebbe fare o non fare qualcosa solo per compiacere qualcun altro ma, evidentemente, il suo mondo è davvero troppo lontano dal mio.

«Mi stai dicendo che era tutto pilotato?» lo fisso sconcertata.

«Non nel senso che intendi tu» scuote la testa serio.

«O era tutto già stabilito o no, non ci sono altre interpretazioni», insisto spazientita.

«Mettiamola così, visto che non c'era niente che spostasse l'attenzione da noi, ce ne siamo fregati di tutti gli obbiettivi puntati contro e ci siamo comportati come due normali ragazzi, come in fondo siamo. Non c'era posto che avrebbe potuto tenerci nascosti quindi perché affannarsi tanto?» Il suo semplificare tutto mi manda in bestia.

«Per avere un po' di privacy» ribatto sicura. Mi sembra abbastanza ovvio.

«Privacy», ripete con amarezza. «Se dovessi contare i giorni in cui, negli ultimi due anni, non sono stato fotografato né ripreso da paparazzi o fan, mi accorgerei che bastano due mani per tenere il conto», sembra sorpreso del suo stesso pensiero. Forse non si era mai fermato a pensarci fino in fondo. Forse è talmente abituato ad avere i riflettori puntati addosso che non si ricorda più com'è stare all'ombra. «Non avevamo chance di passare inosservati, ne eravamo consapevoli. Solo, non credevo di scatenare un tale interesse e ti assicuro che non è stato intenzionale. Non all'inizio, per lo meno».

«Senti, in realtà non sono affari che mi riguardano. Non devi darmi spiegazioni sulla tua vita privata. Hai fatto quello che volevi fare, perché siamo qui a parlarne? Dovresti tornare da lei invece di perdere tempo con me», ne ho davvero abbastanza di tutto questo. Voglio solo tornare a letto e fingere di poter ancora dormire e vivere come se non lo avessi mai incontrato. Facile, no?

«Sto cercando di dirti che non c'è nessuna lei da cui tornare. Le cose si sono spinte troppo oltre rispetto a quello che erano veramente e non potevo continuare, avrei dovuto fingere», si alza dal letto tenendo gli occhi fissi sui miei ma non si avvicina.

«Perché ti stai giustificando con me?» replico debolmente. Questo confronto mi sta prosciugando tutte le forze, soprattutto quelle mentali.

«Non ho mai avuto intenzione di smettere di cercarti o chiamarti ma, dopo il malore di tua nonna, ho pensato che avessi bisogno di stare con la tua famiglia così ho pensato di lasciarti più spazio, di non starti addosso e di non riempirti di domande sul suo stato di salute. Poi sono uscite quelle foto e ho creduto che non mi volessi più parlare». Perspicace il ragazzo.

«Eppure, sei qui adesso».

«È stato così bello risentire la tua voce dopo tutte quelle settimane, anche se per pochi minuti, e lì ho capito che non potevo, non volevo lasciarti andare ma tu non hai più risposto quindi sono dovuto passare alle maniere forti», accenna un sorriso mentre io apro e chiudo la bocca senza riuscire a dire niente.

Come posso riassumere tutto il casino che c'è ora nella mia testa ed esprimere in maniera più chiara possibile come si sono sentita nell'ultimo periodo?

«Io non ho nessun diritto di prendermela con te per la tua relazione con Teale», anche se vederli insieme mi ha spaccato il cuore. «Non sono la tua ragazza, sei stato molto chiaro con me riguardo al non volere storie. Quando sei sparito, non riuscivo a capire cosa fosse successo, mi sono sforzata di trovare una motivazione, un momento in cui qualcosa si fosse rotto ma non l'ho trovato. Poi ti ho visto con lei e allora tutto aveva senso. A quel punto era chiaro che il problema fossi io, e non l'avere storie in generale, visto che ti eri messo con lei», devo compiere uno sforzo enorme per far in modo che la mia voce non si incrini e risulti il più neutra possibile. E anche per convincermi di esserci riuscita.

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Niente, c'ho provato in tutti i modi a far stare tutto in questo capitolo ma non ce l'ho fatta. Quindi ho dovuto scrivere la parte finale dell'incontro tra Henri e Annie in un terzo capitolo. Non odiatemi, tanto è già pronto. E siccome è strettamente legato a questo, lo pubblicherò tra pochissimo...
Impressioni fino a qui? Vi aspettate colpi di scena?
Fatemi sapere che ne pensate.
Vado a sistemare il prossimo capitolo 🌟

Z.

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